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domenica 22 novembre 2020

17 istanti di una primavera


 


17

istanti di una primavera

[Семнадцать мгновений весны]

 



 

   Stavo vedendo lo sceneggiato sovietico 17 istanti di primavera, anzi dopo molti anni lo stavo rivedendo. Perché ho la forte sensazione di aver già visto quelle scene; scene particolari che mi hanno suscitato forti emozioni – credo – la prima volta che lo vidi. Il standartenführer (grado corrispondente a colonnello) Stirliz o meglio il colonnello Maksim Makasimovich Isaev, nome in codice Yustas, è straordinariamente freddo, come quando deve andare ad arrestare la sua amica Kathe in clinica, la giovane vedova con neonato (l’attrice Yekaterina Georgievna Gradova Mosca 1946).

 



 

Deve comunicarle a bassa voce l’unica maniera per potersi salvare tutti e due in stretto allucinante minuto in un corridoio sgombro, perché nella sua auto potrebbero esserci dei microfoni nascosti.



Oppure quando a casa sua, brucia il nastro di conversazione tra un prete (da lui scarcerato) e la spia della Gestapo nella seconda puntata. Ma nei brevi attimi che al caffè Elefant può solo comunicare con lo sguardo con sua moglie, lì sì che si spezza e gli occhi e le mani gli tremano; l’unica parentesi di tenerezza nell’agente dello spionaggio sovietico.

 



Ricordo la lunga tensione di ogni puntata in cui il protagonista può venir smascherato, la paura, la tensione e il sollievo di essere ancora vivo nella quarta puntata sulle ringhiere del fiume con accanto un bambino. Eh sì, sono scene che danno delle emozioni che ritornano a galla. E dire che lo rivisto con i sottotitoli in spagnolo; ho compreso l’80 per cento delle situazioni e ho tentato di vederlo con i sottotitoli in italiano ma quelli spagnoli sono più esatti, infatti quelli in italiano sono tradotti sul momento. E io me lo visto sull’apparecchio televisivo, due puntate a sera, superando la mezzanotte. Si cita molto spesso l’Italia e viene citato anche Togliatti e Giulio Cesare viene considerato il primo fascista della storia.

 



Stirliz/Isaev nella biblioteca dove incontra il professor Pleschner, vittima a Ginevra della Gestapo.



Helmut, traumatizzato dalla guerra, abbandonato dalla moglie che gli ha lasciato una neonata, salva Katia e il suo neonato Vladimir, e – senza saperlo – anche il colonnello. 

 

È lungo, quasi noioso, come un tipico sceneggiato di quelli anni. In breve è realmente bello! Una di quelle bellezze che oggi non si possono più capire.

  Come è nato questo sceneggiato? Nel ’43 gli italiani fecero un armistizio con gli yankee, ma questo non gustò ai nazisti che considerò gli italiani dei traditori. Però quando furono gli stessi nazisti a far trattative con gli Yankee, gli amerikani, loro potevano. E ciò sarebbe avvenuto con l’operazione Sunrise o l’incidente di Berna, una serie di incontri tra i rappresentanti della Germania nazista e gli alleati occidentali in cui si tentò una resa delle forze naziste nel nord dell’Italia. A quei incontri doveva essere presente anche un rappresentante sovietico ma la cosa non era accettabile dagli attuali padroni del mondo; Churchill stesso avrebbe dichiarato questi negoziati sconcertanti.

C’era da far nascere un sospetto, ancor più verosimile di quello che il figlio di Stalin catturato dai militari nazisti e secondo le voci ufficiali da essi fucilato, sarebbe riuscito a fuggire senza documenti, per morire come un capo dei partigiani italiani. 

Il sospetto era che gli statunitensi volessero fare una pace con i nazisti e insieme ad essi estirpare i comunisti dal mondo.

Per Stalin c’era un solo modo per far conoscere questo patto più che malvagio della patria della libertà con la Germania nazista, ovvero con un romanzo.

Yulian Semyonov (Mosca 1931 - 1993), dopo aver consultato gli archivi del KGB scrisse nel ‘65 il romanzo Parolachiave non richiesta (è mai uscito in versione italiana?) che colpì la regista Tatyana Lioznova (Mosca 1924- 2011) che riuscì a farne uno sceneggiato televisivo e affidando la parte del colonnello a Vyacheslav Tikhonov  (Pavlovsky Posad 1928 – Mosca 2009) dopo aver scartato altri due attori.

Breznez dopo la sua interpretazione gli fece assegnare il titolo di Eroe del Lavoro socialista. Ricordo un titolo di un altro sceneggiato sovietico che fu trasmesso dalla televisione italiana La Tass è autorizzata a dichiarare e qui Tikhonov interpretò il generale del KGB Konstantinov.



Tikhonov (in prima fila, seduto tra i famosi cosmonauti Yuri Gagarin e Valentina Tereshkova) in uno spettacolo televisivo durante il Capodanno sovietico del ‘63.

Mi è stato riferito che durante la prima trasmissione dello sceneggiato (dal 11 al 24 agosto del ’73), la stessa attività della malavita in Russia calò del 40 %, e che dovette essere replicato già tre mesi dopo. Si dice anche che abbia influenzato molti giovani in quel periodo e uno di essi fu proprio Putin.

 



Stirliz/Isaev mentre disegna…


…Göring, Goebbels, Bormann e Himmler



Disegni fatti perfino con i cerini. Quei cerini tanto indispensabili nella sua attività per bruciare carte segrete…



…e che usa per concentrare i suoi pensieri perfino nella cella della

Gestapo dove è rinchiuso.

 

Una cosa che mi ha suggestionato sono i disegni che Stirliz/Easev realizza. Chissà se, come mi sembra, li ha fatti lo stesso attore…



Una via di Berna, che stranamente mi ricorda la Baker street dell’altro straordinario sceneggiato sovietico degli anni ’80 Sherlock Holmes e il dottor Watson, mai doppiato in italiano.

