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venerdì 24 novembre 2023

Leggenda di Orlando germanica

 

Leggenda di Orlando germanica

 


   Sapevo che in Germania circolavano delle leggende – vere e proprie fantasie, bisogna dirlo – su Orlando e il mondo carolingio.

   Poi sul romanzo dell’abile John Dickson Carr “Sfida per Bencolin”,  dei Capolavori del giallo Mondadori n. 241 del 19 gennaio del ’64, rileggo dopo anni che lo scrittore Jeff Marle, aiutante dell’investigatore francese con la “Faccia-di- Diavolo”, deve arrivare sul luogo nefasto – il castello Teschio – dove è stato compiuto un delitto in un battello sul fiume.

 


   Mentre si trova imbarcato descrive il paesaggio a pagina 13…

«Il vaporetto scivolava sul Reno sotto un cielo blu scuro, denso di grosse nuvole. Ho sempre preferito viaggiare sui battelli, quando è possibile; hanno qualcosa di primitivo che mi affascina. Quando a Bingen il Reno lascia la sua ampiezza spumeggiante per diventare più stretto, tutto si incupisce; il verde sfuma quasi nel nero, e, sulle colline che chiudono il fiume, le rocce grigie sostituiscono le viti. Pare un mondo immobile di fantasmi.

[…]

Seduto sul ponte, con quel misterioso vento umido sul viso, mi pareva di vivere in un mondo diverso. Alla stazione di Mainz avevo comprato un libro in inglese di un certo Brian Gallivan intitolato “Leggende del Reno”. Lo sfogliai distrattamente, ma a poco a poco mi immersi nella lettura: vi lessi di Drachenfelds e Carlomagno; di Rolando e della Cattedrale di Colonia, dove, come sempre nelle leggende popolari, perfino il Diavolo è un gentiluomo.»

   Allora ho provato a cercare queste leggende, in lingua originale, ovvero in tedesco (che il traduttore in rete mi traduceva). Quello che è venuto fuori mi ha sconcertato… Va bene le leggende, ma quando andavano su una parte storica, parlavano di Carlomagno come, insomma mi sembrava più capo barbaro dei tempi di Giulio Cesare che un Re dell’ottocento medievale.

Del resto il professor Carnevale mi disse che i Germani, quando trovavano una quercia, vi costruivano una casa intorno… e questo mi ricorda Jacques Yonnet, il quale scrive a pag. 219 del suo Rue des Maléfices, storia segreta di Parigi, EDT 2016 che proprio nella città dove visse il grande imperatore Giuliano, vi era la… «rue des Marmousets […] In quel punto, fino al 1884, era possibile ammirare i resti di un monumento quasi dimenticato, la torre di Dagobert. Questa aveva, incorporata dalla muratura, una scala a chiocciola del IX secolo il cui piantone centrale, alto dieci metri, era stato ricavato dal tronco di una quercia gigantesca.» Un monumento legato ad una tremenda storia di un barbiere e di un pasticciere e più avanti non vado! Il piantone della scala sarebbe conservato al’interno del Hôtel de Cluny, nel museo del medioevo…

 


Un inquietante e bel di segno a puntini  di Stephen Fabian per Conan

dall’albo n. 3 del settembre dell’80

 

   Ba’! andiamo direttamente a Orlando. Se vi erano queste leggende tanto vale cercare un testo in italiano e… lo trovato. Un libro in cui è descritto un mondo che mi pare più adatto ai mondi descritti da Robert Howard per i suoi Re Kull e Conan il Barbaro.

 


Il libro di Giuseppe La Farina è La Germania renana coi suoi monumenti e le sue leggende, Firenze Luigi Bardi editore 1842,  e alle pagine 119-122 trovo…

«NONNEWERT (STATI PRUSSIANI )

  Trovansi degli uomini che s’elevano al disopra di tutti i loro eguali o per le prodezze o per le virtù; questi sono celebrati nei canti popolari e nelle novelle, ove il vero è misto al falso, ove la poesia viene in aiuto della storia: più tardi queste novelle, questi canti si collegano, si aggruppano tra di loro, si fondono in uno: l’uomo è divenuto un eroe epico, la sua storia un poema. Così certamente Achille e Ulisse divennero gli eroi dell’Iliade e dell’Odissea;

così Ermanrico ed Attila dell’Edda e delle Niebelungen, così Carlomagno della Cronaca di Turpino .

   Ma intorno all'eroe principale vengono sempre a schierarsi un gran numero di eroi subalterni, e sopra di essi si volge con più libertà la fantasia del romanziere. Gli eroi storici son troppo conosciuti, hanno sempre attorno un’aureola di luce che se giova al meraviglioso del romanzo, nuoce alle nuove invenzioni di esso. Anche oggi un poeta tragico che si crede autorizzato ad inventare un personaggio secondario, dubiterebbe molto d’inventare un protagonista. Così Ermanrico, Attila, Carlomagno servono, come bene osservava un critico francese, più di centro che di soggetto all’epopea: ne' poemi germanici e ne' romanzi carlovingi, Attila e Carlomagno restano indietro nel fondo del quadro, come seduti sopra i loro troni d'oro, lasciando agli eroi secondari lo strepito e l’agitazione della vita.

