Cerca nel blog

venerdì 18 ottobre 2024

E l’Agnese fu mandata a morire (1566)


E l’Agnese fu mandata a morire

Agnes Waterhouse, una strega morta nel 1566

Fuggi via, Tommasino, dalla pazzia degli uomini!

Tom Poes di Marten Toonder, sembra voler sfuggire all’inquisizione.

 

   Nei primi numeri del mitico Giornale dei Misteri, condotto da Sergio Conti (1921-2001), e precisamente nel numero 71 comparve il disegno di una strega della contea dell’Essex, in cui una pergamena fuoriusciva dalla bocca a modo dei fumetti, ovvero le nuvolette di quei albi a fumetti che stanno lentamente morendo.

 

    Era a tutti gli effetti, un bel antenato di un albo a fumetti popolare. Ma quanto fu stampato?

   Grazie (sì, ebbene, vabbé…) alla rete, si può cercare “di tutto un po’!”. Trovata l’immagine, trovato l’arcano.  E nella famigerata wiki inglese, pure la storia di questa strega…

   Ma forse sulla biblioteca pubblica de gogole avrei trovato qualcosa di più. E in effetti ho scovato i dati sul primitivo libretto a tiratura popolare ristampato anche nell’800.

Si tratta de TRANSACTIONS OF THE BIBLIOGRAPHICAL SOCIETY. NOVEMBER, 1896, TO JUNE, 1898. OF THE BIBLIOGRAPHICAL SOCIETY. VOLUME IV.

NOVEMBER, 1896, TO JUNE, 1898.

LONDON: PRINTED FOR THE BIBLIOGRAPHICAL SOCIETY,

BY BLADES, EAST & BLADES, JULY, 1898.

 

E alla pagina 82 (96 del pdf) trovai queste note:

 

 10. - PHILLIPS, JOHN, (?). Il secondo esame e la confessione di madre Agnes Waterhouse e di sua figlia Jone. 1566.

 

COLLATION [collazione]: A, otto fogli; 8 illustrazioni.  Lettere nere, con xilografie.

 


DESCRIZIONE: Titolo, vedi pagina 84 [l’immagine qui sopra, Puga]. Colophon (fo. 8a), “Impresso a Londra da Willyam Powell per Wyllyam Pickering residente alla curva di Sainte Magnus e per essere lì venduto [mia interpretazione, Puga]. Anno 1566, il 13 agosto.”

 

COPIA: Lambeth Palace Library.

 

OSSERVAZIONI: Registrato “[22 luglio 1566-22 luglio 1567]; Ricevuto da Wylliam pekerynge per la sua licenza per la stampa del secondo esame e la conf[e]sione di Augnues Waterhouse e Jone sua figlia, &c. iiijd.” (Arber I, 329.)

 

ωωω

 

  Chi volesse approfondire si cerchi il libro in rete, personalmente mi basta sapere che il disegno a fumetto è proprio del XVI secolo.

 

   E il testo? L’ho trovato in altro libro: MISCELLANIES OF THE Philobiblon Society. VOL. VIII. LONDON : PRINTED BY WHITTINGHAM AND WILKINS. 1863-4.

da pagina 339 a pagina 369 del pdf, e dove vi sono altre informazioni di H. Beigel, Londra Woburn Place novembre 1864…

«[l’opuscolo] Si trova in un volume che contiene diversi opuscoli del XV secolo. Il formato è in dodicesimo, rilegato in pelle marrone; su ogni copertina sono stampate in oro [ragazzi, che sciccheria…] le due lettere R. B., che sono le iniziali di Richard Bancroft, arcivescovo di Canterbury, morto nel 1610 e fondatore della biblioteca.

Il nostro opuscolo contiene ventidue fogli, senza numerazione. I caratteri sono in inglese antico e, oltre a tre disegni ornamentali alla fine di ogni divisione, sono stampate le seguenti xilografie:

I. (Sul frontespizio) Il Signore che lava i piedi dei suoi discepoli.

2. Madre Waterhouſe, da bambina, e sua nonna, che la istruisce nella stregoneria.

3. Il gatto di Madre Waterhouſe, chiamato da lei "Satana".

4. La rana in cui il gatto è stato trasformato da Madre Waterhouſe.

5. L’immagine di Jone, figlia di Madre Waterhouſe.

6. Il gatto "Sathan nella somiglianza del grande cane".

7. Un’altra somiglianza di "Sathan come cane con la faccia di una scimmia, come descritto da Agnes Brown (vedi immagine più sopra).

8. La famosa xilografia.

9. La somiglianza di Madre Waterhouse.»

   Ma purtroppo non vi è alcun disegno. Il frontespizio viene dal libro di cui parlavo più sopra.

 


   Questa dovrebbe essere «la famosa xilografia», però vedendo il testo l’ho trovato a pag. 381 del pdf.

La confessione inizia recitando (così come interpreto la traduzione in rete):

«La prima cosa che imparò fu quest’arte della stregoneria all'età di XII anni da sua nonna, la cui madre era Eve di Hatfyelde Peverell, defunta. Quando gliela insegnò, le consigliò di rinunciare a DIO e alla sua parola e di donare il suo sangue a Satana (come lei lo chiamava) che gli consegnò somigliante a un gatto bianco maculato, e le insegnò a nutrire il detto gatto con pane e latte, e lei lo fece, ma le insegnò a chiamarlo con il nome di Satana e a tenerlo in un cestino.»

 


Illustrazione di una strega e del suo gatto. Illustrazione interna dalla rivista pulp Weird Tales (settembre 1941, vol. 36, n. 1).

Dal sito https://www.ancient-origins.net/history-famous-people/agnes-waterhouse-first-woman-executed-witchcraft-england-005747

 

   in ogni modo la traduzione del testo sarebbe per me troppo pesante; pur essendo la lingua del mitico Robin Hood, poco mi piace. Ho così scovato un riassunto in un libro yankee, A BIBLIOGRAPHICAL AND CRITICAL ACCOUNT OF THE Karest Books in the English Language, ALPHABETICALLY ARRANGED. ACCOUNT OF THE RAREST BOOKS IN THE ENGLISH LANGUAGE  ALPHABETICALLY ARRANGED WHICH DURING THE LAST FIFTY YEARS HAVE COME UNDER  THE OBSERVATION OF J. PAYNE COLLIER F.S.A.

