Virgilio Mago & Stregone
Di
Marco Pugacioff
l'antro
della Sibilla
Narra la leggenda che Gerberto d’Aurillac, papa Silvestro II, il
papa dell’anno mille, divorato dal suo amore per i libri abbia un giorno
acquistato un introvabile codice della Farsaglia di Lucano, promettendo in
cambio una sfera armillare in cuoio. Gerberto non sapeva che Lucano non aveva
potuto terminare il suo poema, perché nel frattempo Nerone lo aveva invitato a
tagliarsi le vene. Cosicché ricevette il prezioso manoscritto ma lo trovò
incompleto. Ogni buon amatore di libri, dopo aver collazionato il volume appena
acquistato, se lo trova incompleto lo restituisce al libraio. Gerberto, per non
privarsi almeno di metà del suo tesoro, decise di inviare al suo corrispondente
non la sfera intera, ma solo mezza.
Questa storia meravigliosa raccontata da Umberto Eco, pochi anni
fa alla fiera del libro di Torino, mi serve per introdurre il mio scritto sopra
Virgilio, sulla mia idea di ristampare l’edizione del 1896 di Virgilio nel
medioevo compilato da Domenico Comparetti. Infatti all’inizio trovai solo
il secondo volume, il più bello da riprodurre. Perchè nel primo volume il
senatore Comparetti aveva sviscerato il rapporto che c’era tra Virgilio e la
Chiesa cristiana, e questo lo rendeva antipatico e pedante.
Al contrario il secondo volume viaggia all’interno della leggenda
dei poteri sopranaturali del mago Virgilio, di come questa trasfigurazione del
poeta era nata, alimentata da leggende popolari, dall’amore che il popolino
aveva avuto per Virgilio. Leggende nate nel medioevo, sulla scia di Gerberto
d’aurillac, lui sì, “mago” vero in un epoca di ignoranti e di ignoranza.
Non per niente le prime storie scritte sullo stregone Virgilio
vennero compilate circa due secoli dopo la morte di Gerberto avvenuta nel 1003,
da Corrado di Quefort[1].
Ma il personaggio di Virgilio ha un po’ di “misteri” dietro di sé come il fatto
se poteva essere o no, un Romano tutto tondo oppure un… etrusco.
"Dalle storie sugli etruschi, la letteratura romana ha
raccolto le gesta dell'eroe tarquinese Tarconte, fondatore delle dodici città
nella Valle del Po, fra cui Mantova,
da Mantus, forse
divinità infernale.
E Virgilio ne rievoca
le origini...
... Ocno ancor, figlio del
tosco fiume
e di Manto indovina, guida in guerra
del patrio suol la schiera dei suoi prodi:
egli ti diede o Mantova le mura
e il materno nome...
e l'attribuisce ad Ocno, già ricordato.
Una leggenda confusa con quella di Manto l'indovina, ed aggiunge
come le tre razze che formano la città, traggono vita dal sangue etrusco... «e tutte insieme son con le forze
dell'Etruria unite»
(Eneide X).
Non si può escludere l'origine etrusca di Mantova e lo stesso
Virgilio è etrusco, se tale è il nome della madre Màgia e se il cognome o
patronimico Maro
ha legami col titolo di magistrato maru."
Non solo, ma Cavendish[3]
in un suo libro riferisce che Virgilio descrive un incantesimo d’amore. Una
fanciulla pazza d’amore fa tornare a lei l’amante infedele per mezzo di
incanti, ripetendo il seguente ritornello “Cucite ab urbe donum, mea
carmina, cucite Daphnim”, «Conducete a casa dalla città, o miei versi,
conducete Dafni.»[4]
Comunque sia all’inizio del XV secolo, la fama di Virgilio era già
tanto consolidata che Pio II scrisse nei suoi diari «Il giorno dopo [il papa e
il suo seguito] giunsero alla foce del Mincio e navigarono fin dentro al
lago sulla cui riva a sinistra si mostra una collinetta ritenuta sacra perché
si ritiene che in antico lì sorgesse la casa di Virgilio Marone. All’intorno si
adagia la piccola città che diede i natali a un tanto grande poeta»[5]
Ma la fama non servì per proteggere una scultura a lui dedicata,
sempre Pio II scrisse «Mentre [Carlo Malatesta] soggiornava a Mantova e si
occupava della tutela di Giovanni Francesco, ordinò di abbattere, col pretesto
che era una offesa alla religione cristiana, la statua del grande poeta
Virgilio Marone.
