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giovedì 30 marzo 2023

Ciao Seijas

 

Ciao Seijas

  E così è partito pure quel gran artista che è Seijas; un artista di cui non ho ma saputo pronunciare il nome… succede.

    Però non potevo non rimanere affascinato dalle tavole realizzate per Aquila della notte. Oh, dovrei dire Tex, visto che in costume pellerossa non lo fanno più vedere.

    La sua prima avventura era uno dei soliti, noiosi testi di Nizzi, che ho saputo (da “voci di corridoio”, se poi non è vero, bà!) era stato riscritto, rimaneggiato in persona, dal capo supremo, da Nolitta… che coppia, ragazzi; uno meglio dell’altro. Vabbè…

   Mi telefona l’amico Ruben, ex componente del gruppo fumettistico argentino “Gemini”, che ha avuto la notizia dal suo amico e collega di studio “Frank”, autore fantasma di Dago e dell’Uomo Mascherato, anzi di Phantom, visto che lo realizzò direttamente per gli usa.

   Nato il 1 giugno 1941 Seijas ha disegnato un mare di personaggi come tra gli altri Bruno Bianco, che mi è sempre stato poco simpatico, però che disegni!

Sapeva disegnare delle gran belle donne, e in questo era però molto meno “erotico” di Giovanni, il cugino di Diego, Juan Zanotto… infatti anche se le ragazze di Seijas hanno delle gran belle curve, non arrivano ad essere “stimolanti” come quelle di Zanotto. Come ben si vede dalla prima tavola di Helena che ripreso da “I giganti dell’avventura, anche se i suoi volti femminili sono stati ampiamente saccheggiati dagli autori dei fumetti per adulti.

 


    Quello che non si sapeva è che, di nascosto, aiutava tanti disegnatori suoi colleghi e senza far sapere nulla in giro. Che grand’uomo!

Per questo dispiace ancora di più che ha fatto “il gran salto nel buio”…

    Ma gente come te, vede subito la luce, ne sono sicuro.

       Ciao Seijas

 Marco Pugacioff

[Disegnatore di fumetti dilettante

e Ricercatore storico dilettante, ma non blogger

(Questo è un sito!)]

Macerata Granne

(da Apollo Granno)

S.P.Q.M.

(Sempre Preti Qua Magneranno)

30/03/’23

 articoli

 

lunedì 27 marzo 2023

Cronaca dell’insolito 19

 

Cronaca dell’insolito 19

Per ora sono riuscito a rientrare nel mio sito… finché va… poi,

bò, forse farò un marco pugacioff 2

oppure lasceremo perdere, tanto…

Intanto venite con me in un altro mondo e

 



 

“gustatevi” un po’ di storielline…

 

Lo Stradino

Giovanni Mazzuoli nacque a Firenze intorno al 1480, ed è ricordato dai contemporanei come un personaggio curioso, dal carattere originale ma bonario e generoso, appassionato di romanzi cavallereschi, storia, cronache e poesia, senza essere un erudito e un letterato di professione. Il suo aspetto fisico è descritto come di straordinaria bruttezza, con il volto segnato dalle cicatrici delle ferite ricevute sul campo di battaglia o in qualche rissa. Aveva l’abitudine di andare in giro armato, con ciondoli a forma di teschio appesi al collo, portandosi dietro libretti e scartoffie. Non conosceva il latino, né ricevette mai un’istruzione umanistica. Nello studiolo della propria casa Mazzuoli allestì una singolare biblioteca, l’Armadiaccio, come veniva chiamata scherzosamente da Grazzini e dagli altri amici, che ne trassero spesso giovamento per i loro studi.     Nell’Armadiaccio non erano conservati solo libri, ma anche medaglie, oggetti antichi, statuine di bronzo e curiosità di storia naturale, come trofei animali, denti di gigante e altre meraviglie che dovevano lasciare sbalorditi i visitatori per rarità e stranezza.

Morì a Firenze il 5 giugno 1549.

 


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L’Italia è marcia,

l’Italia è morta!



  Ho saputo che il 28 settembre 1885, la gente scese nelle strade di Montreal e fece una rivolta contro la vaccinazione obbligatoria per il vaiolo.
Più di 2.000 violenti rivoltosi, alcuni armati di pietre, altri di pistole, si riversarono nelle strade per protestare contro le vaccinazioni obbligatorie.
1.400 militari armati e la polizia locale vennero sopraffatti dalla folla che devastò gli uffici della sanità pubblica.

   Il grido di battaglia dei rivoltosi fu “uccidete i vaccinatori”.

Se è vero… Bà!

 

Ne ho saputa un’altra… Facciamo un ulteriore salto indietro:


500 anni fa accadde qualcosa di molto, molto simile a quello che stiamo vivendo oggi.

Solo che oggi il finale non sarà così.

“Quando la peste bubbonica colpì Ginevra nel 1530, tutto era già pronto.
Fu persino aperto un intero ospedale per gli appestati.

Con medici, paramedici e infermieri.

I commercianti contribuivano, il magistrato dava sovvenzioni ogni mese.

I pazienti davano sempre soldi, e se uno di loro moriva da solo, tutti i beni andavano all’ospedale.

Ma poi è successo un disastro: la peste andava spegnendosi, mentre le sovvenzioni dipendevano dal numero di pazienti.

Non esisteva questione di giusto e sbagliato per il personale dell’ospedale di Ginevra nel 1530.

Se la peste produce soldi, allora la peste è buona.

E poi i medici si sono organizzati.

All’inizio si limitavano ad avvelenare i pazienti per alzare le statistiche sulla mortalità, ma si sono presto resi conto che le statistiche non dovevano essere solo sulla mortalità, ma sulla mortalità da peste.

Così cominciarono a tagliare i foruncoli dai corpi dei morti, asciugarli, macinarli in un mortaio e darli agli altri pazienti come medicina.
Poi iniziarono a spargere la polvere sugli indumenti, fazzoletti e giarrettiere.

