Vidocq
(1967)
François
Vidocq portò la scienza dell’evasione a livelli tali,
Dalla narrazione dello stesso Neveux, tutto inizia in un ascensore. Uno di quei
ascensori che ti trasportano verso gli uffici dei potenti del mondo (parole
dello sceneggiatore), situato al settimo piano di rue Cognacq-Jay. Neveux
doveva trovare, e in fretta, un soggetto da adattare a una serie di telefilm.
Senza troppo arrovellassi il cervello, cercò chi potesse venirgli in aiuto tra
i personaggi della letteratura.
Al quinto piano, pensò a Dumas, al sesto a Eugène Sue, ma all’ultimo ebbe la
sua risposta scritta in lettere luminose sulla porta dell’ascensore: Vidocq!
La propose subito nell’ufficio del direttore con voce decisa, e dopo un breve
attimo di silenzio – Vidocq, allora non era così popolare come dopo il suo
sceneggiato televisivo realizzato proprio da Neveux[2]
– la proposta fu accolta e Georges Neveux se ne andò con già in tasca la
promessa di un contratto.
Ora vi era da trovare il testo. Neveux passò molte giornate alla biblioteca
nazionale, ma le sue Memorie offrivano un affresco fin troppo vivace dei
bassifondi di Parigi di quello che, fino a pochi anni fa, era il secolo scorso
cioè l’800. Tanto che lo sceneggiatore stava per rinunciare al suo progetto,
quando apprese che queste Memorie non erano di Vidocq, infatti il primo editore
le aveva fatte scrivere da altra persona che il celebre avventuroso[3].
Vidocq infuriato tentò di cessarne le pubblicazioni in un grande processo, ma poi
da quel simpatico “fanfarone” che era, finalmente autorizzò la pubblicazione.
Con il cuore più leggero, Neveux si mise al lavoro su quello che ormai era
divenuto un vecchio amico, riproducendo in ventisei appassionanti episodi
divisi in due serie, ben vent’anni di storia francese, dalla fine della
Rivoluzione alla Restaurazione; se avesse creduto nella metempsicosi avrebbe
giurato di camminare al fianco di Vidocq, tra i bellimbusti senza quattrini
della Courtille[4]
e i ladri del “Pou volant”, una delle quattro piazze del vecchio Tempio[5].
Per una esatta descrizione storica lo sceneggiatore si fece aiutare da Marcel
Bluwal.
Neveux termina la sua introduzione da vero narratore: mentre lui e Bluwal
discutevano tra loro, sorse d’improvviso una figura di fronte ad essi, come un
fantasma. Era Vidocq e il celebre avventuroso disse loro queste parole
-
Vi credete molto furbi, voi due. Ma tutte le avventure che mi attribuite, io le
ho vissute. E ben altre ancora, che nessuno conoscerà mai!
la figura
di Vidocq ha ispirato anche racconti illustrati e numerosi fumetti
Il
vero Vidocq narrato da Carlo Lucarelli
Lo
sceneggiato del 1967
Vidocq è una delle più prestigiose serie della televisione francese, l’Office
de radiodiffusion-télévision française (ORTF). Qui il forzato – poliziotto,
viene trasformato dell’immaginazione di Neveux in un Scaramouche, un po’ amorale, buffonesco, astuto, irriverente. In una
parola, un comico.
Del personaggio storico rimaneva la potenza, l’esuberanza della sua natura, una
certa generosità di comportamento e una grande fantasia. Come anche il suo buon
umore, la sua malizia che tradusse così bene sul piccolo schermo lo
straordinario Bernard Noël.
Attore teatrale, cinematografico e televisivo, Noël nasce a Saint Dizier il 05
ottobre 1924. Si laurea al conservatoire d'art dramatique
di Parigi nel 1949.
Noël
insieme a Caroline Cellier (Bianca) in La Mégère apprivoisée
(ispirato a La bisbetica domata di Shakespeare) del 1964, in cui
interpreta Petruccio.
Uscito dal conservatorio, di bell’aspetto e pieno di talento, lo si fa subito
recitare nella parte del giovane innamorato perché adatto a quel ruolo. Poi un
giorno del ‘62, mentre recitava in Victor ou les Enfants au pouvoir di Roger Vitrac con
la regia di Jean Anouilh (in cui recitava insieme a Alain Mottet, futuro
Flambart) esplode letteralmente in una parte sia comica che tragica insieme. Si
capisce così che è adatto per recitare i grandi personaggi barocchi come
Capitan Fracassa, che sono potenti, comici e penosi tutti in una
volta.
Noël accetta subito di interpretare Vidocq in un feuilleton di così ampio
respiro, e che sarà uno dei suoi migliori ruoli televisivi insieme a Gaspard des
Montagnes di Jean-Pierre Decourt del 1965. Accanto a lui
Marcel Bluwal
gli affianca Geneviève Fontanel nella parte di Annette ovvero della signora
Vidocq, il pelato Jacques Seiler (visto di frequente insieme a Louis De Funes)
in quella di Henri Desfossés, e Alain Mottet in quella del tenace
ispettore Flambart, il quale aveva già lavorato insieme alla Fontanel ne Les Indes Noires,
tratto da Verne e realizzato da Bluwal nel ‘64.
Per
la regia c’era di tempo una settimana per filmare un episodio di 26 minuti.
Il successo che ne derivò lasciò di stucco lo stesso Marcel Bluwal[7].
Addirittura nei grandi magazzini si arrivò a vendere gli abiti di Vidocq.
Gli
episodi
Qui ne s'est
jamais laissé enchainer/Ne saura jamais c'qu'est la liberté
Moi oui, je le sais/Je suis un évadé
Moi oui, je le sais/Je suis un évadé
Chi non si è mai lasciato incatenare/non saprai mai
cos'è la libertà
io sì, io lo so/io sono un evaso
da La chanson du forçat
cantata e scritta da Serge Gainsbourg
cantata e scritta da Serge Gainsbourg
L'Éternel
Évadé (o Le Mort Vivant)
Una “catena volante”, un gruppo di forzati incatenati tra di loro, è in
viaggio da Parigi a Tolone.
La
catena viene raggiunta con il suo calessino dall’ispettore Flambard, che aveva
catturato François Vidocq, l’éterno evaso. Della catena doveva far parte anche
lo stesso Vidocq, ma per qualche difficoltà amministrativa dell’ultima ora,
lui, l’acrobata Fil-de-Fer, e il pelato assalitore di carrozze Louis Desfosses,
sono ormai in procinto di raggiungere gli altri compagni di sventura. I tre, al
comando di Vidocq riescono a sfuggire alle due guardie e ha togliersi le catene
che li legano tra di loro, in una forgia di campagna. Vestiti con abiti nuovi
si separano e si danno alla fuga. Vidocq si rifugia da una giovane e graziosa
vedova chiamata Lisette, ma questa lo vende ai gendarmi e l’eterno evaso si
ritrova in una cella con una amara sorpresa: il giovane acrobata Fil-de-Fer è
stato catturato, e – con una palla al ventre – è ormai in fin di vita. Mentre
Fil-de-Fer sta per morire chiede all’eterno evaso di approfittare delle sue
spoglie per cercare di fuggire.
Poi
mentre s’indebolisce, l’acrobata inizia a delirare dolcemente e Vidocq gli dice
che il Paradiso rassomiglia a un circo, facendolo spirare con un sorriso sulle
labbra.
Naturalmente per cattiveria le guardie gli fanno passare la notte con il
compagno morto e allora Vidocq mette in atto il suo nuovo piano di fuga! Inizia
a scavare una buca sotto al letto dove riposa Fil-de-Fer, con la ciotola di
metallo destinata alla sgobba della prigione. Vi sotterra pietosamente
l’acrobata e poi si nasconde sotto il lenzuolo che era stato steso su
Fil-de-Fer.
Alla mattina aprendo la cella, si scopre l’evasione di Vidocq e mentre le
guardie vanno di qua e di là, il presunto corpo dell’acrobata viene messo in un
povero feretro e portato in chiesa. Da lì, il morto vivente risorge dalla bara
e Vidocq si dà di nuovo alla macchia, raggiungendo ancora Lisette. La ragazza è
felice di rivedere l’evaso, infatti Vidocq non ha nessun rancore contro di lei.