IN FOUR VOLUMES VOL. III NEW YORK DAVID G. FRANCIS 506 BROADWAY CHARLES SCRIBNER & CO. 124 GRAND ST. 1866

Alle pp. 190 – 193

«La prima donna esaminata al processo davanti al dottor Cole e al maestro Foscue (Fortescue) fu Elizabeth Frauncis, che confessò di aver imparato la stregoneria da sua nonna, che le aveva procurato un gatto maculato bianco, che chiamarono "Sathan". Grazie a Sathan si procurò anche un marito, che in seguito rese zoppo; e infine diede il suo gatto a Madre Waterhouse, che fu così in grado di uccidere un vicino con un flusso di sangue. Madre Waterhouse alla fine trasformò il gatto in un rospo, di cui fu fatta una xilografia, così come del gatto stesso.

Joan Waterhouse, figlia di Madre Waterhouse, fu la terza "donna" processata: aveva diciotto anni e aveva dato corpo e anima a un grosso cane, fornito di corna, debitamente rappresentato in un’altra xilografia. Ci sono altri due resoconti, datati rispettivamente 13 e 23 agosto, dai quali risulta che Madre Waterhouse, il cui nome era Agnes, era stata interrogata di fronte al giudice Southcote e al Maestro Gerard, Procuratore generale della Regina, il 27 luglio 1566, e che fu successivamente giustiziata sul rogo. Tra le altre domande che le vennero poste, ce n’era una riguardante il Padre Nostro; e lei disse loro che "Satana non le avrebbe mai permesso di recitarlo in inglese, ma sempre in latino". Non viene menzionato cosa sia successo alle altre due, che erano state istruite da Dama Waterhouse.»

   La wiki scrive «Elizabeth Francis è stata la prima ad essere accusata, ed è quella che ha accusato Agnes Waterhouse. Le fu data una condanna più leggera, ma fu impiccata dopo una seconda condanna tredici anni dopo. Un opuscolo successivo da un processo del 1579 mostra che Elizabeth Francis e Agnes Waterhouse erano sorelle.»

e ancora «Il 29 luglio 1566 - due giorni dopo la fine del processo - Agnes Waterhouse fu giustiziata.»

 

Robin Hood (chiamato Oliver) e la strega di Withfield.

Oliver (Robin Hood) : La sorcière de Withfield – 21pl. (THRILLER PICTURE LIBRARY n°130B : The Witch of Withfield) – Dino Battaglia. Réédité au n°332 : La sorcière (http://www.encyclo-bd.fr/encyclocs/Imperia/Oliver/oliver1/couvsOliver/oliver1.html )

Episodio inedito, nell’edizione italiana della Dardo, disegnato da Dino Battaglia

 

  Insomma, credo (sarebbe difficile poter dire il contrario) che la confessione fu estorta sotto tortura durante l’esame… e nessuno di noi potrebbe resistervi.

Forse (ovvio sottolineo il forse) Agnes era una guaritrice che aveva per compagnia un bel gattino bianco, così come personalmente ho una gattina per mia compagnia; inoltre conoscere le erbe per curare la gente non comporta grandi conoscenze mediche e ad una bella calamità non si può non accusare una erborista, che forse da giovane era parecchio attraente.

Perciò (per similitudine a una pellicola sulla resistenza) Agnese fu mandata a morire.

 Vedi anche: https://en.wikipedia.org/wiki/Agnes_Waterhouse

 

   Del resto ritengo che l’unica vera strega sia un personaggio chiamato Elvira (nulla a che fare con il personaggio del cinema yankee), una certa odierna politica dai denti a caimano e che avrebbe una sorella chiamata Eva Benita (voce di popolo…)

   Non solo Erik, fratellino minore di Cucciolo e Beppe, mi ha fatto sapere che l’ultima esecuzione di streghe avvenne in Svizzera negli anni venti del nostro 900… Brrr! Letteralmente spaventoso…

 

ωωω

 

 

   Il villaggio dove visse Agnes è Hatfield Peverel nella contea dell’Essex. (https://en.wikipedia.org/wiki/Hatfield_Peverel)

 



Dice la wiki che «Hatfield significa "spazio ricoperto di erica nella foresta"; Peverel si riferisce a William Peverel, il cavaliere normanno a cui Guglielmo il Conquistatore concesse delle terre nella zona dopo l’invasione normanna del 1066.»

Siamo proprio vicini all’epoca di Roberto dei Boschi…

   Viriamo da questa tematica. Sempre dalla wiki vengo a sapere che «Uno schizzo di "Madre Waterhouse" è in un chapbook che descrive il processo custodito nella Biblioteca del Palazzo Lambeth.»

Il Lambeth Palace è la residenza ufficiale dell’arcivescovo di Canterbury. Si trova a Londra, sulla riva sud del Tamigi, a circa 400 metri a sud-est del Palazzo di Westminster.

Vicino a Westminster, la tenuta fu acquistata per la prima volta dall’arcidiocesi per l’arcivescovato intorno al 1200.

La biblioteca è stata fondata come biblioteca pubblica dall’arcivescovo Richard Bancroft nel 1610 e si vanta che sia "la più grande collezione religiosa al di fuori del Vaticano".

Solo che come mi ha scritto Leo, questa biblioteca è di «400 metri, un niente. L’archivio segreto vaticano, che arriva al 1896, ha 15 km di scaffali. Poi inizia l’archivio Propaganda fide che ha già una decina di chilometri...».

 

I piccoli libri dei racconti

Il libro tascabile Jack the Giant Killer (l’assassino gigante)

 

    Ma la nota più interessante da questa triste vicenda sono i chapbook che il traduttore in rete dà come libro di racconti (se non degli albi a fumetti, degli albi illustrati a loro affini). Sempre la wiki scrive «Un chapbook è un piccolo opuscolo stampato che era un mezzo popolare per la letteratura di strada in tutta l’Europa moderna. I chapbook erano solitamente prodotti a basso costo, illustrati con rozze xilografie e stampati su un singolo foglio piegato in 8, 12, 16 o 24 pagine, a volte rilegati con una cucitura a sella (un punto di filo o una graffetta metallica passata attraverso la piega di una rivista o di un opuscolo).»