   Il più celebre de' romanzi carlovingi è la Cronaca di Turpino: questa fu scritta ai tempi delle Crociate , e lo scrittore ei dipinge Carlomagno come l’eroe che ci difende l’Occidente contro gl’infedeli. L’influenza delle Crociate si rivela nell’entusiasmo religioso, nel supposto viaggio di Carlo a' Luoghi Santi, nel voto di liberare il sepolcro di santo Iacopo di Galizia. Tutti gli eroi della Cronaca non sono solamente guerrieri che con un colpo di spadone spaccano un cavaliere e il suo cavallo tutti coperti di ferro, ma sono anche teologi che sanno disputare co' Saraceni su' punti fondamentali della fede cristiana: Orlando interrompe il suo combattimento con Ferragu per disputare con argomenti scolastici sul mistero della Trinità, e stanco alla fine di sillogismi chiude la discussione ammazzando il suo avversario.

   Orlando appunto fu uno degli eroi secondari de' romanzi carlovingi, intorno a'quali con più profusione si accumularono le leggende e i racconti, e Ariosto che lo scelse a soggetto del suo canto divino non lascia mai di citare la Cronaca sopradetta; non certamente perch’ei vi prestasse fede, ma per dare alle sue invenzioni il carattere poetico che conduce con seco l’antichità.

   Racconteremo qui la leggenda di Orlando ed Adelaide, poichè si collega a due monumenti del Reno, la badia di Nonnenwerth e la Rolandfels.

   Fioriva sul Reno una giovinetta di nobile nascita chiamata Adelaide, secondo altri Ildegonda; una regina nel suo castello, una fata per bellezza, un angelo per virtù. Tre baroni nobili e potenti erano i suoi fratelli, e la tenevano sotto la loro tutela; il primo abitava il castello di Drachenfels, il secondo quello di Wolkenburg, il terzo quello di Lowenburg.

   V’era nel paese dell'altra sponda del Reno un nobile cavaliere detto Orlando, il più prode e il più forte di quanti fossero in tutti i regni de' Cristiani: egli era ancor giovine, ed aveva condotto varie imprese arditissime degne d’essere raccontate e cantate da' trovadori; ed era divenuto il terrore di

mille cavalieri, l’amore di mille dame. Ma Orlando ardeva d’amore per la bella Adelaide, e ne chiese la mano ai fratelli: questi che per antiche nimicizie odiavano Orlando, e che molto temevano della sua spada, dissero ch’eglino acconsentirebbero al matrimonio, ma che bisognava pria il cavaliere si distinguesse nell’esercito di Carlomagno, sotto la cui bandiera conveniva allora il fiore de' prodi. Orlando fu lieto della risposta, e dato un addio alla bella Adelaide, che per lui si struggeva d’amore, corse in Francia per combattere al fianco di Carlo, e lui seguì al di là de' Pirenei.

   Orlando in poco tempo acquistossi gran nome in tutta la Francia e nelle Spagne, e le sue avventure non erano ignote sul Reno. Adelaide si consolava colla gloria di lui, e quando un pellegrino di Francia o di Spagna giungeva al suo castello ospitale, ella stava delle intere giornate a chiedere novelle del suo amante, piangendo de' suoi pericoli, esultando delle sue vittorie. Ad ogni cavallo che udisse scalpitare nella corte correva ansante alla finestra; ad ogni nuvoletta di polvere che vedea sorgere sulla via, ad ogni barca che vedeva approdare alla sponda del fiume, ella sperava rivedere l’amante.

   Una sera giunse al castello uno sconosciuto, e richiesto delle sue avventure, prese a raccontare la battaglia di Roncisvalle, nella quale diceva aver egli combattuto; parlò di quelli che avevano lasciato la vita sul campo, e tra questi nominò Orlando. Adelaide svenne per dolore, ma tornata a' sensi, il primo suo pensiero fu quello di edificare un monastero nell’isola di Nonnenwerth posta tra i feudi de' suoi fratelli e quelli del suo amante, e quivi sacrarsi a Dio per tutto il tempo della sua vita.

    Adelaide prese il velo. Passò un anno, e Orlando ritornava cinto di gloria e di speranza: coi colori della sua fidanzata sullo scudo, coll’immagine della sua fidanzata nel cuore egli giunse al Reno; ma qual fu il suo dolore allorchè seppe che Adelaide s’era chiusa in un convento, e che il suo amore era perduto per sempre!