Ma l’ispettore Flambart è sulle sue tracce, e arriva da Lisette per
interrogarla. E qui avviene il colpo di scena finale che è rimasto intatto
nella mia mente fin da quand’ero ragazzino: Vidocq scivola dietro le spalle di
Flambart e sale – come farà altre volte in seguito – sul suo calessino e
salutando beffardamente il suo avversario, si allontana correndo verso Parigi.
È nato un nuovo eroe, come Robin Hood e Arsenio Lupin!
La
Bijouterie Jacquelin (ou L'Éternel Évadé)
Vidocq raggiunge direttamente Parigi. A quest’epoca, la capitale francese, era
in un certo senso, la pentola del diavolo e ancora non si guariva da quella
febbre che l’aveva attaccata nel 1789. Nonostante Napoleone aspirava alla rispettabilità, fuggitivi di tutti i tipi e disertori
dell’esercito si annidavano nella città come topi in un gigantesco formaggio.
Qua, Vidocq poteva tenere la polizia in scacco[8]. Ma la caccia forsennata di Flambart si accanisce su di lui e
l’episodio parte proprio mentre l’eterno evaso è stretto d’assedio in un
quartiere parigino. Dalla strada passa ai tetti, dai tetti passa alla strada,
ma vi sono sbirri da tutte le parti e Vidocq si rifugia in una bigiotteria che,
sorpresa!
È di Jacquelin, un suo
vecchio camerata dell’esercito. Nonostante Vidocq sia ricercato, il buon
vecchio amico lo aiuta e, a dispetto della malavoglia dell’eterno evaso, lo fa
passare per suo commesso. Messo alle strette Vidocq accetta, ed è la sua
fortuna, perché qui conosce una ragazza, Annette. Una fanciulla che dapprima
per lui non è nulla, ma poi come confessa a Jacquelin, «Quel nulla è già
tutto!».
Ma due ladri della pègre, la malavita di Parigi, hanno preso di
mira la bigiotteria e Vidocq, che conosce i mille trucchi dei ladri, li
disperde uno dopo l’altro. Costoro, Coco Lafleur (il fiore) e Requin (lo
squalo) vogliono vendicarsi e si rivolgono a Le dictionnaire (il Dizionario),
un delinquente che conosce a menadito tutti i ladri della città e oltre, che
sovente spiffera anche con la polizia. E una sera in cui Vidocq porta fuori
Annette, si vede chiedere l’elemosina in una via poco frequentata. Ambedue si
riconoscono, visto che l’eterno evaso aveva conosciuto il Dizionario tre anni
prima a Bicêtre. Sa che ha i giorni contati e mentre Vidocq confessa ad Annette
chi sia in realtà, la polizia si ripresenta e invade la strada. Bisogna giocare
d’astuzia e i tre inscenano una commedia.
Gli sbirri, guidati da Flambart, invadono il negozio e trovano Jacquelin legato
e Annette svenuta. Ma dalla porta di un ripostiglio viene un gran bussare, due
uomini la aprono ed ecco sbucare un Vidocq trasformato con una gran barba e
spacciandosi nientemeno che per il prefetto di polizia! Ancora una volta Vidocq
gabba Flambart e gli chiede addirittura in prestito il suo calessino per
raggiungere la Prefettura. Ma prima di uscire, tira fuori un biglietto che
asserisce aver trovato nel ripostiglio. Vi sono dei versi mediocri che dovranno
essere inseriti nel dossier “Vidocq”, ed lui stesso che li legge guardando
negli occhi Annette… «Per provarvi il mio amore/ritornerò fra quattro giorni».
Vidocq
et les faux témoins
Vidocq aveva promesso ad Annette che entro quattro giorni sarebbe tornato e
alla sera del quarto giorno torna da lei al nuovo domicilio che la fanciulla
aveva saggiamente trovato. Adesso sono Monsieur e Madame Gobert. Annette è la
donna come desidera il cuore di Vidocq e come la sua situazione richiede. Ma se
voleva portarla all’altare, doveva ripulire la sua fedina penale. Perciò si
mette alla ricerca dei testimoni che l’avevano fatto sbattere in galera.
E l’episodio inizia con i coniugi Gobert che cercano l’antiquario Grouard in
una borgata parigina. Non rispondendo nessuno, Vidocq sfonda un vetro della
porta ed entra dentro la bottega con Annette e poi gli racconta come finì
forzato.
Quando era soldato nel 14° ussari, si era innamorato di una donna di nome
Francine che – nonostante le giurasse eterna fedeltà – in realtà lo tradiva.
Venne allora condannato a tre mesi di carcere per aver picchiato uno dei suoi
amanti, una pena non pesante ma due ex sergenti maggiori, Grouard e Herbaux gli
chiesero in prestito la sua cella per redigere alcuni documenti. Documenti che
permisero a un certo Boitel di evadere dal carcere[9].
Herbaux e Grouard accusano Vidocq di essere loro complice e lui venne
condannato. Grouard, nascosto in una stanza vicina sente tutto e si riempie di
paura e attraverso un ragazzino che gioca per strada chiama i gendarmi.
Vidocq, avvertito da un rumore, scopre Grouard e lo costringe a redigere una
confessione che lo possa scagionare ma in quel momento arrivano gli sbirri e
giocando sul filo del rasoio, lui e Annette lo fanno arrestare facendolo
passare per… Vidocq.
Flambard, però vuole mettere le mani sul forzato e costringe Grouard a
riferirgli dove poter trovare Herbaux – attraverso lui potrà acchiappare Vidocq
– ovvero alla taverna Caveau des Pieds Humides, la cantinetta dei piedi
bagnati. È una trappola e Flambart cade nelle mani di Le Surin, un assassino
dal coltello facile che colpisce senza riflettere.
L’ispettore viene catturato da Le Surin e due suoi complici ma proprio in quel
brutto momento arriva il suo fedele avversario, Vidocq. La sua comparsa mette
le ali ai piedi dei complici di Le Surin, che si ritrova solo di fronte al
forzato, re della Savate[10].
Flambart è salvo e Vidocq gli chiede di poter vedere Herbaux che è rinchiuso a
Bicêtre, condannato a morte. Ed è proprio lì che lo sfortunato Vidocq vede per
l’ultima volta Herbaux sulla carretta, mentre esce dal carcere diretto al
patibolo. François si sente chiamare alle spalle. È Flambart che lo arresta, ma
Vidocq lo avverte…
-
Al vostro posto non mi rallegrerei troppo. Vi darò ancora molto lavoro da fare,
ispettore…
Vidocq
à Bicêtre
A Bicêtre, dove Vidocq era stato imprigionato, si sta formando una nuova
“catena” per il bagno di Tolone. Dalla mattina era in atto la “ferratura” dei
condannati nel gran cortile della prigione. I forzati sono spinti dalle guardie
ad avvicinarsi al fabbro, due a due, avendo cura che siano – più o meno – della
stessa altezza. Una catena di sei piedi (poco meno di due metri) di lunghezza
viene fissata alla caviglia sinistra di ciascun uomo e la detta catena è legata
ad un “cordone” di ferro che riunisse ben ventisei condannati. In più ogni
forzato è tenuto a questo “cordone” dalla “cravatta”, una specie di triangolo
di ferro che si apre ad un lato, da un perno a cerniera[11]. Il fissaggio di
questa “cravatta” è la parte più pericolosa dell’operazione, ma comunque
passare sotto i ferri del fabbro è sempre pericoloso, poi la folla dei detenuti
smette di mormorare e inizia a salutare Vidocq.
Vidocq esce dall’infermeria appoggiato al suo amico Desfosses, ritrovato a Bicêtre
(era stato catturato dopo un tentativo di furto a una bottega) e divenuto suo
compagno di cella, dietro esborso di un po’ di luigi a qualche sbirro. L’eterno
forzato saluta e scherza con tutti, perfino con gli sbirri, ma stringendo
sovente di dolore i denti, infatti il martello del fabbro si era abbattuto
invece che sulla catena, sul suo piede. Incidente concordato con il maligno
fabbro che però invece di colpire il polpaccio aveva colpito la tibia
rischiando di spezzargli la gamba.
