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martedì 30 aprile 2019

Antonio Pérez


Antonio Pérez


Splendido autore, padre del “polverone” Rocky Joe

    Conosco da molti anni questo autore, grazie a una sua firma in mezzo alle tavole di Rochy Joe [quando vedevo bene, sic! Valla a trovare oggi], e non ho mai realizzato una scheda su di lui perché pensavo che gente più accreditata (senza far nomi) ne avrebbero parlato, invece… fino a oggi buio completo.
Un personaggio su testi di Roger Lecurex, le cui avventure erano tagliate  in due e apparse dal numero 109 al 196 della Nuova Collana Araldo, la serie creata appositamente per il Comandante Mark; di Rochy vi sarebbero ancora delle avventure inedite in francese.

Rochy e suo nonno. La prima tavola

   Rochy Mac Rimmon ha un pugno d’acciaio e ha per compagnia un vecchio cercatore d’oro, Sim, che prende il posto di suo nonno morto nel primo episodio. Subito Rochy incontra un bambino indiano Wa-Wa e una splendida fanciulla bionda Barbara, anzi Barbie che diverrà la sua sposa e gli donerà un bambino, infine Rochy sarà un corriere della posta.




A dir La verità, Wa-WA mi ricorda un po’ Piccolo Castoro, il bambino indiano amico di Red Rayer che non ho mai letto. Da Hop di Louis Cance n.104

Tra Rochy e Barbara è amore a prima vista

   A volte essendo troppo lunghe, le tavole vennero ridisegnate o da Luigi Corteggi oppure da Ivo Pavone; Pavone realizzò anche (mi pare) due avventure complete di Giddap Joe, da noi conosciuto con il nome più incisivo di Rochy Joe… peccato che anche una serie di disegni animati giapponesi abbia lo stesso nome.


La prima tavola è di Corteggi, copertinista di Kriminal, Satanik e del Piccolo ranger tratta dal n. 119 e la seconda di Ivo Pavone, illustratore di Lupo Bianco, Judas, Rakar (doppione western dell’Uomo Mascherato) e tanti altri; dal n.139



   Due altre avventure western di Pérez sono (da quello che so) apparse in Italia, sul fumetto Rio Indio. Si tratta de “Il sentiero perduto”, su testi R. Ortega, insieme ad altre due storie “Carovana senza meta” che Pérez ha illustrato su testi di M. Lagresa, e “Un vero uomo” realizzato però da J. Garcia Prarro (se ho ben decifrato la sua firma); il fumetto – come negli maggior parte degli albi Dardo – era notevolmente sfuocato, ma i disegni erano indubbiamente i suoi. L’albo che possiedo è ”Albo gigante Rio Indio”, ed è un supplemento del numero 3 di Rio Indio, dell’ Ediz. Casati; vedo bene che l’albo in questione è una raccolta di due albi di Rio Indio.





La copertina di Rio Indio opera di Lopez Espí

    La scheda in spagnolo su di Antonio Pérez della Tebeosfera [vedi:  https://www.tebeosfera.com/autores/perez_antonio.html] recita così:
«Disegnatore spagnolo di fumetti d’avventura, principalmente di guerra e western, negli anni '60 e '70 in case editrici come Manhattan, Marco o Toray. Il suo secondo cognome è sconosciuto, un fatto che ha creato qualche confusione sulla sua identità: alcune fonti (Cuadrado, Lambiek) suggeriscono che potrebbe essere una firma di Antonio Pérez Barrera, mentre altri (GCD) indicano l'artista Antonio Pérez Martínez, autore di il fumetto "Treasure Train" nella rivista IPC Battle Picture Library n. 1607. Grazie al suo blog (ora inattivo), è noto che ha lavorato per il mercato europeo, almeno nella serie francese Giddap Joe e in Gespenster Geschichten (Germania).»



