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mercoledì 28 dicembre 2016

Viatge al Purgatori


Viatge al Purgatori
Il viaggio del Visconte Ramón de Perellós al Purgatorio di San Patrizio
prima parte


(Prologo)
In nome della Santissima e indivisibile Trinità. Amen. Nell'anno di Nostro Signore Gesù Cristo, 1398, alla vigilia della Madonna di settembre [l’otto di settembre] dopo aver ottenuto la benedizione di Papa Benedetto [l'antipapa Benedetto XIII (1394-1423)], Io, Ramon per la grazia di Dio visconte di Perellós e Rodas, signore della baronia di Ceret, abbandonai la città di Avignone per andare al Purgatorio di San Patrizio.
Poiché tutti gli uomini di questo mondo, desiderano conoscere le cose strane e meravigliose, in quanto queste sono per natura più gradevoli di quelle che si possono conoscere per sentito dire, per tal motivo io, che nella mia gioventù fui allevato con il re Carlo, re di Francia, a cui il mio buon padre mi aveva lasciato, essendo egli stato il suo ammiraglio e Camerlengo, dinanzi a quella corte dove sono tutti gli scudieri e cavalieri del suo regno e di altri regni cristiani, che desiderano essere informati delle cose strane e meravigliose che sono nel mondo; per questo ne vengono da molti luoghi e qui ho avuto il mio cuore ben elevato nel conoscere, vedendolo, ciò di cui già avevo sentito udire da diversi cavalieri e da altre persone.
E infatti mi sono mosso ad inseguire le avventure per il mondo, per tutte le terre dei cristiani e degli infedeli, sia di saraceni come di altri delle diverse sette che sono nel mondo, in cui ognuno possa ragionevolmente andare, in quanto che, per la grazia di Dio, la maggior parte delle cose di cui avevo udito, strane e meravigliose, io ne ho viste tanto in terra quanto in mare e di quelle che ho viste potrò dare vera testimonianza.
E ho sopportato grandi pericoli, spese e travagli, tanto in terra come in mare, e ho appreso e sofferto nelle terre degli infedeli e dei cristiani, cose delle quali io non intendo narrare poiché alcun rapporto hanno con la materia che voglio trattare: il viaggio di San Patrizio [il purgatorio] che è nelle contrade d'Ibèrnia [dell'Irlanda]; il qual viaggio, con l'aiuto di Dio, ho fatto e compiuto, come giammai un uomo ha fatto dopo la morte di San Patrizio.

E ciò narrerò interamente in quattro forme: in primo luogo perché San Patrizio ordinò lo purgatorio; in secondo luogo per quale cagione mi misi nel cuore di entrare nel detto Purgatorio; in terzo luogo in qual contrada sia; in quarto luogo le cose che ho visto e trovato nel detto Purgatorio, e quelle che possono esser rivelate, perché ci sono cose che non è gradito a Dio che siano rivelate, perché a Dio non piacerebbe, a ragione dei pericoli che potrebbero derivare per me o per quelli che vorrebbero seguirmi, dopo esser state da me rivelate, la qual cosa sarebbe irreparabile.

(La vita di San Patrizio)


Al tempo in cui San Patrizio predicò il santo Vangelo in Hibernia, che noi chiamiamo Irlanda, e come lui rinforzò la sua predicazione con i miracoli meravigliosi di Nostro Signore, San Patrizio trovò la gente di quella terra così dura e selvaggia come se fossero bestie e fu con enorme lavoro e pena che li catechizzò e insegnò loro a convertirsi alla fede di Nostro Signore Dio Gesù Cristo; e spesso parlava loro delle pene dell'inferno e della gloria del paradiso, al fine di riscattarli dalla loro miseria e dai loro peccati e riportarli ad una buona vita; ma tutto ciò non valeva nulla, perché loro dicevano che non avrebbero creduto a nulla, sino a che alcuni di loro avessero visto, cioè, avrebbero conosciuto, la gloria dei buoni e il dolore dei malvagi, e non volevano attenersi alle disposizioni di San Patrizio, e alla sua volontà verso Dio.

Fu per questo motivo che il buon uomo cominciò a digiunare e a vegliare e a fare orazioni a Dio devotamente, e tante altre opere buone per la salvezza delle anime di quel popolo. E il Signore gli apparve come aveva fatto in altre occasioni, e donò il Libro dei Vangeli e un bastone, che chiamarono il bastone di Gesù, che egli regalò al suo servo, e la sua vita stessa fa testimonianza come quel bastone e quel libro siano i simboli di apostolo dell'Ibèrnia.
E poi il Signore lo condusse in un luogo deserto e gli mostrò un pozzo molto scuro e Nostro Signore gli disse che chi entrerà in esso confessato, pentito e puro di cuore, sarebbe stato libero in quel giorno di tutti i suoi peccati e avrebbe veduto i tormenti dei malvagi e le gioie e la gloria dei buoni.
Questo disse Nostro Signore a San Patrizio e poi il Signore se ne andò e il buon uomo fu pieno di gioia a causa di quello che il Signore gli aveva detto quando gli mostrò il pozzo perché potesse convertire le genti.


E poi fece innalzare una chiesa ben prossima a quel luogo, e vi istituì un capitolo di canonici regolari, e fabbricò buone porte al pozzo. E tutta l'isola fu circondata dalle acque di un grande lago, molto profondo intorno al pozzo. E lì fece anche un cimitero, con una porta chiusa a chiave, cosicché nessuno potesse entrare senza permesso, e verso oriente innalzò buone mura, e affidò la chiave al priore della chiesa. E molte persone entrarono nella fossa al tempo di San Patrizio per fare penitenza dei loro peccati, e dicevano, al loro ritorno, che avevano visto l'inferno e passati avevano grandi e dolorosi tormenti e anche di aver visto molte gran glorie e molte gioie.

E San Patrizio fece mettere i loro resoconti per iscritto all'interno della chiesa, e poi li additava alla gente e gli narrava tutte le cose che avevano visto, delle testimonianze di coloro che lì erano entrati, tutte queste cose meravigliose; ed è per questo che viene appellato il pozzo di San Patrizio e del purgatorio poiché ogni uomo ci si purga dai propri peccati. E per questo che fu mostrato innanzitutto dal Signore a San Patrizio e si appella anche Purgatorio di San Patrizio. E questa religione ha diversi monasteri nella suddetta terra d'Irlanda, grandi e solenni, e più grandi di quella del Purgatorio.

 (Il primo successore di San Patrizio)

E il primo priore della suddetta chiesa, che era un uomo molto buono e di buona vita, si fece fare una camera vicino al dormitorio, dove i canonici dormivano, perché era molto vecchio e aveva un solo dente, e non voleva che i giovani lo disprezzassero per la sua veneranda età, né che loro lo infastidissero, perché San Gregorio dice che anche se un vecchio non è malato, è sempre infermo a causa della sua età; eppure alcuni giovani spesso lo visitavano e gli dicevano per divertimento:
- Padre, quanto tempo volete ancora rimanere in questo mondo?
E lui rispondeva:
- Figli miei, se così piacesse a Dio io preferirei lasciare questo mondo piuttosto che restarvi ancora a lungo, poiché qua non ho avuto altro se non dolore e miseria, e nell'altro mondo non troverei altro che gloria.