Non visto, Vidocq, mormora all’orecchio di uno dei suoi compagni di sventura…
-
Questa sera alle otto, conto su di te.
Riportati in cella, e calato il buio, i due amici, spostano uno dei letti,
sotto al cui pavimento vi è un buco che porta ad una galleria che si apre sul
cortile del vicino manicomio. Alle otto inizia il concerto dei forzati che
permette a Vidocq e Desfosses di sbucare sulla strada.
Ma
dal manicomio, i folli li hanno visti, li catturano e improvvisano un processo
ai due presunti demoni sbucati dagli inferi. Vidocq ingaggiando un disperato
dialogo con il folle che si crede Robespierre, li convince che non possono
essere dei diavoli sbucati dall’inferno, infatti non hanno i vestiti bruciati
dalle fiamme dell’Averno.
I folli
di Bicêtre. Il primo a sinistra è Serge Gainsbourg
Salvatasi per il rotto della cuffia, i due amici, vestiti uno da abate e
l’altro da monaco raggiungono il fiacre dove Annette (che si era fatta
assumere, nei giorni scorsi come sarta dall’architetto delle prigioni) li
attende in una via tranquilla di fianco la prigione. Ma il conducente vuole
altro denaro oltre a quello già datogli da Annette e Vidocq rischia ancora. Si
presenta al capo guardiano notturno spacciandosi per… suo fratello abate e si
fa ridare i soldi depositati al suo incarceramento. Tutto questo mentre arriva
il suo miglior nemico – come diceva Totò di Fernandel nel film La legge è legge
– Flambart, il quale scoperto l’inganno ha appena il tempo di vederlo fuggire a
bordo del fiacre.
Le Crime de la Mule Noire
Il fiacre, passata la barrière d’Italie[12],
vola sulla via di Fontanablù [Fontainebleau], e i tre amici sono
particolarmente euforici. Annette, dopo aver pianto d’angoscia, ora piange dal
ridere. Ma dietro di loro, d’improvviso, si profila il veloce calessino
di Flambart, il quale infuriato, si era messo all’inseguimento senza altri
uomini.
Vidocq, non ha altra scelta, saluta veloce la sua fidanzata e si
butta nella boscaglia. Flambart, non crede ai suoi occhi, ora potrà catturare
ancora una volta il suo avversario e si mette all’inseguimento nella boscaglia…
per ritrovarsi poi prigioniero dell’eterno evaso!
François lega l’ispettore ad un albero, gli prende i documenti e il calessino e
si avvia, come convenuto con Annette e Desfosses, verso Parigi. Ma dopo un
quarto d’ora di corsa si ritrova in un paesino, rallenta, e di fronte
all’albergo de La Mule noire viene fermato dallo sputafuoco di una
guardia campestre. Fornendo i documenti di Flambart viene, con sua enorme
sorpresa, portato al cospetto di un crimine avvenuto all’interno dell’albergo.
Justine, una povera servetta le cui belle forme spuntano dalla sua camicia di
notte è accusata di aver pugnalato il suo amante, il barone di Flocheron, da
due miserabili individui: Charvaux, vecchio banchiere e Barboux, un notaio.
Vidocq fa
il lavoro di Flambard…
Mentre Vidocq cerca di risolvere il caso per salvare la povera Justine, il
terreno gli brucia sotto i piedi, perché Flambart potrebbe sempre arrivare… e
infatti se lo vede piombare nel cortile dell’albergo e lo fa rinchiudere nella
stalla, facendolo passare per un povero folle.
… che
finisce in stalla.
Infine
dimostra che Justine è innocente e i colpevoli sono il notaio e il banchiere
che avevano ucciso il gentiluomo perché costui aveva scoperto che lo avevano
truffato. Tutto questo proprio mentre il vero ispettore, fuggito dalla stalla,
si presenta nella camera del delitto. Vidocq già salito sulla finestra lo
saluta con un sorriso e dicendogli…
-
Non infuriatevi, mio caro Flambart, ho già fatto io il vostro lavoro, ecco i
due colpevoli. Non vi resta che arrestarli!
L'Armée
roulante
Splendida
foto di scena
La
piccola diligenza correva veloce verso l’est. Al suo interno Desfosseux è
letteralmente spaperato su un cuscino, mentre Annette e François nell’angolo
opposto tubano tra di loro. I documenti falsi procurati alla cantinetta dei
piedi bagnati li avrebbero potuti far arrivare all’estero. Ma passando in
un villaggio in zona di guerra, la diligenza viene fermata da delle guardie
della gendarmeria e i documenti controllati: Duval e Chaumont, ovvero Vidoc e
Desfosseux sono invitati senza tante cerimonie a scendere. Annette resta sola
con le istruzioni ricevute lì per lì da François. Poi la sorpresa, sono stati
fermati come disertori della 4° compagnia d’artiglieria! Un’astuzia di
Flambart, il quale coi sui contatti nella pègre, aveva saputo i loro
nomi falsi.
Vidocq e Desfosseux rivestiti con abiti militari e a piedi, con un capitano e
un aiutante di campo a cavallo, lasciano il villaggio e condotti a nord nella
campagna. Dopo tre ore di viaggio arrivano a una fattoria isolata in mezzo al
bosco e lasciati a dei componenti del 4° compagnia d’artiglieria, ma a Vidocq
ci vuol poco per smascherarli. Questi militari, infatti, non sono altro che
farabutti dell’«armée roulante», che in italiano è chiamata coll’altrettanto
nome sinistro di Legione Germanica. Un centinaio di individui muniti di
falsi brevetti d’ufficiali e di false tabelle di marcia che vivevano in mezzo
all’esercito vero e alle sue dipendenze. Nella confusione di varie campagne
successive e della amministrazione militare negligente, costoro vivevano nelle
retrovie, derubando impunemente i civili con falsi ordini di requisizione.
La situazione sembra tornata a favore dei due evasi, ma proprio in quel momento
ecco comparire Flambart, che bruciando le tappe è arrivato da Parigi per
catturarli. E invece viene catturato lui e se non fosse per Vidocq, il capo dei
malfattori lo farebbe fuori.
I
componenti dell’«armée roulante» sono ora sotto il tiro delle armi di Vidocq e
Desfosseux, ma dall’esterno arriva un nuovo pericolo! Gli avvoltoi austriaci
stanno attaccando la fattoria, scatenando un fuggi-fuggi generale che viene
interrotto da Vidocq. In lui risorge il colonnello napoleonico e costringe
tutti a prendere le armi per lottare contro il nemico. Perfino Flambart, su
richiesta dello stesso Vidocq, si mette al suo fianco; su una collina vicina le
rovine di una vecchia torre di guardia sono occupate dai nemici. Vidocq e
Flambart, riescono a snidarli e ha metterli in fuga con delle granate, ma
Vidocq è stato ferito da una “pallottola perduta” entrata – guarda caso – da
dietro e viene curato da Flambart, poi con un pugno tramortisce il capo
dell’«armée roulante» che aveva tentato di ucciderlo.
Infine arrivano i Francesi e tutti se la danno a gambe levate, ma Vidocq viene
fermato da una catena al suo polso dal suo caro nemico. Lui e Desfosseux sono
di nuovo prigionieri di Flambart.
La Baraque aux 36 étoiles
La cella dove sono rinchiusi Vidocq e Desfosseux, nell’infermeria della
prigione di Mézières, è un vero paradiso. Certo, enormi sbarre ostruiscono
l’unica, alta e stretta finestra che rischiara il piccolo locale e le catene
impediscono grossi movimenti… però rispetto agli altri carceri è tutta un’altra
musica. Un regime di favore dovuto a Flambart, che non poteva dimenticare di
aver avuto salva la vita per due volte da Vidocq. L’ispettore è molto inquieto,
ormai conosce bene Vidocq e a ben ragione. Invece il guardiano capo Flornichon
è troppo ottimista. Ma Vidocq aspetta. Aspetta la sua compagna, Annette, la
quale installata a Mézières, si presentava come una giovane vedova di un
ufficiale ucciso nell’ultima campagna. Annette, viene a sapere così le esatte
condizioni del fidanzato e del suo compagno di sventure, rinchiusi in
infermeria ed in attesa di partire per Parigi. Finché arriva nel villaggio
Christian, un amico girovago – sul modello di Mangiafoco di Pinocchio – di
Vidocq che conduce la sua baracca a quattro ruote per tutta la Francia. Il
baraccone a trentasei stelle [La Baraque aux 36 étoiles] si installa
all’ombra dei platani della piazza del mercato prospiciente la prigione,
proprio a un passo dalla porta di pietra dell’infermeria.
