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mercoledì 30 giugno 2021

Nikolai Bukharin Il pupazzettista comunista fatto uccidere da Stalin

 


Nikolai Bukharin

Il pupazzettista comunista fatto uccidere da Stalin

 

Gorki, Nadezda e Ilic

 

   A volte leggendo qua e là mi trovo davanti a strani personaggi. Nadezda Krupskaia, moglie di Lenin, era una giovane intellettuale dal bel viso che per le malattie dell’epoca non poteva aver figli e che deformarono il suo viso in vecchiaia. Scrisse un libro La mia vita con Lenin, oggi più di nessuna importanza, ma da cui ho avuto delle piccole sorprese.

   Ho saputo che Lenin, su insistenze di Gorki, venne pure in Italia nel maggio del 1908. Per la precisione a Capri dove «v’era molta gente, molto rumore, molta agitazione.» e ne ho preso spunto per una avventura del mio Blek contro Cthulu. Una idea, nient’altro. [Vedi pag. 164 dell’edizione Editori Riuniti del ‘56]

   Ma a pag. 224, la signora Nadezka mi ha fatto scoprire un pupazzettista russo; scrive infatti…

«Nell’autunno del 1912 conoscemmo Nikolai Ivanovic Bukharin. Nei primi tempi oltre a Bugucki che incontravamo spesso, veniva a casa nostra il polacco Casimir Ciapinski, redattore del giornale di Cracovia Napsciud [Avanti !]. Ci parlava sempre della famosa stazione di cura di Zakopane, nei dintorni di Cracovia, circondata da alte montagne di una bellezza indescrivibile; ci raccontava tra l’altro che lassù viveva il socialdemocratico Orlov, buon pittore di montagne. Ben presto abitammo nuovamente in città. Ed un giorno che guardavamo dalla finestra, vedemmo arrivare un giovanotto con un enorme pacco di tela sulle spalle. Era Bukharin che si faceva chiamare Orlov. Converso a lungo con Ilic [così chiamava sua moglie Lenin]. Abitava allora a Vienna e da quel momento avemmo continui rapporti con Vienna. Anche i troianovski vi abitavano. Quando gli chiedemmo notizie dei suoi quadri, Bukharin tirò fuori dal sacco alcune magnifiche riproduzioni di quadri di artisti tedeschi che ci mettemmo ad esaminare con molto interesse. C’erano dei Boeklin, ecc. A Vladimir Ilic piacevano i quadri. Ricordo la mia meraviglia quando una volta in casa di Vorovski prese tutto un mucchio di monografie illustrate su vari pittori e passò diverse serate a leggerle ed a guardare le riproduzioni.»

 

Le tasse del 1895

   All’inizio cercai notizie sul pittore Orlov e venne fuori lo straordinario Nikolay Orlov 1863-1924 di cui Lev Nikolaevich Tolstoy (1828-1910) scrisse «Un uomo che pensa con il cuore» perché il soggetto di Orlov era il misero popolo contadino russo e che lo avvicina in questo al nostro Teofilo Patini (1840-1906).

 

Serata d’inverno

 

Un bel disegno di Ilic

Stalin

Dzerzhinsky come la spada della rivoluzione.

trotta somaro finaziere, 1918
 

   Bukharin, che in italiano potremo chiamare Nicola, divenne un amico di Lenin e dopo la rivoluzione del ’17 divenne uno dei dirigenti della Pravda. Secondo la solita wiki, nel cosiddetto “testamento di Lenin”, il rivoluzionario vicino alla morte indicava con affetto Nicola come “il figlio prediletto del partito”.

L’abc del comunismo

Kalinin

… e infine la sua caricatura

  Ma durante le spietate “purghe” di Giuseppe Stalin, l’ex campanaro di Venezia e portiere notturno anconetano, fece uccidere pure Nicola nel 1938. Venne riabilitato solo da Gorbaciov, prima della caduta dell’Unione Sovietica.