E quelli che gli domandavano sovente se aveva udito cantar gli angeli nella stanza dove riposava il buon uomo, e quali canzoni erano ed egli rispose come segue: «Che tu sei benedetto e benedetta sia la tua bocca, che non tocca carne delicata.»
Perché il buon uomo non mangiava altro che pane secco, come avviene in quella terra, che è fatto di avena; e di questo pane ne mangiano solo dieci o dodici volte ma non continuamente, né mangiano il pane o bevono il vino, ma vivono solo di carne di manzo e bevono acqua. E li grandi signori bevono latte, come racconterò più avanti dettagliatamente. A questo proposito il buon uomo beveva acqua fredda, e alla fine migrò da questa vita, e andò dal Signore, come sempre aveva desiderato.

Al tempo di San Patrizio, ma anche in seguito, egli aveva messo per iscritto tutto ciò che aveva visto di coloro che erano entrati quel pozzo, ché alcuni vi andarono e non ritornarono indietro; e per questo erano perduti: perché non erano state saldi nella fede.  

(Condizioni di ingresso al Purgatorio)

L’uso è tale che nessuno può entrarvi se non per spurgarsi dei suoi peccati e se non con il permesso del vescovo o dell’arcivescovo. Ed son coloro che risiedono nella diocesi in cui si trova il Purgatorio; e quando qualcuno desidera entrarvi, va da uno di costoro, gli parla e riferisce loro il suo desiderio, prima di tutto essi lo consigliano ad non entravi in nessun modo, e gli riferiscono che molti sono andati e non sono tornati; e se l'uomo non vuole rinunciare ad entrarvi, gli danno le loro lettere e lo mandano dal priore della chiesa; e dopo che il priore ha letto le lettere, ed egli gli ribadisce il suo desiderio, il priore lo esorta a non addentravi e gli consiglia vivamente di desistere e di scegliere qualche altra penitenza, perché molti altri sono entrati e non ne sono mai usciti, e lì sono periti.
Così il priore lo consiglia, e se vede che non lo può dissuadere dal suo proposito, egli lo fa entrare in chiesa e lo fa restar lì per un po’ di tempo in penitenza e a pronunciar orazioni; e dopo un certo periodo si raccoglie tutto il clero di quella terra che possa essere raggruppato o trovato, perché canti una messa di buon mattino nella suddetta chiesa; e l'uomo che desidera entrare nel pozzo riceve il corpo di Nostro Signore Gesù Cristo e dell’acqua santa, come San Patrizio ha stabilito e ordinato. E in seguito il priore lo conduce con tutto il clero alla porta del Purgatorio, con una processione e cantando delle litanie; e poi il priore apre la porta e gli dice dei pericoli che sono nel luogo in cui desidera entrare, e di come gli spiriti maligni usciranno e lo combatteranno, e di come altri prima di lui in una gran numero sono stati perduti; e faccia attenzione a questo e non rinneghi dal suo proposito.
Poi lo benedice con il segno della croce e così tutti quelli che lì vi sono, ed egli si raccomanda perché preghino per lui e si fa il segno della croce, si congeda, ed entra nel pozzo. E il priore chiude la porta e poi ritorna sui suoi passi in processione.
E la mattina dopo tutto il clero ritorna alla porta del pozzo e il priore la dischiude, se l'uomo viene trovato lì, lo conducono in grande processione alla chiesa, e lui rimane lì per tutto il tempo che vuole; e se invece non lo trovano alla stessa ora in cui era entrato il giorno prima, sanno per certo che egli è perso sia nell’anima che nel corpo. E il priore chiude le porte e ritorna indietro.

(Autobiografia)

Dopo la morte di Re Carlo, che era re di Francia, io ero stato per lungo tempo al suo servizio; e poi sono stato al servizio del re Giovanni d'Aragona, del quale io fui primo cavaliere, ed egli era il mio signore naturale; e per lungo tempo sono stato benvoluto da lui tanto quanto un servo può esserlo dal suo signore; ed ero consapevole del fatto che il suddetto Signore mi mostrava grande amore, per ciò lo amavo tanto quanto un servo può amare il suo Signore, in quanto non ci sarebbe stato nulla che non avrei fatto in questo mondo per lui.

E lasciai il suddetto signore con il suo permesso dal regno di Valenza [la València], ed venni al luogo chiamato Millàs, che è un mio possesso nel viscontado di Perellós. E poi ebbe luogo la scomparsa di papa Clemente [l’antipapa Clemente VII (1378-1394)] che era del lignaggio del conte di Guienna [in francese: Guyenne]; e pochi giorni dopo il cardinale de Luna fu eletto Papa dai cardinali e prese il nome di Benedetto XIII.
E siccome in un viaggio mi ritrovai in acque italiane, dove vi ero con tre galee armate, appena a terra, mi accade che ci trovammo al servizio di papa Clemente e del suo collegio; ed ebbi modo di conoscer bene i suoi cardinali, i quali lasciarono l'Italia sulle mie galee e con altri due che erano al servizio del siniscalco della Provenza, il cui nome era Folcant d'Aguolt [o Fouquet d'Agout]. Erano venuti a me nel primo anno dello scisma che durò così a lungo.
E a Roma soggiornava il vescovo di Bari, il papa che si chiamava Urbano [Urbano VI].  
E io avevo ormai conoscevo bene i cardinali, in particolare quelli del cardinale de Luna che era stato nuovamente eletto, e dal predetto Papa Benedetto mi arrivò un messaggio in cui mi ordinava di entrare al suo servizio. Questo ho fatto e lo servii con il permesso del mio suddetto signore il re.

E mentre che ero con il suddetto Papa mi fu riferito della scomparsa del re mio signore [Giovanni I di Aragona, morì il 19 maggio del 1396] e di questa morte, nonostante la volontà di Dio, ero molto triste e addolorato, come qualsiasi servo può esserlo della morte del suo signore; e mi misi nel cuore in quel momento di andare al Purgatorio di San Patrizio per sapere, se era possibile, di trovare il mio signore in purgatorio e le pene che soffriva. Così concepii le cose suddette, a causa di quello che avevo sentito parlare del Purgatorio.


E dopo alcuni giorni di questo mio desiderio, che avevo di andare e entrare nel Purgatorio, per via della confessione, ne ho parlato con il Papa, raccontargli tutta la mia intenzione, il quale mi ha disapprovato con forza e mi spaventò altamente e ammonendomi di non farlo in nessun modo; e al di là di quello che mi disse, mi fece parlare da alcuni cardinali che erano vicino a lui, in particolare due: uno era un blasonato di Tarassona, che era del lignaggio che si chiama Galniello [Fernando Pérez Calvillo (Calviello in Aragonese)]; l'altro cardinale si chiamava Jofré de Santa Elena [Jofré de Boïl, cardinale di Santa Maria in Aquiro].
Ed era presente anche un mio fratello chiamato messer Ponç di Perellós. E il papa mi ammoniva vivamente di non andare, e talmente forte mi tenevano che a malapena potevo fuggire loro.


Partenza da Avignone di Ramon de Perellos

E dopo qualche giorno, potei riparlare con il papa, dicendogli che per nulla al mondo avrei abbandonato questo viaggio; e ottenuta la sua benedizione, partii da lui nel giorno della festa della Madonna nel mese di settembre, nel suddetto anno; e feci il mio cammino per la Francia, fino alla corte del re a Parigi, del quale io fui antico servitore; suo e di suo padre, che si chiamava Carles, il quale mi aveva allevato da un'età molto precoce e allo stesso modo mi aveva fatto suo ciambellano. E dal re di Francia e dai suoi zii fratelli del duca di Berri e della Borgonya [Borgogna], ebbi lettere di raccomandazione per il re d'Inghilterra, che era suo genero, e di altri signori d'Inghilterra; all’inizio del matrimonio, avevano fatto una tregua per 30 anni. [Nel 1396, quando Riccardo II aveva promessa in sposa a Carlo VI sua figlia Isabella di sei d’età]. Partii da Parigi e a tappe giornaliere arrivai a Caluis [Calais], dove mi imbarcai per l'Inghilterra.

