Il
Monte dedicato a Diana, a Bagnères, in Francia
Bagnères-de-Bigorre,
sugli Alti Pirenei Hautes-Pyrénées
La storia di Bagnères
è strettamente legata alla presenza di sorgenti calde e alla loro
utilizzazione. Si pensa che al tempo dei Romani, o Gallo-Romani Bagnères
s'appelait Aquae Convenarum (o anche come
credono altri studiosi, Vicus Aquensis).
questo ex-voto romano,
situato nella scalinata delle terme, è chiamato l’altare di Sembedo [Autel de Sembedo]. È grazie a lui che si
crede che Bagnères si chiamava Vicus Aquensis.
Bagnères era una città
ricca, per questo fu distrutta dai barbari. Quando nel 1824 si effettuarono i
lavori per la costruzione delle grandi terme, si ritrovarono le rovine. Per un
lungo tempo, mille anni secondo Michelet, l'attività delle Terme fu interrotta
e riprende nel corso del medioevo. Per ricostruire le terme furono utilizzate
una gran quantità di pietre provenienti dal castello di Mauvezin ormai in
disfacimento. Si venne a curare in queste terme, oltre a molti nobili e regnati,
anche Rossini.
Altare Votivo al musée du marbre di Bagnères, rende omaggio
alle divinità delle acque, le Ninfe.
L’epigrafe recita «Severo Serano ha assolto
volentieri, al voto fatto alle Ninfe per la sua guarigione». L’ara venne
trovata sul posto delle terme attuali nel 1825.
Le Terme come si
presentavano nel XIX secolo, con a destra la Torre Mauhourat usata come
prigione, distrutta poi nel 1865.
Il monte
Diana cacciatrice e le sue ninfes, opera di Pierre Paul Rubens, collezione privata, Madrid.
Bedat viene dal latino "vetare"
interdetto, vietato. L’autore del sito apprende
dal favoloso (e pressoché introvabile) libro di René Escoula Glanes
bagnéraises che al tempo dei
Romani, il Bedat era un luogo in cui il bosco sacro e le grotte erano
consacrati alla " bionda sorella di Apollo il Dorato", la sorella di
Apollo non può che essere Diana (curioso. Già nell’antichità si tingevano i
capelli, infatti Diana è mora). Era interdetto ai profani di frequentare questo
luogo da cui il nome «Bédat».
Litografia di
Bagnères del XIX secolo. A destra, il Bédat.
Il tempo passa e la
foresta scompare dal Bédat come si può vedere da vecchie foto e litografie del
XIX secolo. Gli abitanti di Bagnères avevano distrutto la foresta
essenzialmente per farne legna da ardere, ma anche per le costruzioni e per far loro pascolare le
loro greggi sulle colline brulle.
Il Bedat non era più che una terra desolata,
devastato dalle acque in deflusso. La stessa Bagneres subiva smottamenti sempre
più frequenti.
Nel 1866, allorché fu lanciata l’idea di fare
una statua della Vergine sul Bedat, Alphonse Cazes mise all'ordine del giorno
la questione della riforestazione del monte:
«Considerate anche che i pellegrini e i curiosi
non mancheranno di andare a vedere il monte. Ma non troveranno niente sulla
strada. Non lasciamo perciò la vecchia montagna con questa
mancanza; la tradizione vuole che essa abbia gli alberi».
Fu proibito di farvi
passare le greggi e di tagliare gli alberi. Il monte fu perciò di nuovo
interdetto, e questo perfino dai nazisti nella seconda guerra mondiale per
evitare le fughe in Spagna.
È perciò che il monte
è oggi magnificamente alberato e per di più con qualche specie rara, ma
purtroppo niente più bella sorellina, Diana, di Apollo.
Tuttavia quando fu
posta la prima statua della Vergine nel 1867, Diana si deve essere infuriata parecchio,
infatti l’anno successivo un uragano di inaudita violenza abbatte la statua.
Per non correr più rischi, con notevole difficoltà, si porta una nuova statua
pesante ben due tonnellate, che è la copia di quella sul piedistallo a Piazza
di Spagna a Roma.
L’entrata superiore della grotta
Sul Bédat si trovano
ben tre aperture di grotte che nel neolitico fu casa per uomini primitivi. Le
grotte formano una rete lunga più di mille metri e profonde sessantacinque. In
più sarebbe esistita una quarta apertura nell’antichità.
Però ci sono le fate, con una fonte e con una
grotta. Ecco la fontaine des fées. Una sorgente lascia colare un piccolo filo d’acqua.
E poi la grotta. Per
trovare le fate bisogna andare un po’ più in basso di dove è la fonte.
Al trou des fées!
L'acqua della fonte si perde al fondo di questa cavità. Il mormorio di questa
acqua, è il canto delle fate! La legenda racconta che ad ogni tramonto del
sole, si possono osservare le impronte dei piedini delle fatine.
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Marco Pugacioff
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