Che il perché dell’odio di Stalin si debba trovare nelle caricature di cui Nikolaj Ivanovič Bucharin era un simpatico autore?

   Tre mogli, due figli, e una bella arte in mano questo ci ha lasciato Nicola.



Marco Pugacioff

Macerata Granne

(da Apollo Granno)

S.P.Q.M.

(Sempre Preti Qua Magneranno)

30/06/'21

 

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sabato 19 giugno 2021

Roberto il lotaringio

 

Roberto il lotaringio

 

    Dopo aver concluso la storia a fumetti sulla nascita della Francia picena – il Romano della libertà – non pensavo di certo di tornare sull’argomento.

    Tanto i miei voli di fantasia, sono tali sia per coloro che credono che Aquisgrana sia italiana e non germanica, sia per i dotti ignoranti delle università.

    Però la ricerchina che feci per Hereford, mi fece conoscere un altro personaggio: Robert le Lotharingien, vescovo di quella città. Purtroppo per me, la mia mente cerca sempre di elaborare ciò che si trova davanti. La Lorena o Lotaringia venne divisa in due nel 959 dall’arcivescovo di colonia Bruno, fratello de Ottone I. Il bello è che la divise in Alta e Bassa; nominando poi vicario per la Bassa Lorena, il conte Federico.

Come mi fece notare il professore Carnevale, quella Bassa non poteva che essere la Francia delle origini.

    Allora se era così, se Roberto fosse non venuto da Liegi, ma dalla Bassa Lorena si spiegherebbe perché ricostruì la cattedrale a lui assegnata, sul modello di Aquisgrana, in una cappella a due livelli come è l’odierna San Claudio.

   Nella mia sfrenata fantasia identifico l’antica università di Camerino come l’Universitate Parisius, un università i cui professori erano dei monaci Parisii. Non è qui il caso di spiegare questa mia convizione, che coinvolge anche un distrutto monastero a San Ginesio; ripeto, tanto...

   Un uomo dotto come Roberto, competente in tutte le scienze, particolarmente nell’uso dell’abaco e padrone nello scrutare il corso delle stelle (un vero emulo di Gerberto, una sua reincarnazione?), non poteva che essere un professore di quella università, chiamato poi a Liegi.

   Bà, non è certo così, ma può bastare per imbastire una storia a fumetti. Perciò sono partito da Camerino, da quel foro tipicamente romano che ancora si conserva in parte sotto il Teatro Filippo Marchetti e prosegue nella piazza davanti ad esso. Delle colonne troncate che ebbi la fortuna di vedere con i miei occhi alcuni anni fa, grazie alla gentilezza di un impiegato del comune.

Ma come raffigurare la città? Sempre al centro di Camerino si vedeva al di sotto del pavimento stradale ancora la strada romana… forse l’antica città fondata sulla roccia era ancora romana quando vissero i primi anni del loro matrimonio Guido e Ageltrude, lo era quando Ottone provò inutilmente ad assediarla… Perché no? Allora ho disegnato la città come romana.

   E per ultimo ho inserito la triste vicenda della nipote di Roberto, per parlare della fine dell’Urbe dorata in comitato Camerino, la nuova Roma.

   Una semplice opera di fantasia, su un ipotesi storica che non è stata accettata da nessuno e che è, ormai, solo argomento di facezie, magari ai caffè dell’università; e che, per mia disgrazia ho dedicato più di dieci anni della mia vita. 

   Vabbé, dedichiamoci a Cucciolo & Beppe, è meglio, no?

 




















Marco Pugacioff

Macerata Granne

(da Apollo Granno)

S.P.Q.M.