(Viaggio in Irlanda)

Il giorno di Ognissanti partii da qui, prendendo la via di Londres [Londra], e passando per Sant Tomàs de Conturberi [San Tommaso di Canterbury]. E a Londra ebbi notizia che il re d'Inghilterra era in un grande parco recintato, come il bosc de Vinçaina [il Bosco de Vincennes], vicino a Parigi, chiamato Got [Woodstock. C e O sono "Got" ossia "Wood"; Riccardo II padre del Principe Nero era nato nel palazzo di Woodstock ed era conosciuto come Eduardo di Woodstock. Il palazzo si trova a 8 miglia da Oxford ed è stato racchiuso in un parco recintato.], vicino Tersom [Oxford] dove c'è una grande Studio Generale [le università], che gli inglesi chiamano Estavafort [Oxenford]; questo parco è molto bello, e lì per il re è molto bello stare, e l’albergare lì è veramente bello con molte abitazioni ed edifici. E a causa delle lettere del re di Francia che portavo, fui molto ben ricevuto e mi fecero molto onore, guidandomi nell’attraversar sicuro tutto il regno, che attraversai senza fermarmi da nessuna parte,  vero è che restai dieci giorni con il re.

Partito dalla corte, e a tappe giornaliere entrai in una regione chiamata Esteper [Chestershire oggi Cheshire], che si trova al confine del Galles, fino alla città di Sixte [Chester], dove trovai una nave per andare in Irlanda, e mi imbarcai, e costeggiando la costa del Galles, arrivai in un posto chiamato Oliet [Holyhead]; e da lì sono partito e attraversai il golfo con un vento sottile, tenendo la via dell'Irlanda. Facemmo una sosta nell'Isola di d'Armant [l’isola di Man] che fu del re di cento cavalieri ai tempi di Re Artù e che oggi è ben popolata e appartiene al re d'Inghilterra; e da qui attraversai ancora con il bel tempo, e arrivai in Irlanda, e in capo di pochi giorni sbarcai alla città [Dublino].

E qui trovai il Conte della Marca [Roger Mortimer, quarto Conte di March, nato nel 1374 e ucciso il 20 luglio 1398 a Kells, luogotenente d'Irlanda dal 1382 al 1398], cugino del re Riccardo d'Inghilterra, che mi ricevete con molta nobiltà grazie alle lettere di raccomandazione del re e della regina d'Inghilterra, al quale riferii della mia intenzione sul viaggio che volevo intraprendere. E il suddetto signore mi sconsigliò vivamente di fare, esponendomi due ragioni sul perché non dovessi intraprendere questo viaggio: una era che avrei dovuto passare attraverso luoghi sconosciuti abitati da gente selvaggia, i quali non avevano regola per cui potersi fidare; L'altra ragione è che l’entrata del purgatorio era molto pericolosa cosa e molti buoni cavalieri si erano lì perduti e non erano tornati; quindi in nessun modo dovrei desiderare di entrarvi né per inganni, né per illusioni.
Per contrastare la mia partenza, il suddetto conte fece quanto in suo potere, e quando vide che ne ero troppo propenso, egli mi donò due dei suoi cavalli e alcuni gioielli, e mi diede due scudieri, uno dei quali si chiamava Joan  Diuri [John of Ivry], che mi ha scortato attraverso la terra che il re Inghilterra tiene in Irlanda, e per tutto il tempo cavalcammo senza risparmio, tanto era pressante il mio dispiacere; e un altro chiamato Joan Talabot [John Talbot] che conosceva la lingua d'Irlanda. Quello era il mio interprete.

E questi due avevano l'ordine di condurmi dall'arcivescovo di Darmant [Armagh]; e così hanno fatto, il quale è la personalità più alta nell'isola degli Irises [degli irlandasi], ed essi lo considerano come il loro papa. Lo abbiamo trovato nella città di Drudan [Drogheda], città che è grande come Puigcerdà o Tarragona. E i suddetti scudieri mi presentarono all'arcivescovo, al quale diedi le lettere del re e della regina d'Inghilterra e del Conte della Marca. E il suddetto arcivescovo mi ha ricevuto molto graziosamente e mi fece grande onore; e quando seppe della mia volontà, egli osteggiò fortemente il mio viaggio e mi consigliò vivamente di non andarvi, dicendo che oltre il pericolo era nell’entrata del Purgatorio, né lui né chiunque altro avrebbero potuto scortarmi attraverso le terre del re Irnel [Ó Néill] o degli altri signori delle terre che avrei dovuto passare prima che io fossi al Purgatorio; se non voleva perdermi per la terra, in nessun modo dovevo provarci.
E poi egli mi mise nella sagrestia della grande chiesa, dove mi consigliò fortemente e mi pregò in alcun modo di entrare nel Purgatorio, dicendomi molto dei pericoli e degli scandali avvenuti alle varie persone all'interno del Purgatorio, che erano perduti; ancor mi disse di tutti i pericoli che potevano scaturirvi in esso, a cui risposi come Dio mi aveva ordinato, e confermato che non dovevo lasciare o abbandonare di fare il mio cammino. E quando egli vide che dal mio proposito non poteva muovermi, mi ha dato tutte le indicazioni che poteva, e donandomi licenza di andare, e mi confessò, e prese nella mano molto segretamente Nostro Signore, e mi disse che nel corso della settimana egli sarebbe stato in una città chiamata Dondela [Dundalk]. E così feci.  

E io subito mi separi da lui, e andai alla suddetta città, e da qui tramite inviato al re Irnel [Ó Néill], che era nella città di Armas [Armagh]. Il quale difatti mi trasmise un salvacondotto e uno dei suoi cavalieri e un messaggero per condurmi fin dove potevano. E il suddetto arcivescovo venne il giorno stabilito e condusse con sé cento uomini d’armi armati a loro modo per accompagnarmi, e mi laschiò un interprete, che era cugino di Joan Talabot [John Talbot]; e con i cento uomini d'arme entrai nella terra dei Irises [in territorio irlandese] dove re Irnel [Ó Néill] signoreggiava. E quando avemmo cavalcato per circa cinque miglia in avanti, i detti uomini a cavallo non osavano andar oltre, perché erano tutti grandi nemici; e rimasero su una collina, e presi congedo da essi e andai avanti.

E dopo che mi ero inoltrato per circa mezza lega, trovai il conestabile del re Irnel [Ó Néill], con cento cavalieri, essi pure armati a loro modo, con i quali parlai. E lasciandolo arrivai al re, il quale mi ha ben accolto, secondo i loro usi, e mi mandò del cibo, vale a dire della carne di manzo, perché non mangiano pane né bevono vino, perché non ne hanno; ma bevono l'acqua e i grandi signori bevono per nobiltà latte, e alcuni il brodo di carne.

Poiché i loro usi e costumi sono molto strani per noi, io racconterò il più brevemente che potrò, qualcosa delle loro condizioni e maniere, di quello che ho visto di loro mentre ero dal re, con il quale al mio ritorno trascorsi la festa di Natale, nonostante che già prima, quando fui con lui, avevo visto abbastanza di loro.