Ma in qualche modo la peste continuava a diminuire.

A quanto pare, i bubboni essiccati non funzionavano bene.

I medici andarono in città e di notte spargevano la polvere bubbonica sulle maniglie delle porte, selezionando quelle case dove potevano poi trarre profitto.

Come scrisse un testimone oculare di questi eventi, “questo rimase nascosto per qualche tempo, ma il diavolo è più preoccupato di aumentare il numero dei peccati che di nasconderli.”

In breve, uno dei medici divenne così impudente e pigro che decise di non vagare per la città di notte, ma semplicemente gettò un fascio di polvere nella folla durante il giorno.

Il fetore saliva al cielo e una delle ragazze, che per un caso fortunato era uscita da poco da quell’ospedale, scoprì cosa fosse quell’odore.

Il medico fu legato e messo nelle buone mani degli ‘artigiani’ competenti.
Hanno cercato di ottenere più informazioni possibili da lui.

Comunque, l’esecuzione è durata diversi giorni.

Gli ingegnosi ipocriti venivano legati a dei pali su dei carri e portati in giro per la città.

Ad ogni incrocio i carnefici usavano pinze arroventate per strappare loro pezzi di carne.

Venivano poi portati sulla pubblica piazza, decapitati e squartati e i pezzi venivano portati in tutti i quartieri di Ginevra.

L’unica eccezione fu il figlio del direttore dell’ospedale, che non prese parte al processo ma spifferò che sapeva come fare le pozioni e come preparare la polvere senza paura di contaminazione.

Fu semplicemente decapitato ‘per impedire la diffusione del male’”.

 


François Bonivard, Cronache di Ginevra, secondo volume, pagine 395 – 402:
https://archive.org/details/chroniqvesdegen00chapgoog/page/n421/mode/2up

 

Altri tempi!

 

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antico rettile vivo nel ghiaccio

 

   nel numero 4 di Storia di Roma e delle civiltà antiche a fumetti del 1975, venne riportata una notizia inviatagli da un lettore di Cagliari. Il lettore “comunica lo stralcio di un articolo, tradotto dalla «IZVESTIA» di Mosca il quale afferma «Nella Kolyma, freddissima regione all’estremità nord-orientale della Siberia, alcuni ricercatori hanno rivenuto, seppellito nel ghiaccio, il corpo di un rettile preistorico. L’animale, simile ad una piccola salamandra, lungo circa 10 centimetri, dopo che è stato liberato dal ghiaccio, ha ripreso a vivere…»

 



Da Cucciolo: “Attenti al dinosauro” di Giorgio Rebuffi

 

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Il burlesco «Miracolo» di un ladro

 

   Cesare Baudi di Vesme, nel suo libro Storia dello spiritismo, vol. 2, stampato a Torino nel 1896, e presente in rete, riferisce di un fatto alle pagg. 196-197 che solo a leggerlo sembra una burla di Arlotto oppure il canovaccio per un commedia di Totò.

  Era all’incirca la metà del 1896 in usa e sui quotidiani venne riferita questa notizia…

«Dinanzi a un giudice di Nuova York fu condotto un tale Macdonald, accusato d’avere commesso un furto con effrazione in una casa della città, da cui l'avevano visto uscire parecchi testimoni degni di fede. Ma, alla stessa ora in cui si abbandonava a questa colpevole operazione, Macdonald si trovava, in istato di sonno ipnotico, in una sala di conferenze, ove il prof. Wein presentava quell’interessante soggetto ad un numeroso uditorio, parlando dei fenomeni telepatici che in lui si verificavano. Si giudichi della sorpresa del povero magistrato, che non poteva contestare la validità dell’alibi, ma che, d’altra parte, non poteva ricusare fede alle testimonianze presentate contro il Macdonald. Aggiornò prudentemente la sentenza, volendo consultare in proposito qualche psichiatra. Per parte sua, il professore Wein non dubita punto che i due Macdonald, il ladro ed il dormiente, non siano un solo essere, sdoppiato momentaneamente in due personalità.»

    Però… chissà che questo MacDonald avesse a sua insaputa un gemello? Oppure un sosia…

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Pietre senza peso


   Nel maggio dell’84, sulla posta del numero 26 di Martin Mystère, veniva pubblicata una storia [sottolineando – ma guarda un po’ – che era «vera»] mandata da un lettore di San Vito di Leguzzano (Vicenza). Vera?

In genere se le pubblicava un albo a fumetti oppure il Giornale dei Misteri, rivista poco seria, non erano di certo vere, ma false.

E chi mi ha sottolineato questo è uno sceneggiatore di fumetti che dovrebbe attingere molto da questo materiale, e invece lo snobba.

   Vabbé, leggiamo questa storia…

«È la vicenda, accaduta un decina di anni fa qui a San Vito, di un vecchio soprannominato Gijo. In gioventù, Gijo vendeva le larve di bachi da seta, come rappresentante di una ditta (siamo nel 1910-20). Poi lavorò come manovale a Postrima e in altri posti.

A un certo punto cominciò per lui una serie di disgrazie: la moglie e il figlio piccolo morirono per malattia e il primogenito fu ucciso in guerra. Gijo cominciò a dare segni di squilibro mentale, tanto da essere chiamato da tutti “il vecchio pazzo”. Ridotto in miseria, vestito di stracci, si aggirava di notte per la campagna e lungo le rive del torrente Giara, alla ricerca di pietroni con cui costruirsi una specie di grotta che lui definiva casa.

Il curioso è che i pietroni pesavano anche diversi quintali, e lui non si serviva d’altro, per trasportarli, che di una grossa catena. Costruì la sua grotta (abbastanza ampia e alta qualche metro) senza l’ausilio di legno o di fil di ferro, senza neppure un carretto sul quale portare le pietre.

A chi gli domandava come facesse a sollevarle e a trasportarle per centinaia di metri, rispondeva che c’erano gli spiriti che lo aiutavano.