 

   Sì! Da! Avevo visto questo sceneggiato. La conferma è stata quando Stirliz/Isiev tornando a Berlino, a 45 giorni dalla conclusione della guerra (ma è mai finita?) a 200 chilometri dalla città, si ferma e si adagia presso il boschetto a fianco della strada.



Kathe ormai madre di due bambini

 

   Non può tornare dalla moglie; non può andare da Kathe che ha mandato a Parigi con suo figlio e con la bambina di Helmut, il militare traumatizzato dalla guerra che si sacrificò per salvare lei e i due neonati.



 

È solo… solo con Madre Natura.

 



   L'ultima puntata devo però averla persa in gran parte perché le prime scene non le ricordo proprio. Forse da quella che vuole scrivere in francese alla giovane madre Kathe con la sinistra; una lettera che poi straccia. Forse da lì.

   Altri tempi. Altri luoghi.


 

Per lo sceneggiato non potrò mai sapere quando fu fatto vedere, ma forse due anni dopo della messa in onda in Urss. Ma non farò nessuna ricerca. Si è salvato lo sceneggiato Gianni e il magico Alverman, che in un intervista un bambino citava a Gianni Rodari, ma non Vidocq, non Thierry la Fronde, e di certo non il colonnello Isaev più conosciuto come Stirliz, che Erik mi ha spinto a rivedere.

   Quel doppiaggio non può essersi salvato. Non da quando gli alti vertici della rai hanno fatto scomparire lo sceneggiato I Giacobini perché secondo Togliatti aiutava a capire il perché di una rivoluzione. Da quel momento non si è salvato molto materiale, perfino il doppiaggio dello splendido Michele Strogoff con Lorenza Guerrieri si è solo parzialmente salvato.

Ma cosa ci si può aspettare da gente che Gregoretti –  in un’intervista su Rewind nelle riedizione del suo splendido Circolo Pickwick – ha definito “Lo stalinismo senza sangue.”

 

Fonti:

https://www.youtube.com/watch?v=1ZTCoDMlL2k&list=PLZOcAT1cm-yFhv2zEZXPUKhAae2nD0T-B&index=1

https://en.m.wikipedia.org/wiki/Seventeen_Moments_of_Spring

 

Marco Pugacioff

Macerata Granne

(da Apollo Granno)

S.P.Q.M.

(Sempre Preti Qua Magneranno)

22/11/'20

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venerdì 13 novembre 2020

Cronaca dell’Insolito 14

 

 

Cronaca dell’Insolito 14

 

   Oggigiorno, ci hanno fatto sprofondare in una malefica quarantena. Bisogna restar chiusi dentro casa e non uscire; che vuoi fa’, c’è il coprifuoco.

Il coprifuoco? Qua non si non può uscire senza mascherina e… tante altre belle cose che ci hanno regalato i finanzieri per distruggere l'economia... [pensate, spedire un pacco di fumetti in Francia mi è praticamente IMPOSSIBILE!] perché il virus è un’ARMA creata per quello scopo, l’ultimo colpo mortale all’economia. Le religioni non servono più per controllare il popolo allora c'è bisogno di qualcosa di più forte: il terrore!

    Un terrore combinato con quest’arma e con antiinfluenzali taroccati ad hoc che ammazzano come la peste nera medievale e il freddo; da qui tutti drammi di quest'anno e a quelli che ci aspettano.

 

Tex di fronte al villaggio deve vive con la moglie Lilith,

flagellato dal vaiolo. Dal mitico n. 104 

 

   Per dirla come il comico romano Ettore Petrolini, ormai non è più pandeMIA, ma pandeNOSTRA! Oppure se preferite so’ c…. nostri!

    Non per niente per alimentare questo terrore – ma guarda, guarda… – hanno tirato fuori la storia degli alieni (oggetti volanti non identificati in cielo, gli o.v.n.i.) in questo periodo, mooolto curioso, no? E i servizi segreti per anni ha sbugiardare, a incarcerare, perfino ad eliminare i testimoni.

   Scriveva Robert Charroux nel ’71 a pag. 438 del suo Le livre des mondes oublie che i cittadini israeliani devono essere continuamente in allerta e subito avvertire le autorità competenti se vedono nel cielo un oggetto non identificato. Se non si trova niente, tanto peggio! Ma se lo stesso individuo vede un OVNI una seconda volta, senza alcun risultato positivo, costui riceve un avvertimento.  Ma se lo stesso malcapitato vede un terzo OVNI e gli aerei da caccia non trovano ancora niente, «alors le soucopiste est enfermé dans un institut psychiatrique.». Per non essere rinchiusi in un manicomio in Israele, scrive nella pagina successiva, in quella zona der pianeta dal ’66 al ’69… nessuno vide niente! Ma era Israele oppure l’Urss? Alla faccia della democrazia [non cristiana e né ciociara, come nella pellicola Scherzi da prete].

 

 

Il coprifuoco del ventennio. Allora regnava il pnf, ma già caduto Er Benito, non caddero i politici del suo governo, i quali – come dei camaleonti – divennero in seguito dc. Poi negli anni ’90 la finanza europea fece scoppiare “mani pulite” (negli stessi anni in cui in Yugoslavia scoppiava ad hoc una lunga guerra civile e in itaGlia il pc cambiava nome), e i il pd-ex-pci prendeva il potere; la margherita, creatura nata dal disfacimento della dc fagocitava ‘sto pd e creò i ds… con tutte ‘ste sigle non si è capito più niente! In questa itaGliota ha sempre comandato una creatura vestita de bianco (e or c’è ne son due, da cui Pietro II) e i gesuiti… Solo una cosa: se comandano sempre loro, a che pro, andar a votar? Per compiere il proprio dovere?

Per dirla come Monnezza: ma Fav….. 

E poi ormai



Da cui



Dagli euri e dall’unione europea non ci salva manco sandokan

 

Anni ‘70

 

   Embé, torniamo sull’argomento O.V.N.I. o come preferite ufo. Questo è ciò che vide mio fratello Roberto in una mattina degli anni ’70, forse il ’77 o il ’78.