(Costumi degli irlandesi)

È vero che il re lo diviene per successione, e ci sono vari re in quell'isola, che è grande come l'isola d'Inghilterra, ma questo Irnel [Ó Néill] è il più grande re e tutti gli altri vengono dopo il suo lignaggio.
E costui ha ben centoquaranta cavalieri che  montano senza sella, ma con un cuscino e indossano un mantello ridotto, che ogni uomo porta secondo il suo rango; e sono dotati di una cotta di maglia, e hanno delle cinture al petto con delle gorgiere, e caschi ferro rotondi come i mori o i Saraceni; e ci sono i soldati a piedi con spade e coltelli e lance molto lunghe e pericolose, mentre altre lance in vecchio stile sono lunghe due braccia; le spade sono come quelle dei Saraceni, che noi denominiamo genovesi; il pomo e la guardia sono d'altra maniera, quasi come una mano estesa; i coltelli sono lunghi e stretti, come il mignolo e sono molto taglienti.
Questa è la loro maniera di armarsi, e alcuni di essi usano archi, che sono piccoli come metà della dimensione dell'arco inglese, eppure colpiscono duro come quelli inglesi. Essi sono molto arditi ed è da lungo tempo che guerreggiano contro gli inglesi, e il re d'Inghilterra non riesce a venire a capo. Seppi che avevano avuto con loro diverse battaglie. E il loro modo di guerreggiare è simile a quella dei Saraceni, e gridano allo stesso modo. E i grandi signori vanno vestiti con un pastrano senza fodera fino alle ginocchia, tagliata molto bassa alla scollatura come le donne, e portano grandi cappe che vanno fino alla loro vita, il punto è stretto come un dito, e indossano né brache né scarpe ma portano i loro speroni sui talloni nudi.

Il re era in quello stato il giorno di Natale, e tutto il suo clero e cavalieri e vescovi e abati e altri grandi signori. La gente comune andavano come potevano, mal vestiti, ma la maggior parte di loro indossavano un mantello di fregio; mostrando spudoratamente tutte le loro parti intime senza alcuna vergogna, uomini e donne. I poveri andavano nudi, ma tutti indossavano di quei mantelli, bene o male, tra cui le donne. La regina e sua figlia e sua sorella erano vestiti e rilegati in verde ma erano scalzi; le ancelle della regina, che erano ben venti, erano vestite come vi ho già detto sopra, e mostravano le loro parti intime con tanta poca vergogna così come mostravano il loro volto.


Le ancelle della regina irlandese, che erano ben venti, erano vestite come vi ho già detto sopra, e mostravano le loro parti intime con tanta poca vergogna così come mostravano il loro volto.

E attorno al re c'erano circa tremila cavalli, e anche molta povera gente, ai quali vidi che il re faceva grandi elemosine di carne bovina.

E per di più sono dei più belli uomini e le più belle donne che ho abbia mai visto in tutto il mondo. E sembra non hanno mai seminato del grano, né hanno alcun tipo di vino, ma la loro vita è di carne, e i grandi signori bere il latte per la loro nobiltà, e gli altri del brodo di carne, e acqua; ma hanno burro a sufficienza, perché tutto il loro bestiame sono buoi e mucche e cavalli pregiati.

Il giorno di Natale, secondo quanto mi ha detto il mio interprete e alcuni altri che sapevano parlar latino, il re tiene la sua gran corte, la sua tavola era solo una grande quantità di giunchi stesi per terra, e vicino a lui mettono la migliore erba che potevano trovare per pulire la bocca, e portavano il cibo sopra due bastoni, così come si portano secchi d'uva alla vendemmia; si può immaginare come i suoi scudieri erano mal vestiti. Le bestie non mangiavano altro che erba; al posto di avena e di foglie di agrifoglio, che arrostiscono un poco a causa delle spine che vi sono. Ed ora basta per i loro costumi, perché non ne voglio più parlare.

Il re mi aveva accolto bene e mi ha mandato un bue. In tutta la sua corte non c'era né pane da mangiare né vino da bere, ma come un grande presente mi fece mandare due piccole focacce sottile come le “neules” [cialde catalane molto sottili che si mangiano a Natale], che si piegavano come pasta cruda; fatte di avena che sembrava terra, e nere come il carbone, ma davvero ben gustose. E poi il re mi donò un salvacondotto per passare tutto il suo paese e la sua gente, a piedi o a cavallo. E parlò a lungo e forte e con gran diligenza s'informava da me dei re cristiani, in particolare del re di Francia, e di Aragona e Castiglia, e sui loro costumi e maniere di vivere; e secondo quanto mi sembrò delle sue parole, li consideravano i costumi migliori e più perfetti del mondo.

Le loro abitazioni, comunemente, sono per la maggior parte vicino al bestiame; e con il bestiame che fanno le loro abitazioni; e un giorno, come i pascoli sono consumati, traslocano alla maniera degli aurenetes [i beduini] della Barbaria e della terra del sultano; e così fanno spostando le loro città, e vanno via tutti insieme.

 (Arrivo e preparativi)
 
Partii dalla corte di quel re e seguii la mia strada per diversi giorni, ché la strada era lunga, fino a che raggiunsi una delle loro città chiamata de Processió [Ovvero Protecció una traduzione dell’irlandese Tearmann (rifugio, santuario), qui in questo caso è Tearmann Dábheog, oggi Tearmann Mhéig Raith o semplicemente Tearmann.] e la chiamano così perché qui non faranno del male a nessuno; sembra che hanno grande devozione per San Patrizio, ed è bene entrare nel regno; e il re tiene quella città sicura, e i pellegrini che vi si recano sono forzati a lasciar qui i loro animali, perché non potevano attraversare le montagne o le acque né i cavalli né altri animali. Così che,  da qui partendo, sono andato a piedi alla città dove si trova il convento; e in questo priorato è il Purgatorio, e c'è un grande lago profondo [il lago Derg], in cui è la suddetta isola; e l'acqua è buona da bere, e nel lago ci sono diverse altre isole. Le acque sono così tanto grandi per l'isola [d'Irlanda?] che sopra le montagne più alte appena si può attraversare, per le acque che vi sono da qui alla fine [in cui si entra fino al ginocchio], così che si ha gran pena di passare [a piedi], e ancor di più a cavallo.

Partendo da Processió [Tearmann], il signore del luogo [Mág Raith], che è un gran signore, e suo fratello che aveva una grande devozione al mio signore San Patrizio, mi ha aiutato molto a prepararmi, così come a tutti i pellegrini; e volle venire con me, e mi accompagnò fino al monastero, dove venni accolto molto bene. E abbiamo attraversato il lago con una barca ricavata da un unico pezzo di legno, perché non vi era altra barca. Il signore di Processió [Tearmann] e il priore che era lì si imbarcarono in una altra.

Nel momento in cui io fui nel monastero, mi domandarono se volevo entrare nel Purgatorio e ho risposto di sì; e dunque essi mi hanno fortemente sconsigliato che non avrei dovuto in alcun modo entrarci né tentare Dio, dal momento che non c'era solo pericolo per il corpo, ma anche per l'anima, la quale conta ancor di più; narrandomi e mostrandomi i pericoli e la forza di coloro che erano morti lì.
Ma quando hanno visto la mia forza di volontà, mi dissero, e specialmente il priore, che avrei dovuto agire in conformità con i costumi del monastero, così come San Patrizio aveva ordinato e così i predecessori del priore, secondo ciò che è scritto nel capitolo che parla di San Patrizio.
Così feci, in accordo ai loro costumi, come si deve fare, con grande devozione, tutto ciò che fanno quegli uomini che per malattia o altri pericoli sono in attesa della morte. E quando tutto ciò è stato fatto, con la gran processione a cui sono educati mi portarono alla chiesa, e la persona che entra è sempre fortemente consigliato di non entrare; e mi hanno detto di rinunciare ad entrarvi per eliminare i miei peccati, e che mi avrebbero messo a servire religiosamente i fratelli religiosi, piuttosto che mettermi in tale pericolo.