Morì molto vecchio, una ventina d’anni fa.»


   Una storia che ricorda molto quella del Castello di Corallo in Florida, narrata infinite volte da quel ricercatore, che passò da Telemontecarlo a raidue. Un castello dove venne girata anche una pellicola di Argos, ovvero El Santo, el enmascherato de plata dove una bella, formosa e malvagia strega aveva la sua sede.

    Tutte queste storie si basano sul fatto che le pietre si possono spostare senza badare al loro peso. Non ci sarebbe bisogno di Ercole o di Tarzan, ma forse della musica. Non ci credete? Al solito non mi invento niente, ma leggo, leggo molte storie e ve ne una che spiegherebbe molte cose… ovvio, per chi ci vuol credere.

   Un lettore del Giornale dei Misteri di Trapani citava, riproducendolo da «un vecchio libro», un racconto che Jacopo Comin sul n. 24 del ‘73 non esitava a defi­nire «strabiliante» e di cui non dubitava inerente l’energia detta «Vril, una straordinaria forza sco­perta da uno dei più grandi geni che l’umanità abbia avuto; casualmente ho letto parte della vita di questo scien­ziato in un vecchio libro della mia modestissima biblioteca» e la riportava integralmen­te.

   «Karl Kuntze si svegliò: il silenzio della not­te era turbato dalle note di un violino che proveniva da un locale attiguo alla sua camera da letto e si accorse che sua moglie si era destata: «che curiosa mania» protestò Kuntze «suo­nare il violino a quest'ora, invece di dormire e lasciar dormire gli altri!».

Era l’anno 1890 a Filadelfia, in usa. Karl Kuntze gestiva un negozio di dro­gheria e dormiva in una stanza del retrobottega che confinava con uno stan­zone, già deposito di ferri vecchi, affittato da un signore taciturno, riservato e solitario che aveva detto di chiamarsi John Worrel Keely, elettrotecnico. «Lo stanzone» aveva dichiarato al momento di affit­tarlo, «mi servirà per lo studio e la fabbricazione di un nuovo tipo di mo­tore elettrico».

   I coniugi Kuntze non capivano che centrasse un violino con i motori, ma dato che la strana mu­sica si faceva udire spesso la notte e ancor di più di giorno, alla fine ci si abituarono tanto le spesse pareti della casa la attenuavano molto. Curiosamente erano sempre solo poche note ripetute con lievi variazioni.

    Intanto passarono ben venti anni in cui il signor Keely arrivava ogni mattina al suo laboratorio, sempre più vecchio sempre più triste e i suoi vestiti scoloriti dal tempo, rivelavano la sua crescente mi­seria.

   Nessuno entrava nel suo laboratorio e i signori Kuntze non scambiavano con il signor Kuntze non altro che dei saluti.

   Infine un giorno quello che sembrava un amico del ricercatore accompagnò Kuntze al laboratorio, insieme a una donna; e da allora sembravano frequentare lo stesso luogo per qualche mese. Ma poi anche le loro visita finirono e con loro perfino le note provenienti dal violino. 

   Ma un funesto giorno, un denso fumo uscì dal finestrone alto e inferriato dello stanzone-laboratorio facendo precipitare i vicini; eppure lo stesso Keely apparve sulla por­ta per assicurarli, visto che stava bru­ciando delle vecchie carte. Da quel punto in poi Kee­ly non fu mai più visto e il laboratorio rimase chiuso e si­lenzioso.

   Passa un intero mese e davanti al laboratorio arrivò un gruppo di persone: due agenti di po­lizia in uniforme, un magistrato e uscieri del tribunale portati proprio dalla signora e dall’uomo che erano stati visti entrare nel laboratorio.

   Fu la stessa donna che aprì la porta con una chiave che estrasse dalla borsetta, il gruppo entrò e si stese un verbale, che venne poi fir­mato da lei e dall’altro presunto amico di Keely, il cui testo era il seguente: «Noi qui sottoscritti, soci della Dynaspheric Company, dichiariamo che essendo deceduto il signor John Worrel Keely di Filadelfia, siamo autorizzati secondo l’atto costitutivo della società che alleghiamo, a prendere possesso degli apparecchi e documenti esistenti nel laboratorio situato al n. 3... Via... ecc.»

   Con grande scorno dei soci di Keely, all’interno del laboratorio tutto era bruciato: carte, dise­gni e documenti ed aveva distrutto tutti gli apparecchi, le macchine e i modelli esistenti nel laboratorio.

   I due soci riferirono allora che John Worrel Keely, aveva scoperto la maniera di sviluppare e controllare una forza «Vibrante elettromagnetica» che egli aveva chiamato «Dinasferica», mediante la quale annullava e controllava a volontà la forza di gra­vità. Non per niente aveva costruito un motore che in loro presenza, senza essere colle­gato a nessun filo e spostabile a vo­lontà sopra un tavolo a rotelle, con un piano di vetro trasparente, si met­teva in moto quando Keely raggiun­geva con il suo violino una nota di una determinata acutezza aumentando la velocità di rotazione fino ad un gra­do tale che aveva finito per andare in pezzi. Pensate il ricercatore Keely aveva anche costruito un modellino di dirigibile che si levava e si spostava in tutti i sensi a volontà, secondo le modulazioni del suono del violino: vi erano cose viste dall’uomo e dalla donna varie volte come una sfera di acciaio, del peso di cento chili controllato da loro stessi, si sollevava, rimaneva sospesa nell’aria ad una determinata distanza dal pavimento e ridiscendeva a volon­tà secondo le variazioni del suono del violino di Keely.

   I due avevano creato una società, sciolta dopo pochi mesi per  la grande incredulità e opposizione incon­trata nelle sfere industriali ed ufficiali. Non erano nemmeno riusciti a convincere dei funzionari a venire a vedere agli esperimenti, visto che «Essi non avevano tempo per vedere dei truc­chi di mistificatori o per trattare con dei pazzi».