   Abitavamo in un palazzo in via Roma, al n.111. Un palazzo oggi destinato alla demolizione a causa del terremoto del 2016… eravamo lì da una decina d’anni dopo essersi trasferiti da Camerino.

 

 

    Era una mattina fresca e mio fratello, in attesa di andar all’Istituto d’Arte, prese una sedia dalla sala che dava su via Roma, la portò sulla terrazza, si sedete e accese una delle sue maledette sigarette.

    E, davanti ai suoi occhi, avvenne un piccolo spettacolo. Un piccolo oggetto apparve nel cielo limpido di prima mattina al di sopra dell’albero al di là della strada. Un oggetto volante in linea retta diretto verso la sua sinistra. Poi l’oggetto fece una repentina inversione a “u” verso l’alto e riprese la via nel senso opposto… Il bello è che questo ordigno metallico – di forma ovoidale – cambiava colore nella sua evoluzione.

   Un bell’inganno visivo, vero? E non solo mio fratello, ma anch’io, ebbi di questi inganni visivi. Nell’ultimo sabato del Febbraio del 2004, verso le 15,30, tornavo verso il paesotto di Macerata da una vicina frazione, Sforzacosta, quando notai sopra la “silhouette” del paesotto un piccolo sole della grandezza di un centesimo al di sopra della torre di piazza. Eravamo in curva e pensavo a un riflesso sul vetro dell’auto condotta da mio fratello, invece il piccolo sole rimaneva lì fermo. Il tempo di alzare il dito, per indicarlo a mio fratello e a Giuliano, l’amico dietro di me che, in un attimo, la sfera ruota su se stessa per diventare invisibile.

Devo dire la verità, ho avuto paura anche perché cinque giorni prima, quasi alla stessa ora avevo notato, da una strada poco al di sotto della precedente, non uno ma tre aerei da caccia italiani volare sempre sopra il mio paesotto, ma come se fossero pronti a sganciare qualche bomba, infatti sono ancora certo che si abbassavano e si alzavano sullo stesso punto dove poi vidi il piccolo sole, cioè sempre sulla torre di piazza. La particolare manovra non era sfuggita ad Alessandro che guidava la sua auto e dicemmo insieme – la tragedia dell’ex Yugoslavia era ancora fresca nelle nostre menti – che quei piloti dovevano esser pazzi.

Però nel 2017 a Cosenza sarebbe avvenuto un fatto simile, ovvero aerei da caccia e OVNI in cielo https://www.youtube.com/watch?v=b_ipwLChxSI

   Poi, se non volete crederci, son tutte fantasie, allucinazioni, inganni visivi o altro ancora, fate pure come Cucciolo e… Embé, cavoli vostri!


Cose strane su Goldoni e Casanova

 

    Queste cose strane, credo, le conoscono tutti. Però essendo proprio curiose, ve le voglio proprio far leggere. Inizio con Goldoni, e con una nota, vi assicuro, davvero molto simpatica…

«Me ne andai a Firenze, e qui diedi principio a una nuova edizione [il povero Goldoni guadagnava solo dalle sue commedie e c’era chi se ne approfittava, del resto era un business, per dirla alla yankee, anzi in quella lingua morta che è l’italiano commercio, come del resto lo chiama lo stesso Goldoni, Nota  mia], lasciando Medebac e Bettinelli nella libertà di farne un’altra a Venezia; pubblicai però un prospetto che mise entrambi in costernazione, giacché facevo con esso la promessa di parecchie correzioni e cambiamenti. A Firenze venni indirizzato al signor Paperini [!!!e il neretto è mio. puga], stampatore accreditassimo e onoratissimo; […] nel maggio del 1753 andò sotto il torchio a Firenze il primo volume delle mie opere.»  E poi nessuno ci crede che era esistito davvero un Paperon de Paperoni e che passò alla storia per una questionciella di danaro… naturalmente era uomo di chiesa. Andiamo avanti, dal capitolo XXXII, ormai in Francia…

«Il pubblico non si diletta che di novità; l’una fa dimenticar l’altra, e in un gran paese si succedono rapidamente le une e le altre. È vero che quando esse danno luogo a questioni, durano assai di più. Quella per esempio, del magnetismo animale cominciò nel 1777, prese sempre più vigore per qualche anno e se ne parla tuttora, come d’un problema da sciogliersi, ovvero un fenomeno meritevole di schiarimento. Venne anche il signor Mesmer, medico tedesco, che prescelse i Parigini per partecipare una scoperta importantissima per l’umanità. Si trattava di guarire perfettamente qualunque sorta di malattia col semplice tatto: che cosa può esservi di più gradito e piacevole che ricuperar la salute senza il disgusto dei medicamenti? Ma io chiedo: in questa operazione vi è qualche agente, o non ve n’ha alcuno? Ecco appunto dove consiste il segreto della scoperta. Mesmer lo ha comunicato a una società che si è spontaneamente quotata in cento luigi a testa, fino alla somma di scudi centomila, con promessa di segretezza.» Ahò, si commercia su tutto, vabbé «Ma a Parigi non tutti sanno tenere un segreto, onde si può scommettere che il mistero, onde si può scommettere che il mistero si svelerà: ma se non vi è nessun agente esteriore, non vi è per conseguenza nulla da imparare, e se l’effetto dipende dalla sola virtù del tatto, sarebbe d’uopo aver la mano fortunata dell’inventore.» Goldoni scrive che c’era pure un medico francese, il signor Deslon [non Delon, come Alan, Puga] che ricorreva anche lui al magnetismo e senza aver conosciuto il signor Mesmer che non gli aveva svelato il suo segreto. Questo lo asserisce lo stesso Goldoni che scrive «È lo stesso Mesmer che l’ha detto, e lo ha pure pubblicato nelle stampe. […] Insomma, se questo rimedio non fosse buono ad altro che a guarire le malattie del’animo, sarebbe necessario conservarlo per il sollievo degli uomini malinconici e delle donne isteriche.»