 

Xilografia di un cerchio fatato da un libro di racconti del XVII secolo

 

Questi opuscoli creati durante il XVI secolo erano venduti porta a porta oppure durante le fiere. Gli argomenti variavano dagli almanacchi, alla letteratura per l’infanzia, sul folklore, alle ballate fino anche a poesie e trattati politici o religiosi. Il termine deriverebbe da Chapman, parola usata per indicare il venditore ambulante che vendeva tali libri.

Questi opuscoli furono un mezzo importante per la diffusione della cultura popolare alla gente comune, specialmente nelle aree rurali. Servivano come da intrattenimento e informazione.

In un’epoca in cui la carta era costosa, i chapbook venivano talvolta utilizzati per l’involucro, la cottura o (pensa te!) come carta igienica. Molti dei libretti sopravvissuti provengono da collezioni private.

 

Da: https://en.wikipedia.org/wiki/Chapbook

versione in italiano: https://it.wikipedia.org/wiki/Chapbook

 


Una vera storia di Robin Hood, 

un libro di racconti

 

Stampato e venduto ad Aldermary Church Yard
Londra

 



Mentre le poesie e le ballate su Robin Hood sono più abbondanti che su qualsiasi altro eroe inglese, i Chap-book sono relativamente scarsi, probabilmente a causa dell’impossibilità di condensare le sue numerose avventure e gesta nelle convenzionali ventiquattro pagine. Ci sono diverse edizioni stampate a Londra, tutte con incisioni simili, di cui, tuttavia, solo tre o quattro appartengono propriamente all’opera, che sono riprodotte di seguito, la prima delle quali è Robin Hood e l’abate di St. Mary.

 



“Legò l’abate a un albero,

E non lo lasciava passare

Prima di lui e dei suoi uomini,

Sua Signoria aveva detto messa."

Il successivo è l’attacco di Robin al vescovo di Ely.

 


“Lui cavalcava verso il Nord,

Con il suo suddetto corteo

Robin e i suoi uomini uscirono,

Tutti per intrattenere.

E con la coraggiosa ala d’oca grigia,

Mostrarono loro un tale gioco,

Che faceva scalciare e slanciare i loro cavalli,

E i loro cavalieri giacevano a terra.

Il vescovo era molto contento,

Per tutti i suoi mille uomini,

Per cercare i mezzi che poteva usare per passare

Fuori dalla portata di Robin.

Duecento dei suoi uomini furono uccisi,

E ottanta cavalli buoni,

Trenta che si arresero divennero prigionieri,

Furono portati al Bosco Verde—

Che poi furono riscattati

Per venti marchi a persona,

Gli altri diedero di speroni ai cavalli e fuggirono

Alla città di Warrington."

E c’è la rappresentazione del monaco traditore che lo dissangua.

 


“Questa triste perplessità causò

Una febbre come dicono alcuni,

Che lo trascina nella confusione,

Anche se per una via sconosciuta.

Questo pericolo mortale da prevenire,

Lo colpì con tutta la velocità

In un convento andò con l’intento

Per amore della salute, di sanguinare.

Un frate infedele si finse

affettuoso, per farlo sanguinare,

Ma egli con la menzogna conseguì la fine

Del famoso Robin Hood."

 

Da https://pb.openlcc.net/childrensliteratureatradition/chapter/a-true-tale-of-robin-hood-a-chapbook/

Marco Pugacioff

[Disegnatore di fumetti dilettante

e Ricercatore storico dilettante,

Macerata Granne

(da Apollo Granno)

S.P.Q.M.

(Sempre Preti Qua Magneranno)

18/10/’24

 articoli

 Fumetti

 

sabato 12 ottobre 2024

Cucciolo alla ricerca della tomba imperiale

Cucciolo alla ricerca della tomba imperiale

    Per realizzare le mie storie dilettantesche (e dire che in parecchi nel mondo del fumetto hanno iniziato professionalmente da dilettanti… e sono rimasti dilettanti!) parto sempre da una suggestione. Questa volta era una vignetta americana di un almanacco Topolino in cui vi è una storia (eccola qua sotto) del Maestro Rebuffi.

    Mister Topolino e suoi amici si trovano davanti ad una armatura e non sapendo che disegnare ho ripreso la posa e poi ci ho messo i cari Cucciolo e Tiramolla. Da lì ho incominciato a fantasticare e ne è uscita questa piccola avventura intrecciata con le mie ricerche storiche sulla famiglia imperiale di Camerino.

   Delle tombe dei tre imperatori non vi è più traccia, spazzate via dal potere ecclesiastico, straripante da venti secoli sul suolo italico; potere che sta cedendo per far posto alla religione venuta dalla immigrazione forzata.

Non poteva essere che l’unico che lottò con successo contro forze esterne, il franco Guido del Piceno, avesse più una tomba.

Non è solo la maledizione del malefico papa Fran… Formoso, funesto personaggio che ho raffigurato nel quadro che i tre fraterni e giovani amici trovano nell’abbazia, e nella rievocazione dell’incidente [come no!] capitato al piccolo imperatore.

È una maledizione generale, che non coinvolge solo le locali università, ma tutto un sistema ammalato…Bà, tanto non siamo alla fine dei nostri tempi? 

Prossima settimana vi parlerò di una (presunta) strega, che ebbe la tragica sfiga di non avere come paladino Robin Hood.

  Ciao

 









Marco Pugacioff

[Disegnatore di fumetti dilettante

e Ricercatore storico dilettante,

Macerata Granne

(da Apollo Granno)

S.P.Q.M.

(Sempre Preti Qua Magneranno)

12/10/’24

 articoli

 Fumetti

sabato 14 settembre 2024

I Vidoni una stirpe bretone nella Francia delle origini

 

I Vidoni

una stirpe bretone nella Francia delle origini

 


Stampato da Youcanprint e richiedibile in rete

 

Leggete e cercate di capire

Dall’alto della loro scienza tecnologia le università non arriveranno mai comprender tutto!

 

Questo è il riassunto del libro

 ...