Ora, c’è il problema delle catene. Serve una lima anche piccola. E Annette usa
il suo cervello fino per vedere François. Spacciandosi adesso per una artista,
Annette convince il povero imbecille di Flornichon che a Parigi, un mese prima
era stata derubata da un malfattore e l’ignobile individuo poteva essere
Vidocq. L’ispettore Flambart è l’unico, oltre il guardiano capo e a Suor
Opportune, a poter vedere l’eterno evaso. Ma volendo fare il cascamorto,
Flornichon, porta François dalla sua Annette, la quale cerca in tutti i modi,
mentre fa finta di osservalo, di fornirgli una piccola lima. Alla fine Vidocq
gli fa capire di farla scivolare nelle tasche del guardiano capo. La sera
stessa François ha nelle sue mani la lima! E mentre il baraccone inizia lo
spettacolo, i due amici iniziano a limare le catene e due ore dopo sono liberi.
A piedi nudi per non farsi sentire avanzano verso il corridoio dove è la corda
della campana dell’allarme, e facendo in modo di non far sbattere il batacchio
si tirano su fino al tetto. Da lì, arrivano alla stanza dove russa sonoramente
la monaca. Vestito come una suora Vidocq scende alla scuderia, attacca
l’asinello al calessino della religiosa, facendovi scivolare dietro Desfosseux.
Poi si fa aprire dal portiere della prigione i cancelli.
Flambart, appena scoperta la fuga si infuria con Flornichon, il quale gli
riferisce della visita di una giovane artista a Vidocq. L’ispettore vuole vedere
a tutti i costi questa ragazza e si dirige al baraccone dove si dà spettacolo.
Quando
vede un falso orso ballare sul palcoscenico è convinto che al di sotto della
maschera vi sia il più caro nemico ed invece vi è Annette, e Vidocq che si era
truccato da domatore è già in viaggio con Desfosseux sul calessino di Flambart.
Les Olympiens
Una settimana più tardi, gli evasi arrivano a Boulogne-sur-mer. Qui trovano
all’ancora nel porto, la corvetta Batavia del capitano Paulet, una
conoscenza di Vidocq, che fa la guerra di corsa contro gli inglesi e i due
evasi si imbarcano, mentre Annette ritorna a Parigi, con un po’ d’angoscia nel
cuore pensando al suo fidanzato che è esposto alle tempeste e agli spari degli
Inglesi.
Sei mesi dopo, la Batavia incrocia un brick da guerra inglese e dà
battaglia. Nella stiva si trovano prigionieri dei militari francesi, imbarcati
due mesi prima a Haiti. Tra questi sventurati vi è un certo Lebel, brigadiere
della 24° di artiglieria, che spira tra le braccia di Vidocq, prima di rivedere
il suo paese natale. Lebel – orfano e senza nessuno – in un ultimo momento di
lucidità, gli affida tutto il suo magro avere e i suoi documenti e l’indomani
viene immerso nelle fredde acque del mare.
Ma ancora una volta un morto torna in vita. È Vidocq che, con la sua nuova
identità, saluta desfosseux e si presenta allo stato maggiore di Boulogne. Il
brigadiere Lebel viene dunque incorporato al forte de l’Eure.
Ma
una sera in cui ha smontato dal servizio, bussano alla sua porta e trova per
terra un biglietto. Lebel faceva parte della setta degli olimpionici, una setta
realista che congiura contro Napoleone. Gli olimpionici era una società segreta
nata alcuni anni prima nella Marina e poi passata anche all’esercito e si mormorava
che bastava essere contro l’Impero per esserne ammessi[13].
Vidocq va all’appuntamento in un sotterraneo di un cadente palazzo e si trova
davanti a un gruppo di personaggi incappucciati e nerovestiti che gli danno un
compito: eliminare il sergente Vandermot che si è rifiutato di far esplodere
una bomba nella caserma.
L’attore Claude
Joseph è il sergente Vandermot. Eccellente doppiatore francese,
è lui a
aver dato la voce in Francia a Gian Maria Volonté su “Per un pugno di dollari”.
Ma Vidocq non è certo un assassino e salva il
sergente, anche se questo lo fa mettere sotto mira del capitano Fossard, un
vecchio “compagno di sventura” di Vidocq, il quale lo fa sbattere in cella per
quattro giorni, così che potrà ucciderlo. Però, ecco intervenire Flambart che ferma il capitano. L’ispettore è
arrivato a Boulogne, dopo aver intercettato una lettera di François alla sua
fidanzata, lettera appositamente scritta per far venire Flambart, a cui
l’eterno evaso chiede aiuto per sgominare i nemici di Napoleone.
Ventiquattr’ore di tempo e il suo elogio nel rapporto di Flambart, ecco chiede
in cambio.
La sera dopo gli olimpionici si
riuniscono nel sotterraneo del palazzo in disuso, per consegnare una bomba
esplosiva a un giovane che deve far saltare la caserma, ma Vidocq e Flambart
piombano loro addosso con parecchi poliziotti. Infine Vidocq agitando la bomba,
ora nelle sue mani, riesce a fuggire e ritornato in strada, si allontana in
cerca di Annette – manco a dirlo – con il calessino del suo più caro
nemico.
L'auberge
de la Mère Tranquille
Il calessino fila nella campagna, mentre i due fidanzati tubano tra di loro
mentre percorrono strade secondarie. Poi Vidocq si sbarazza della bomba in un
fossato. Annette vuole sbarazzarsi anche della divisa da ufficiale di François,
tuttavia Vidocq la recupera subito, ma quando sta per rimontare sul calessino,
da lontano gli giunge l’eco di un canto che lo lascia di ghiaccio.
Nos
habits sont écarlates
Nous portons au lieu de chapeaux
Des Bonnets et pas de cravates
C’est pour ça qu’on est si beaux.
I
nostri abiti sono scarlatti
Portiamo
al posto dei cappelli
Dei
berretti e niente cravatte
È
per questo che siamo così belli.
È
il canto dei forzati! Una “catena” è in viaggio per il bagno penale. Vidocq
gira il calessino e cerca di allontanarsi finché, un’ora dopo, si trovano
davanti all’albergo della madre silenziosa. Questa “madre silenziosa” [Mère
Tranquille] è una quarantenne che, appena vede due persone così ben
vestite, li ospita nella sua camera migliore.
Purtroppo
per i due fidanzati, la catena staziona proprio al di fuori di quell’albergo e
chi la guida è il capitano Thiery, l’elegante Thiery. Sudando freddo, Vidocq
osserva i suoi ex “compagni di sventura”, ma qualcuno di loro crede di
riconoscerlo alla finestra e i forzati iniziano ad urlare il suo nome.
Annette e
la locandiera
Non c’è altro da fare che salvare Annette che deve partire in diligenza per
Lilla [Lille] e da là arrivare a Parigi. Vidocq intanto con la sua
divisa da ufficiale e con dei vistosi baffi che truccano la sua faccia, tenta
di superare il blocco dei forzati, ma qualcosa lo tradisce e i suoi ex compagni
di catena urlano ancora il suo nome. Intanto, mentre Annette si allontana
all’inglese passando in mezzo alle dame dei dintorni venute per ammirare i
forzati, viene osservata dall’uomo dell’albergatrice. Questo intuisce che la
camera di sopra è occupata da Vidocq e ordina a Berta [Berthe], di
correre a Boulogne ad avvertire Flambart, mentre lui avrebbe tenuto d’occhio
l’eterno evaso.