   Worrel Keely, vecchio e sconfitto era morto amareggiato senza svelare il suo segreto: la sfera di acciaio, e i resti bruciacchiati del mo­dello del motore e del dirigibile dai quali erano state asportate le parti principali fatte sparire chissà dove, erano gli unici residui della sua opera e nessuno era in grado di rico­struire i modelli e farli funzionare. Il violino che fu trovato intatto ed esa­minato, era un violino come tutti gli altri...».

   W. Raymond Drake aggiunge poi nel luglio del ’77 – GdM n. 76 – che «Voi non sapete che cosa sia av­venuto in questa stanza», dichiararo­no i soci sbigottiti. «Non potete ave­re un’idea di che cosa l’umanità abbia perso con il tesoro di Keely. Egli solo aveva scoperto il modo di sviluppare e controllare la forza vibrante elettro­magnetica, che egli chiamava “dina-sferica”. Con questa, la forza di gra­vità era del tutto annullata».

 Pare anche che Keely, scoraggiato, un giorno avesse detto: «E pensare che con il mio violino potrei solle­vare una casa e mandarla a vagare fra le stelle per poi riportarla al punto di partenza».


   Ormai ne sono convinto e storie così, me lo confermano, che i serpenti governano il mondo.

 

   Non posso fermarmi qui. La levitazione ultrasonica non è una sciocchezza. Difatti nel novembre del 2015, all’interno dell’undicesima puntata dell’undicesima serie del programma spagnolo Cuarto Milenio, venne annunciato che l’università spagnola di Navarra aveva realizzato uno studio su tale fenomeno.

Lo studio era basato sul fatto che si possono muovere oggetti senza toccarli, ma attraverso suoni musicali. Il gruppo di studiosi avevano creato strutture acustiche tridimensionali che funzionano come raggi trattori.


Fino allora si potevano solo oggettini di un millimetro ma in grande scala…

però, ne avete sentito in giro di questi studi? Ma che importa. Forse non hanno avuto seguito.

 

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spezzoni da

L’enigma di Stonehenge

di Alessandro apecchi

 


  Su quella bella rivista che era il Giornale dei Misteri degli anni ’70, che dava cibo per la mente [al contrario di molte riviste patinate], qui vi erano inseriti articoli che parlavano di voci, poi in seguito tenute occultate. Provate a leggere le note più inquietanti di quest’articolo dal numero 24.

«Il particolare paesaggio invita a fantasticare, ad immaginare di qua­li genti e di quali spettacoli siano sta­ti testimoni questi giganti di pietra nei secoli passati[…]

 Quando però il sole sta per tra­montare, il luogo torna nuovamente deserto; le ombre proiettate dalle co­lossali pietre si allungano in modo im­pressionante e tutto sembra acquistare la maestosità e potenza di un tempo, mentre una velata nebbiolina accom­pagna il calare delle tenebre. 

Torna al­lora quel senso di sbigottimento che si prova sempre dinanzi all’ignoto, tor­nano in mente gli aspetti sconosciuti di Stonehenge, le paure e le leggende popolari sussurrate con timore attra­verso i secoli. In pieno 1973 nessun abitante della regione è disposto a pas­sare, a piedi e di notte, nelle vicinan­ze di Stonehenge; può sembrare stra­no, ma è realtà di oggi. Ma perché questo luogo incute tanto terrore? Qual’è il suo significato? […]

Dopo aver parlato della storia del complesso [sul tipo «Il nome le fu dato nel 1660 dall’antiquario Aubrey, cui si devono importanti scoperte in Stonehenge, anche se se alcune interpretate in modo errato.»], passa ad…


   «Ataviche superstizioni e storie tramandate di generazione in generazio­ne, ritengono invece il luogo secolare custode di una potenza che potrebbe venire liberata. Sacrifici umani, fuochi misteriosi, apparizioni soprannaturali, suoni d’oltretomba, riti di evocazione dei morti e dei demoni, orrende prati­che di stregoneria e cerimonie da incu­bo avrebbero avuto ed avrebbero luo­go in tutta la pianura di Salisbury. […]

Va detto infat­ti che a Stonehenge sono sempre ac­caduti anche di recente, episodi un po’ strani, per non parlare della mi­steriosa scomparsa di diverse perso­ne. Non si deve dimenticare che l’Inghilterra è la culla della magia nera, anche se praticata più o meno seriamente; non è da escludere quindi che una di queste sette si sia servita, più di una volta, di un luogo così suggestivo e ricco di esperienza.» mica male, e poi continua e finisce così…

   «Il fatto è che la popolazione dei dintorni ha effettivamente terrore del luogo e che pochi anni fa ci fu anche un tentativo di. linciaggio ai danni dei Membri dell’Ordine Druidico. Di recente si veri­ficò anche un altro evento, che sembrava dare conferma ad un vecchio racconto popolare, secondo il quale sotto Stonehenge complicate gallerie si perdono nelle viscere della terra. A circa 1000 metri dal monumento si sta­va scavando quello che sembrava essere un normale tumulo e che risultò invece essere l’ingresso ad un pozzo antichissimo, artificiale, largo 3 metri, di stile miceneo. Quale unico esempio del genere in Gran Bretagna, destò naturalmente l’interesse degli archeologi, che speravano anche di trovare nuovi dati per svelare un secolare mistero. Una persona fu calata dentro il pozzo ed arrivò fino alla profondità di 40 metri, ma sembra che non sia più torna­ta alla superficie; sull’episodio è ca­lato il più assoluto silenzio.

  Forse molti saranno scettici riguar­do gli ultimi fatti da me riportati, giudicandoli prodotto esclusivo della fantasia e della superstizione. Può darsi.»

  Un luogo funesto dunque? Chi lo sa, anzi per dirla alla Tex di Gianluigi Bonelli «¿quien sabe?»