Bontà sua, e Goldoni dopo aver parlato della scoperta del signor Montgolfier, dice di aver assistito a un volo del signor marchese Arlande e il signor Pilastre de Rozier «… senza fremere d’orrore» e chi se ne frega, la pelle è la loro, basta che non usava una gattina da far volare come fece Burattini, ‘sto fijio de… Goldoni parla di una altra cosa.

«Il furore delle scoperte si era impadronito talmente dell'animo dei Parigini, che si andava a cercarne nella classe dei giochi prestigio. Si erano immaginati sonnambuli che parlavano sensatamente e a proposito con persone sveglie, attribuendo loro la facoltà di indovinare il passato e prevedere il futuro. l'illusione però non fece molti progressi. Ve ne fu un'altra quasi nel tempo medesimo, e questa ingannanò così tutta Parigi. Una lettera datata da Lione annunciava un uomo che aveva trovato il modo di camminare sull'acqua a piedi asciutti, e si proponeva di recarsi nella capitale a farne l’esperimento. Domandava perciò una sottoscrizione che lo compensasse delle spese e della fatica. Divulgatasi la notizia, subito si esaurì la sottoscrizione, e si fissò il giorno per vederlo attraversare la Senna. Nel giorno stabilito l’uomo non comparve, e si trovarono pretesti per prolungare la burla. Infine, si venne in chiaro che un Bizzarro lionese si era divertito della credulità dei parigini. Ma a quanto sembrava, la sua intenzione non era diretta a insultare una città di ottocentomila anime; e certamente convien credere che egli abbia prodotto ottime ragioni per farla passare in burla, poiché non gli venne in seguito alcuna cosa disgustosa. Ciò che indusse i Parigini a prestar Fede a una simile invenzione fu il Giornale di Parigi, che l'annunciò come una verità  già confermata dall'esperienza; e siccome i compilatori del foglio periodico furono ingannati essi stessi, si giustificano ampiamente stampando le lettere dalle quali erano stati ingannati, con i nomi di chi le aveva scritte e indirizzate al loro ufficio.

 

Un genio del genere, non poteva che avere il volto di

Beppe (in France Ccombre), cugino di Cucciolo.

 

   Tre anni dopo venne a Parigi un forestiero, il quale effettivamente alla vista d'un popolo immenso attraversò il fiume a piedi asciutti. [Mi viene in mente … vabbé, direte voi, il solito che avrebbe avuto discendenza da Maria Maddalena… e invece no. Me riferivo ai cattivoni fuggiti dalla Zona Fantasma sulla pellicola Superman 2, e che conoscevo già dai fumetti! Puga] Quest'uomo fece un mistero dei mezzi adoperati nel suo esperimento, ed Ebbe somma cura di nascondere la calzatura adoperata in questo passaggio. per quello che si vedeva, sua intenzione di vender caro Il segreto; ma la poca utilità che se ne poteva ricavare, non ne valeva la pena. In tutti i fiumi si trovano chiatte, battelli per traghettare, né avviene se non di rado di aver bisogno dei soccorsi straordinari per passare l'acqua; e poi, anche in questo caso non si potrebbero aver sempre con sé queste macchine, che non possono essere né leggere né troppo comode a portarsi. l'esperimento a bensì fornito una giustificazione ai compilatori del gennaio di Parigi, che avevano prevenuto la possibilità di una simile scoperta.» 

  Non finisce qui.

Casanova dal fumetto erotico di Ricard edito dalla Cenisio

 

Sulla vita di Casanova, viene ricordato dar Superman [in ambiente erotico] del tempo, un fatterello strano e che non riguarda l’incontri avuti con Giuseppe Balsamo, che non ha nulla a che fare con il conte di Cagliostro. Scrisse Casanova che dopo un mese di quarantena al Lazzaretto di Ancona, partì per Loreto e «Arrivai in quella santa città che ne potevo più. Era la prima volta che facevo quindici chilometri a piedi, bevendo solo acqua perché il vino cotto mi faceva bruciare lo stomaco.» Casanova, passò tre giorni in quel paese, poi «Partii il giorno seguente […]. Verso la metà del cammino sulla strada per Macerata incrociai padre Stefano». Un vero mascalzone questo padre solo di nome, con cui aveva passato la quarantena ad Ancona e con indosso l’abito di quel santo di Assisi che percorreva quelle stesse terre – di là e di qua dell’Appennino – secoli prima; camminava a passo lentissimo, «faceva tre chilometri al giorno era contento di impiegare due mesi per un viaggio che a piedi durava otto giorni.»

Povero Casanova, era l'agosto del 1743 e quest'uomo «era uno stupido con l’intelligenza di Arlecchino, che supponeva coloro che lo ascoltavano ancora più stupidi di lui. Nella sua stupidità, tuttavia, c’era una fine astuzia.» Il veneziano arrivò a litigarci e si separò dall’infame compagno di strada «per evitare di essere rinchiuso in galera con lui». Diretto verso Macerata, «un quarto d'ora dopo passò una vettura vuota che tornava a Tolentino e il vetturino mi promise di portarmici per due Paoli e io accettai. Di là sarei potuto andare a Foligno per sei Paoli, ma una maledetta voglia risparmiare me lo impedì, e siccome mi sentivo in forma, decisi di andare a Valcimarra a piedi. Feci così, e arrivai dopo cinque ore che non ne potevo più. Cinque ore di marcia sono sufficienti per fermare un giovane che, per quanto forte e sano non è abituato a camminare. Affittai subito un letto e mi coricai.»


Un angolino meraviglioso di Serravalle del Chienti dei tempi di Dante da gogole

 

Per colpa della litigata con il religioso fasullo aveva perso tutte le sue ricchezze e dovete pagare con pochi soldi che gli rimanevano. Così, «con la morte nel cuore» dice ancora «mi incamminai verso Serravalle. Ma a un’ora dall'arrivo, dopo cinque ore di marcia e una colazione a Muccia, saltando un fosso misi un piede in fallo, e presi una storta così forte che non potere più camminare.»