Introduzione

   Nel mio recente libro sulla famiglia dei Vidoni, in copertina ho voluto raffigurare Guido (che chiamo Guido del Piceno) consacrato Imperatore, in un immagine di fantasia.

Non è completa fantastoria, come si potrebbe credere: certo, la sua armatura, il suo elmo nascono dalle immagini delle pellicole con Giuliano Gemma in veste da centurione romano, con in più delle corna alla Conan il barbaro per indicare una discendenza transalpina.

Per l’edificio in sottofondo in copertina dove Guido è stato consacrato Imperatore Romano mi sono ispirato all’abbazia sita sotto la collina dell’attuale Macerata Grane, le cui dotte istituzioni tentano inutilmente di cancellare come favola, o bufala, la tesi di Aquisgrana in Val di Chienti.

Parliamoci chiaro: Aquisgrana può non essere qui, ma comunque non è in Germania, se non a partire dal Barbarossa... Comunque sarà dimostrato con l’espropriazione dei terreni dietro la chiesa a due torri e spazzando Via tutto ciò che archeologicamente non sia più recente dei Longobardi.

 

ωωω

 

Leo e Marina, a bordo della loro Fragola.

   Nel mio libro ho avuto un‘amichevole revisione del navigatore Galileo Ferraresi e nella sua prefazione mi ha sinceramente stupito.

   Circa una quarantina d’anni fa, Leo riportava a nuovo una barca a vela nel cantiere Merani di Civitanova Marche; un giorno dal proprietario del cantiere viene a sapere che l’indomani costuii sarebbe andato “alla capitale”!

Ma non si riferiva a Roma, casomai a Macerata, perché gli riferì “i vecchi l’hanno sempre chiamata così; una volta era la capitale non della provincia, di tutto”!

 

   Mica male! Un paesino che non ha nemmeno dieci secoli di storia, capitale di tutto, fa come minimo ridere (in effetti, qualcuno nella piazza centrale a Macerata, non molto lontano dall’Accademia di Belle Arti, lo fa…). Visto che qui in zona c’erano prima Romani (principalmente Piceni e Camerti Umbri) e poi i Longobardi, una capitale ci poteva essere se non nella oggi morta Camerino.

Già, perché all’epoca di Guido del Piceno Macerata granne sempre se esisteva, erano quattro schifose capanne di legno e fango.

E comunque i Franchi (i frank) merovingi e carolingi dell’attuale France, no!

Però qualche Aquitano esule dalla loro terra, ebbene sì!

 


Questi sono i Franchi del territorio italico, gente affrancata da fame e paura, derivate dalla espansione islamica. Gente che chiamò la loro nuova terra Francia! Non molto tempo fa ho parlato per telefono con la Signora Anna S. [la Signora mi ha chiesto di non citate il suo nome] di Macerata. La signora aveva una nonna a Mogliano nata nell’anno 1900, la quale si trasferì negli anni ’60 a Macerata.

La signora Anna sentiva da bambina la nonna parlare di loro conoscenti che abitavano in Francia, ma non — ripeto — la France oltralpe, ma la nostra Francia!

Rimasta stupita, chiese spiegazioni alla nonna di dove fosse la Francia di cui si parlava. La risposta fu alle piane di Chienti, sullo stesso percorso, la stessa strada che portava da Mogliano a Macerata, l’attuale San Claudio - Pieridipa.


Accesso storico all’auditorium di Carlo Magno, all’interno de Der Granusturn ad Aaken cioè la Torre Granus, non aperta al pubblico. La torre non è menzionata nelle fonti scritte carolingie sopravvissute; solo dal Rinascimento, quando si credeva che la torre fosse una reliquia di epoca romana e la dimora del leggendario fondatore della città, Granus Serenus, fratello dell’imperatore romano Nerone.

   E Granno da cui Macerata Granne? Forse ci si riferiva al leggendario fratello di Nerone, Granus Serenus [chissà se vendeva pur lui, fiammiferi a Roma?], la cui torre svetta ancora ad Aaken (la dicono carolingia, però a vederla dalle foto non la direi più antica dell’anno mille e solo dal rinascimento è stata a lui attribuita come sua dimora)… o forse si riferiva al grano, ma il professor Carnevale scrisse «grano si diceva in latino frumentum. La parola granum esisteva, ma significava chicco, granello; ancor oggi, riferendoci alla corona del Rosario, diciamo grani del Rosario.»

Comunque ci doveva essere un’aia, un area (da cui Ara, bo…?) del grano. Peccato che nel luogo del documento dell’abbazia di Chiaravalle di Fiastra situato in mezzo a un bosco, dove era un pianoro chiamato «plana de Ara Grani», ci hanno costruito una chiesa. Su un luogo dove si batte il grano non ci si costruisce una chiesa. Le chiese venivano erette dove vi erano i luoghi di culto delle antiche religioni, perciò venne costruita Santa Maria in Selva. E l’altare allora che fine avrebbe fatto?

Vabbé, non esisteva e buonanotte sia all’ara, sia alla “capitale”.

Questo popolino così fantasioso…

 ...

   Grazie alle ricerche della signora Elisabeth De Moreau, venni a sapere della chiesa dei  Santi Dionisio, Rustico ed Eleuterio a Riprantasone.

All’inizio non me lo ricordavo, ma poi la cosa mi ritornò alla mente: la foto della teca che ho riprodotto sui miei albi di Cucciolo era sua! Non me lo ricordavo, ma è lei che ha visitato la chiesa, ed ora capisco perché, attraverso una lettera elettronica, mi chiedeva in quale libro il professor Carnevale avesse parlato di questi santi… ma il professore non mi pare che ne abbia mai parlato, perlomeno son certo di no, nei libri che gli scrissi sotto dettatura.

   In un libro bilingue (inglese-francese) scovato in rete Paris and Its Environs p. 38, Londra 1820 leggo «IL serait difficile d’assigner la véritable étymologie du nom de Montmartre, près de Paris. Plusieurs écrivains lui ont donné celui de Mons martyrum, parce que c'est là disent-ils, que St. Denis et ses compagnons reçurent la couronne du martyr. Le plus probable est que Montmartre doit son nom à un temple de Mars, élevé autrefois sur cette montagne, et le nom de Mons Martis lui est donné par un moine qui écrivit, en 896, un poème sur le siège de Paris. […] Vers la fin du septième, ou au commencement du huitième siècle, il existait sur cette montagne une église dédiée à St. Denis, et une petite chapelle, ædicula, parva ecclesia, où l’on conservait les reliques de plusieurs autres martyrs dont les noms ne sont pas parvenus jusqu à nous.»