E fate tutte le consuetudini nella chiesa, così come abbiamo già detto San Patrizio aveva ordinato, tutto ciò fatto, con tutto il clero che si trovava in quella contrada, la mattina presto, cantarono una messa di requiem per la persona che entrava. E tutto ciò che dovevano fare, fecero.

E mentre ero in chiesa, ho parlai con un mio nipote, figlio di mia sorella, che era della lignaggio di Centelles, e un dottore [della chiesa], il suo nome era messer Bernat de Centelles; e con due miei figli, dei quali il maggiore aveva nome Lluís e l’altro Ramon; e con la mia compagnia e servi. Con essi si stabilì la questione del loro ritorno, nel caso che Dio avesse già deciso della mia sorte. E donai le mie volontà a messer Bernat de Centelles, mio nipote, che era sacrestano di Maiorca.

E tutto ciò fatto, il priore e i frati e il signore di Processió [Tearmann] mi domandarono, nel caso che morissi, dove ho voluto essere sotterrato; e ho risposto che la terra era il sepolcro dei morti, e che io mi rimettevo ad essi. E in processione mi portarono alla porta del Purgatorio, e lì vi erano quattro cavalieri, di cui due erano i miei figli e gli altri due erano un inglese, di nome Tomàs Agut, e l'altro messer Pere Maça, del regno della Valenza. E appreso  cantarono le litanie e mi donarono l'acqua santa, e il priore ha aperto la porta e mi disse le seguenti parole, in presenza di tutti coloro che erano lì:

 - Vedete ora il posto in cui volete entrare e andare, ma se volete credere a me e al mio consiglio, giratevi indietro, ed emendate in altra maniera la vostra vita in questo mondo, perché molti uomini che qui sono entrati e giammai tornarono, e sono tutti periti sia nel corpo che nell'anima, perché non avevano una ferma credenza in Gesù Cristo, e perciò non poterono soffrire i tormenti che ci sono là. Ma se voi lì volete entrare, vi dirò quello che vi troverete.

E io gli risposi che, con l'aiuto di Dio, sarei entrato lì per purgare i miei peccati; e lui mi disse:

 - Circa il pozzo Non voglio dirvi nulla, perché vedrete e troverete da voi; ma in un altro luogo Dio vi invierà i suoi messaggeri, che vi insegneranno tutto ciò che dovrete fare; e subito dopo se ne andranno e vi lasceranno tutto solo, e così è stato fatto con tutti coloro che sono entrati lì prima di voi.

E poi presi congedo da tutti coloro che erano lì, e li baciai sulla bocca e mi raccomandai a Dio, infine entrai; e ditro di me entrò un cavaliere chiamato messer Guillem, signore di Corsí [William de Courcy], un normanno, che si diceva essere il maggiordomo e sua moglie la cameriera al servizio della regina d'Inghilterra, che è la figlia del re di Francia [La regina Isabella all’epoca era solo una bambina, visto che era nata nel 1389. Essi erano il barone Sir William Courcy e sua moglie Margherita di Kinsale Peinnel. Il primo gennaio del 1397 Riccardo II concesse loro una pensione annua di 100 sterline in considerazione dei buoni servizi a lui e alla sua regina Isabella (vedi Lodge e Archdall 1789, The Peerage dell'Irlanda, Vol. VI p. 148)].
E aveva fatto tutto ciò che si doveva fare per il suddetto accesso, ed era stat , come me, esortato dai suddetti frati; e ci hanno fortemente consigliato di non dirci nulla l’uno all'altro, sulle parole e i pericoli che erano stati detti riguardo ai tormenti attraverso cui erano morti e andati perduti quelli che erano entrati; e ciò mi misero effettivamente dei dubbi nel mio cuore e nel mio intendimento, ma la grande voglia che avevo di sapere in quale stato era il re  mio signore, e aver avuto modo di eliminare i miei peccati, mi fece obliare tutto ciò che dovevo temere; E raccomandandomi alle buone preghiere degli uomini buoni, e mi armato della fede e della convinzione la migliore che io avessi, e facendomi il segno della croce, e raccomandandomi a Dio, io entrai nel purgatorio seguito dal mio compagno. E dietro di noi, il priore serrò la porta e tornò con il suo clero alla chiesa.

 (L'ingresso al Purgatorio)

Quando io fui dentro il pozzo, trovai subito l’inizio, e che di lunghezza non erano più di due canali di Montpeller; e all’inizio il pozzo è un poco storto alla mia sinistra. E quando fui all’inizio, con le mani cercai un buco o qualsiasi cosa dove potessi andare, ma non lo trovai. Verità era che quando mi inoltrai sentii l’inizio del pozzo molto basso, e sembrava come se all’uomo fosse impedito di entrare. E proseguii come meglio potei, e avanzai in quella  posizione più di un ora senza pensar ad altro; è vero che presi a sudare con una gran angoscia in cuore, quasi come se avessi il mal di mare in navigazione.
E alla fine, quasi furente, mi addormentai per la grande angoscia che avevo avuto; e appreso sentii un tuono così forte, come quelli che si sentono al monastero, tanto i canonici che gli altri che erano venuti con me, lo sentirono anch’essi come se fosse stato i tuoni di settembre; e fuori era cielo sereno, tanto che loro lo presero per una cosa meravigliosa.
E in quel momento io scesi di livello in altezza; però, per l’angoscia che avevo avuto quando mi assopii, io mi affaticai un po’, ed anche per il gran tuono che era stato così terribile, che mi aveva quasi assordato.
E in un attimo io piansi, e recitai le parole che il priore mi aveva insegnato, e che sono: «Criste filii Dei vivi, miserere mei peccatori.» E allora vidi il pozzo aperto, per il quale tanto mi addentrai, ma persi il mio compagno, che mai più vidi, ne seppi che ne fosse stato.

E così, tutto solo per quel pozzo andai, che tanto più andavo avanti, tanto più lo trovavo scavato nell’oscurità, tanto che perderti del tutto la chiarezza di tutta la luce. E quanto andai un po’ avanti, entrai in un luogo da cui mi apparve l’inizio, e qui trovai una sala, così come mi aveva detto il priore mi aveva detto; e non v'era altra luce se non come quella che vi è nel mondo tra giorno e notte, e nei giorni d’inverno.
Questa sala non era del tutto chiusa intorno, ma aveva pilastri con archi di volta, come un chiostro di monaci. E quando io camminai su e giù per questa sala, mi riempii di meraviglia della forma e tanto delicata maniera che vedevo di questa sala; e subito dopo entrato e mi sedei. E io fui impressionato della gran bellezza che era in questa sala tanto deliziosa, e così della sua strana forma e maniera, perché, a me sembrava, non avevo mai visto una sala così bella da nessuna parte che avessi mai stato.