A quel punto non può più muoversi e aspetta disperato. «Mezz’ora dopo passa un contadino che andava a comprare un asino e per un Paolo mi conduce a Serravalle.». Purtroppo per Casanova, il contadino lo fa alloggiare da un tipo poco raccomandabile, uno sbirro, e poco raccomandabile è dir poco perché era un sodomita… se ne incontrano un po’ dappertutto!

Il peggio fu che dopo una sosta forzata di quattro giorni fu raggiunto di nuovo da padre Stefano «Fosse stato il cielo o l’inferno a mandarmelo, dovevo sottostare a lui.». Ma che sfiga!

«Un'ora dopo mezzogiorno, il frate mi disse che a Collefiorito era ancora molto lontano, e che avremmo potuto passare la notte in una casa che mi indicò. Una Bicocca…» Passata una notte da incubo con un moribondo e due donne quasi da paura, la mattina presto ripresero la strada per arrivare a Foligno e dopo un veloce boccone con una carrozza arrivarono a Spoleto, dove il veneziano dormì molto bene. «L'indomani di buon'ora, arriviamo a Spoleto dove  il frate conosceva due benefattori...» e il frate si dimostra ancora compagno sgradito, ubriacandosi di brutto. Perciò dice Casanova il «giorno dopo molto presto, ero deciso a partire da solo, quando il Frate, che aveva smaltito la sbornia, venne a dirmi che in avvenire dovevamo vivere insieme e andare d'accordo. Mi piegai ancora una volta sul mio destino, e con lui mi recai a Soma, dove la padrone dell’albergo, donna di rara bellezza, ci servì il pranzo.» Ma il frate dimostrò ancora la sua malvagità, a un paio di miglia da Terni, mostrandogli un sacchetto di tartufi del valore di ben due zecchini che aveva rubato all’ostessa. Il veneziano si azzuffa con lui e lo manda in un fosso e arrivato a Terni scrive che «spedii il sacchetto alla donna, con una lettera di scuse. Andai a Otricoli a piedi per vedere con calma il Ponte Vecchio, e da lì un vetturino mi portò per quattro pauli a Castelnuovo. Da Castelnuovo partii a mezzanotte per arrivare a Roma il primo di settembre alle nove.» ed eccoci finalmente al punto interessante di cui fu testimone il veneziano su quella stessa strada che tante volte feci in automobile per anda’ a Roma…

«Ma ecco un fatto che forse incuriosirà qualche lettore.

Dopo un'ora che avevo lasciato Castelnuovo, Mentre me ne andavo verso Roma in un'area tranquilla e sotto un cielo sereno, osservai a dieci passi da me, verso destra, una fiamma piramidale, alta un cubito, che, a cinque piedi di altezza dal terreno, mi accompagnava. Se mi fermavo, si fermava anch’essa, e quando ai lati della strada c'erano degli alberi, non la vedevo più. Non appena superavo gli alberi, eccola che ricompariva. Più di una volta tentai di avvicinarla, ma quando io mi dirigevo verso di questa, tanto si allontanava. Provai ha ritornare sui miei passi, e non la vidi più; ma quando ripresi il mio cammino la trovai allo stesso posto. Scomparve solo alla luce del sole. Che meraviglia per i superstiziosi! Se avessi avuto dei testimoni di quel fatto, a Roma avrei fatto fortuna. La storia è piena di assurdità di questo genere, Il mondo è pieno di stupidi [se lo dici tu, Casanova…] che gli danno importanza, nonostante i pretesi lumi che le scienze procurano all’intelligenza umana. Tuttavia devo essere sincero, e dire che a dispetto delle mie conoscenze fisiche la vista di quella meteora mi fece venire delle idee singolari. Ma ebbi la prudenza di non dire niente a nessuno.»

 

Da una rivista di enigmistica ho scoperto come Carletto doveva andar al bagno

 

   Mica male, eh? Un bel percorso a piedi da “casa” mia, nella Francia delle origini, fino a Roma per poi veder cose strane nella notte e dire che era una... meteorite, sì, come quella de Carlomagno sulla strada de Aquisgrana e restò poi zoppicante per gli anni che gli restavano.

Dal cap. 32 della vita di Carlo Magno di Eginardo «Anche lo stesso Carlo, all’epoca della spedizione in Sassonia contro Gotofredo re dei Danesi, un giorno che, uscito dall’accampamento prima del sorger del sole, aveva iniziato la marcia, vide all’improvviso una torcia luminosissima cadere dal cielo e attraversare l’aria serena da destra a sinistra; mentre tutti si domandavano che cosa presagisse quel fenomeno, improvvisamente il cavallo che Carlo montava abbassò bruscamente il capo e stramazzò a terra, facendolo cadere così violentemente che la fibbia del mantello si  spezzò e il fodero della spada. Egli fu trovato, dai servitori (testimoni dell’incidente) che si precipitarono a sollevarlo, disarmato, privo del mantello; anche il giavellotto, che (al momento della caduta) teneva in mano, gli fu strappato via e fu ritrovato a venti piedi e più di distanza.» 

   Che meteorite, ha ammazzato pure un destriero. Insomma non sono il solo mentecatto, pazzoide in giro che vede cose strane.

   Luci strane come quelle viste la notte del 22 dicembre del’54 a Castelluccio, sui monti Sibillini, in una zona che personalmente chiamo da molto tempo la «Sierra encantada». Lì dove erano passati in tanti, oltre che Casanova, degli amici chiacchieravano al di fuori del caffè, o bar, o come lo volete chiamare. Erano le dieci di sera e Armenio Pignatelli, scorse improvvisamente nel cielo limpido e stellato, una «scia luminosa» che, procedendo «grosso modo» da nord a sua, calò rapidamente sul monte Vedetta, situato a circa un paio di chilometri (in linea d’aria) ad est dell’abitato [denominato anche paese delle fate, tanto che una via è intitolata ad esse], scomparendo dietro il crinale del monte stesso. Il signor Armando Coccia testimoniò che all’origine della «scia», un corpo «triangolare [ma non era triangolare, pure la strana fiamma vista dal veneziano?] emanante una luce giallastra».