   Nel suo blog [http://comicstony.blogspot.com/2011/03/western-series-pistes-sauvages-gidap.html] si descriveva così «A causa del mio lavoro mi sono convertito con il pasar degli anni, in un cinefilo appassionato, principalmente dei grandi classici del cinema di sempre... »









La scritta sotto questa piccola foto recita:
Un antiguo Estudio de mi padre

    Infatti il suo blog è fermo dal 2011, e questo mi fa temere che non sia più in questa valle di lacrime. Sergio Bonelli, poteva anche fargli fare il granitico Tex; Pérez amava disegnar cavalli come Roberto Mister No Diso. Sarebbe stato un disegnatore ideale per il personaggio di Gianluigi Bonelli & Galep, notevolmente meglio degli attuali disegnatori.



Marco Pugacioff
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mercoledì 24 aprile 2019

Sui Tempestari


Sui Tempestari

   Ho voluto tradurre questo libro, in quanto ne ho trovato la traduzione in francese, tagliando ampiamente tutte le citazioni bibliche.
   Ciò che rimane è il succo di tutta la vicenda, ma mi è parso anche di vedere – secondo la mia lettura – che il fatto citato nel capitolo XVI, non sia accaduto davanti all’arcivescovo, che ha visto realmente i quattro incatenati nella sua Lione.  
   Inutile dire che un fatto del genere è accaduto in un altro luogo rispetto a Lione, un luogo che – torno a ripetere – è quella Francia della tradizione orale locale (ormai spazzata via dalla ignoranza tecnologia e non certo citata dai documenti) del Piceno e confinante all’Italia di allora sotto dominio Longobardo.
    La traduzione e relativo adattamento sono quelli di un libero ricercatore che legge il francese grazie a dei fumetti popolari come le grand Blek che veniva stampato – guarda un po’ – proprio a Lione.

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Della grandine
e
del tuono

Del vescovo Agobardo

Dall’edizione di Lione del 1841


  I. Tutti gli abitanti delle città e delle campagne di questa contrada, nobili e ignobili, urbani e rustici, giovani e vecchi, credono che grandine e tuoni possano precipitare per volontà degli uomini. Dicono, infatti, che quando odono i tuoni e ne scorgono i lampi:
   «È un vento levatico» [mio totale adattamento dal francese C’est un vent levatice; in Latino Aura levatitia est], ovvero un vento comandato. E se si domanda cos’è un vento levatico,  viene affermato, gli uni con una sorta di repressione e la coscienza un po’ agitata, gli altri con la fiducia che mostrano sovente gli ignoranti, che questo vento si è levato dietro agli incantesimi di uomini chiamati tempestari [in francese Tempestaires; in latino tempestarii] da cui è venuto il nome di vento levatico.
  È dunque necessario assicurare, attraverso l’autorità delle divine scritture, se questa opinione sia fondata sulla verità, come il volgo crede. Ma se, al contrario, essa è falsa come ne sono profondamente convinto, dimostrerò con un un’invincibile cumulo di prove, di quale menzogna si rende colpevole colui che attribuisce all’uomo l’opera di Dio.
   Perché si trovano due menzogne gravissime e condannabili, allorché si afferma che l’uomo può fare ciò che è in potere di Dio solo, e che Dio non fa ciò realmente. […] Coloro che levano a Dio la sua opera per attribuirla all’uomo, è un falso testimone contro Dio stesso.
     II. Abbiamo visto e udito molta gente folle e cieca, poter credere e affermare che esiste un particolare regione chiamata Magonia [in francese Magonie, in latino Magonia], da cui partono, vogando sulle nuvole, delle navi che trasportano in questa stessa contrada frutti abbattuti dalla grandine e distrutti dalla tempesta, dopo tuttavia che il valore del grano e di altri frutti è stato pagato dai navigatori aerei ai tempestari, da cui essi lo hanno ricevuto.
    Abbiamo visto molti di questi insensati credere alla realtà di cose così assurde, mostrare alla folla riunita quattro persone incatenate – tre uomini e una donna – che asserivano, esser caduti da queste navi. Dopo qualche giorno costoro messi ai ferri, mi furono portati – seguiti dalla folla – per poterli lapidare; ma dopo lunga discussione, la verità è infine trionfata e quelli che li avevano mostrati al popolo, fecero la figura (come dice il profeta) di un ladro sorpreso con le mani nel sacco.