   Orlando, per emulare la fedeltà della sua bella, edificò un piccolo castello sulla punta della terra che guarda l’isola, ov’egli si consumava per amore, cogli occhi intenti a quelle mura che lo dividevano dalla sua fidanzata. Una sera, in cui stava al solito innanzi alla torre, vide tutte le suore uscire in processione dalle grandi porte del Monastero, ed indirizzarsi verso l’entrata dei sotterranei posti sotto la chiesa: quivi si fermarono. Un feretro fu tratto fuori dalle loro file, e su di esso giaceva la bella Adelaide con una corona di biancospino in capo e un Crocifisso d’avorio in mano: al malinconico salmeggiare delle suore rispondeva il malinconico mormorio del fiume, nelle cui onde raddoppiavansi le facelle del funebre corteo. Orlando rimase privo di sensi. Al ritornare della sua mente la notte era ricaduta nelle tenebre consuete; le porte del monastero eran chiuse; solo il lume di qualche cella brillava nella gran massa oscura del monastero; solo il fremito delle onde pareva continuare le nenie degli estinti.»

   

    Questa è la versione più romantica, in un’altra versione ho letto invece che messer Orlando ammazza il padre della fidanzata; però la struttura è questa.

 

 

    Ho poi trovato alle pagine 274-276 de Unser Deutsches Land und Volk: Bd. Bilder aus den Landschaften des Mittelrheins, del 1881 questo scritto tipico del romanticismo tedesco…

 

   «Ma se tu, o viandante, vuoi immergere nella tua anima la magia del paesaggio tanto da conservarne l'immagine nel petto come un ricordo bronzeo, allora lascia con noi la barca fumante alla casa di campagna che circonda Rolandseck. Graziosi sentieri conducono in cima all’ombra di robusti boschi di faggio con viste mutevoli sugli audaci centauri del Siebengebirge. Un arco circondato da edera corona la sporgenza del colmo. Si tratta del famoso e cantato Arco di Roland, l’ultimo resto della Feste Rulecheseck o Rulcheseck, che si dice abbia preso il nome dal paladino Rolando. Una delle viste più deliziose è offerta dall’imponente arco, che crollò in una tempestosa notte di dicembre del 1839 e fu poi ricostruito su suggerimento di Freiligrath e con l’aiuto del suo album Roland. Delimitato dalla cornice dell’arco, il Drachenfels si trova di fronte a voi; a sinistra Godesberg innalza la sua ardita fritta e la cerchia di mura cinta da mezze torri; Più a nord, lo sguardo si posa sulla torre principale della cattedrale di Bonn, e sullo sfondo la cattedrale si erge maestosa dalla “collina Cöllen” [„hilligen Cöllen"], che un occhio attento può vedere quassù. Che un paesaggio così fortemente romantico abbia costituito la base per la crescita e la fioritura della leggenda tedesca è facilmente comprensibile a chiunque presti solo un po' di attenzione ai rapporti tra il paese e la gente, tra le caratteristiche della fantastica regione e il suo interprete, il volgare.

Proprio come la leggenda dell'uccisione della bestia malvagia da parte del cornuto Siegfried era legata alla grotta nel mezzo dei Drachenfels, la leggenda più bella della Renania è qui legata al nome del castello Rolandseck e del tranquillo e idilliaco monastero di Nonnenwerth come Ephen, che racconta del corteggiamento del cavaliere Rolando per la piccola figlia del burgravio di Drachenfels, la "bella Ildegonda".

L'ambientazione della leggenda, che racconta della partenza del cavaliere dall'esercito, del dolore dell'amata, che crede morto lo sposo e prende il velo, e che annuncia inoltre che l'eroe è tornato vittorioso per prendersi cura dell'amata, che soggiorna a Nonnenwerth Per inciso, sul Rolandseck fu costruito un castello, questo tragico atto nel suo insieme ha inequivocabili collegamenti con la ballata di Schiller “Ritter Toggenburg”. Come è noto, Simrock ha dato al materiale della tradizione popolare la seguente forma:

 

Rolandseck.

 

Eine junge Gräfin, ein edler Held,
Sie schwuren sich Lieb und Treu';
Er kam aus der Schlacht, er zog zu Feld,
Die Liebe war immer neu.

In Spanien stritt die fränkische Kraft,
Roncesval, blutiges Thal!

Da fiel die Blüte der Ritterschaft,
Da fiel Held Roland zumal.

„Nun ade dir, Welt! dein süßer Gewinn,
Betrüglich ist er fürwahr:
Maria, himmlische Königin,

Dir weih ich mein goldenes Haar.“

 

Una giovane contessa, un nobile eroe,

Si giurarono amore e lealtà l'uno all'altro;

Veniva dalla battaglia, andava al campo,

L'amore era sempre nuovo.

In Spagna combatterono le forze franche,

Roncisvalle, valle insanguinata!

Allora il fiore della cavalleria cadde,

Poi l'eroe Rolando cadde.

“Ora arrivederci, mondo!

La tua dolce vittoria,

È davvero ingannevole:

Maria, regina del cielo,

A te consacro i miei capelli d’oro”.

 

Das Kloster beschaut sich mitten im Rhein,
Noch hallen die Glocken im Thal.
Da schallt ein Huf, wer mag es sein?
Der Todte von Roncesval?

Nein, Roland selbst, er leibt und lebt:
Ja wärest du, wärest du todt!
Denn wisse, daß sie das Kloster begräbt,
Die dir zu leben gebot.