In una luce crepuscolare entrai in una sala come un chiostro di monaci e fui impressionato della gran bellezza che era in questa sala tanto deliziosa

E dopo che io restai seduto per un bel pezzo, vennero da me dodici uomini, che sembravano tutti dei religiosi e tutti vestiti in abiti bianchi. E tutti entrarono nella sala, e allora mi salutarono umilmente. Uno di loro mi sembrò essere il più anziano, quasi come un priore, e di tutti fu lui a parlami, e mi confortò calorosamente e mi disse:

 - Benedetto sia Dio, che ha tutte le cose in suo potere, e che ha posto nel tuo cuore dei buoni propositi; e che possa in te migliorare il bene che hai iniziato; e dal momento che sei venuto in questo purgatorio per i tuoi peccati, sappi che ti converrà agire con grande coraggio a questo scopo e, se non lo farai, tu perderei anima e corpo per la tua malvagità.
Perché, non appena saremo usciti da questa sala, essa sarà tutta piena di diavoli, che tutti assieme ti tormenteranno e intimidiranno, e peggio ancora, ti prometteranno di farti tornare indietro sano e salvo e senza pericolo fino alla porta attraverso cui sei entrato, se crederai loro, e così ti assaliranno per ingannarti. E se tu acconsentirai loro, essi grande male ti faranno con tormenti o paure o minacce, che perirai nel corpo e nell'anima. E se crederai fermamente e mettere tutta la tua cura e la fede in Dio, sarai libero da tutti i peccati che hai fatto, e vedrai i tormenti che sono destinati ai peccatori per purgarsi dai loro peccati, e il riposo in cui i giusti riposano e di cui si deliziano.
E guardati bene di aver sempre Dio in mente; e quando i diavoli ti tormentano, invoca sempre il nome del Signore nostro Dio Gesù Cristo, perché tramite quel nome sarai sempre liberato da tutti i tormenti a cui avrai a che fare. E con questo ti raccomando a Dio perché noi non possiamo stare più qui.

E poi ognuno mi diede la sua benedizione e se ne andarono.

Fine prima parte
Se e quando finirò la seconda parte la pubblicherò qui
Marco Pugacioff


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Ramón de Perellós


Ramón de Perellós
Dalla Gran Enciclopèdia Catalana


Diplomatico e scrittore.
Visconte di Roda e di Perellos (1350 circa – dopo il 1419)

   Primo visconte di Perellós e secondo di Roda. Figlio di Francesco de Perellós († 1369) e probabilmente della sua prima moglie Caterina († tra il 1345 e il 1353)[1]. Educato alla corte francese di Carlo V di cui era al servizio suo padre. Enrico de Trastàmara gli fece dono d’Igualada, a cui però rinunciò per ereditare il viscontado di Roda o Rueda nel 1370. Fece parte della lega nobiliare contro i visconti di Cardona e di Castellbò. Fu inviato in Inghilterra per formare un’alleanza con il duca di Lancaster e al ritorno, a Sant Jaume de Galícia, venne fatto prigioniero nel regno di Granada e venne riscattato da Pere III de Catalunya-Aragó nel 1374. Servì come ufficiale a bordo d’una galera del re de Cipro dal 1377 al 1378. Fu maggiordomo, camerlengo e consigliere dell’infante Giovanni [Joan[2]] di Aragona, per cui visitò le località del Voló, Tuïr e Montesquiu nel 1381, e che poi lo inviò alla corte di Avignone in Francia per risolvere i problemi con i duchi di Bar della dote della regina Violante[3] (1365 - Barcellona 1431). Nel 1384 fu nominato governatore e capitano generale del Rossiglione, nomina divenuta a vita nel 1389.


Linguadoca-Rossiglione [languedoc-roussillon]
   Fu signore di Ceret e nel 1387 il re gli concedete giurisdizione per perseguitare i malfattori nelle località di Millars, Sant Marçal, Perellós, e in altre ancora; nel 1390 comprò il castello di Estagell a Bernat de Senesterra e divenne anche uno dei tutori delle cugine Costanza e Elionor de Perellós[4]. Fu in questo stesso anno anche il comandante di tre galere che furono armate per il papa avignonese Benedetto XIII[5], (1329 Illueca, regno d'Aragona - 23 mai 1423 Peníscola, regno di Valenza).


Il paese di Perellos oggi
   Fu Giovanni I d’Aragona a farlo visconte de Perellós nel 1391, con la giurisdizione di Rueda, Perellós e Montner. Nel 1393, a seguito della tutela su Elionor, acquisì il castello de Rodés. Nel 1396 fu inviato in trattative sia presso il conte d’Armanyac e sia presso il re di Francia per cercare di evitare l’invasione della Catalogna.     


Juan I de Aragón, llamado el Cazador o el Amador de toda gentileza
[Giovanni, detto il Cacciatore o anche L'amante della gentilezza]

Il processo della Commissione di Giovanni I e
il Viatge al Purgatori

   Alla morte di Giovanni I, causata da una caduta da cavallo nel bosco di Orriols (Torroella de Montgrí, Gerona) nel 1396 durante una battuta di caccia, nel maggio di quello stesso anno era – come detto – ad Avignone e fu coinvolto nel  processo della Commissione di Giovanni I d’Aragona[6], in cui molti funzionari e cortigiani furono accusati di vari atti che avrebbero causato la morte del monarca avvenuta senza confessione e con la conseguente condanna della sua anima. Per liberarsi di tale accusa, concepì un progetto, ancor tutto medievale, di recarsi nel Purgatorio per cercarvi l’anima di Giovanni I e dimostrare così che era in via di salvezza.


Mappa medievale che indica posizione del purgatorio e l'isola del Brasile
Secondo la tradizione il purgatorio era in Irlanda, nel pozzo di San Patrizio[7] (da non confondersi con l’omonimo pozzo in Italia). Questa curiosa avventura nell’Oltretomba e delle visioni avute, fu poi da lui narrata nel libro Viatgeal Purgatori, – che scrisse basandosi sul Tractatus de Purgatorio Sancti Patricii[8] scritto all’incirca verso il 1189 dal monaco circestense Henricus Saltereiensis Enrico de Saltrey – e servì per far conoscere gli usi e i costumi del tempo del popolo irlandese.
Gli ultimi anni
   Assolto dalle accuse nel processo sopramenzionato, Ramon de Perellós andò in Sicilia con l'esercito di re Martino. Quando tra il 1398 e il 1401, Benedetto XIII si trovò in difficoltà ad Avignone, come suo luogotenente, si recò a Parigi e ottenne per il Papa la protezione delle truppe del duca d'Orleans (1398-1401). Passò alcuni anni al servizio pontificio. Secondo Pierre Ponsach[9], il 15 novembre del 1408 a Perpignan, all’apertura del concile de La Real portava il baldacchino su cui era Benedetto XIII, il «papa Luna» caro ai cuori rossignanesi.


Frontispizio, inciso su legno, del libro di Jaume II d'Urgel, el Dissortat [lo Sfortunato], secondo una allegoria moderna di Antoni Ollé i Pinell. Dalla Enciclopedia Catalana:
   Al ritorno in patria nel 1410, fu uno dei rappresentanti del parlamento catalano di Aragona e fu uno degli avvocati del Conte di Urgell, prima alla corte di Barcellona e in seguito a Lleida, dove nel 1412 giurò fedeltà al conte Ferran I. Lo stesso conte lo inviò alla guida delle compagnie guasconi che dovevano soccorrere il governatore di Valencia, però arrivarono tardi per partecipare alla battaglia di Morvedre, anche se a Castelló poté disperdere le truppe castigliane. Nel 1413 intervenne in favore del conte alla corte di Tortosa. Fu signore di Algerri, località che il conte gli aveva venduto. Tra il 1416 e il 1419 fu membro del governo della Catalogna, e morì poco tempo dopo. Perduta la moglie Sibilla, si risposò con Yolanda de Luna, che gli sopravisse.
   Suo figlio primogenito Ramon, suo successore alla viscontea di Roda e di Perellos fu, nel 1421, governatore a vita della contea del Rossiglione e di Cerdagna e, dieci anni più tardi, capitano-generale dei mari e maresciallo di Aragona e di Sicilia. Della Sicilia arrivò anche ad essere viceré dal 1441 al 1442.
 ωωω
La biblioteca alchemica di Ramon de Perellos
Sunto di un articolo di Pierre Ponsich