[…]

   VII. […] I tempestari possono far cadere su di essi [i loro nemici] una immensa quantità di grandine, opprimendoli. È in effetti ciò che sembra si conosca dei tempestari  che, allorché la grandine si forma prende a coprire, disperdendosi, una grande estensione di terre, e viene sparsa in massa – perché questo è quel che dicono – su di un parte di un fiume oppure su di una foresta sterile  da una tinozza [in francese cuvier, tinozza, conca; in latino cupam botte, barile] sulla quale si nascondono dei malvagi geni. (Il passo in latino recita così: [...] nosse se tales tempestarios, qui dispersam grandinem, et late per regionem decidentem, faciant unum in locum fluminis aut sylvæ infructuosæ, aut super unam, ut aiunt, cupam, sub qua ipse lateat, defluere.)

[…]

 XV. Questa follia ha molto di paganesimo, e già l’errore è accresciuto al punto che si trova gente abbastanza stupida da dire che non sanno, in verità, scatenar tempeste, ma che possono garantire di difendere gli abitanti di un determinato luogo; hanno anche una tariffa che regola l’estensione dei loro servigi sulla quantità di frutti che hanno in dono, che essi chiamano il canonico [in francese canonique; in latino Canonicum], senza che nessuno glielo dica si paga molto volentieri per la mediazione che si creda possa preservare dalla tempesta. Insomma si confida troppo sul soccorso di questi uomini tanto da riporvi le speranze. […]

XVI. Alcuni anni fa, in occasione della mortalità dei buoi, corse la voce assurda che Grimoaldo, duca di Benevento [in latino Grimaldun ducem Beneventorum] – in quanto nemico del cristianissimo imperatore Carlo – aveva inviato degli uomini incaricati di spargere su pianure e montagne, in prati e fontane, una polvere malefica che, così diffusa, dava la morte ai buoi.
    Abbiamo udito che molte delle persone accusate di questo delitto furono arrestate e qualcuno di loro anche massacrate, altre attaccate a delle tavole e gettate in acqua; e ciò che è più strano, è che questi uomini, dopo esser stati presi, rendevano testimonianza contro essi stessi, affermando che possedevano una polvere simile e che l’avevano sparsa di qua e di là.
    Questo avveniva perché il diavolo per un giuramento simile a quello di Dio, usa così tanto del potere che ha ricevuto contro questi disgraziati, che se ne è servito contro loro stessi per trasformali in falsi testimoni per farli condannare, e che né la pena né le torture, né la morte stessa potrebbero scoraggiarli dall'opporsi a questo potere.
   Questa era l'opinione pubblica e c’erano pochissime persone che lo pensava assurdo.
    Non potevamo ragionevolmente immaginare come fosse composta una polvere che dava la morte hai buoi, risparmiando altri animali, né come
poteva essere sparsa su regioni così estese, che sarebbe stato impossibile a degli uomini di coprirle con questa polvere, anche se tutti i Beneventani,
uomini, donne, vecchi e giovani, sarebbero usciti dal paese, ognuno con tre carri colmi.
    Una tale grande demenza ha preso il nostro secolo infelice, che i cristiani credono oggi a delle cose assurde che non sarebbero mai credute se non ai pagani che non conoscevano al creatore dell'universo.
    Ho voluto citare questo fatto, perché è simile a quello su ciò è incentrato questo trattato, e perché possa servire come prova, un esempio delle vane seduzioni e alterazioni del senso comune.
(Hanc itaque rem propterea ad medium deduximus, quia huic unde loquimur similis est, et vel exemplum poterat tribuere de inani seductione et vera sensus diminuzione.)