  E comunque non certo di più del castello Odescalchi di Bracciano nel Lazio, dove vennero girate numerose pellicole del terrore e che – e questo lo fa davvero un luogo funesto – ospitò nel 1972 uno dei primi incontri dei paesi europei per la creazione della futura e più che funesta unione europea.

Siamo nel medioevo tecnologico. C... nostri!

 

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Le case infestate

 

 

   Parlare di luoghi funesti mi ha fatto venire in mente le cosiddette case infestate. Jacopo Comin, rispondeva così ad un lettore di Bagnoregio che voleva schiarimenti sui fenomeni di Poltergeist e precisava cosa erano dividendoli in due distinte categorie: 1- le infestazioni vere e proprie, 2- le infestazioni cosiddette medianiche a cui si dà di preferenza il nome di Poltergeist.   

   «Chi non conosce il modo di dire: “casa infestata”? “Infestata” è un termine che risale a S. Agostino, e con “infestatio” i Padri della Chiesa indicavano, nel IV secolo dopo Cristo, i disturbi che venivano procurati dagli “spiriti maligni”.

Ma prima ancora della nostra Era, Plauto, Plinio, Plutarco, parlavano di «case malfamate e funeste» dove «si udiva prodursi un suonar di ferri e rumor di catene››.

Questo tipo di manifestazioni: rumori, sospiri, lamenti, colpi sordi, o addirittura una apparizione fantomatica, sono quelli che caratterizzano la prima categoria, e che normalmente hanno lunga durata, a volte secoli interi, e che sembra siano legati ad una casa, ad un luogo particolare. Si sente poi raccontare che tale luogo e stato teatro di qualche tragedia: un omicidio, o un suicidio.

   Nella seconda Classe, quella della infestazione medianica […], si raggruppano invece dei fatti della durata relativamente breve: qualche settimana, tutt’al più qualche mese, e che non sono legati ad un luogo, ma in genere si attribuiscono all’intervento di una persona che, con la sua presenza, sembra condizionare e provocare i fenomeni. Quali sono questi fenomeni? Lancia di pietre, come già avemmo occasione di dire precedentemente, rottura o spostamento di oggetti, levitazione di mobili, rottura di lampadine.

Nel caso passato alla storia come “The case of great Alherst mistery”, cadevano dal soffitto dei fiammiferi accesi!»

 


Vi do alcune curiosità di questo genere…

 

Gli antichi credevano che il lago di Averno, vicino Napoli, che colma con le acque il cratere di un vulcano spento, fosse l’ingresso dell’Inferno. Una sorgente vicina era ritenuto che desse origine al fiume Stige. II nome Averno pare significhi In­ferno od anche «senza uccelli» per­ché l’aria che si respirava nei din­torni faceva fuggire gli uccelli. Tut­to ciò contribuì a fare del Lago di Averno un posto misterioso, pieno di paurose leggende, e consacrato al culto di divinità del Male.

 

   Sulla strada che da Mola porta a Bari vi è una casa deserta chiama­ta la Torre dei diavoli. Non molti an­ni fa, la gente credeva che essa fos­se abitata da dei diavoli che usci­vano la notte facendo tintinnare del­le catene. Coloro che si azzardavano nottetempo a passarvi vicino veni­vano trovati, al mattino successivo, incatenati e privi di sensi.

 

A Blera, nei pressi di Viterbo, vie­ne attribuita al diavolo la costruzione di un ponte a tre campate, sul torren­te Biedano. Su una riva del fiume vi è una grotta che, si diceva, un tem­po fosse abitata da un mostro il qua­le pretendeva ogni anno dagli abitan­ti del luogo un sacrificio umano di tre giovanette diciottenni.

Notiziole misteriose dal Giornale dei Misteri n. 3 del 1971

 

Oltre un secolo fa, alcuni archeologi scoprirono nella necropoli di Cuma, presso Napoli, famosa per la mitologica Sibilla, un tumulo con al­cuni scheletri privi tutti del cranio. Malgrado gli studi, le polemiche e le supposizioni, non si è ancora scoper­to il motivo di tale mutilazione.

 

A Pergola, vicino a Pesaro, durante la notte si possono udire strani rumori provenire da gallerie sotterranee che passano sotto la città. Si sente un rumore di sassi che rotolano, sibili di venti, scorrere di acque impetuose e molti ritengono che questi rumori siano provocati da fantasmi che litigano durante le loro notturne riunioni.

dal Giornale dei Misteri n. 3

 

   A Catanzaro, si pensa che i folletti esseri piccoli, scherzosi, impiccioni, circolino la notte per disturbare le persone che sono andate ad abitare in case nuove. Per allontanarli, ba­sta legare con una cordicella le quat­tro gambe di una poltrona o di una sedia.

 

   A Carbonara, vicino a Bari, si crede che i morti parlino fra lo­ro, nelle tombe. Molti cittadini si sono recati a controllare la voce che circolava, ed hanno dovuto am­mettere che quanto si dice corrispon­de alla verità. Non è difficile anco­ra oggi poter vedere qualcuno che, recandosi al cimitero e convinto di non esser visto, appoggia l’orecchio sul marmo delle tombe per ascoltare i discorsi dei defunti.

 

   A Pergola, vicino a Pesaro, durante la notte si possono udire strani rumori provenire da gallerie sotterranee che passano sotto la città. Si sente un rumore di sassi che rotolano, sibili di venti, scorrere di acque impetuose e molti ritengono che questi rumori siano provocati da fantasmi che litigano durante le loro notturne riunioni.

Dal numero 4

 

A Roccacasale, nei pressi de l’Aquila, esiste un castello chiamato il Castello delle Fate. C’è chi giura di aver viste varie volte uscire dai due pozzi del castello, moltissime fate.

 

A San Vito Chietino esiste uno scoglio che, quando la marea è bassa, mostra due profonde impronte di piedi di capra che gli abitanti credono appartengano al diavolo. Quando il mare è grosso i diavoli si radunano sullo scoglio per una festa orgiastica che raggiunge il suo acme se affonda nelle vicinanze qualche barca il cui marinaio si trovi in peccato mortale.