Ovvero « Sarebbe difficile attribuire la vera etimologia del nome di Montmartre, vicino a Parigi. Diversi scrittori gli hanno dato quello di Mons martyrum, perché è lì, dicono, che San Dionigi e i suoi compagni ricevettero la corona del martirio. La più probabile è che Montmartre debba il suo nome a un tempio dedicato al Dio Marte, anticamente costruito su questa montagna, e il nome Mons Martis gli fu dato da un monaco che nell’896 scrisse un poema sull’assedio di Parigi. […] Verso la fine del VII, o l’inizio dell’VIII secolo, esisteva su questo monte una chiesa dedicata a San Dionigi, e una piccola cappella, ædicula, parva ecclesia, dove erano conservate le reliquie di diversi altri martiri. i cui nomi non ci sono pervenuti.»

 


   A questo punto mi era venuto il forte sospetto che ha portare quelle ossa nel Piceno siano stati gli antenati dell’imperatore Guido.

Sulla chiesa o pieve di San Rustico le fonti confermano la presenza della pieve nella contrada rurale di San Rustico, lungo la valtesino. Solo nel XII secolo, fu trasferita sul colle San Nicolò, dove si trova ancor oggi la chiesa, dal 1899 privata e non visitabile.

Ai giorni nostri, la frazione San Rustico si trova a Monte San Pietrangeli (Ap).

 

La cosa da fare era una ricerchina sull’origine oltralpe famiglia franca di origine bretone; mi sono avvalso come guida della famigerata wiki, ovviamente quella francese abbastanza più affidabile di quella italiana. Ma solo come guida, perché poi le ricerche sono mie, al di fuori de ‘sta wiki.

 

In grigio, per non crear problemi, ho messo le mie ipotesi.

 

Veloce cronologia riassuntiva dei Widonides,

dalla wiki francese con integrazioni personali

 

Tullia Leporace – prima studiosa dell’imperatrice Ageltrude – a pag. 17 del suo libro, dà una genealogia del ramo principale dei Guidoni, basandosi sui scritti di Wüstenfeld del 1863, e mette per primo...



S. Leodoino (Liutwin) Liévin de Treves

 

Liutwin fu arcivescovo di Treviri (dal 697 al 718), e di Reims dal 715 al 722.

Era figlio di Gerwin o Saint Warin, conte di Poitiers e di Paris, sposato con Gunza, sorella dell’arcivescovo Basin di Treviri. La moglie di Liutwin era Willigard di Baviera. Ebbero come figli Milon, Conte di Trèves, Wido, conte di Hornbach e si pensa Rotrude, moglie di Carlo Martello e quindi nonnina di Carletto poi Magno.

 

Secondo la leggenda l’abbazia di Mettlach fu fondata dopo che Leudwinus partì per una città presso il fiume Sarra. Durante il Viaggio si addormentò all’ombra di un albero. Mentre dormiva, il sole cambiò posizione, esponendolo ai suoi caldi raggi, ma un’aquila passò volando sopra di lui e sì posò su di lui con le ali spiegate. Quando Leudwinus si svegliò il suo servitore raccontò come l’aquila lo aveva protetto dalle scottature. Per coincidenza, Leudwinus fece il suo pisolino sul luogo del Miracolo dell’Aquila, Vicino alla Cappella di Saint-Denis de Paris. Leudwinus vide questo prodigio come un segno inviato da Dio per fargli fondare un monastero benedetto in quel sito. La chiesa parrocchiale di Saint-Gangolf a Mettlach si trova oggi sul sito dell’antica cappella di Dionisio (Denys).

Visto che le ossa dei Sanctorum Dyonisii, Rustici et Eleuterii riposano nel Piceno anche questo è un dato che avvalla che Aquisgrana era nel Piceno, come esposto nel secondo libro che scrissi sotto dettatura per il Professore [Il libro è Il rinvenimento delle sepolture di Pipino il Breve e di sua moglie Berta nell’attuale collegiata di San Ginesio, Simboli, 2010.], e che c’è le abbiano portate a Ripatransone  i Vidoni.

   A proposito dei Vidoni, il libro Mitteilungen des Instituts für Österreichische Geschichtsforschung del 1907 dice a pag. 349 «Il duca Wido (I) di Spoleto viene menzionato per la prima volta il 29 agosto 842, quando l’imperatore Lotario I restaurò alla chiesa di Treviri il monastero di Mettlach, assegnato a Wido durante le lotte interne degli anni precedenti. E alla nota relativa: M2. 1092 (1058): cuidam ex procerihus nostris Witoni Spolitanorum duci cuius origo ad prefutam ecclesiam propter Dei amorem memorutum contulit monusterium.

Il traduttore in rete mi dà: «uno dei nostri capi, i Witoni degli Spoletini, la cui origine portò alla suddetta chiesa, per amor di Dio, il menzionato monastero.»

Liutwin, fedele sostenitore di Carlo Martello, gestì oltre alla sua diocesi anche la chiesa di Reims e forse anche la chiesa di Laon e trasmise questa carica, inammissibile secondo il diritto canonico, a suo figlio Milo, ucciso da un cinghiale nel 753.

Leodoino fu sepolto nel Monastero di Mettlach.

 

ωωω

 

Guy de Nantes

 

   detto Wido (nato intorno al 750, morto prima dell’818), conte di Nantes e marchese della marca di Bretagna da prima del 799 a prima dell’818.

Ebbe come fratelli Frodoald e Werner; come figli sono accertati Lambert I di Nantes e Gui II di Vannes, conte di Vannes da prima dell’814 al 831 poi divenne conte del Maine dal 831 al giugno 834 quando fu ucciso.