Marco Pugacioff
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mercoledì 17 aprile 2019

La pattuglia fantasma

Il collo di pelliccia di un ballerino. Se non ha nessun partner umano, salta in cima alla lavatrice mentre la centrifuga è in azione e scuote tutto, tanto da far sembrare che il pavimento non sia uniforme.
La pattuglia fantasma

   Col fatto che scarico sempre dalla rete, all’americana il web, ha volte vedo cose che mi strabiliano. Tirando giù la serie Smash! del ’66, stampato nella Gran Bretagna, pur non conoscendo l’ostrogoto [leggi l’inglese] mi accorgo della bella serie The legend testers;



ma poi di un’altra serie in cui ci sono legionari romani insieme a militi britannici intitolata The ghost patrol.


Una legione romana che sarà trasformata maleficamente dal
dio dei cristiani in monoliti – dalla storia Carnac del bravo Michele Pepe

Mi affascina subito, e immagino che siano le scorribande nella Storia, della IX Legione Spagnola di quattromila soldati inviata nel 117 dell’Era Volgare in Scozia per schiacciare una rivolta locale. Alcuni di loro frustarono la regina Boadicea della tribù degli Iceni e violentarono le sue figlie. Boadicea aveva maledetto in eterno quegli uomini (anche chi non centrava) e guidò una nuova rivolta contro la legione; ancora negli anni ’70 (quindi recentemente) si sentiva la legione maledetta in marcia che terrorizzava persone, cani e gattini a Dunblane, nel Pershire, appunto in Scozia.


Invece, proprio come nelle storie del dottor Who (che ricordo con il simpatico viso di Tom Baker) la pattuglia fantasma è una pattuglia britannica del 1941 (nella versione italiana il funesto ‘43) che vagabonda avanti e indietro nel tempo grazie al ritrovamento dentro un O.V.N.I. a Creta, di un macchina del tempo. Pensavo che il macchinario abbia incorporato un dispositivo che permetta a uomini di differenti epoche di poter parlare tra di loro; invece il capopattuglia Timm (che ha il viso di Clark Kent senza occhiali) conosce Greco antico e Latino, è quindi un buon studioso, e ha anche dei buoni principi: «Cerchiamo di non fare del male a nessuno, capito? Dobbiamo spaventarli e basta…» e aggiunge con spirito intelligente «Non voglio ammazzare qualche mio antenato, io!». In effetti, quando alla fine della storia Timm stringe la mano al centurione, bè, c’è una certa aria di famiglia.
Però un dispositivo del genere viene poi comunque trovato all’interno di un tempio Egizio; un elmetto che anche la capacità di annullare la forza di gravità. 
   Cerco lumi in rete e vengo a sapere che venne pubblicato per la prima volta in Swift, una rivista britannica che iniziò nel 1954 e poi venne fusa con The Eagle nel 1961.
Venne ristampato per la prima volta sotto il titolo Ghost Patrol in Smash dal numero 1 al 26 tra il 3 febbraio 1962 e il 28 maggio 1966, prima di essere ristampato nel Summer Special 1977AD del 1977 e poi di nuovo nel 1979 del 2000AD Annual.



La storia completa è stata raccolta in The Phantom Patrol di Bear Alley Books dal 1° agosto 2009, con una copertina di Chris Weston. Vedi il sito: https://2000ad.fandom.com/wiki/The_Phantom_Patrol
   L’autore dei testi è Willie Paterson, mentre l’autore dei – a dir poco straordinari disegni – è Gerry Embleton. Sapessi disegnare così… vabbè.