François
lo riconosce subito mentre entra nella sua stanza. Questo è Matifou, detto il
Marchese, che Vidocq aveva conosciuto a Tolone. È lì perché acquista dai
forzati l’oro o i gioielli che i galeotti riescono a nascondere nei vestiti. In
pratica uno sciacallo che si arricchisse spogliando dei miserabili. Vidocq
riesce a tramortirlo e a legarlo strettamente sul letto. Frugando le sue tasche
trova un sacchetto di diamanti, provenienti da un furto. François è contento; saranno
per il Marchese il biglietto d’andata per il bagno.
Uscito dalla camera, François elude con gran sangue freddo Thiery che crede di
riconoscerlo per un habitué – come lui – delle sale da gioco, scende al
pianterreno e si infila in un’anticamera deserta. Lì, senza volerlo, Vidocq
ascolta il dialogo di due individui che fanno parte degli olimpici e viene a
sapere l’indirizzo del loro rifugio a Parigi.
Intanto Berta è tornata indietro con Flambart e il suo aiutante Bornichon, nel
loro calesse che porta un gran baule pieno dei documenti degli Olimpici.
Flambart arresta Matifou per furto di diamanti e se ne ritorna a Parigi senza
aver scovato Vidocq. Si fa portare il baule a casa sua e dopo essersi tolto i
vestiti si vede dietro di sé spuntare il suo caro nemico Vidocq, il quale era
uscito dal baule, dove era entrato togliendo un bel po’ di documenti
sistemandoli nella paglia dell’albergo. Informa l’ispettore del rifugio
parigino degli Olimpici, gli chiede ancora di menzionare il suo aiuto contro i settari
realisti al prefetto di polizia e dopodiché, salutando, l’eterno evaso esce
dalla porta.
Le Mariage de Vidocq
L’episodio che ritengo il più simpatico della serie, inizia con un vistoso
avviso nella bacheca degli annunci del municipio, in cui si informa la
popolazione che la taglia su Vidocq è aumentata da 200 a ben 1000 franchi.
Annette osserva il foglio e l’impulso di strapparlo viene fermato dalla voce di
vecchio mendicante, che non è altro che il suo fidanzato.
Vidocq ha deciso di donare una fedina al dito sinistro della sua fidanzata e si
ritrovano così dall’amico Jacquelin nella sua bigiotteria, ma nella strada
risuona il fischio dei poliziotti che chiedono i documenti a chi passa. Vidocq
non può che fuggire per trovarsi di fronte a Flambart. Non restano che i tetti,
sul copertura di quella che sembra una chiesa, con un panorama che svetta fino
a Nostra Dama [Notre Dame], François si fuma un sigaro aspettando la
fine della caccia.
Quattro giorni dopo, Annette riceve la visita di una ragazza bella ma altezzosa
che gli porta notizie di François, il quale alloggia da questa sconosciuta che
si proclama essere la signora Louise Vidocq! Sospettando che possa essere
un’inviata della polizia Annette chiede le prove di ciò che afferma e Louise
gli fa leggere un biglietto di François in cui è scritto “Mi è impossibile
venire. Louise ti spiegherà.
François”.
In pratica – secondo Louise – voleva dire “non aspettarmi mai più”! Annette
furiosa la caccia via.
In realtà Vidocq aveva divorziato dalla sua precedente moglie – la rivoluzione
aveva istituito il divorzio – dopo averla colta in delitto d’adulterio, ma la
malignità di questa donna aveva fatto il danno. Nonostante la corsa, l’eterno
evaso trova l’appartamento di Annette vuoto. Allora piomba da padre Schomolz,
che lo aveva nascosto nei giorni addietro, e gli fa sguinzagliare tutta la Pègre
di Parigi sulle tracce della fidanzata ma senza risultato. Finché da Albert
Jacquelin viene a sapere che da Annette ha ricevuto un pacchettino con
all’interno la sua fedina.
Vidocq –
in mezzo ai forzati - con grande sangue freddo attende il ritorno di Annette
Allora Vidocq nella sua follia concepisce un pazzo, straordinario piano, farsi
arrestare per potersi sposare con Annette come Monsieur et Madame Vidocq. Si
autodenuncia alla prefettura di polizia nell’ufficio delle denuncie [bureau
des dénonciations] presentandosi come Jacques Blondel, commerciante e viene
poi arrestato da Flambart, nella bigiotteria di Jacquelin.
La nuova catena deve partire per Tolone fra quattro giorni, ma Vidocq si fa
riceve dal direttore della prigione e chiede – secondo regolamento – di potersi
sposare appena arrivata la fidanzata. E, miracolo! Annette si presenta al
mattino del terzo giorno e il nuovo matrimonio è in vista. Flambart è agitato
ma gli consegna le fedi che François aveva ordinato a Jacquelin. Il caro
ispettore (tutto sommato, in cuor suo, contento di questo lieto evento) non
immagina di certo, che nascosto in una fede vi è un sottile filo d’acciaio con
cui Vidocq inizia a tagliare le catene. Annette in abito da sposa è veramente
bella e al di fuori dell’ufficio del direttore gli altri forzati cantano
festosi disturbando l’impiegato del comune che sta celebrando il matrimonio.
Poi
Vidocq approfittando della scarsa vista dell’impiegato del comune e che
Flambart e il direttore parlottano tra di loro, si libera delle catene e
raggiunge col abito da sposo Annette e tutte e due filano via, manco a dirlo…
con il calessino di Flambart. Ma i soldi per il viaggio di nozze? E che
problema c’è? Monsieur Blondel si presenta all’ufficio delle denunzie e ritira
la taglia di 1000 franchi sulla testa di Vidocq e così i due sposini partono
per la luna di miele. Come ho scritto uno degli episodi più simpatici della
serie.
Le Système du docteur Terrier
Il viaggio di nozze ha luogo a le Havre. Qui Annette ha un padrino, che è tutto
ciò che gli resta della sua famiglia, Monsieur Morin. E Annette presenta al padrino,
suo marito come François Grouchard, come prudenza richiede, presentandolo
inoltre come un – pensate un po’ – cospiratore contro l’Impero. Morin è un
vecchietto di sessantasette anni, fervente realista e vive agiatamente con la
rendita che gli versa l’Impero francese dopo avergli confiscato i suoi
capitali.
Il padrino di Annette vive con una governante in una casa confortevole situata
in una via tranquilla di Havre, vicino al porto e proprio ai moli Vidocq vede
una nave, che seppur mascherata, riconosce per il Batavia. Allora François
manda a casa sua moglie e va nelle taverne in cerca del suo amico Desfosseux –
a cui vuole bene come a un fratello – e che trova in compagnia di una ragazza.
Ma al ritorno a casa trova sua moglie preoccupata. Due individui che si sono
presentati come suoi vecchi compagni del “collegio” di Tolone vogliono
parlargli. Sono Bouhin e Terrier[14],
malviventi legalmente liberi – Terriere esclama addirittura “il mio passaporto
è bianco come la neve” – che vogliono la complicità di Vidocq. Costoro hanno
impiantato una stampa di banconote false inglesi, abbastanza ben fatte; questo
perché il codice penale punisce i fabbricatori di biglietti di banca francesi,
ma non di quelli stranieri. In Gran Bretagna ci sono altri loro “colleghi” che
fanno lo stesso con i biglietti francesi che vengono poi scambiati, con agenti
sempre diversi, proprio a le Havre. Appunto il sistema del dottor Terrier. Ma
ora Terrier vuole la morte del complice inglese e Vidocq dovrà essere
l’esecutore di questo delitto.
Noi sappiamo bene che Vidocq, anche se fuorilegge ed evaso, non è delinquente,
perciò fa finta di assecondarli. Avverte la moglie di aspettarlo, chiede a
Morin di dar ospitalità per una notte ai due delinquenti dicendo lui che sono
agenti realisti e poi esce di casa.
Due ore più tardi, si presenta un uomo, con barba, occhiali, grossa valigia e
accento inglese ai due delinquenti, dicendo loro che monsieur Grohuchard lo ha
inviato a casa sua. Questo presunto inglese di nome Walzmeyer non è altro che
Vidocq, il quale una volta chiuso nella camera degli ospiti entra nella camera
che occupa con Annette. Gli chiede di fabbricare un manichino e poi esce dalla
finestra e rientra dalla porta presentandosi a Bouhin e Terrier ed infine entra
nella camera degli ospiti per “far fuori” Walzmeyer, cosa che fa con dei gran
rumori. Infine ritorna al piano di sotto con il manichino in spalla e informa i
due banditi che la valigia è nella camera di sopra. I due salgano le scale
mentre Vidocq scende in cantina e si cambia di vestito.