 

Sembra che in certe notti, davanti a Portici, in provincia di Napoli, sia possibile veder galleggiare una bara con quattro grosse candele accese ai lati. Alcuni pescatori affermano di essersi sentiti strappare le reti di mano e di aver udito cupi lamenti.

 

Nei pressi di Napoli, dai resti della villa che fu di Veio Pollione, ma che fu abitata anche dal poeta Virgilio, escono, certe notti, delle melodie che possono essere udite fine nello specchio d’acqua antistante la villa. Un arco del porticato s’illumina, e sembra di vedere una figura umana, in tunica ed il capo cinto di alloro, che con la lira in mano canta dei versi dell’Eneide.

Dal numero 5

 

 

Vi è una Casa a Ruvo di Puglia, in provincia di Bari che non è possibile abitare. Chiunque abbia provato a dimorarvi è stato costretto a lasciar1a perché di notte vi si odono rumori come di catene strascicate, urla inumane e lamenti strazianti.

 

A Siracusa, c’è Chi giura di aver visto affacciarsi alla finestra di un edificio che risale al XV secolo, una donna bellissima, dal caratteristico profilo greco. Molti affermano si tratti di Elena di Troia.

 

I POMODORI CHE SALTANO

Qualche anno fa, comparve su tutti i quotidiani una strana notizia.

Nella campagna circostante Ancona, un contadino recatosi a cogliere dei pomodori nei suo orto, li vide schizzare via dalle piante per andare a spiaccicarsi sui muri e sulle vesti di molti passanti. Il fatto richiamò l’attenzione di varie persone e scienziati. Senza che nessuno potesse fornire una spiegazione plausibile.

 

FOLLETTI?

Fra gli spiriti invisibili che rendono movimentata 1a vita d’ogni giorno ci sono i cosiddetti folletti, che invadono le case e le anime dei giustiziati. La notte di S. Giovanni essi gironzolano senza pace vicino alle chiese consacrate a S. Giovanni decollato, e spesso assumono l’aspetto di topi, giocando scherzi terribili a chi ha la Ventura d’incontrar1i.

 

Fra Bari e Mola vi era fino a qualche anno fa una torre detta la Torre dei Diavoli. Sembra che mo1ti abbiano viste uscire di notte dei diavoli, fra uno sferragliare di catene.

Chiunque si sia avvicinato troppo alla torre è stato trovato svenuto ed incatenato.

 

I FUOCHI CHE SI RINCORRONO

A Morra, vicino a Perugia, sono apparsi sovente, di notte, ed in aperta campagna, due lumi che si rincorrono. Un contadino che assistette di recente a questa corsa, comincio a chiamare a gran voce i suoi familiari perché venissero ad assistere allo spettacolo. I due lumi, pero, si precipitarono verso la finestra cui stava affacciato, cosi velocemente, che il pover’uomo fece appena in tempo a chiudere la persiana per ripararsi.

 

I DECAPITATI

A Oristano, in Sardegna, in un luogo dove un tempo venivano decapitati i colpevoli di gravi delitti, si ritiene che vengano gli spiriti dei giustiziati per celebrare strani riti e che questi rappresentino un anello di congiunzione fra i vivi ed i morti. La notte prima del Corpus Domini, i parenti dei decapitati preparano, in una stanza, dei cibi perche sono convinti che essi tornino a prelevare gli alimenti per restare sulla terra per un giorno.

  Dal numero 10

 

IMPRONTA DI FUOCO

A Cingoli, in provincia di Macerata, molte case sono state abbandonate perché abitate dagli spiriti. In una casa, su un armadio, uno Spirito ha lasciato 1’impronta a fuoco della sua mano. In alcune strade, la sera di estate, si sentono grida agghiaccianti.

Dal numero 11

ωωωωωωωωω

 

   scriveva Dido Buldrini nel numero 5 del Giornale dei Misteri

«La leggenda del Tè: Un eremita, avendo fatto voto di digiuno, dopo molti giorni cadde sfinito nel proprio eremo. Istintivamente strappo dell’erba e la mangiò.

Improvvisamente si senti rinvigorire. Fu così scoperto il potere energetico della pianta del Tè, quale droga.

LA CARNE è la causa della maggior parte delle umane malattie.

Platone descrive la Città Ideale in cui gli abitanti obbediscono ad un regime alimentare costituito di frutta, grano, legumi e noci. La carne assimilata deposita nel nostro sangue sostanze tossiche che infestano il fegato ed i reni.»

  Come vedete, anche questa è una buona risposta al perché l’unione europea ci vuol mangiare grilli, mosce ed altre schifezze…

 

ωωωωωωωωω

Giorgio Vittorino Passaguai detto Cucciolo e le sposine vampire

Un mio personale omaggio agli autori del fumetto per adulti

e in particolare allo studio di Alberto Giolitti.

 

Il vampirismo in Bretagna

Capitolo tratto da

Archivio per lo studio delle tradizioni popolari - Volume 4

Rivista trimestrale diretta

Giuseppe Pitrè, Salvatore Salomone-Marino

Palermo 1885

pagg. 85-88

BENCHÈ si ritenga comunemente che la credenza nei Vampiri si sia sempre ristretta ai popoli dell’Europa orientale, cioè ai Greci, agli Slavi, agli Ungheresi ed ai Rumeni, pure questa limitazione locale, a mio avviso, non è del tutto esatta, essendovi dei fatti, fino adesso trascurati, i quali indicano che non solamente nei tempi remoti, ma anche nel medio evo e forse più tardi, questa strana fede aveva radici molto più forti e vegete in qualche parte dell’Europa occidentale. Cosi abbiamo ragione di credere che l’Isola Britannica avesse imparato o sviluppato quella orrenda superstizione più che ogni altro popolo dell’ovest, mantenendola con una tenacità degna di miglior fortuna, e traendola poi all'Inghilterra de’ secoli di mezzo. Le prove di questo sorprendente fatto non sono nè letterarie nè dirette; tuttavia son più che sufficienti, come presunzione, a far persuaso chi guarda un po' addentro nelle cose. Ecco le ragioni:

   Nei tumuli funebri antichissimi si sono trovati, ai lati degli scheletri, vasi e vasetti di creta, evidentemente per cibo, benchè tutti vuoti adesso. Questi vasi sono sempre alla portata delle braccia de’ morti se i poveri scheletri ritenessero le forze vitali.