   Figlio di Lambert e Teutberge, discende dalla famiglia ”Widonides", detta anche famiglia ”Guy, Garnier, Lambert”, originaria dell’Austrasia [L’Austrasie è un regno franc del periodo merovingio. Questo regno copre, oltre al nord-est dell’attuale Francia, il resto dei bacini della Mosa e della Mosella, fino al bacino del medio e basso Reno e sembra sia considerato la culla della dinastia carolingia.].

Il conte Guy prima del 796 fece importanti donazioni a Fulrad di Saint-Denis prima del 768. Ricevette il comando delle marche di Bretagna e prima del 799 della contea di Nantes, mentre suo fratello Frodoald gli era subordinato come conte di Vannes.

Guy morì prima dell’818, lasciando come successore il figlio, il conte Lamberto I di Nantes, marchese della Marca.

 

Lambert I di Nantes

 

Lambert I (morto il 30 dicembre 836) conte di Nantes prima dell’818—831 e marchese di Bretagna dall’818 all’831, poi duca di Spoleto 834-836.

Fratello di Gui II di Vannes, sposò Adelais che forse era un’anonima figlia illegittima di Pipino d’Italia, oppure una certa Rotrude. Se la consorte non è certa, certi sono i figli; Guido I di Spoleto, Lambert II di Nantes, Garnier (che fu conte ucciso nel 852) Dova, che fu abbadessa di Craon e di Nantes, deceduta dopo l’846 e infine Itta.

Lambert I succedette a suo padre Guido prima dell’818 divenendo Conte di Nantes e prefetto della marca di Bretagna.

Durante la ribellione del primogenito dell’imperatore Ludovico il Pio, si schierò dalla parte di Lotario I, fu “disonorato” poi esiliato all’inizio dell’831 con quest’ultimo in Italia dove divenne duca di Spoleto. Bernhard Simson nei suoi annali del 1876 scrive «Tra i grandi che seguirono Lotario, il conte Lamberto fu considerato il più potente [Prudent. Trec. Ann. 837 p. 431: Lantbertus, fautorum Lotharii maximus].»

 

Sempre il libro Mitteilungen des Instituts für Österreichische Geschichtsforschung riferisce «Suo padre, il conte Lambert, come suo padre Wido prima di lui, governò le Marche bretoni sotto Ludovico il Pio. Nell’834 seguì il giovane imperatore Lotario attraverso le Alpi e qui terminò prematuramente la sua vita nell’837.»

Scomparse durante l’epidemia dell’836/837 che devastò la nobiltà franca.

Ma Lambert pur essendo duca di Spoleto morì... nel Caton Ticino.

 

Lambert II di Nantes

Lambert II morì nel 852, fratello di Guido I di Spoleto, ebbe come consorte Rothrude (circa 835/840 - †?) figlia di Lotario I. Ebbe come figlio accertato Wicberto che fu assassinato nell’883 dal cugino duca Ugo d’Alsazia, figlio illegittimo di Lotario II di Lotaringia.

Lamberto II di Nantes è senza dubbio il secondo figlio dell’ex conte Lamberto I di Nantes e di sua moglie, di cui non si conosce il nome. Secondo la Cronaca di Nantes [una raccolta di racconti storici in latino (Chronicon Namnetense) riguardanti la storia della città e della contea di Nantes tra il 570 e il 1050] «sarebbe stato allevato ed educato secondo i costumi dei Bretoni [il aurait été nourri et instruit selon les mœurs des Bretons

Lambert, la cui sorella Dova era badessa di Saint-Clément a Craon, cercò di trovarsi un nuovo dominio, ma fu ucciso il 1° maggio 852 in un’imboscata tesa da un Rorgonide [una famiglia della nobiltà frank in cui molti membri si chiamarono Rorgon (ou Roricon)], Gausbert “il Giovane” (juvenculus), che era preoccupato per il patrimonio della sua famiglia.

Lambert è sepolto a Savennières.

 

Witbert

  Una nota storica sui Vidoni arriva dal testo del 1969 di Eduard Hlawitschka “Gli imperatori Guido e Lamberto, discendenti di Carlo Magno? [WAREN DIE KAISER WIDO UND LAMBERT NACHKOMMEN KARLS DES GROSSEN ?] scovato in rete; qui a pag. 386 è scritto in italiano «In base ad un documento finora poco studiato, proveniente dal mo­nastero die Tournus in Borgogna, si dimostra che Rotrude, figlia dell’imperatore Lotario I, aveva sposato Lamberto II, conte di Nantes, ucciso nell’852 [Il documento dice: pro libercitione Lanberti genitoris mei necnon et Rutrudis genetricis meae et mea am 28. Januar 870, vedi alla pag. 368.]. Poiché questi era figlio del marchese Lamberto I di Nantes, esiliatosi in Italia nell’834, è escluso, in base alle norme sul diritto matrimoniale, che il primo Lamberto abbia avuto per moglie una figlia di Pippino re d’Italia, come è stato spesso sostenuto sulla scorta di fonti evidentemente insuffi­cienti. Poiché anche un altro figlio di Lamberto I, Guidone marchese di Spo­leto - morto nell’858 circa e padre a sua volta dell’imperatore Guidone - per analoghi motivi d’ordine giuridico-matrimoniale, non può aver sposato una figlia di Lotario I (come analogamente da altre parti è stato ritenuto), se ne deduce che gli imperatori Guidone e Lamberto, che regnarono in Italia nell’ul­timo scorcio del IX secolo, non sono stati in alcun caso discendenti di Carlo magno. Questo contrasta con un principio spesso sostenuto per cui sarebbero stati eleggibili a re soltanto i consanguinei di Carlo Magno.»

 

Foulques le Vénérable o Folco il Venerabile

 

Rappresentazione di Foulques le Vénérable

vetrata della basilica Saint-Remi di Reims.

 

   Dall’anno 883, fu il 33° arcivescovo di Reims (carica poi ricoperta dal 991 al 995 come quarantunesimo arcivescovo, dall’aquitano Gerbert d’Aurillac, più famoso come papa Silvestro II morto nel 1003).

Nell’887, dopo la deposizione dell’imperatore Carlo III il Grosso, cercò di portare sul trono di Francia il suo parente Guido di Spoleto, e lo fece addirittura incoronare a Langres nell’888. Sono sconosciuti i loro rapporti di parentela; forse Guido era un suo nipote...