Una tavola Di Olac di Gerry Embleton
 
   Subito scopro che venne pubblicata anche in Italia sul Corriere dei piccoli, che potete trovare sul bel sito:
   Nella serie di Smash! che ho tirato giù, invece, dopo aver aiutato i legionari Romani, se ho capito bene a Ostia, contro i Cartaginesi, i militari britannici si imbarcano per la Bretagna dove attiveranno il macchinario del tempo per tornare nel ’41.
 Infatti l’ultima vignetta il capo della pattuglia fa:
«navighiamo verso la Bretagna, ragazzi, e quando arriveremo, useremo la macchina del tempo per riportarci finalmente a casa al 1941.»
E l’ultima didascalia recita «Attraverso l'orizzonte del mare e del tempo navigano verso la Gran Bretagna e la sicurezza. I rapporti dell'esercito dimostrano che la pattuglia fantasma ha sicuramente continuato la lotta contro i nazisti, come i tedeschi hanno scoperto a loro spese. Ma quella parte della storia è ancora un segreto militare strettamente sorvegliato. Un giorno verrà reso pubblico. E, quando lo sarà, voi sarete i primi a leggerlo in Smash!»  
   Insomma, una conclusione esisterebbe, ma scommetto che costerebbe parecchio oggi ristampare e poi tradurre l’intera storia, [sperando senza l'oltraggio del colore] anche perché bisognerebbe lasciare la splendida fumettatura a mano del Corriere e reintegrare le vignette mancanti. Sarebbe come voler ritrovare le edizioni in italiano delle serie televisive che vedevo da ragazzino: Paladin, Matt Dillon, Vidocq. Hai detto niente!
   
   Qua sotto presento due delle tavole censurate in Italia (ne fu censurate anche altre, ma in questa un milite britannico scompare) e – anche se mancano alcuni numeri di Smash! dal 16 al 18 (forse un totale di 6 tavole) – le tavole inedite con la conclusione.


alcune tavole con vignette censurate
e l'ultima tavola tradotta in Italia, ripresa dal bel blog sul Corrierino





da qui mi mancano circa sei tavole
e la tavola - anzi striscia, finale !



 Marco Pugacioff
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martedì 16 aprile 2019

Un Paladino con Colt 45 [Have Gun Will Travel]


Un Paladino con Colt 45 [Have Gun Will Travel]

 
Il telefilm Have Gun Will Travel, è conosciuto in Messico come Revólver a la Orden, in Spagna anche come El pistolero di San Francisco, in Italia? Un paladino con colt 45? E chi se lo ricorda più! Probabilmente,và a sapere, gli hanno lasciato lo stesso titolo originale, è stata trasmessa 40 e passa anni fa…
Questa serie televisiva narra le vicende di Paladin (guarda caso il nome di battesimo è sconosciuto), un pistolero professionista al servizio delle buone cause come i classici paladini delle saghe arturiane – o come il classico Ivanhoé di Roger Moore – e la serie western durò ben 226 episodi, dal ’57 al ‘63.
   L’interprete era Richard Allen Boone (Los Ángeles, California, 18 giugno de 1917 - San Agustín, Florida, 10 gennaio1981), e ho letto da qualche parte nei siti di lingua spagnola che era discendente di quel Daniel Boone, di cui ricordo Fess Parker nell’omonimo telefilm. Sembra infatti che il babbo era un discendente di Squire Boone, il fratello del trapper.
   Paladin non è un rozzo bandito illetterato. Infatti sappiamo dal primo episodio che era un studente universitario che aveva frequentato West Point alla ricerca di una carriera militare. Tuttavia, dopo la guerra civile, si recò all’ovest diventando un pistolero in vendita.



   Il suo quartier generale è l’albergo Carlton di San Francisco, che dovrebbe trovarsi vicino Pacific street, dove ha fama di dandy per la sua eleganza nel vestire, la sua ammirazione per l’opera, il suo squisito gusto gastronomico e…. le belle donne.