   Se consideriamo la solennità del luogo di deposito, l’interno di una tomba e la rozza semplicità degli uomini barbari, dobbiamo credere che tali vasi al tempo del deposito stesso contenessero del cibo, dappoi guastato e sparito. In tal caso la pratica di provvedere il cibo pei morti non era quella madornale balordaggine o scioccheria che pare ai nostri colti e instrutti intelletti. Il povero barbaro concepiva, nell’abisso del suo animo, forse disciplinato nelle scuole dei Druidi, un’idea ulteriore alla mera nozione di dar da mangiare al suo parente trapassato, della cui morte tutti s’erano già pienamente assicurati. In quest’atto doveva sottintendersi un significato che può qualificarsi come profondo, relativamente a colui, e al suo mondo. Ed ecco, a mio avviso, la nozione metafisica di lui. Credeva egli che se non si provvedesse per uso del morto quel cibo al quale era stato accostumato in vita, si alzerebbe di tanto in tanto per disturbare i viventi con moleste ricerche di qualche cosa da mangiare.

   Risum tenete, amici! E non di meno, la cosa, la spiegazione voglio dire, non è così frivola come potrebbe parere. La credenza di vasi da cibo nella tomba britannica indica che i Britanni antichi dovevano avere la credenza vampirica, e così applicarono lo stesso rimedio contro di quel flagello terribile che si usa ora dai nostri contemporanei Rumeni in un caso identico, come vedremo.

   Questa credenza britannica, benchè si trovi così nell’epoca preistorica, dovette avere un’esistenza delle più lunghe. In qualche modo essa vigeva ancora nell’anno 1524, dopo essere stata florida durante tutto il medio evo come una regola o pratica del sistema legale amministrato dai Coronatori d’Inghilterra, ufficiali che da un tempo molto lontano han condotto le inchieste domandate dalla legge sopra le cause di suicidii e di morti subitanee.

   In obbedienza a questa regola il coronatore prima dell’anno 1824 in siffatti casi espressamente comandava, che un uomo il quale si era ucciso, si dovesse sotterrare con uno stecco di legno conficcato nel mezzo del suo corpo. Il seppellimento dello sfortunato aveva luogo al buio senza nessun rito della chiesa, allato d’una strada maestra, e al di fuori del borgo dove fosse avvenuta la morte.

   Benchè questa stranissima pratica sia durata assai lungo tempo e fino ad un'età tutta moderna, pure non si è mai saputo niente della sua origine; ma certo la si può attribuire, senza troppa credulità, ai tempi lontani in cui fioriva quell’altra pratica di far provvigione nella tomba pei poveri trapassati.

   Quanto a me, io non esito un istante a credere che i due fatti, benchè differenti tra di loro, siano i risultati della stessa scienza sociale, e che la loro significazione debba essere una. La forza dello stecco era di stringere il corpo morto dentro gli angusti limiti della tomba, impedendogli di rialzarsi, e far male ai suoi parenti tuttora in vita. La quale credenza è sempre in pienissimo vigore fra i Rumeni ed altri popoli cristiani dell’oriente d'Europa.

   A spiegare questa pratica inglese è necessario ammettere che gl’Inglesi medievali avessero creduto nel Vampirismo. La pratica è impossibile senza la teoria. E gl’Inglesi doveano anche credere che que’ disgraziati che di propria mano si uccisero diverrebbero, sicuramente, dopo una tal morte, ciò che si chiama adesso vampiro, come pena del loro delitto.

   Io non mi sono avventurato a far queste affermazioni, che possono saper dell’audace senza lo assodamento di fatti corrispondenti e analoghi.

   Codesti fatti si trovano presso una nazione che crede implicitamente nel Vampirismo, vo’ dire i Rumeni. In un giornale greco di Bucarest, sotto il nome di «L’iride dei popoli dell’Oriente», del mese di luglio dell’anno 1884, ho trovato il passo seguente, il quale illustra chiaramente tutto ciò che ho annunziato. Un confronto delle due serie di fatti confermerà che l’antico mondo non è così lontano dal mondo presente come i filosofi e i filantropi vorrebbero far credere.

   Ecco il passo neo-greco nel suo ingenuo originale:

Οι κάτοικοι του ρωμουνικού χωρίου Βουτσουδου ἐν Τρανσυλβανία, ἐξέθαψαν τὸ πτώμα γυναικός τινος, ἣν ἐνόμιζον βρυκολακα, οὗτοι ἐνέπυξαν βελόνην εἰς τὴν καρδίαν της, καὶ ἔβαλαν εἰς τὸ στόμα πέταλον, σῖτον καὶ θυμίαμα, ὅπως μὴ δυνηθῇ πλέον να εγερθῇ τοῦ μνήματος. Ο εισαγγελεύς ἐνεργεῖ τας θεούσας ἀνακρίσεις.

   Ed eccone la traduzione italiana :

   «Gli abitanti del distretto rumeno di Rutsudos in Transilvania hanno testè dissotterrato il corpo d’una donna, la quale giudicarono una vampira (veycolaca). Essi hanno ficcato nel cuore di lei uno stecco di ferro, e le hanno messo nella bocca un foglio con cibo e incenso, affinchè non possa rialzarsi più dalla tomba. La polizia si occupa delle dovute inchieste[con nota]».