Qualcuno rientrò nel caffè e richiamò altri testimoni; i quali videro qualche minuto dopo una debole luce che Loreto Miccoli descrisse come una «lanterna a petrolio di colore violaceo», che si spostava lentamente avanti e indietro [senti, senti…], apparendo e scomparendo alternativamente di qua e di là dal crinale del monte coperto di neve.

 Vicende e cartina tratti dal libro ufo in Italia, Volume II, (l’ondata del 1954)

C. Tedeschi Ed. – Firenze s.d. (presumibilmente anni ‘80)

 

C’era l’impressione che qualcuno, lassù, camminasse facendosi lume con una lampada. Lo strano fenomeno durò da un quarto d’ora secondo Armando Coccia, mentre per altri un’ora. Poi tutto piombò nell’oscurità della notte.

Il mattino dopo si decise di fare un sopralluogo e si constatò che sulla neve vi erano  «orme» di piedi umani, molto nitide, calzati con «scarpe» dalla suola perfettamente liscia. Erano di due dimensioni; una della misura di piede di «donna di media statura»; le altre più piccole (circa di un terzo) come quelle di un bambino di sugli otto o dieci anni, e le orme apparivano profonde di circa quattro centimetri. Il bello (come dico sempre io) che si stendevano per qualche centinaio di metri e si interrompevano ad intervalli vari come se le misteriose entità che l’avevano lasciate avessero fluttuato ogni tanto nell’aria; e le orme terminavano come se questi esseri (angeli, fate, alieni? Bòòòò?), fossero letteralmente «volati via».

Il signor Luigi Brandimarte dichiarò dì aver osservato sulla neve ghiacciata anche tre impronte circolari di diametro, disposte a triangolo. Armando  Coccia, a sua volta, avvertì un  «odore di carburante bruciato».

Questi misteriosi e affascinanti Sibillini.    

 

    Siamo nel ’54, a Signa in Toscana. Un anziano operaio dell’azienda tranviaria fiorentina, il signor Angelo Caciolli faceva una passeggiata dopo pranzo – embé, erano le due del pomeriggio, e in genere o si fa una pennichella oppure si va a zonzo – per la campagna intorno a casa. Poi tra due filari di viti vide un’alta figura che gli voltava le spalle; essa aveva un gran velo azzurro su cui spiccavano delle stelline che la cingeva dalla testa ai piedi e il signor Angelo suppose che era una giovane donna… Cosa faceva una forestiera in un posto tanto isolato e che camminava con un incedere strano, irreale ma sicuro fra i campi???

Ed ecco che la figura si voltò appena e l’anziano tranviario fu sicuro che si trattasse di una donna, perché ne intravide il volto straordinariamente bello. appena un attimo dopo, la giovane scomparve per di più tra uno stormire di fronde… eppure non tirava un filo di vento, nonostante fosse autunno, infatti era il 17 ottobre, di domenica. Solo nell’erba rimase un gattino nero, che fuggì alla vista del sor Angelo.

 



Questo è l’Ottag di Giorgio Rebuffi ma non ha nulla vedere col

gattino nero visto a Signa dal sor Angelo.

 

Un gattino nero? I gattini in campagna ci sono, ma a quei tempi i contadini (toscani e non solo) erano parecchio superstiziosi e gattini neri non se ne vedevano in giro; come appunto scriveva Luciano Gianfrancesci sul suo libro “Ufo, cronache del Mistero”, Rusconi 1977, alle pagine 131 – 133; un libro che ebbe talaltro anche la prefazione di Edoardo Morricone, studioso del fenomeno e disegnatore di fumetti.

«Improvvisamente» riferì un quotidiano locale in un’intervista all’anziano tramviere «comparve una donna, bellissima e straordinaria, nel senso che appariva eccezionalmente alta, come mai ne avevo viste da queste parti.» e precisò il giorno dopo ad un altro giornale «Non so chi fosse la donna che ho visto, ma certo la visione è stata strana. Tanto strana che da due notti non dormo più tranquillamente come prima…». Gianfrancesci scrive «Quanto alla descrizione, parlò di un astrologa: cioè qualcosa di misterioso come figura, ma pur sempre reale nell’effige di una donna.» e più avanti «Caciolli potrebbe esser stato testimone dell’atterraggio di un ufo invisibile» e via di seguito… Un umorista, come i soliti che CiCAPiscono tutto, potrebbero dire che in realtà il sor Angelo ha avuto una visione… della madonna, no! Della Fata dai capelli turchini, in effetti se fosse stato in atto il fenomeno della distorsione ben studiato da José Caravaca, la cosa ci sarebbe, e il gattino nero era Pinocchio.

   Eggià, così sembrerebbe, ma il mantello azzurro e stellato è un po’ troppo, diciamo, “caratteristico”. Leggendo quella “linguaccia” di Svetonio (come lo ha definito – se non ricordo male – Montanelli) scrive che Nerone aveva «indosso una veste di porpora e sopra una clamide ovvero mantello lavorato a stelle d’oro. [a pag. 281 della versione di fra Paolo del Rosso stampata a Torino nel 1833]». Dione Cassio (citato da George Roux nel cap. XXIII nel suo libro del ’62 su Nerone) «E' rivestito di porpora stellata; sui capelli rossi posa una corona di ulivo selvatico.». H’mm, non collimerebbe un certo color rosso (la porpora) con quello azzurro. Comunque le stelle ci sarebbero e pure i prodigi. Per restar in tema scrive sempre Svetonio di Ottaviano dei “Prodigi avvenutigli dopo la morte di Giulio Cesare”«Ritornando da Apollonia dopo la morte del suo padre Cesare nello entrare in Roma, essendo il cielo chiaro e sereno, si vide un cerchio a similitudine dell’arcobaleno, il quale in un subito circondò la sfera del sole; e in quell’istante il sepolcro di Giulia, figluola del detto Cesare fu percosso da una saetta. [pag. 129 del libro già citato]». E della morte di Giulio Cesare? «in que’ giorni che Augusto suo erede faceva celebrare le feste in suo onore, per sette dì continui apparse una cometa, che nasceva intorno alle ventitre ore, e si credete ch’ella fusse l’anima di Cesare, che fusse stata ricevuta in cielo. E per questa cagione in testa della sua immagine si pose una stella. [pag. 59]» Episodio che avevo già citato alla nota 2 del Piccolo campionario dell’Insolito. Oggi sarebbero miracoli, ma essendo avvenuti in tempi pagani, son solo prodigi.