Questo ordine, non privo di stoltezza, biasima apertamente non
senza dolore nei suoi iscritti Paolo Vergerio da Capodistria, oratore illustre
di quel tempo e dice che altro non era se non pura ipocrisia e prova di
un intelletto rozzo di un uomo ignorante, il quale avrebbe pensato che la
statua di un poeta sia pure pagano potesse ingenerare l’idolatria di un popolo
cristiano.»[6]
Come dar torto al Vergerio? Ma passiamo ora dalla storia alla
leggenda medievale di Virgilio mago.
la
dea Diana e una cerbiatta
Sempre ambientata alla fine del medioevo, che si concluderà
ufficialmente con lo sbarco in America di Colombo, è la narrazione di Leland (
nel suo libro Aradia ) imperniata su due bambini di famiglia nobile, fratello e
sorella che non hanno più da mangiare. Nella loro casa di Firenze c’è un giardino
in cui vi è un’antica statua di Diana in marmo. Una donna bellissima con un
arco in mano e sulla fronte una piccola luna, che correva con un cane al
fianco. Un giorno la bambina decide di offrire dei fiori alla statua. Proprio
allora entrò nel giardino Virgilio mago ( forse era immortale e vive ancora
oggi, o perlomeno amo pensar questo ), che sorridendo ai piccoli davanti a lui
li informò che avevano offerto i fiori alla dea nella maniera giusta. Poi,
prima di andarsene, gli insegnò loro come pregare Diana nel modo giusto.
Da quel giorno la famiglia dei bambini non ebbe più problemi per
sfamarsi perché la dea offriva loro alla mattina ogni tipo di selvaggina.[7]
Sempre Leland ha narrato, al capitolo XV del suo libro, di Diana
raffigurata come la protettrice di coloro che vivono di notte, quindi dei
ladri. Il bello è che ha narrare ad un Imperatore ( chissà chi, forse Augusto?
) le gesta di questa dea è proprio Virgilio. Questo scrittore americano che
visse e morì in Toscana, raccolse molte altre storie su Virgilio Mago e le
pubblicò in volume nella sua lingua madre ancora inedito in Italia, di cui è
ormai in corso la traduzione. Quest’opera è però dedicata da Leland proprio a
Domenico Comparetti.
E dallo studio delle leggende su Virgilio mago, c’è chi in America
ha tratto un romanzo fantastico: La Fenice e lo specchio[8].
Avram Davidson novellista di fantascienza ci ha regalato un’avventura di
Virgilio negromante a Napoli, che preda di una “strega” bellissima, si imbarca
nella difficilissima costruzione di uno specchio magico, lo speculum vergine.
Come se non bastasse deve anche affrontare l’Araba Fenice in Africa.
Lo
speciale di Urania con il romanzo su Virgilio
Non vi svelerò niente della trama di questo racconto, se non riferirvi
che Virgilio prende con sé un piccolo allievo che si chiama… Merlino! Se però
pensate che Davidson si sia spinto troppo in là vi dirò che Comparetti tra i
documenti pubblicati in coda al secondo volume cita proprio un Mirlino.
[1] Corrado, cancelliere
di Enrico IV, parla di Virgilio, in una lettera del 1194. Vedi il cap. 2 del
volume secondo del Comparetti.
[4] Bucoliche di
Virgilio delle edizioni Tascabili Economici Newton ’94, Ecloga VIII, verso 90,
pagg. 70 – 71.
[7] Aradia, il vangelo
delle streghe di Charles G. Leland, Stampa Alternativa, collana fiabesca
62, cap. XIII, Diana e i bambini.
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va agli
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