   Il documento inedito che è l’oggetto di  questo scritto, proviene da due fogli di carta molto scorticati, strappati con altri due da un registro del notaio perpignanese Guillem Bernard, dell’anno 1382, e scivolati in un registro dello stesso notaio dell’anno 1385, custoditi all’Archivio del Dipartimento dei Pyrénées Orientalis.
   È un atto con il quale Nicholau Gil, un canonico di Elne, riconosce di aver ricevuto dal «nobile signore Ramon de Perellos, per grazia di Dio, visconte di Roda» la somma di  «ventisei fiorini d’oro aragonesi, valenti quattordici lire e sei soli barcellonesi di Terno» a lui dati dal «frate Guillem Sedasser, dell’ordine di Santa Maria di Monte Carmelo» che in garanzia gli aveva dato una serie di libri di cui dà i titoli. Mediante la somma menzionata, il canonico Nicholau Gil consegna al visconte questo lotto di manoscritti e una lettera del frate Sedasser in cui, lui e il visconte, si dichiarano debitamente soddisfatti.
   La lista di queste opere comprende trentasei titoli di cui:
Cucina (1 titolo)
Diritto canonico (1 titolo)
Grammatica ( 1 titolo)
Geografia (1 titolo)
Scienze fisiche e naturali (titoli)
Filosofia (1 titolo)
Logica (2 titoli)
Teologia ( 2 titoli)
Altre opere religiose (2 titoli)
Medicina (6 titoli)
Astronomia e Astrologia (5 titoli)
Materie non identificate (3 titoli)
Alchimia  (ben 10 titoli dati da numerosi trattati)

   Al diritto cannonico appartiene «un libro scritto su pergamena, chiamato Casus super decreto». Per Ponsich si tratta senza dubbio di un lavoro di giurisprudenza, realizzato sulla base del Decretum del camaldolese Graziano di Chiusi (1080-1150), prima raccolta metodica dei decretali dei papi, in seguito oggetto di un opera importante di Gui de Terrena, priore dei Grandi Carmelitani di Perpignam e che morì vescovo di questa città dal 1333° al 1342.
   Passiamo avanti. «un libro scritto su pergamena chiamato Summa magisteri Raymundi de Penafforti». Si tratta di un opera – somma di casi di coscienza – del catalano Ramon de Penyfort, nato nel 1175, domenicano al convento di Barcellona nel 1222 e Generale del suo ordine nel 1238. Fu il compilatore dei Decretali di Gregorio IX e morì nel 1275.


Immagine di Raimondo di Peñafort in una pala d'altare gotica.
   Di seguito  «un libro scritto su pergamena, contenente questioni teologiche, che inizia con Ordo est in caritate» e «un libro scritto su pergamena intitolato Compedium Theologie che inizia con Veritate theologice»
    Su filosofia e letteratura, Ponsich raggruppa «dei fascicoli antichi, di filosofia, scritti su carta», «un libro scritto su carta, intitolato Questiones logicales, del frate Antonius Andree», e ancora «un libro scritto su carta, contenente le Synonimos Abreviatos, di Simon Januensis», e «un libro scritto su pergamena, intitolato Logice veteris». Il soggetto di questo ultimo libro si avvicina alla Logica nova, composta a Genova nel maggio del 1303 da Ramon Lull[10].


Statua di Lullo, nella chiesa di San Michele a Palma di Maiorca.
   Alla geografia appartiene «un mappamondo, dipinto su pergamena» e Ponsich si domanda se non sia quello posseduto dai giudei di Maiorca Abraham e Jafudà Cresques[11], composto nel 1375.


Frammento dell'Atlante Catalano realizzato dalla bottega dei Cresques
   Le scienze naturali chiamato Evax[12], che inizia così «In nomine domini». Si tratta dell’opera dell’omonimo naturalista latino, intitolato De nomibus et virtutions lapidum qui in artem medicinae recipiuntur, e ancora «un libro chiamato De proprietatibus, scritto su pergamena che inizia al XXXVIII foglio: Unus diei terminum
   Sulla cucina «un libro scritto su carta, nel quale vi sono numerosi trattati, di cui il primo è: De preparazione victualicum, con coperture in legno». Ponsich presume che questi trattati siano scritti in uno spirito che oggi diremo “dietetico”.


   La medicina è rappresentata da cinque opere: «un libro scritto su carta, chiamato Avicenam, che inizia così: «Creator ominium rerum» senza dubbio il famoso Canone dell’omonimo autore[13] che il catalano Arnau de Villanova (Arnaldo da Villanova 1240 - 1313) – Maestro dell’università di Montpellier (†1313) – aveva tradotto dall’arabo.


Ancora «un libro scritto su pergamena, chiamato Dioscorides» probabilmente sulla materia medica del famoso medico greco, più volte tradotto dal greco all’arabo e dall’arabo in latino, prima di essere stampato per la prima volta da Alde Manuce nel 1499. Di seguito «un libro di medicina scritto su pergamena, del Maestro Petrus Yspanus, con le questiones magistri Petry Juliani». E poi «un libro scritto su carta, chiamato (De) medicina sive comento» e «un libro di medicina scritto su pergamena, ove sono diversi trattati, e il primo inizia con le parole: Capite cute».
    Si notano poi cinque opere d’astronomia-astrologia: «un libro scritto su carta, chiamato De stellis fixis», che parrebbe essere il calendario astrale di Tolomeo, intitolato «apparizione degli astri fissi». Ancora «un libro scritto su carta, chiamato Electiones Astrologiae che inizia con Prosecutus tribus partibus», poi un «libro scritto su carta, intitolato Liber Althategni, che inizia con: Inter universa» secondo Ponsich dovuto evidentemente ad Albategnus (Al-Battânî) celebre astronomo arabo del IX – X secolo, considerato da Lalande un grande classico dell’astronomia. Di seguito «un libro scritto su pergamena chiamato Johannes de Sancto Paulo, alias de Sancto Boscho» altrimenti detto Jean de Holywood, monaco inglese (1190 – 1250), allievo di Oxford e contemporaneo di Rogen Bacon. Il trattato di Holywood De sphera, che fu una delle cause della morte sul rogo a Firenze di Cecco d’Ascoli (†1327), restò classico per tutto il periodo medievale e costituisce una sintesi delle conoscenze astronomiche arabe, ispirate da Al-Fargânî e da Al-Battânî.


Di seguito «un libro scritto su pergamena chiamato Quadripartitum Tholomei; con altri trattati» ovvero la versione latina del trattato di astrologia Tetrabiblon di Ptolémée. Per Ponsich probabilmente è la versione realizzata dall’italiano Platóne Tiburtino di Tivoli, che viveva in Spagna nel XII secolo, l’Opus Quadripartitum.
   Ed infine ecco l’alchimia, Ars magna che è riportata con un minimo di nove o dieci volumi, di cui gli ultimi quattro è scritto contenere ciascuno «numerosi trattati».
   Nota Ponsich che solo il primo sembra – di tutto il lotto – esser scritto in catalano: è un «un libro di arte alchemica, scritto su carta, il quale inizia con En nom de Dieu». Ed inizia così (In nomine Domini Amen) anche un trattato di alchimia, intitolato Potestas Divitiarum attribuito a Ramon Lull (Raimondo Lulli) e presume che sia la stessa versione (ormai perduta) dell’opera in catalano.
   Poi «un libro scritto su carta, dell’arte dell’alchimia, chiamato Rogerius Bacho, che inizia con Recipe Pondus». È un opera del famoso francescano inglese Roger Bacon (Ruggero Bacone 1214 - 1294), o lo Speculum alchimie oppure l’Opus majus, oppure tutte e due, senza contare – sottolinea Ponsich – che nessuno sa se esista un Opus minus e una Opus Tertius.