„Und begräbt das Kloster schön Hildegund,
So sey' ich mich hier auf den Stein
Und schaue, zeitlebens zum Tode wund,
Hinab auf das Kloster im Rhein.“

Im Kloster betete Hildegund,
Held Roland saß auf dem Stein
Und schaute zeitlebens zum Tode wund,
Hinab auf das Kloster im Rhein.

 

Il monastero si affaccia in mezzo al Reno,

Le campane risuonano ancora nella valle.

Suona un battiporta, chi può essere?

Il morto di Roncisvalle?

No, Rolando stesso, è vivo e vegeto:

Sì, se lo fossi, saresti morto!

Perché sappi che seppellisce il monastero,

Questo ti ha comandato di vivere.

“E seppellisci Ildegonda

magnificamente nel monastero,

Quindi sono qui sulla pietra

E guarda, dolorante da morire per tutta la vita,

Giù al monastero sul Reno.»

Ildegonda pregava nel monastero,

L'eroe Rolando si sedette sulla pietra

E sembrava dolorante da morire per tutta la vita,

Giù al monastero sul Reno.

 

 


   Ma una simile storia d'amore, si chiede il ricercatore, non avrebbe dovuto formarsi altrettanto facilmente lassù alle spumeggianti sorgenti del Reno e qui vicino all'antico castello perduto del monastero circondato dal Reno?

 Naturalmente non esiste alcuna prova documentata che il castello Rolandseck sia stato fondato dal paladino del grande carolingio; Naturalmente, secondo lettere e scritti, un monastero femminile fu fondato sull'isola di Rolandswerth o Ruleicheswerd dall'arcivescovo Federico I di Colonia solo all'inizio del XII secolo: ma Chr. von Stramberg ci ricorda giustamente che la contea di Roland, l'Engersgau , una volta ampliato qui, ampliò che ai suoi tempi esistevano già diversi monasteri femminili sul Reno e che il piccolo monastero sull'isola del Reno potrebbe essere caduto vittima della distruttività dei predoni marittimi e fluviali normanni nel IX e X secolo prima della approfittando della sua posizione divenne una nuova fondazione intorno al 1111.

E felici di aver ricevuto un substrato storico per la perla delle leggende renane, saliamo il crinale della montagna che ci porta dall'anello distrutto del castello Rolandseck, attribuito anche all'arcivescovo Federico I di Colonia, alla torre del Rath , che dal 1848 adorna l'ultima altura sulla riva sinistra del Reno.»

§§§

 

   Insomma davvero romantico, ma è davvero irreale… E le università e i cosiddetti “dotti” italiani, dicono è tutto lassù e a noi ci sono rimaste un mare di leggende perché uno stron… traslò le ossa de Carletto e la sede dell’impero da un ambiente mediterraneo a un ambiente freddo, dove gente senza cuore vuole a tutt’oggi governare in tutta europa (lo scrivo apposta minuscolo) e farci diventare dei nuovi servi della gleba; e dire che la cara, vecchia lira la creò Carlo Magno.

   Addio speranza, sei proprio morta. È proprio vero che chi vive sperando, muore (direbbero i Puffi)… puffando.

 


 

Marco Pugacioff

[Disegnatore di fumetti dilettante

e Ricercatore storico dilettante, ma non blogger

(Questo è un sito!)]

Macerata Granne

(da Apollo Granno)

S.P.Q.M.

(Sempre Preti Qua Magneranno)

24/11/’23

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giovedì 16 novembre 2023

Cucciolo: ASINI VOLANTI di Giorgio Rebuffi 1954

 

Cucciolo: ASINI VOLANTI

di Giorgio Rebuffi (1954)

     Sembra che la Svezia annuncia l'abbandono della famigerata Agenda per il clima ed elimina dal suo programma gli obbiettivi per l'energia "verde"... Mi sà che è una bufala, perché è troppo bella. 

  Vorrei dedicare questa bella avventura del Maestro Giorgio Rebuffi, non ve lo immaginate, ma proprio ai nostri politici… Giorgio stesso, irriverente come era, gli sarebbe piaciuto. 

   

    Ciao e buon divertimento


 

 
 
 
 
 
 
 
 

Marco Pugacioff

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sabato 4 novembre 2023

Toppe della Storia ATLANTIDE E ANTARTIDE Relazione di Galileo Ferraresi 2023

 

Toppe della Storia

ATLANTIDE E ANTARTIDE

Relazione di Galileo Ferraresi

 

Porretta Terme 14 – 15 ottobre 2023

 


Mosaico di casa antica di Torre Annunziata in cui è stato riconosciuto

Platone e altri filosofi nella celebre accademia.

Bullettino dell'Imperiale istituto archeologico germanico, Sezione romana, Vol. XII, Roma, 1897

 

 

         La Storia non è una tela appena stirata dove tutto è chiaro e limpido ma è piena di strappi, fori e scuciture alle quali si cerca continuamente di mettere delle toppe; mi auguro che le mie toppe non siano peggiori dei buchi.