In genere le vicende partono quando un servitore asiatico del Carlton, Hey Boy (l’attore Kam Tong), apparve all'inizio della maggior parte degli episodi portando un telegramma di un potenziale cliente a Paladin.



Il telegramma arriva sempre dopo che il cliente suddetto ha ricevuto il suo biglietto da visita dove vi è la figura di un cavallo degli scacchi bianchi ("paladino" in inglese) e la scritta "Viaggio Armato ... Telegrafate Paladin, San Francisco".



Paladin quindi, indossa un completo blu scuro e diventa una figura estremamente minacciosa.



Per i suoi lavori chiede un caro prezzo, non meno di  1.000 dollari. Ha con sé, nascosta una piccola derringer e un revólver, una pistola, una classica Colt calibro 45 – come quelle che hanno Tex Willer, Capitan Miki e tanti altri eroi del west disegnato – ma appositamente progettata per lui. Ci informa all’inizio del primo episodio:
   - Vorrei che tu buttasi uno sguardo a questa pistola. La presa è eccellente, l'equilibrio è perfetto. Il grilletto risponde a una pressione di un'oncia. Se guardi attentamente in canna, vedrai le linee della rigatura.
Quest'arma è stata realizzata a mano secondo le mie indicazioni. L'arma che ho in mano, è una rarità; e raramente la estraggo, a meno che non intenda usarla.
   Paladin è abile nella lotta, oltre a usar bene le armi da fuoco, ma in genere cerca di non usare la violenza; infatti il grande vantaggio di Paladin sui suoi avversari non sono le sue armi, né la sua abilità come sparatutto straordinario, ma la sua raffinata educazione.
Ha una capacità infallibile di mettere in relazione la sua conoscenza di Storia e metterla in relazione con le situazioni che gli si presentano.
Praticamente se il nemico lo circonda, Paladin può tirar fuori qualche commento sofisticato sul generale Marcello e l'assedio di Siracusa, o qualcosa di simile, per poi usarne l'osservazione a suo vantaggio. Sempre nel primo episodio infatti dice:
   - La Falange greca è stata sviluppata per esigenze specifiche. Hanno combattuto spalla a spalla su piccoli campi di battaglia e sono stati considerati invincibili. Poi i Mastadoniani li hanno colpiti con la cavalleria e quella fu la fine della Falange.
   Nel seppellire un ranchero, un allevatore ucciso dagli indiani, Paladin recita il poema di John Donne "Death Be Not Proud" ai piedi della tomba.



Come un maestro di scacchi, Paladin cerca sempre di prendere il controllo della mortale partita che gioca con la signora con la falce, e uccide solo come ultima risorsa.



Ricordo ancora come mi è rimasto impresso il duello finale nel secondo episodio, senza via d’uscita. Il fuorilegge doveva morire e si è fatto uccidere da uomo giusto: Paladin! E nemmeno avevo capito che il fuorilegge era Charles Bronson, sfido io, con quella barba. Il sottotitolo del primo episodio (non sincronizzato) l’ho trovato in americano, l’ho fatto tradurre da Subtitle Edit in italiano e il risultato non è eccezionale! Su youtube però è rimasta solo la seconda psrte per un dannato reclamo.
   Ma perché è diventato un pistolero, ma con ferrei principi? Lo spiega lui stesso a un giovane chiamato Roderick Jefferson (interpretato dal figlio di Robert Mitchium, James) entrato nella sua stanza per ucciderlo, costretto da un pesante debito di gioco. In lui, Paladin rivede se stesso dieci anni prima…



L’episodio si intitola Genesi ed è diretto da Willian Corand, futuro Cannon e Nero Wolfe televisivo, che recita la parte di Norge, l’uomo che costringe Paladin – di cui ha un pesante pagherò con la sua firma – ha tentare di uccidere un certo Smoke.
Questo Smoke sorveglia il paese sito nella valle Delta, dove Norge tiranneggia, ma Smoke cattura Paladin e lo rinchiude in piccola radura e lo costringe a cambiare, prima di farsi uccidere perché ormai malato.