   Questo paragrafo greco, estratto da un giornale in circolazione fra le classi più instrutte della città di Bucarest, non si può screditare. I fatti menzionati sono pubblicamente conosciuti. Essi presentano una evidenza relativa ai fatti che ho raccontati riguardo all’antica Bretagna e all’Inghilterra di tempi più moderni. Per onore del mio paese, noto soltanto che la regola di diritto, che presuppone il Vampirismo, fu in pratica dopochè la sua ragione, raison d’être, era stata del tutto dimenticata anche dal popolino stesso. In ogni caso il fatto è curioso.

(Londra)   H. C. Coote.

[nota: Penny, Cyclopoedia, sub voce «Vampire», cita il passo seguente dal Calmet nella sua Dissertation sur les Vampires d'Hongrie : «Il solo mezzo di sbarazzarsi di ospiti tanto incomodi è di dissotterrare i loro corpi, di trafiggerli con uno stecco tagliato da un albero verde, di tagliar loro le teste e di abbruciar loro i cuori».

Io credo che il dotto ecclesiastico abbia accumulato più rimedi insieme, mentre un solo fra tanti sarebbe abbastanza efficace.]

 

 

MISCELLANEA.

Da pagg. 595-596

Stregonerie.

A coloro i quali si lusingano che la elettrica luce... abbia illuminate le menti, dedichiamo il seguente caso veridico seguito in questi giorni in Mantova.

Si diceva che l’imbianchino Cirillo Bosi fosse stato stregato, per gelosia di mestiere, da certo suo compagno Dal Bon, che si sarebbe valso, per la bisogna, della virtù di una maliarda, la quale avrebbe fatto ingoiare al Bosi due uova stregate.

Le donnicciuole dei paraggi avevano prestato fede alle sciocche dicerie e, riuscite inutili le preghiere al Dal Bun, pover’uomo! perchè togliesse il malefizio, furono chiamate a raccolta tutte le streghe di Mantova, affinchè studiassero i mezzi di scongiurare il male.

Il nuovo conciliabolo, studiata la questione e interrogate le potenze infernali con giuochi di carte, venne nella conclusione che si era di fronte ad un caso estremo e quindi agli estremi rimedi bisognava ricorrere.

Questi era tre. Se durante il loro svolgersi l’ammalato non grida va torcendosi nel letto, era segno che il diavolo non voleva uscirgli dal corpo.

Il primo consisteva nel far bollire gli abiti nuovi d’uno della famiglia e, quando l'espandersi dei vapori fra essi cagionava gonfiori voluminosi, battervi sopra con due fasci di aghi da cucire.

Pel secondo si trattava di gettare sul fuoco accompagnandole da appositi scongiuri-manate di sale. Il forte scoppiettare che ne derivava avrebbe dovuto raggiungere l’intento.

Il terzo

L’estremo – consisteva nel far cuocere a secco, entro una caldaia, un gatto sano, maschio, di pelo nero e colla coda intera.

Ma non uno di questi mezzi riuscì a togliere la malattia al povero degente.

Fu per questo che, dopo l'ultimo tentativo, per un inconcepibile eccesso di superstizione, onde trar vendetta della strega, la moglie dello stregato e quelli del conciliabolo si diedero a punzecchiare ferocemente il cuore del gatto morto, fidenti che quelle punzecchiature si ripercotessero atrocemente nel cuore di colei.

Il giorno dopo, esperito un ultimo tentativo col porre sotto la schiena dell’ammalato una corona di Sori secchi, questi mori

Il medico curante dichiara che egli era tisico da parecchi anni.

 

      Mi raccomando, denigrare sempre e esaltare la scienza-scemenza, legatissima solo al profitto.

   Se comunque volete un esempio più pertinente di streghe e stregoneria vi lascio con quest’ultimo fatto…

 

«Il Sandoval (in Storia di Carlo Quinto.) riferisce che un magistrato navarrino, volendo fare esperimento delle facoltà che le streghe affermavano di possedere, fece prendere una fattucchiera e le fece promettere la grazia a condizione che compiesse dinanzi a lui tutte le sue operazioni magiche.

La vecchia, accettata la proposta, chiese la scatola d’unguento che le si era trovata in casa ed ascese sovra una torre col magistrato e gran numero di persone. Si collocò dinanzi ad una finestra, si soffregò d’unguento la palma della mano sinistra, il polso, il gomito, la parte sottostante del braccio, l’inguine e la parte sinistra dei reni; quindi gridò con forte voce:

-        Sei qui?

Tutti gli spettatori intesero nell’aria una voce che rispose:

-        Sì, eccomi.

La strega si diede allora a discendere lungo la torre col capo in giù, come una lucertola, servendosi delle mani e dei piedi. Giunta a metà altezza, prese il volo nell’aria, dinanzi agli astanti, i quali non la persero di vista se non quando ebbe oltrepassato l’orizzonte.

Nello stupore in cui tale portento gettò tutti i suoi testimoni, il magistrato fece pubblicare che avrebbe dato una considerevole somma di danaro a chiunque gli radducesse la strega.

Questa gli fu presentata due giorni appresso, essendo stata arrestata da pastori .

Il magistrato le chiese perché non fosse volata lontano abbastanza per isfuggire a coloro che la cercavano. A ciò rispose ella che il suo

padrone non aveva voluto trasportarla che alla distanza di tre leghe e che l'aveva lasciata nel campo ove era stata arrestata dai villici.»

   Da pagg. 223-224 del secondo libro Storia dello Spiritismo. Peccato che la strega non era giovane, bella e formosa come Grace Renat… vuoi vedere che pure il giudice diveniva uno habitué dei sabba?



Marco Pugacioff

[Disegnatore di fumetti dilettante

e Ricercatore storico dilettante, ma non blogger

(Questo è un sito!)]

Macerata Granne

(da Apollo Granno)

S.P.Q.M.

(Sempre Preti Qua Magneranno)

27/03/’23

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