Bouhin e Terrier cercano di aprire la valigia e ci riescono solo dopo molti
tentativi, usando un coltello. Con loro amara sorpresa vi scoprono solo dei
mattoni avvolti in vecchi panni e impauriti fuggono alle scale, passando
davanti a uno stupito Morin, e buttandosi sulla porta ma una barriera umana li
ferma. Sono Vidocq – con una vistosa benda sull’occhio destro – e Desfosseux
che con altri marinai della Batavia, fanno la parte di poliziotti, spaventando
anche monsieur Morin. Ma Vidocq lo tranquillizza subito presentandosi come
l’ispettore Pasdeloup, un amico di Grouchard ed avverte immediatamente Annette
che devono filare alla svelta. Dopo che i due furfanti vengono imbarcati sulla
Batavia per una bella crociera con i corsari, Vidocq si avvia all’albergo del
Delfino Bianco [l’auberge du Dauphin Blanc] dove lo attende
Flambart e a cui consegna i biglietti di banca francesi e lo stesso Walzmeyer.
Solo che Flambart, a un certo punto, sente dalla strada il passo del suo
cavallo Bayard, si sporge e vede Vidocq ormai smascherato dai suoi panni
dell’ispettore Pasdeloup che si allontana con il suo calessino.
À vous de jouer, Monsieur
Vidocq !
I coniugi Vidocq arrivano da le Havre a Parigi, di prima mattina. La vita che
l’evaso eterno conduceva a le Havre, non era per niente spiacevole, ma ora
voleva riprendere i contatti con il signor prefetto, perciò arriva con Annette
a casa dell’amico Gibassier che aveva conosciuto al bagno di Tolone. Ma, appena
arrivati, un urlo terrificante esce dal domicilio di Gibassier. Vidocq fa
allontanare la moglie e poi entra in casa ma solo per trovare il suo amico
morto. Subito compare l’ispettore Moucharel, che lo accusa dell’assassinio del
suo amico. Una vera e propria trappola, visto che Moucharel ha intercettato la
lettera che François aveva scritto a Gibassier, informandolo del suo arrivo.
Ma
Vidocq fugge ai due gendarmi e va al 114 di rue du Temple, dove dimora M.lle
Rose Lumière e dove Monsieur Henry – il direttore della polizia – è a pranzo.
In
loro compagnia vi sono anche due giovani (e graziose) commedianti, Yvette, una
civetta [coquette] e Agnès, un’ingenua [ingénue]. L’arrivo di
Vidocq procura un po’ di emozioni ma un veloce mazzolino di fiori (quello che
Vidocq ha potuto procurarsi in così poco tempo) donato a Rose, fa nascere una
cordiale atmosfera. L’eterno forzato chiede a M. Henry di affidargli
l’inchiesta per scoprire il vero colpevole e il direttore accetta. Sa che
Vidocq non è un delinquente perciò, con Flambart, che è venuto in rue du Temple
per informarlo delle novità, arrivano a casa di Gibassier.
Qui vi trovano Vidocq che già sta facendo il suo lavoro. M. Henry calma
Flambart che vuole arrestarlo e poi deve fare lo stesso con Moucharel, il quale
dovrà sorvegliare l’eterno evaso per le prossime ore. Ancora una volta Vidocq
dimostra il suo trasformismo e, ancora una volta, un morto torna in vita. Se
Gibassier è ancora in vita si potrà trovare il suo assassino, ecco il piano di
François… La sera stessa si presenta al falso Gibassier uno strano individuo
che vuol vendere delle lettere compromettenti. Vidocq lo paga con dei gioielli
scovati in un nascondiglio e lo congeda. Subito si presenta Moucharel, ma
l’eterno evaso congeda anche lui, si dirige in cucina e prova ciò che resta di
un caffè bevuto da Gibassier, ma lo butta subito via nel lavandino.
È ormai notte, mentre un ombra con un coltello in mano, si avvicina al divano
dove Vidocq dorme di schiena. Ma qualcuno lo ferma, è il nuovo poliziotto, ex –
forzato che arresta nientemeno che Moucharel! Il povero corpo di Gibassier è
servito da contro trappola contro il disonesto ispettore, infatti le lettere
riguardavano proprio la prova della complicità dell’ispettore con Gibassier, a
cui comunicava i nomi dei sospettati e costui li faceva fuggire dietro esborso
di denaro che i due dividevano. Moucharel però, era anche peggio; era un
assassino che uccideva chi non poteva difendersi, infatti aveva drogato il
caffè per cercare di far fuori Vidocq.
Alla prefettura M. Henry, conduce il prefetto nell’ex ufficio di Moucharel,
dove Vidocq leggeva i vari dossier. E subito l’eterno evaso dimostra al
prefetto come molti casi si possono risolvere in poco tempo. Il prefetto
capitola. Ora Vidocq fa parte della polizia e una stretta di mano con M. Henry
fa sentire distintamente a François, cadere le sue catene dalle mani. Di
un’ultima cosa ora ha bisogno l’ex forzato… ma naturalmente di un calessino e
Flambart vede Vidocq allontanarsi con il suo Bayard.
Le Chapeau de l'empereur
Vidocq è a colloquio con M. Henry. Il suo lavoro è eccezionale ma la gelosia
arma i suoi “colleghi” che fanno girare brutte voci su di lui, fino ad arrivare
ad accusarlo di far compiere dei furti per poi poterne arrestare comodamente i
ladri. Insomma non basta il ritornello “Prima faceva il ladro e poi la spia /
Adesso è delegato di polizia” che gira per Parigi[15].
Gli si impone l’unica soluzione: espatriare! E M. Henry gli parla quasi come ad
un amico, ma Vidocq – anche pensando ad Annette – non ci vuol sentire da quest’orecchio.
D’improvviso Flambart si presenta nell’ufficio del Direttore della polizia,
portando una brutta notizia: dal museo della polizia è stato rubato il cappello
dell’Imperatore.
Il museo della polizia è di fondazione recente ed è stato installato al decimo
piano della prefettura, inoltre è la prova della benevole attenzione con la
quale Napoleone segue i lavori di un servizio che ammirava tra tutti. Qui i
visitatori potevano ammirare delle tavole dove erano illustrate gli exploit
delle forze incaricate di mantenere l’ordine attraverso i secoli. Si poteva
vedere degli oggetti interessanti come il pugnale di Ravaillac[16]
o il cappello che portava il Primo Console, futuro Imperatore durante
l’attentato detto de la machine infernale[17].
Bè, questo illustre copricapo è scomparso e Napoleone deve inaugurare il museo
la settima prossima. E non solo, ma Vidocq, dopo aver seguito Flambart e M.
Henry al decimo piano vede che anche il diamante nero [Diamant Noir] è
scomparso; il diamante è il regalo che la Prefettura di polizia vuole fare
all’Imperatrice al momento dell’inaugurazione. Al che, M. Henry si infuria e fa
sloggiare prima Vidocq, promettendogli un bel viaggio a Tolone, e poi Flambart,
dicendogli senza perifrasi, che lui – seppur ispettore – gli avrebbe fatto
compagnia.
Ma Vidocq ha già capito a che ora è avvenuto il furto e a quell’ora vi era
stata una visita al piano sotto al museo. La visita era stata fatta da
Talardon, un vecchio sergente della campagna d’Italia e Flambart lo convoca per
interrogarlo. Vidocq sente tutto l’interrogatorio e capisce come l’ex sergente
a qualcosa da nascondere… alla sua caviglia sinistra vi è rimasta l’impronta
della palla dei galeotti, perciò lo segue e alla Cantinetta dei Piedi umidi,
Vidocq lo vede non dare il bonjour a un certo Chourasse. E il giorno
dopo questo Chourasse passa al confessionale, ovvero l’ufficio di
Flambart. Nel suo portafoglio ha una ingente somma di denaro, in cui Vidocq
trova una piuma di piccione. Flambart non capisce e François gli spiega che i
piccioni viaggiatori servono per esportare merce rubata all’estero, in Belgio.