Lo schema dell’isola  di Atlantide di Alessandrini, dal numero 1 de Martin Mystère dell’82

 

Atlantide: le fonti

 

originale del 900 circa

Henri Omont, Oeuvres philosophiques de Platon: Facsimilé en phototypie, à la grandeur exacte de l’original du Ms. grec 1807 de la Bibliothèque Nationale. Paris 1908.

 

         Sono stato invitato a parlare di Atlantide, un argomento che non è certo nuovo.

Ad una ricerca sommaria mi risulta esistano più di 1500 libri e più di 100.000 articoli sull’argomento e tutti dicono di partire da un testo, i Dialoghi di Platone, dicono ma spesso partono da traduzioni, traduzioni di traduzioni o addirittura da interpretazioni del testo o delle traduzioni. Un simile comportamento ovviamente porta lontano dal tracciato originale e non permette di comprendere quanto affermato da Platone 2300 anni fa. Dei Dialoghi non esiste un testo originale ma solo una trentina di manoscritti copiati da vari amanuensi tra il nono e il quindicesimo secolo. Per questa ricerca mi sono avvalso del Parisinus Graecus 1807 portato dall’Oriente nel 1490 da Jean Lascaris. Il testo è su due colonne ricco di correzioni e note e ho usato l’edizione Platonis Codex Parisinus A (Euvres Philosophique.. Facsimile.. 1807) riportata in Platon Oeuvres complètes, TomeX, Paris, Edition “Les Beles Lettres”, 1970 (5° Ed.).

 

Ovviamente l’avere una fonte originale, o almeno molto simile all’originale, non significa che quanto scritto da Platone fosse vero perciò ho cercato prove che appoggiassero la veridicità dei Dialoghi e ho trovate quattro conferme

         La prima è di Timone che nelle Satire, Sillos, scritte nel III sec. Dice … Tu pur Platone istruir ti volesti, con molti soldi un piacevole libro comprasti con l’aiuto del quale il Timeo scrivesti… 

Nella sua ironia su Platone Timone ci dice che la conoscenza necessaria per scrivere il Timeo, uno dei tre libri che avrebbero dovuto formare i Dialoghi, Platone dovette comprare un libro che costò molti soldi, ergo le affermazioni dei Dialoghi derivano da altri testi e da altre conoscenze, non sono fantasia di Platone.

         La seconda conferma viene da Aulo Gellio che ne Le Notti Attiche afferma che … da persone serissime si racconta che Platone acquistò tre libri del filosofo Filolao e Aristotele pochi libri del filosofo Speusippo per un prezzo incredibile… Per l’esattezza il prezzo dei libri fu di10.000 denari, una cifra enorme dato che all’epoca uno schiavo costava 30 denari (Giuda per Gesù), e tale somma fu offerta da Dione Siracusano.

         La terza conferma la troviamo in un testo del 1668 di Athanasius Kircher, Mundus Subterraneus, nel quale compare una carta di Atlantide che Kircher aveva copiato in Vaticano e alla quale aveva aggiunto dei nomi e una bussola.

 

La quarta ed ultima conferma viene dal romano Crantor di cui sappiamo che era una sorta di “editore”. Aveva acquistato una copia dei Dialoghi in greco, l’aveva fatta tradurre in latino e, prima di farla copiare dai suoi amanuensi per poi rivenderla, aveva inviato in Egitto due suoi uomini fidati per cercare conferme. I due emissari tornarono dicendo che quanto era scritto nei Dialoghi era esattamente quanto era scritto sulle colonne del tempio delle Dea Neith a Sais.

 


Particolare della stele di una statuetta di un dignitario d'epoca saita raffigurante il tempio di Neith a Sais: Al centro possiamo vedere il tradizionale santuario del Basso Egitto con la facciata decorata con motivi geometrici e il tetto a volta. Si trova al centro di un recinto rettangolare il cui ingresso è decorato da due baluardi o segni che significano "dio". Al centro del cortile altre insegne portano il simbolo della dea Neith formato da uno scudo attraversato da due frecce - XXVI dinastia egizia - Museo del Louvre. (dalla wiki francese)

 

Sais era una città sulla foce del Nilo ed era stata scelta come capitale della XXVI dinastia. Dotata di un buon porto, 2600 anni fa vi era nata una scuola di interpreti di greco-egizio e greci famosi come Solone, Pitagora ed Erodoto vi erano andati a studiare presso i sacerdoti. Non dobbiamo pensare ai sacerdoti egizi come ad una massa di pretini impegnati tutto il giorno nella recita di giaculatorie, i sacerdoti egizi erano un pozzo di conoscenza, la loro formazione richiedeva decenni e non c’era branca della conoscenza che non fosse contemplata. Molta importanza era data alla tradizione orale e l’istituto del sacerdozio in Egitto .. era tramandato di padre in figlio…da 11.340 anni… nella storia umana quale istituzione può vantarsi di essere esistita per tanto tempo?

 

Dai Dialoghi sappiamo che Atlantide era un impero formato da 10 stati uniti sotto un unico sovrano supremo. Il maggiore di questi stati era Atlantide e… ivi era una pianura di 3.000 stadi per 2.000. Adottando per lo stadio la lunghezza di 185 metri otteniamo le dimensioni di 555 per 370 chilometri, quattro volte la Pianura Padana.