(Sempre Preti Qua Magneranno)

19/06/'21

 

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mercoledì 16 giugno 2021

Il morto e le nebbie del passato

 

Il morto e le nebbie del passato

 


  Finalmente Piergiorgio Stella ha ritrovato il suo passato e la sua famiglia. Uffaaa ! 48 numeri per arrivare a questo epilogo che francamente (ma Franca mente sempre?) non mi attira. Come non mi attira la cuginetta Flo, anche se ha davvero un bel corpo; e non mi attira la povera cuginetta Giorgia.

A dir la verità, mi attira sempre di più la zozzona di Carmen, moglie del suo omonimo cugino (de terzo, quarto, quinto grado, bò? Và a sapere): bel viso, bei cappelli e un bel personale che mi ricorda ben da vicino la bella Edwige Fenech oppure la milanese Maura Monti che interpretò Batwoman, la mujer mucileago.

Maura! Eri una vera favolaaaa!

Del resto l’ex maggiore agisce proprio come lo yankee Batman, che dovrebbe essere considerato l’altra faccia della medaglia di Diabolik; come l’Uomo Mascherato lo è di Kriminal. Due personaggi yankee dalla parte del bene, e altri due italiani dalla parte del male.

Non so se qualcuno se ne può accorgere, ma l’ex

Maggiore ha le stesse pose del mister No di Roberto Diso.


Speriamo che l’ex maggiore trovi un po’ di serenità nella sua casa…

   Però è stato bello vedere lo zio Gio’ (Giovanni?) che lo abbraccia con calore.

   Il resto dell’episodio fa parte di una vecchia storia di belle figliole traviate, di odi di paese, che possono avviene sia in Sicilia o in Sardegna come nel nord Italia. in paesi dove tutti alla fine sono alla lontana imparentati.. storia de fratelli e de cortelli…


… perché le malerbe esistono dappertutto !

ma Piergiorgio è sempre micidiale...

 

   Ora rimane solo una cosa da fare per Peg, cercare di capire dov’è la cuginetta. Speriamo che gli autori non scappino fuori con la storia tipo: anche la cuginetta Giorgia ha perso la memoria e con una plastica facciale è diventata la ricciolina chiamata Rosy. Una spietata assassina, che ha preso il posto della bella zozzolona e ormai incarcerata, Carmen, che – come Rosy – faceva parte di un’organizzazione paramilitare tipo Gladio chiamata Ordine di spade.

   Allora sì, che sarebbe una saga stile Batman e Catwoman, che in altra terra, in un’altra dimensione si sono sposati e hanno avuto una figlia. Parola di chi ha seguito i fumetti di Batman, fino alla chiusura della collana Cenisio.

    Tranquilli, ogni tanto mi vengono in mente storie strane, che naturalmente non sono per niente quelle degli autori di fumetti!

Marco Pugacioff

Macerata Granne

(da Apollo Granno)

S.P.Q.M.

(Sempre Preti Qua Magneranno)

16/06/'21

 

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venerdì 4 giugno 2021

Su Dante e su Priscilliano

Su Dante e su Priscilliano

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Un figlio di Dante a Fermo ?

 

 

  In una riunione anconetana dell’estate 1960 di Storia Patria delle Marche, il professore Febo Allevi venne a sapere che esisteva una pergamena nell’Archivio di Stato di Fermo «nella quale, fra le persone in essa nominate, spuntava anche un Jacopo Aldigherii.»

   Uno dei figli di Dante poteva essere presente a Fermo, (sede di una delle più antiche università d’Europa [seconda, solo alla Universitate Parisius] e chiusa da tempo)? Questa era la domanda del professore.

   Allevi riuscì ad avere in mano il documento dove venne a sapere che il 30 novembre del 1306 il comune di Fermo doveva pagare una multa di ben duemila fiorini d’oro ad alti responsabili della Chiesa per danni di guerra nel suo stesso comune «contra nomine sancri Genesij, Camerini, Tolentini, eorumque Castra et villas et districtuales…»

   Il popolo paga e c’è chi da secoli si arricchisse. Mi viene in mente Totò…

  A parte ciò, il professore testimonia l’attacco della pergamena, nel cap. VII – relazioni e rapporti biografici, del suo libro Con Dante e la sibilla ed altri, con il sottotitolo (dagli antichi al volgare) del ‘65.