   Ancora un altro “libro” è descritto come «un libro su carta, della medesima scienza che inizia con Trinia» seguono di nuovo «un libro scritto su carta, della medesima scienza» e «un libro chiamato Geber» il quale contiene evidentemente dei trattati del più celebre degli alchimisti arabi, Abu Djafar al-Sufi, oppure Gabir Ben Hayyân, detto Geber, che Avicenna (Ibn-Sina) e Roger Bacon consideravano loro maestro e che quest’ultimo chiamava «il Maestro dei Maestri» e che, i cui discepoli all’apice del decimo secolo, diffusero la voce di un avvenuta reincarnazione in un’altra persona ma dal nome simile: Gerberto, il papa dell’anno Mille Silvestro II[14]. A Geber è attribuito l’aforisma In Sole et Sale naturæ sunt omnia.


Ritratto di Geber del XV secolo, Codici Ashburnhamiani 1166, Bibliothèque Laurentienne.
    Di seguito «un libro chiamato Magister Jacobus d[ella medesima scienza] con molti trattati», ed «un libro di medio formato, scritto su pergamena, della medesima scienza, nel quale è il Liber arcelli, con numerosi altri trattati», ancora «un libro scritto su pergamena della medesima scienza, nel quale è il libro chiamato Rosarius (o sono contenuti) degli altri trattati e che inizia con Desiderabile desiderium». Ponsich suppone che non si tratti d’altro che del celebre Rosarius Philosophorum di Arnau de Villanova, in cui questo maestro propugna la realtà dell’alchimia.
   Quando all’ultimo esposto di questi scritti alchemici è «un libro scritto su pergamena, con delle copertine di vitello peloso, dove sono diversi trattati, tanto d’alchimia che di altre scienze e che inizia con In nomine sanctæ et individuæ Trinitatis» il che suggerì a Ponsach che poteva essere il Liber juratus, composto dal filosofo Honorius e che inserito in un oscuro processo di maleficio del 1347 e di cui, forse, parlerò in un altro articolo. Ponsach nota che il libro suddetto inizia proprio con «per un invocazione alla santa Trinità».
    Ponsach non poté comunque identificare altre opere, come il «libro chiamato Sacramentale de Guillem de monte Leudemo, scritto su pergamena, contenente tre fascicoli, senza copertina», neppure «un libro scritto su carta, con delle copertine di colore verde che inizia al folio 63 con la parola Inutilis»
   Quanto ad un altro  «libro su pergamena, chiamato Lucidarius, che inizia con volumus frates», il titolo, come del resto l’incipit permette – dice Ponsach – di dire che non si tratta dell’Elucidarium (o Elucidarius), manuale di teologia di Honorius d’Autun. Dopo delle verifiche Ponsach desume che non sia altro che di uno dei tre trattati (di alchimia) così intitolati e attribuiti a Ramon Lull.
    L’autore conclude che detta biblioteca si segnala per la predominanza dei trattati scientifici e – se anche la prova non è proprio che la si tocchi – alle scienze occulte, o comunque tendente alle scienze ermetiche, in particolare l’alchimia.
  

Fonti :
- Ponsich, La bibliothèque de Ramon de Perellós, vicomte de Roda et de Perellós  (v. 1350- apr. 1408), auteur du "Viatge al Purgatori" (1398), a "106e Congrés National des societés savantes", Perpinyà, 1981. Philologie et Histoire, pp. 213-223, i Catalunya Romànica, vol. XIV. Rosselló, Barcelona, 1993, pp. 270-271.




[6] Processo aperto il 2 giugno 1396 dalla regina Maria I di Sicilia [Maria Lopes de Luna] (1363 - 1401), moglie di Martino I di Aragona detto el Humano [l’Umano] (Gerona, 1356 – Barcellona, 1410) nipote di Giovanni I, su iniziativa delle città reali, in particolare Barcellona, con i principali dirigenti e funzionari della corte del re Giovanni morto poco prima. I ben trentotto imputati, tra i quali vi erano amministratori, avvocati e altri alti funzionari della corte, furono accusati di aver formato una lega per governare secondo la loro convenienza, d’aver malconsigliato il re, di aver chiamato truppe di invasione straniere, di corruzione, di arricchimento a spese del patrimonio reale, e di immoralità nella loro vita privata. La maggior parte degli imputati furono assolti da re Martino tra il 1397 e il 1398. Gli altri accusati dovettero accettare una riduzione del loro servizio di cortigiani.
[7] il cosiddetto pozzo di san Patrizio era una caverna molto profonda che si trovava su un isolotto del Lough Derg, dove San Patrizio si ritirava in preghiera. Come narra anche Ramon de Perellos nella sua opera, Cristo aveva indicato al santo la caverna per vincere l’incredulità degli Irlandesi poco convinti sulle sofferenze nell’aldilà: chi fosse riuscito a raggiungerne il fondo, superando una serie infinita di prove, avrebbe ottenuto la remissione dei peccati.
La grotta fu chiusa nel 1457 per ordine di Papa Alessandro VI.


[8] Ecco la trama dell’opera di Enrico de Saltrey, che narra della visita al Purgatorio che «fece il cavaliere Owain, come egli entrasse, dopo riti preliminari e penitenze, nella caverna, come fosse stato avvisato da uomini vestiti di bianco circa i tormenti che avrebbe incontrato, quali pene egli avrebbe sofferto prima di giungere al Paradiso terrestre dal quale sarebbe rimasto fuori.» secondo uno scritto del Liceo Mascheroni di Bergamo. Vedi: http://www.enciclopedia.cat/EC-GEC-0053405.xml


Il cavaliere Owen (a sinistra) ascolta gli elenchi dei tormenti del purgatorio dal priore (al centro). Da Le voyage du puys sainct Patrix auquel lieu on voit les peines de Purgatoire et aussi les joyes de Paradis by Claude Noury, Lyon 1506.
[9] Studioso e ricercatore del Rossiglione (Perpignano 14 Febbraio 1912 - 23 dicembre 1999). Vedi:  http://www.mediterranees.net/biographies/ponsich.html


Statua di Jafudà Cresques, Il 2 di settembre del 2007, in coincidenza della VIII Giornata Europea della Cultura Giudea, si ebbe l’inaugurazione della statua in ricordo del cartografo Jafudà Cresques, opera della scultrice Maria Isabel Ballester, ubicata nella piazza del Tempio, molto vicino del Tempio e della Sapienza, dove era  la casa della famiglia Cresques.
[12] Evax è il nome di un medico arabo del tempo di Nerone, secondo Coste, di un medico naturalista contemporaneo di Tiberio secondo Fournier… Un particolare genere di piante porta il suo nome. vedi :
Su di lui è stato scritto un libro da Pazzini, Adalberto intitolata Evax, re degli Arabi e naturalista e la sua opera De virtutibus gemmarum.
[14] Vedi: Carlo Rendina, Papè Satàn, pag. 7, Rendina Editori, Roma 1999.

Marco Pugacioff


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