La traccia porta a un negozio di volatili del Ponte Nuovo [Pont-Neuf] di
un certo Monsieur Jonas.
Vidocq, facendosi passare per un ladro inseguito dalla polizia entra nelle
simpatie di Jonas e scopre che in Belgio, ad Boerken, Anversa, arrivano i
piccioni con la merce rubata, ma quello che tiene la piccionaia, Boerken, lo
cattura e lo rinchiude in una torre dove dimorano i piccioni, in attesa di
farlo fuori buttandolo a mare.
Ancora una volta Vidocq dimostra il suo acume. Prende un piccione destinato a
Jonas e gli fa portare un biglietto. Jonas, si presenta così in prefettura col
biglietto in cui è scritto:
-
Sono
nelle mani del vostro complice, ma la polizia parigina vi conosce già come
ricettatore; domani sarete complice di un omicidio. Se volete scampare alla
ghigliottina, avvertite l’ispettore Flambart. Egli ne terrà conto. Vidocq.
Flambart non può ufficialmente passare la frontiera, ma Annette, presente
nell’ufficio, gli fa cambiare idea e l’ispettore arriva appena in tempo per
salvare la vita di Vidocq e tornando a Parigi, in mezzo la refurtiva, trovano
il diamante nero.
Rimane da scovare l’illustre cappello e Vidocq ha capito che è finito nelle
mani di Bébert, il figliolo – di circa sette anni – del cerbero (nomignolo del
portiere) che l’aveva preso per giocarci. Ma l’Imperatore sta arrivando e già
sale le scale. Vidocq – che non puo passare per tutti i soldati schierati sulle
scale – deve lanciare il cappello a Flambart, il quale lo lancia ad Annette.
Quando Napoleone arriva al decimo piano il cappello è al suo posto. Monsieur
Henry gli presenta Flambart e l’Imperatore ritiene che l’ispettore debba
divenire ispettore capo e poi gli presenta Vidocq.
Napoleone (William Sabatier a sinistra), Flambart,
M. Henrì (Louis Arbessier) e Vidocq
Napoleone, un po’ seccato, lo apostrofa come
l’eterno evaso, ma poi continua dicendo che ora il celebre Vidocq vorrebbe
difendere l’onesta gente. M. Henry interviene e ricorda all’Imperatore che è
lui che ha sventato il complotta realista degli Olimpici. Napoleone
incassa e con tono più gentile ammette che in fondo gli deve la vita; a questo
punto monsieur Henry chiede all’Imperatore dei francesi (i cui antenati sembra
venissero da Ascoli Piceno[18])
di creare una brigata di sicurezza [Brigade de Sûreté] con a capo
Monsieur Vidocq.
Napoleone accetta e Vidocq sarà d’ora in poi un poliziotto d’élite.
§§§
Dopo il grande successo della prima serie fu
deciso di girarne una seconda, in cui però Neveux impose una condizione alla
produzione. Per continuare Vidocq, reclama non i soliti 20 minuti, ma un’ora di
girato ad episodio. La nuova serie divisa in due parti sarà intitolata Le
nuove avventure di Vidocq (Les nouvelles aventures de Vidocq) e sarà
a colori.
Ma un mese prima delle riprese, Bernard Noël, non può ritornare nei panni di
François Vidocq. Ha un cancro che gli toglie la vita a 45 anni il 2 settembre
del 1970. Noël è inumato nel cimitero di Chavanges nella regione dell’Aube,
dove era nato.
Nella nuova serie Alain Mottet, per solidarietà e amicizia con Noël, preferisce
non rivestire più i panni dell’ispettore Flambart.
Le
nuove avventure di Vidocq (1971)
Fu chiesto a Claude Brasseur (che ricordo in un episodio della Squadra dei
sortilegi) di raccogliere la pesante eredità di Noël. Egli in una notte
lesse il copione e raccolse la “sfida”. La nuova versione sarebbe stata perciò
differente rispetto alla prima. Prima di tutto non c’è più il personaggio di
Annette e Flambart ebbe il volto di Marc Dudicourt.
Ma già dal primo episodio vi è il collegamento con la prima serie, infatti
ricompare Henri Desfossés e sempre impersonato da Jacques Seiler. Infatti
Desfossés in fuga da un reato non commesso, finisce tra le braccia del suo
vecchio amico Vidocq, ormai capo della Sûreté, che naturalmente farà di tutto
per salvarlo.
Ma al contempo compare un nuovo avversario all’orizzonte, una donna, detta la
Baronessa di Saint-Gély; velenosa e pericolosa quanto le vamps dei romanzi
neri.
La seconda serie si girò in due fasi successive e mentre iniziano le riprese
della seconda parte ovvero del settimo episodio, il padre di Claude Brausser,
Pierre Brausser scompare improvvisamente e il personaggio interpretato da
Claude diventa più cupo.
Claude
Brausser insieme al padre Pierre che interpreta il diavolo Diablegris
dal quarto episodio “La Créature”, della stupenda e ironica
Squadra dei sortilegi.
Anche questa serie a colori ebbe un gran successo come quella in bianco e nero,
nonostante le sostanziali differenze.
Un successo che passò anche in Italia, infatti come dice Lucarelli in molti
ricordano Vidocq, soprattutto l’allucinante marcia dei forzati che faceva da
sigla iniziale della prima serie con colonna sonora la canzone Chanson Du Forçat di Serge Gainsbourg che ebbe
anche una piccola parte nel quarto episodio.
Della seconda serie la Yamato video realizzò anni fa, una serie di videocassette
oramai introvabile, con il doppiaggio di Renzo Palmer, che diede la voce a Vidocq,
in tutti i 26 episodi. Purtroppo questa serie non la rivedremo più, perché la Yamato
video – rispondendo ad una mia domanda - dopo molti tentativi non è riuscita a
recuperare i diritti video della serie Vidocq.
Mi ha scritto Maxrobison su Yuotube per chiedermi se potevo metter altri
sottotitoli a Vidocq, ma non avendo la serie dei sottotitoli in francese e non
parlandolo, non potevo andar avanti; infatti ho fatto solo la prima parte del
primo episodio.
Max comunque mi ha trovato le informazioni sulla prima visione di Vido-
cq in Italia. Mi scrive a settebre 2019 <<sul mio piccolo quotidiano locale ho trovato tutto ciò che ti serve. Ti invio a gruppi le foto che ho fatto perchè tutto insieme è un po' pesante.La prima cosa che balza all'occhio è che non ci sono titoli italiani perchè le puntate erano della durata di 1 ora, quindi due puntate accorpate ed in più, da quanto sembra, si tratta di 6 puntate, vale a dire che manca un episodio. Per ogni puntata che andava il giovedì sul Primo Canale alle 21.00 ti ho messo l'articolo sui programmi della serata ed il palinsesto come pubblicato sul quotidiano. Prima puntata 20/02/1969 - ultima 27/03/1969. Il che corrisponde anche al mio diario che il 2 aprile 1969 scriveva di Vidocq che si era appena concluso.>> Grazie Massimo!
La serie fu comunque replicata di pomeriggio qualche anno dopo ed è lì che
conobbi Vidocq e vidi tutte le 13 puntate!
Gli episodi
La caisse
de fer
Les trois crimes de Vidocq
Les chevaliers de la nuit
Les chauffeurs du nord
Échec à Vidocq
Les banquiers du crime
La bande à Vidocq
Les assassins de l'empereur
Les bijoux du roi
Vidocq et l'archange
Les deux colonels
L'épingle noire
Vidocq et compagnie
§§§
Un ringraziamento particolare al mio
amico François Hue, che mi ha passato gran parte delle informazioni sui due
sceneggiati.
Siti interessanti sulla prima serie [in
francese]
- http://indianagilles.blogspot.it/2012/06/vhsrip-vidocq-serie-1967-integrale.html
da dove ho preso per gentile concessione di Indiana Gilles molte delle
foto qui presenti.
Marco Pugacioff
[1] Dal libro Vidocq, d’après le scénario original de Georges
Neveux. Adaptation
de Pierre Castex,
SOLAR Éditeur, 1967, pagg. 14-15. Inedito in Italia.