Con queste dimensioni è chiaro che collocare Atlantide in un’isoletta greca o in Sardegna non ha senso, non ci sono le dimensioni, ed infatti Platone scrive che il regno si estendeva fino alle Colonne d’Ercole, all’Egitto e l’Etruria. E questo non era che uno dei dieci regni in cui era diviso Atlantide.

Ogni appezzamento di terreno era irrigato grazie ad una estesa rete di canali che servivano anche come vie di trasporto, ed il clima era tanto buono che … c’erano due raccolti all’anno … d’inverno usavano l’acqua del cielo… d’estate l’acqua che convogliavano fuori dai canali…Cresceva ogni tipo di pianta… tutti i frutti della terra… ogni animale d’allevamento, e l’elefante ..il più vorace degli animali.

Poi …avvennero terremoti eccezionali e cataclismi. Nello spazio di un sol giorno e una notte terribili, tutto fu inghiottito d’un sol colpo sotto la terra, e anche l’isola d’Atlantide si inabissò nel mare e sparì.. tutto fu distrutto e di quel regno favoloso non esiste più nulla.

Secondo Solone la fine di Atlantide accadde 9.000 anni prima che lui andasse a studiare a Sais 2600 anni fa per cui sommando le due date otteniamo 11.600 anni fa.

 

         I Dialoghi furono scritti da Platone in tarda età e nella prima parte, il Timeo, vengono trattati argomenti “scientifici” come fisica, matematica, astronomia, storia di Atene e dell’Egitto, diritto ed eventi catastrofici mentre nella seconda parte, il Krizia, rimasta incompiuta (la terza no esiste) si parla di una città ideale, Atlantide, che viene descritta come dotata di requisiti particolari. Diversamente da tutti gli scritti precedenti dove Platone parla sempre in prima persona ed esprime le proprie idee, nei Dialoghi abbiamo una costruzione differente, Platone scompare come prima persona e tutti i dialoghi si svolgono tra persone famose, conosciutissime da tutti gli ateniesi, ma tutte morte. Queste persone ci narrano di una città ideale, che ora non esiste ma che era esistita un tempo, una città giusta, ricca e potente, organizzata perfettamente, con conoscenze e vasti commerci, ma soprattutto una città che, proprio perché era profondamente giusta, non avrebbe mai condannato a morte Socrate per le sue idee. Per Platone Atlantide quindi diventa una sorta di Città del Sole di Campanella, di Utopia di Thomas Moore o di l’Isola di Huxley, la città ideale da realizzare e per fare ciò la fa raccontare come fosse un romanzo, operazione che certamente la rese più comprensibile e affascinante, ma al tempo stesso meno attendibile, meno vera, più difficile da prendere per realmente esistita.

 

         Lasciamo per il momento Platone e spostiamoci nel nord est dell’India dove, nei primi mesi del 1977 assieme all’amico Alfonso Anania, tra il Meghalaya e il Nagaland finimmo in un villaggio di una popolazione che all’epoca era sconosciuta, i Pnar.

 


I Pnar sono matriarcali e matrilineari, ovvero il potere è gestito dalle donne e l’eredità passa dalla madre alla figlia più giovane. I maschi quando raggiungono i sette anni sono allontanati dalla casa materna e prima vivono in una capanna ai bordi del villaggio poi nella jungla. Quando una donna ha bisogno di loro per zappare l’orto, riparare la casa o fare sesso, ne prende uno, lo usa e poi lo rispedisce nella jungla.

Noi eravamo il secondo e terzo bianco che vedevano, il primo era il missionario che ci accompagnava e che era arrivato in contatto coi una volta sola sei mesi prima. Quando lo avevano visto tutto il villaggio era corso urlando sugli alberi, non avevano mai visto un bianco ed erano spaventate dalla pelle chiara. Al calar del sole la pelle era diventata scura ed erano scese dagli alberi. Tra le varie credenze dei Pnar c’era quella che un tempo la vita sulla terra era differente, non c’erano le stagioni, poi venne un uomo cattivo che tagliò l’albero che univa la terra col cielo e tutto era diventato come ora.

 

 
 

Cinque anni dopo ero a Civitanova Marche quando entrò in porto una barca a vela con una coppia di tedeschi. Mentre li aiutavo ad ormeggiare chiesi loro cosa significasse il nome della loro barca, Yggdrasill e mi spiegarono che era il nome di un albero, un frassino, che nella mitologia nordica univa la terra al cielo ma un uomo cattivo, un nano, lo tagliò e da allora tutto cambiò.

Per un attimo mi girò la testa: come potevano i Pnar conoscere le leggende nordiche? O come potevano nel nord Europa conoscere la leggenda dei Pnar? Era impossibile. E poi cos’era quell’albero che univa la terra al cielo?