Certo che li romani antichi erano parecchio legati… alle stelle. In una nota trovata in rete vi è scritto che «Nell'iscrizione del fanum di Regilla lungo la via Appia a Roma (cfr. G. Kaibel, Epigrammata graeca, Berlin I878, n. 1403.23) sono ricordati come segno di nobiltà i «sandali stellati».» Non ci credete? Vedete un po’ nella nota 19 della pagina: https://www.caffarella.it/SitoMario/artlet/let_EA.htm    

Certo, che li nobili romani se credevano tutti dei viaggiatori... stellari. ovnilogia (o ufologia) d'altri tempi?

   Per restar in tema de mantelli e de Cesare… Perché il sor Giulio ci teneva tanto a tener «il mantello stretto tra i denti, per non lasciarlo come un trofeo in mano ai nemici.» quando si buttò in mare in Egitto? Non è che anche questa veste era… stellata? Bò, oramai…

   E per tornare a tempi più recenti, se Caccioli a Signa parlò di un astrologa… bè, dovrei pensar alla prima testimonianza della pastorella Heidi… no, della piccola Lucia che nel 1917, insieme ad altri bambini descrisse così la visione avuta a Fatima in Portogallo «una signora molto luminosa, alta circa un metro e dieci centimetri, dall’apparente età di 10 – 15 anni, che indossava un abito molto aderente: una gonna stretta, una giacca ed un mantello, tutti decorati da cordoncini cuciti sopra, sul capo portava qualcosa che le nascondeva i capelli e le orecchie, gli occhi erano neri, aveva, inoltre, dei cerchietti ai lati del collo. Veniva dall’altro e svaniva gradualmente nella direzione opposta, non eseguiva movimenti facciali e non muoveva le labbra ma solo le mani di tanto in tanto. Aveva una sfera luminosa nella mano sinistra tenuta all’altezza della vita e voltava le spalle ai testimoni quando se ne andava.».  Una sfera nella mano come le maghe, le cartomanti, le astrologhe… però in Portogallo era alta come una ragazzina sui 10 – 15 anni e a Signa era un sacco alta…. Vuoi veder che era cresciuta d’età e d’altezza?

 

Disegno tratto dal libro di Malanga

 

Ma chi c’è l’aveva portata in quei posti? Embé, la risposta è semplice: un oggetto volante non identificato a forma di disco, appunto un disco volante. Ah! M’invento le cose, eh? Che successe nella sesta e ultima apparizione del 13 ottobre 1917? «le nuvole si aprirono, lasciando vedere il sole come un immenso disco d’argento […] Come una gigantesca ruota di fuoco, il sole girava velocemente. Si arrestò per un certo tempo, per poi ricominciare a girare su se stesso vertiginosamente. Quindi […] il globo di fuoco parve tremare, scuotersi e precipitare zigzagando sulla folla terrorizzata. […] dopo circa dieci minuti, il sole tornò al punto da cui era precipitato, restando di nuovo tranquillo e splendente, con lo stesso fulgore di tutti i giorni.» Eggià.  Ma secondo Corrado Malanga, da cui ho tratto queste righe nel suo libro i fenomeni delle apparizioni mariane [al capitolo Fatima: apparizioni mariane o IR4?] continuano in questa maniera «in realtà le testimonianze di un medico che  si trovava sul posto disse che il sole era rimasto al suo posto dietro le nuvole e che il solito disco metallico, roteante sul suo asse aveva fatto alcune “cabrate” sulla folla terrorizzata. Non c’era dubbio: si trattava di un’altra cosa, il sole era rimasto al suo posto e quella cosa che aveva dato spettacolo era un altro oggetto luminoso.». Non basta, scrivono anche prima nel capitolo Profeti e profezie varie (non v’inc… ho scaricato il libro in pdf dal mulo, non mi andava di comprare il libro firmato da quello del cun il cui nome ricorda Pinocchio) «Durante la prima apparizione dell’angelo annunciatore a Medjugorie i tre pastorelli che avevano visto la strana forma luminosa che ancora non si era presentata loro, scapperanno al villaggio, dicendo di aver visto un ufo. [Avranno pensato di aver visto il disco di Goldrake, che doveva esser trasmesso nel 1981 anche in Yugoslavia. Puga] Solo il giorno dopo la visione si ripeterà e si presenterà come la Beata Vergine.».

  Perché ci deve essere una concatenazione così stretta tra apparizioni mariane e dischi volanti, di cui qui ho dato in un solo esempio. L’unica spiegazione possibile ci viene da un antico manuale il Vymanika-Shastra o «Aeronautica del Maharashi Bharadwaja» in cui si parla dei Vimana, e oramai in molti sanno di ciò che parlo. Vimana ovvero, qualcosa che vola come gli uccelli e con quel termine si indica «un veicolo costruito per volare non soltanto nell’atmosfera terrestre ma capace di collegare mondi diversi.» come scrivono Ettore Vincenti e David Davenport a pag. 124 nel loro 2000 a.C.: distruzione atomica del ’79. proseguono nel descrivere un antico manoscritto di circa 400 anni d’età scritto su foglie di palma dopo essere trasmesso oralmente da generazione e generazioni di uomini.