Paladin (di cui non saprà mai il vero nome) ha chiuso gli occhi a Smoke.

A quel punto Paladin – dopo aver ascoltato la passionale omelia al funerale da parte della comunità della valle – deve trasformarsi, diventare un nobile paladino e fermare il vero drago: Norge! Che non entrerà più in quel paese.



Un eroe della televisione occidentale degli anni '50 che recitava a memoria le poesie è qualcosa di unico, ben lontano dal solito incolto yaanke, o gringos che dir si voglia, ammazzaindiani.
La popolarità di "Revolver to the Order" fu un tale, clamoroso successo in usa, che arrivò terzo nella classifica delle serie televisive tra il 1958 e il 1961. Fu un successo anche la canzone "La ballata di Paladin", infatti è stata un successo discografico all'inizio degli anni 60.
Sono stati girati 225 episodi di "Revolver to the Order" (molti sono stati scritti da Gene Roddenberry), di cui 101 diretti da Andrew V. McLaglen e 19 sono stati diretti dallo stesso Richard Boone.


Non trovandosi più l’edizione in italiano, sia di Paladin, sia di Maverik,
mi devo accontentare della Versione Originale con sottotitoli in spagnolo. Il maresciallo (Marshall) Mort – parodia di Matt Dillon – parla con il dottore: «Ti ricorda di quel pistolero che venne la settimana scorsa…»


«…e che distribuiva biglietti da visita?»



Il successo di questa serie fu tale che fece sì fosse citata anche in altri telefilm come “Maverick” con James Garner dove in un paese, Maverick viene a sapere che la settimana prima era passato un pistolero che distribuiva biglietti da visita;



Appello !
Se qualcuno avesse registrato l’ultima comparsa in televisione di Maverick, doppiato in italiano (su Telemontecarlo o Tmc, agli inizi degli anni ‘90),
Vi prego: contattatemi


Il primo episodio della seconda serie di Due onesti fuorilegge.
Essendo in Versione Originale, c’è l’ho, ma non lo mai visto.

e in Due onesti fuorilegge. Nel primo episodio della serie si vede che all’inizio che è ambientato a San Francesco e vi è la scena ripresa da Paladin, ovvero il cartello che indica la via dove è situato l’albergo Carlton.



Ha dato spunto anche a un piccolo spaghetti-western con Dean Reed: Dio li crea... Io li ammazzo! Reed, il cowboy rosso, infatti interpreta un dandy che però è un micidiale pistolero e nel film l’estrema violenza viene spenta da un continuo umorismo.

Paladin riceve una richiesta di ingaggio


Paladin fra i pellerossa


Preston e il suo bel cane King, Rayo in spagnolo
Questa bella serie western ha avuto una trasposizione a fumetti, che però non ha avuto un’edizione italiana, come del resto quella del Sergente Preston, disegnata da Alberto Giolitti, altro telefilm western trasmesso in Italia. L’edizione a fumetti, per la maggior parte degli episodi è sempre di Alberto Giolitti.

un gioco da tavolo

Secondo il sito http://www.thrillingdetective.com/paladin.html Il successo di Paladin venne trasbordato in un altro mezzo: la radio! la serie è stata una delle poche a originarsi in televisione prima di diventare un programma radiofonico. Molti degli episodi radiofonici erano adattamenti di sceneggiature televisive.

John Dehner e Richard Boone


Alla radio la voce di John Dehner per Paladin era naturalmente diversa da quella di Richard Boone. Dehner aveva una voce ancora più raffinata, ma sembra fosse altrettanto formidabile in una situazione difficile. Il programma radiofonico era anche insolito perché l'ultimo episodio fornì una conclusione per la serie. Paladin andò ad est a rivendicare una grande eredità, una tenuta di una zia defunta.
Marco Pugacioff
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