 

In Africa, nel Mali, quasi al confine col Burkina Faso, nelle gole del Bandjagara vive una popolazione, i Dogon, che tra le varie danze rituali ne esegue una usando una maschera chiamata Kanaga. Questa maschera rappresenta la semisfera celeste e la semisfera terrestre unite da un bastone e la danza si prefigge di mantenere costante il collegamento tra terra e cielo.

 



Kanaga, Foto di Giuseppe Rivalta

 

Negli anni ho trovato che in Indonesia e in Melanesia i miti e le leggende parlano dello stesso albero che i Maya lo chiamavano Ceiba. In Cina invece un gigante fa crollare il monte che regge il cielo, le stelle si spostano verso Ovest e il mare risale il corso dei fiumi e allaga le valli.

 

Fin qui ci siamo mossi nel mondo della filosofia e dell’antropologia, adesso entriamo nel mondo della geologia, della genetica e della storia dell’uomo.

 

Tutti sappiamo che ci furono delle glaciazioni durante le quali la Terra non fu coperta completamente di ghiaccio diventando una palla di neve ma semplicemente la calotta polare si estese più a sud di quanto non sia ora. 45.000 anni fa, durante l’ultima glaciazione, il Polo Nord era sull’odierna Groenlandia e il Canada era completamente coperto di ghiaccio.

 



Di conseguenza la siberia era senza ghiaccio e aveva un clima più mite di ora.

A riprova di ciò abbiamo dei totem alti più di 5 metri formati di un sol tronco trovati in Siberia.

 

Con una massa enorme di ghiaccio sulla terra il livello dei mari era 130 metri più basso di adesso e tante zone erano differenti da come le conosciamo oggi: le isole britanniche erano unite al continente europeo, l’Alaska era unita all’Asia e lo stretto di Gibilterra era chiuso permettendo il passaggio asciutto tra Africa ed Europa.

 

 
 


41.000 anni fa, per motivazioni che non conosciamo, il magnetismo terrestre si ridusse a un quarto di quello attuale lasciando entrare un forte flusso di radiazioni ultraviolette che distrusse una quindicina di specie animali di grossa taglia in Australia e anche i cento milioni di Neanderthal che costituivano la popolazione mondiale dell’epoca. Protetti dalla variante genetica Val-381 che é presente nei Cro Magnon, ma non nei Neanderthal, nel volgere di un millennio restarono solo 40.000 Cro Magnon dai quali discendiamo tutti.

 

24.000 anni fa la temperatura nel sud della Francia era dai 4 ai 6 gradi inferiore ad oggi ma, essendo il clima più secco, la temperatura più bassa non creava particolare fastidio ai 3.000 abitanti che vi vivevano.

 

Mentre il nord canadese ed europeo era coperto dai ghiacci l’area africana che chiamiamo Sahara era rigogliosa, con fiumi e laghi nei quali gli abitanti si tuffavano.




Dipinto della Grotta dei nuotatori, Sahara algerino

 

Si arriva così a 11.600 anni fa quando improvvisamente accadono dei cambiamenti improvvisi.

estinzione di più del 99% degli animali di grossa taglia

la popolazione mondiale crolla a 8.000.000

avviene la “rivoluzione del Paleolitico, l’invenzione dell’agricoltura.

Analizziamo un attimo quest’ultimo evento. 11.600 anni fa l’uomo del Paleolitico - 8.000.000 di persone - ha a disposizione tutta la Terra e inventa l’agricoltura in montagna!

NON nelle valli del Po, del Mekong o del Fiume Giallo, che sono le tre valli più fertili della Terra,

l’inventa a oltre 1.000 metri d’altezza. Perché?

 


Prime terre coltivate (Vavilov e Harlan)

 

La vita sulla Terra non è comoda: 8.000 anni fa lungo la costa norvegese, a Storegga, i clatrati di metano fanno crollare 290 Km di costa norvegese. Le conseguenze sono un enorme onda di tsunami in tutto il nord Atlantico che determina la fine della civiltà del Doggerland che si era sviluppata tra le isole britanniche e l’Europa; di conseguenza la popolazione terrestre crolla a 20.000.000 di individui.

 

Ma le catastrofi non sono finite.

Tra 7.000 e 5.000 anni fa crolla il cromosoma Y e sparisce il 94% della popolazione maschile euroasiatica e 3.300 fa la Stella Fulmine (così nei egizi) sconvolge l’Hau Nebut  provocando l’arrivo dei Popoli del Mare nel Mediterraneo e la nascita delle civiltà mediterranee.

 

Da questo breve escursus possiamo dedurre come la storia umana non sia rettilinea come si presuppone da una visione di “progresso” ma abbia una andamento a denti di sega con una serie di lenti miglioramenti e aumenti della popolazione e repentini crolli, sia della popolazione che delle conoscenze.

 

Portiamoci ora nel mondo alla fine del mondo, nell’estremo sud americano.

Gli Yagan, anche detti Yamana o Il popolo delle canoe, hanno vissuto nell’estremo sud del sud America da almeno 10.000 anni.


Vivevano nudi e solo le donne sapevano pagaiare e nuotare sott’acqua per raccogliere le conchiglie di cui si nutrivano mentre agli uomini era demandata la conservazione del fuoco e l’educazione dei figli.