In effetti, ipoteticamente, l’alta carica vescovile potrebbe averla raggiunta se fosse stato un figlio di quel Witbert, figlio di Rotrude di sangue imperiale e sposa di Lambert II; data la discendenza carolingia il metropolitano di Reims avrebbe avuta l’idea di far salire al trono imperiale il nipote italico.

In seguito Folco appoggiò il re Carlo il Semplice contro Eudas, tanto da incoronarlo a Reims nell’893, riuscendo poi a riconciliare i due rivali. Per gratitudine Carlo lo nominò suo cancelliere [Da Dictionnaire universel d’histoire et de géographie, Bouillet et Chassang, Parigi 1878, p. 684].

Foulques fu assassinato il 17 giugno 900 nei pressi di Compiègne per ordine di Baldovino II di Fiandra, conte delle Fiandre, che bramava l’abbazia di Saint-Bertin, di cui Foulques era abate dall’878.


   A questo punto nel libro prendo a parlare delle vicende dei Vidoni, ormai Marchesi di Camerino e Duchi di Spoleto.

  Dal padre dell’Imperatore franco di origine bretone, alle vicende dello stesso Guido, che per amore di una fanciulla longobarda (forse da bambina data in ostaggio ai Saraceni) chiamata Ageltrude, divenne un grande difensore della terra dove era nato, le cui vicende narro nel libro.

    Come della audace tecnica di battaglia dei cavalieri bretoni dell’Imperatore, che seppur stanchi potevano incutere timore agli spietati austriaci del re barbaro Arnolfo…

La mancanza fisica di documenti, fa soffrire enormemente la ricerca.


I luoghi dove l’Imperatore andò… naturalmente non a Paris, né ad Aaken,

allora sì che si inventano gli eventi storici!

 

Ma arriviamo al momento in cui l’Imperatrice vedova [Guido morì nell'894] deve difendere Roma dalla minaccia di un avventuriero tedesco, un certo Arnolfo di Carinzia che aveva fatto deporre suo zio, l’imperatore Carlo il Grosso.

Vuole il trono imperiale e una carogna (da vivo, come da morto) che ebbe il nome di Formoso (il professor Carnevale ipotizzava essere di origine sassone) chiama Arnolfo per incoronarlo (anti)imperatore al posto del legittimo imperatore Lamberto, di appena quindici anni d’età.  

Ageltrude, da madre avveduta, spedisce il figlio in Borgogna a chieder rinforzi e tenta di convincere i “Romani” ad ostacolare l’entrata nella città all’usurpatore.

   È scaturito dalle ricerche di Massimo Orlandini, un testo particolare, che scoprii poi esser piuttosto tardo, del 1656. Si tratta de Theatrum historicum di Christianus Matthiae, in cui si legge chiaro e tondo che la Roma in questione, non è quella di Giulio Cesare, ma un’altra città! E il documento è inequivocabile!   

«Leoninam urbem (quae et civitas nova Roma vocabatur»

E il ricercatore seicentesco lo ribadisce due volte, sia per i tempi di Carletto Magno, sia per Ageltrude. Aveva accesso a dei documenti non più disponibili.

 

Ageltrude e Lamberto

Dove sia questa città non possiamo saperlo, ma di sicuro non è nel Lazio. È in piena zona picena! Che sia la cosiddetta città longobarda dietro l’edificio di San Claudio, sia la “Roma” della tradizione orale storica [che fa parte della mia tradizione di famiglia] non lo sappiamo e non lo sapremo mai.

La mancanza di documenti o l’occultamento degli stessi, va avanti da molti anni.

Se si sa, per esempio, il nome dell’autore degli affreschi del castello di Beldiletto che era vergato in una particolare pergamena. Scrissi «tale maestro Antonio di Giovanni Allegri da Santa Anatolia, il cui nome e qualifica appaiono nei rogiti notarili stilati dal notaio ser Matteo di Mastro Marano negli anni che vanno dal 1452 al 1474 [V. il capitolo Beldiletto, nel mio Ageltrude tra i Carolingi e Napoleone].»… ma il documento non si trova più.

Se sono stati studiati e trascritti i diplomi dell’imperatore Lamberto per l’abbazia di Santa Croce al Chienti, custoditi nell’archivio di Sant’Elpidio a Mare… guarda caso neanche questi si trovano più.

Che dire, se che ben più di un legittimo sospetto mi nasce spontaneo: i due archivi erano stati riordinati da un certo… ricercatore tedesco. E più in là non vado. Chi HA orecchie per intendere, capisce cosa voglio dire. 

 

    Per tornare all’Imperatrice,  parlo di un fatto che non ho narrato nel libro; l’assalto alla “capitale”, vorrei paragonarlo alla calata dei Lanzichenetti nel 1527 che in pratica distrusse la popolazione di Roma e vennero poi tanti toscani e lombardi a ripopolarla; ma vorrei anche collegarla al processo di Formoso che non si sa dove è stato fatto, a “Roma” o nella fantomatica Ornat, per colpa di un terremoto.

Un terremoto che però deve  esser avvenuto poco prima dell’assalto e non durante il processo. Tanto che i “barbari” penetrarono superando con scale oppure a forza di selle da cavallo ammonticchiate le une sull’altre o abbattendo le porte a colpi di ascia o coll’ariete. Una città credo proprio già colpita appunto da un… terremoto e difficilmente difendibile, questa ovvio è solo una mia congettura, una mia fantasia scaturita da tutti i terremoti che funestano il Piceno da secoli.

   Gli uomini dell’avventuriero barbaro commettono molte violenze: i sacerdoti vengono trascinati in catene, le vergini violentate, le spose stuprate e le chiese, da sempre considerate asilo inviolabile, diventano luoghi per banchetti, canti osceni, baccanali e bordello per le donne che si prostituiscono. Questa visione da incubo ci è data da Liutprando di Cremona, nel suo Storia di Roma nel Medioevo, libro I, ai capitoli 28 e 33.

Al che mi domando chi ha voluto realmente il processo alla carogna di Formoso. Davvero Ageltrude? Stefano VI? Oppure...

una inestinguibile sete di vendetta del popolo romano.