[2] Secondo il libro di
Jean-Marc Doniak, Les fictions françaises a la television, tome I 1945 –
1990, Dixit, 1998. Vidocq era già stato oggetto di un primo adattamento televisivo; vedi alla pag. 537.
Forse il primo
adattamento potrebbe essere l’episodio Monsieur
Vidocq, della serie americana Suspence (durata dal 1949 al
’53), in cui Vidocq – ormai in pensione – viene interpretato dall’attore Luis Van
Rooten, ma non posso certo esserne sicuro. Vedi: http://www.imdb.com/title/tt0713957/
Per le pellicole
realizzate per il grande schermo, di cui la prima è del 1909, vedi: https://fr.wikipedia.org/wiki/Eug%C3%A8ne-Fran%C3%A7ois_Vidocq
[3] Vidocq nella
prefazione all’edizione del 1828, riferisce che la rottura del suo braccio
[destro n.d.c.] in cinque punti diversi e la successiva amputazione, non gli
permise di seguire la revisione dei suoi scritti e deve per forza di cose
affidarla a un preteso uomo di lettere che non aveva altra vocazione che il
bisogno di denaro. Vedi pagg. I-II dell’introduzione “Vidocq, ai lettori” del
libro Mémoires, Parigi 1828.
[4] Les mirliflores de
la Courtille, per mirliflores si intende appunto gente altezzosa, ma
anche senza denaro, infatti l’espressione être de la courtille significa
«manquer d'argent» en argot. Vedi: https://fr.wikipedia.org/wiki/Courtille.
La Courtille era stato invece un
celebre luogo di piacere parigino, situato verso l'imbocco dell’intersezione di
Belleville, in fondo alla strada
dell'attuale rue de Belleville e al di sopra della rue du Faubourg-du-Temple. Era il punto
di partenza della famosa discesa detta descente de la Courtille.
La Courtille, è una denominazione
che si trova sempre utilizzato altrove in Francia per indicare altri luoghi,
come per esempio il quartiere de la Courtille a Gennevilliers,
ma designava anche un giardino adiacente a una fattoria.
Attualmente questa
denominazione è assente dai toponimi parigini. Vedi:
[5] Le quattro piazze del
vecchio Tempio [vieux Temple] erano chiamate o
il mercato [le marché] oppure la sala del vecchio bucato [halle
au vieux linge], ed ognuna di esse erano sopranominate il Palazzo Reale
[le Palais-Royal], il padiglione della Flora [le pavillon de Flore], il
pidocchio volante [le Pou-Volant] o la bandiera [le Drapeau], e in
ultimo la Foresta Nera [Forêt Noire]. Delle descrizioni suggestive del
Tempio si trovano in Eugène Sue I misteri di Parigi [Mystères de Paris]
e Paul Féval ne Il figlio del diavolo [le Fils du Diable].
[6] Dall’introduzione de Les
nouvelles aventures de Vidocq, roman-feuilleton, in collabora-zione con
Marcel Bluwal, Èditions Gallimard, 1973, anch’esso inedito in Italia.
[7] Vedi
Jacques Baudou/Jean-Jacques Schleret, Meurtres en séies, les series
policières de la télévision française, Huitième art 1990, pag. 126
[8] Dal
libro Vidocq, d’après le scénario original de Georges Neveux.
Adaptation de Pierre Castex, SOLAR Éditeur, 1967, pagg. 35-36
[9] La vicenda è
realmente narrata ne Le memorie di Vidocq, François Eugène Vidocq,
Mondadori 1984 pagg. 48-53.
[10] Nel 1797, prigioniero
a Bicetre, Vidocq – secondo le sue memorie – prese lezioni di Savate. « In
quattro giorni tutti i prigionieri mi conobbero; ma non avendo un’alta opinione
del mio coraggio, Beaumont, voleva battersi con me e cerca
una lite alla tedesca. Ci battemmo, e siccome avevo a che fare con
allievo di quell’esercizio ginnico chiamato Savatte fui completamente
sconfitto. Tuttavia, presi la mia rivincita in un capannone, dove a Beaumont
mancava lo spazio per utilizzare le risorse della sua arte e venne il suo turno
di prenderle. Questa mia prima disavventura però mi ha diede l'idea di farmi
iniziare ai segreti di questa arte, e il famoso Jean Goupil, il San Giorgio
della Savatte, che era con noi a Bicêtre, presto mi ha annoverò tra gli allievi
che gli fecero più onore.» Questo passo non si trova nell’edizione italiana
della Mondadori del 1984. Vedi Vidocq,
Mémoires, p.206 [archive].
Mi piace qui
ricordare altri personaggi televisivi che praticano la savate, cioè i
poliziotti de le Brigate del Tigre. Les Brigades du Tigre era una serie
televisiva degli anni ’70 e ambientata negli anni precedenti la prima guerra
mondiale, dove il sovrintendente capo Faivre crea una brigata di polizia motorizzata
su ispirazione dell’allora ministro degli interni Georges Clemenceau.
Vedi:
https://fr.wikipedia.org/wiki/Les_Brigades_du_Tigre_(s%C3%A9rie_t%C3%A9l%C3%A9vis%C3%A9e)
[11] Dal libro Vidocq, d’après
le scénario original de Georges Neveux. Adaptation de Pierre Castex, SOLAR
Éditeur, 1967, pag. 88.
[12] La barriera d’Italia
era inizialmente chiamata La barrière de Fontainebleau, perché la strada
che da qui lascia Parigi si dirige a Fontainebleau, ma era chiamata barrière
d'Italie perché particolari e veloci calessini a cavallo condotte da un
solo postiglione chiamate chaise e destinate alla posta [chaises
de poste] usavano sovente questa strada per venire nel nostro paese.
Altro nome era
barrière Mouffetard perché serviva da limite ad una delle più antiche vie di
Parigi che sembra risalga ai tempi dei Romani. È da questa barriera che il 20
marzo 1815 Napoleone rientra a Parigi mentre Luigi XVIII, fugge dalla barrière de Clichy.
[13] Dal
libro Vidocq, d’après le scénario original de Georges Neveux. Adaptation de Pierre
Castex,
SOLAR Éditeur, 1967, pag. 172. Su questa setta segreta vi è una pagina in
francese in: http://www.1789-1815.com/philadelphes.htm
[14] Personaggi simili
chiamati Blondy e Duluc incastrano di nuovo Vidocq a Parigi prima del suo ultimo
periodo di prigionia fatto prima Bicêtre e poi alla Force e che durò ventuno
mesi. Vedi Le
memorie di Vidocq,
François Eugène Vidocq, Mondadori 1984 pagg. 86-87.
[15] Vedi Le memorie di Vidocq, François Eugène
Vidocq, Mondadori 1984. Alla voce “Presentazione, pag. 7.
[16] François Ravaillac,
nato a Touvre, presso Angoulême, nel 1578 ebbe una vita miserabile, e per il
suo misticismo esaltato arrivò a pugnalare il re di Francia Enrico IV, il 14
maggio del 1610, che i predicatori religiosi indicavano come nemico del Papa.
Se il monarca ebbe una morte quasi pietosa, tanto che non lanciò nemmeno un
grido, questo disgraziato venne squartato vivo, bruciato con lo zolfo e le sue
ceneri sparse al vento. Non solo, la sua casa venne distrutta con l’esilio
perpetuo dei suoi genitori e i suoi ulteriori parenti furono costretti a
cambiar cognome. Vedi: http://www.cosmovisions.com/Ravaillac.htm
[17] Il 3 nevoso, anno IX,
ovvero il 24 dicembre dell’anno 1800, Napoleone e suoi parenti diretti
all’Opéra, furono fatti bersagli di un attentato in cui si ebbero grandi
distruzioni e numerose vittime. L’ordigno – detto macchina infernale – era un
barile di polvere riempito con proiettili e mitraglia, collegato ad uno
stoppino e posto su una carrettino trainato a cavallo. Vedi: https://rh19.revues.org/3991 Nel
telefilm viene detto però, che è il cappello che Napoleone portava durante il
trattato di Bologna del 1796 redatto dopo aver sconfitto i papalini di Pio VI,
e poi ampliato a Tolentino l’anno seguente.
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Marco Pugacioff
va agli
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