Anche se in versi è un pedante manuale tecnico e descrive questi veicoli artificiali e delle loro funzioni e dei suoi segreti di funzionamento e il 14° descritto a pag. 138 dà la risposta cercata. «Suuroopa: Attraendo i 13 tipi della forza Karaka menzionata nel “Karaka-Parakana”, applicando  aria sovraccarica di neve e proiettandola attraverso il tubo convettore d’aria verso gli specchi pushpinee-pinjula nel lato interiore destro del Vimana, e focalizzandoli sopra il raggio Suragha, apparirà a chi guarda il Vimana una donzella celeste  coperta di fiori e gioielli.» [non c’è bisogno di dire di dire chi è questa fanciulla, a meno di volerla identificare con la proiezione olografica della sorella (scaturita dal robottino) che vide, Luke Skiwalker su Guerre Stellari nel ’77.

 

Dal fumetto edito dalla Mondadori nel ‘77

 

E Vincenti e Davenport devono scrivere di non avere nessuna spiegazione… o forse furono costretti a scrivere così e l’unico e ha avuto il coraggio di parlane è stato solo Malanga.

  Ma l’apparizione di questi ordigni, oggetti volanti, ha altri esiti terrificanti. Avrete sentito parlare dell’incendio di Chicago che avvenne l’8 ottobre 1871, no?

 

Dalla rivista francese l’intrepide

Come scrivevano sull’Intrépide del ’58, «Gli storici non sono ancora d’accordo su questo fatto, in America, si ammette in generale che fu la mucca della signora O’Leary, facendo cadere il lume a petrolio, a provocare l’enorme incendio di Chicago. Quando dopo 27 terribili ore, una pioggia torrenziale  estingua l’oceano di fiamme, si aveva già 250 morti e i danni ammontarono a 200.000.000 dollari.»

Ma l’ex gesuita e ovnilogo (sarebbe a dire ufologo) Salvador Freixedo ha dire la sua [Difendiamoci dagli dei, Risveglio edizioni Pisa 2015, pag. 145] «Molta gente non sa che la stessa notte in cui Chicago andò a fuoco arsero molti paesi e perfino delle città, come l’oggi popolosa Greenbay, dove morirono bruciate circa 3000 persone e quella stessa notte arsero enormi estensioni di terreno in almeno sette stati degli stati uniti» dell’America settentrionale, scriveva giustamente Salgari, ma Freixedo continua e scrive «la causa di questo incendio? Né più né meno che quello che oggi chiamiamo un OVNI; una palla di fuoco che passò a nord-est degli stati uniti dallo stato del Nebraska fino a quello della Pennsylvania, seguendo una linea retta di non meno di 2000 chilometri e causando al suo passaggio enormi conflagrazioni in migliaia di chilometri quadrati. Secondo i testimoni oculari, un calore opprimente scese improvvisamente dal cielo, soffocando chiunque si trovasse in una spianata priva di un posto nel quale ripararsi.»

 

L’ultima follia su Giulio Cesare

Cesare alla testa delle sue legioni.
 

Questo pazzoide, questo mentecatto ha colmato la misura? No! C’è ancora qualcos’altro… Non sarei un folle se, fin dall’inizio non avessi creduto alla falsa, falsissima idea che Carlomagno era marchigiano e non tedesco, e che è falsissima lo hanno ormai dimostrato le due università di Camerino [in origine l’Universitate Parisius, sò pazzo, eh?] e quella ben MENO antica di macerata, che con fondi provenienti dall’europa (scritta in piccolo perché non merita altro) e quindi franco-tedeschi, hanno avuto i mezzi per poterla screditare ufficialmente.

   Dagli scritti del professor Carnevale seppi che lo storico Widukind all’epoca dell’incoronazione de Ottone ad Aquisgrana scrisse che [vedi a pag. 29 de La scoperta di Aquisgrana in Val di Chienti, queen 1999.] questa città era nei pressi di Julum. Anzi scriveva che il Palatium Aquisgrani era proximun Julo, a conditore Julio Caesare cognominatum. Ci sarebbe un Jülich, nei pressi Aachen, ma… fermi là! Ve siete fregati tutto a cominciare da Carletto magno, ma Giulio Cesare NO!

L’antico Julum non poteva che essere il piccolo centro di Giulo nel camerinese. Ricordavo da sempre che di Giulio Cesare non si è mai saputo il luogo della sua nascita. Qualcuno diceva a Velletri, ma  senza nessuna certezza, chissà poteva essere Boville sui Colli Albani… e allora perché non poteva… L’ipotesi che immaginai era talmente pazzesca che me ne innamorai subito.

Giulio NON fondatore, ma NATO a Giulo!

Perché no? Il vero problema è che un paio di volte ne parlai in giro e quest’idea suggestionò talmente che qualcuno la sposò e la fece sua. Già, ma non ci era arrivato come ci era arrivata la mia pazzia.

Il primo elemento era appunto Widukind o Viduchindo o come se chiamava, ma avevo altri due semplici elementi che mi hanno spinto definitivamente verso questa pazzia.

Il secondo elemento è che a Cingoli, patria di Tito Labieno, vi è poco al di fuori della città la fonte Giulia, così chiamata perché quando Cesare arrivava a Cingoli a trovare Labieno, fermava i cavalli a questa fonte per abbeverarli. Già, ma da dove veniva? Da Roma oppure da… Giulo?

Del terzo ed ultimo elemento ne ho già parlato nel Campionario dell'insolito 4 quando un torcia celeste che fece la notte come il giorno e passò sopra la villa e luogo di svaghi di Livia, moglie di Cesare (Augusto) nell'Appennino, percorso pure da un terremoto, tutto questo nell’anno 15 a. E. V.

Essendo la villa sull’Appennino, e non al mare a Cattolica, a Senigallia, a Civitanova, oppure a Giulianova ho ragione di ritenere che fosse a Giulo, lì dove per la mie mente malata era nato Giulio.

   Evvabbé. Non è vero niente, ma quanto sono incantati questi Sibillini.

   

Marco Pugacioff

Macerata Granne

(da Apollo Granno)

S.P.Q.M.

(Sempre Preti Qua Magneranno)

13/11/'20

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