 

 

Quando Darwin li incontrò pensò di aver trovato l’anello di congiunzione tra la scimmia e l’uomo ma non sapeva che gli Yagan avevano un avevano un vocabolario di oltre 35.000 parole. Consideriamo un attimo il numero, 35.000 lemmi è un numero enorme: nella nostra normale comunicazione usiamo circa 2.000 lemmi, chi svolge attività particolari come avvocato, medico o ingegnere arriverà a 3.000, forse a 4.000. Cosa se ne faceva di tanti vocaboli un popolo che viveva nudo su delle canoe in uno dei posti più inospitali del pianeta? Perché avevano vocaboli tali da definire con una parola sola concetti di fisica e filosofia che noi esprimiamo con frasi intere? Unica risposta plausibile è che gli Yagan fossero i pronipoti di un’antica civiltà, ora estinta, che aveva necessità di concetti tanto estesi e particolareggiati, una civiltà enormemente colta e profonda.

Secondo gli Yaghan a sud c’era una terra coperta di alberi e fiori, ma a sud della Terra del Fuoco ci sono solo le 600 miglia del Drake Passage e poi l’Antartide.

 

Alla fine del secolo scorso mi capitò tra le mani il diario di un baleniere norvegese, Carl Anton Larsen, che descrivendo l’isola di Seymour in Antartide dice che …c’erano tronchi di alberi fossili e colonne di cemento sormontate da sfere dello stesso materiale che sembravano fatte da mano umana. La scoperta era avvenuta nel 1893 e nessuno era andato a controllarne l’autenticità. Fu così che Marina ed io partimmo da Venezia con la nostra barca a vela, Fragola, per quella che divenne la prima Spedizione in barca a vela italiana in Antartide, Antarctica 2000.

 



 


Nel marzo 2000 nell’isola di King George trovammo dei tronchi fossili che spuntavano in una spiaggia di ciotoli, erano quanto restava di una bosco di araucaria, una pianta che non vive in climi gelidi, la prova che in quella parte dell’Antartide 11.600 anni fa il clima era temperato, come sostenuto dagli Yagan, che Larsen aveva ragione e che l’asse terrestre si era spostato come ricordato dalle antiche leggende.


la spiaggia di ciotoli con alcuni pinguini, sullo sfondo la Fragola. La foto ha i colori falsati a causa del freddo che ha danneggiato la pellicola.

 

un pezzo di tronco fossile di araucaria.

 

Al nostro ritorno facemmo analizzare i resti di Araucaria e ricevemmo anche un telegramma dal Quirinale ma la cosa che ci fece più felici fu che un libro di testo per le medie ci dedicò quattro pagine. Con una Fragola avevamo cambiato i libri di storia e di geografia.

 


La Terra è un giroscopio molto instabile perché la differenza tra il suo asse maggiore e il minore è di soli 22 Km. Quindi se un corpo celeste colpisce la Terra si può spostare l’asse di rotazione, che attualmente è inclinato di ventitre gradi e mezzo. Questo può essere accaduto centinaia di volte, come dimostrano i crateri da impatto presenti sulla superficie terrestre.

 



Uno spostamento simile può essere provocato da un corpo dai 500 ai 700 metri di diametro e attualmente sono centinaia i corpi in movimento attorno alla Terra con un diametro simile o maggiore.

 

Conclusioni

Cos’è successo 11.600 (+/- 250) anni fa?

Un oggetto celeste ha colpito la Terra.

L’asse terrestre si è spostato di 23°

I Poli si sono spostati e la Glaciazione si è spostata ed è “terminata”.

Il movimento, avvenuto nel volgere di un paio di giorni, ha provocato Tsunami alti oltre mille metri che hanno distrutto città, popolazioni e vie di comunicazione. I campi coltivati furono distrutti e quando l’onda si ritirò restarono fango e sale, ed è impossibile coltivare il terreno salato.
L
’acqua salata è risalita fino alle montagne lasciando in vita solo chi viveva ad oltre 1000 metri d’altezza e che, per sopravvivere, ha iniziato a coltivare sugli altopiani.

Poi nei secoli la pioggia ha dilavato il sale e l’agricoltura si è estesa sempre più a valle seguendo il corso dei fiumi.

 

La città che Platone chiama Atlantide e che si trovava in prossimità del mare fu sommersa dalle acque di tsunami. Qualche marinaio da una nave la vide dall’alto dell’onda e gli sembrò che la città sprofondasse nel mare.

Ora il mare copre Atlantide sotto un centinaio di metri d’acqua e di lei non resta più nulla se non il ricordo.

 

…a volte per eccesso di acqua.. tutti coloro che vivono presso i fiumi e il mare muoiono e si salvano solo coloro che vivono sulle alte montagne.. E la civiltà deve ricominciare da capo (Platone, Dialoghi, Timeo, 20e, 22b,22d).

 

grazie dell’attenzione

Galileo Ferraresi

 

S.P.Q.M.

(Sempre Preti Qua Magneranno)

04/11/’23

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