 

   Con l’assalto della soldataglia di Arnolfo, Ageltrude deve fuggire. Non può tornare alla città in cui fece crescere suo figlio, ovvero Camerino, perciò è giocoforza dirigersi verso il mare e cioè a Fermo. Con tutto ciò che ne consegue, ovvero la porzione avvelenata per il barbarico anti-imperatore che lo fa tornare «stupido e infermo» in Germania (o meglio in Austria) dove morirà divorato dai vermi nel suo letto.

Doveva essere l’anima demoniaca di Formoso – che per anni, mangiò a sbafo nella casa dei Vidoni a Spoleto – che voleva vendicarsi di Arnolfo e di Lamberto, ucciso nei boschi di Mastrengo. A Mastrengo nel nord Italia? Ecco perché l’imperatrice madre e il giovane imperatore non erano presenti al processo. Se il territorio italico al sud e al centro, riuscivano bene o male a tenerlo sotto il loro controllo, non così era al nord (la lunga mano di Berengario?); ed ecco perché al processo era invece presente Guido IV.

Infatti anche il processo di riabilitazione a Formoso promosso dal giovante Imperatore avvenne a Ravenna e guarda ancora il caso… i documenti non si troverebbero più.

   Alla morte del figliolo imperatore, (per una banale caduta da cavallo (come fosse vero…) nelle selva di Mastrengo, l’Italia ridiventò teatro di guerre sanguinose.

Berengario del Friuli antico nemico di Guido del Piceno, tornò dal suo esilio e conquistò le province settentrionali.

Ageltrude, madre dello sfortunato Lamberto, tentò invano di resistergli.

L’imperatrice deve piegarsi alla legge del conquistatore, riprende il suo abito monacale che per l’amore verso Guido aveva in gioventù lasciato e se lo rimette per rinchiudersi nella sua casa, a Camerino, come religiosa, dove ancora viveva nel 907.

   Ma a Camerino, Ageltrude non può rimanere. L’ambizione di Alberico detto di Spoleto, ma in realtà di spe camerina come recita una glossa (una nota) sui Gesta Berengarii, da ipotetico conte di Fermo [e grazie alla Professoressa Licini ora sappiamo che «i conti di Fermo esistevano, eccome (lib. p. 113)! Il titolo viene da Firmanus Comitatus costituito da Carlo Magno, come leggiamo nelle  capitolazioni di Carlo Magno e di Ludovico, Re dei Franchi (cfr. Étienne Baluze / Spephanus Balutius, Capitularia regum Francorum. Additae sunt Marculfi Monachi & aliorum Formulae veteres, et Notas doctissimorum Virorum; Tomus Secundus, Parisiis, Ex Typis Benedicti Morin, 1780, Firmanus Comitatus, col. 1548; Lupus Comes Firmanus, col. 1538; Tomas Primus, 1677, coll. 755 e 1188)».] divenne duca di Spoleto uccidendo Guido IV; la vendetta del malefico Formoso inizia da qui.

Alberico dà inizio a una stirpe di… papi. Suo nipote Ottaviano, diventa papa Giovanni XII, e sembra che Ottaviano-Giovanni venisse scaraventato da una finestra da un marito tradito, che lo aveva trovato a letto con la propria moglie; e dopo di lui, il successore del pontefice dell’anno mille, Gerberto da Aurillac, papa (gatto)Silvestro II… che venne da Rapagnano di Fermo (il caso arriva davvero per caso?). Regnò pochi mesi con il nome Giovanni XVII e se andò il 31 ottobre 1003.

 

  E l’ex imperatrice dove va? Il ricercatore Roberto Mancuso ha realizzato un libro intitolato La pieve di San Nicomede e L’imperatrice Ageltrude — Da Benevento a Rambona e Salsomaggiore Terme.

L’autore si chiede il perché del trasferimento dell’ex imperatrice e ipotizza su presunti propositi politici di alto livello; può essere benissimo, dai tempi in cui l’imperatore era ancora vivo, ma è vicina la realtà di voler essere vicina alle tombe del marito e del figlio e di essere anche che sui suoi possedimenti come appunto la stessa pieve di San Nicomede.

E la leggenda vuole che sia sta sepolta, non a Varsi, ma a San Nicomede, per di più in un sarcofago d’oro massiccio.

Vabbé, fantasie del popolino…

 

  Ma la maledizione del malefico Formoso ha colpito a fondo: la tomba dell’Imperatore era nella cattedrale di Parma che venne distrutta da un incendio nel XI secolo (un secolo prima della Translatio imperii), la tomba di Lamberto forse è a Varsi, e la tomba dell’Imperatrice deve esser già stata violata da molto tempo…

 

    Comunque vorrei fermarmi qui, con queste ricerchine. Il potere di tipo massonico di chi ride (coi loro denti da caimano), in piazza a Macerata, ostacola troppo, ti fa passare per un povero imbecille, insomma non ti fa vivere.

Anzi mi sembra di essere negli anni venti, non del 21° secolo, ma in quelli del nostro, anzi mio 900, dove chi comandava era a Roma e soprattutto a Berlino.

Oggi, nel ’24, da come ne parlavano in famiglia, si respira proprio quello stesso fetore.

 

I contenuti dello scritto “I Vidoni”, con le immagini ivi contenute, di Marco Graziosi in arte Marco Pugacioff pubblicato su questo blog non possono essere copiati, riprodotti, pubblicati o redistribuiti perché appartenenti all'autore, che ne detiene tutti i diritti.

La copia e la riproduzione dei contenuti sono vietate in qualsiasi modo o forma.

La pubblicazione e la redistribuzione dei contenuti sono vietate se non espressamente autorizzate dall'autore.

Copyright 2024 by Marco Pugacioff. All rights reserved.

 

Qui sopra la bella illustrazione dell'artista

Roberto "Gaspar" Gonzales di Buenos Aires.

Vi saluto.

 

Marco Pugacioff

[Disegnatore di fumetti dilettante

e Ricercatore storico dilettante,

Macerata Granne

(da Apollo Granno)

S.P.Q.M.

(Sempre Preti Qua Magneranno)

14/09/’24

 articoli