 «In nomine Domini… Actum in Castro Montis Ulmi in domo Gentilis Amorosi presentinbus domino Guidone domini Enrici de Bononia Capitaneo civitatis firmane, domino Guillelmo Bernardi Paghinii, domino Bonihoanne Philippi, domino Jacopo Aldighierii, domino Thamasio de Trochiarno iudicibus de civitate firmane, Labertutio domini Albertini, Philippo magistri Bone Jovanino Massei Boni Hoannis et Thone Bonaventure de Firmo, magistro Jacopo de sancta Victoria, notario curie Martucio mercenario de Macerata e aliis pluribus testibus ad hoc vocatis et rogatis. Raverendus vir dominus Vitalis Brost...»

   Febo Allevi è, dopo la lettura, perplesso, se non proprio deluso. Sperava di  illuminare le tenebre che avvolgono la vita quotidiana del Poeta e allora inizia ad illustrare le varie ipotesi sull’età dei figli di Dante banditi anch’essi da Firenze e sulla sua famiglia; a pag. 452 scrive «[…]proprio dalla moglie di Cacciaguida che si chiamava Aldighiera fu portato a Firenze il cognome “che gli antichi documenti tramandarono sotto parecchie e sensibilmente diverse grafie: Alagheri, Alleghieri, Aldighieri ecc.”»

Sempre nella nota 5 nella stessa pagina prosegue con «P. Rajna discute sul fatto che i “nomi propri vanno soggetti nelle loro emigrazioni a gravi anomalie”; ammette che Dante è stato “chiamato talora Aldighieri” e ricorda ad ogni lettore gli “strazi del casato suo per poco che esca dal comune, e… quelli del casato altrui che gli sono riferiti, anche se non propriamente esotici… così non è da dubitare che accadesse a Dante medesimo nelle sue peregrinazioni»

Il professor Febo Allevi prosegue [pagg. 453-4] «l’autore della toponomastica fermana c’informa che nel “nel 1251 la città si divise in sei Contrade”, che di esse una fu nominata Fiorenza “in memoria degli esuli fiorentini che abitavano nella zona” e che “esiste ancora [valla a trovare oggi, Puga] la targa in legno Contrada Fiorenza”.» Riferisce poi della tradizione che tra queste famiglie fiorentine vi era anche la Elisei, aperte virgolette: consanguinea di Dante, a cui sarebbe dedicato un vicolo omonimo. Non solo da queste famiglie verrebbe pure un notaio Aldigerio di cui potrebbe ritenersi suo nipote, lo Jacopo della pergamena… Quindi Febo Allevi in fondo ci credeva a che questo Jacopo potesse essere uno dei figlioli di Dante.

   Allevi conclude scrivendo «ci pare di non poter escludere la presenza nei nostri luoghi dell’Alighieri e di avere offerto altresì un contributo modesto all’interpretazione delle vicende biografiche, artistiche e culturali del Poeta. »

 

https://www.luoghimisteriosi.it/emilia%20romagna/contignaco.html

Per quanto riguarda il cognome Aldighierii, recentemente ho letto uno scritto che mi ha fatto tornare a mente lo Jacopo della pergamena sopracitata.

Lo scritto è del ricercatore Roberto Mancuso, a Salsomaggiore Terme [Mannagia, Ageltrude! Ancora mi ritorni in mente…] vi sarebbe una frazione chiamata Contignano con una Pieve (di Sangiovanni) e il suo castello.

  Secondo il ricercatore vi sarebbe una leggenda in cui il poeta fiorentino venne a Contignano  a visitare un suo parente che conquistò il castello dopo una violenta battaglia, avvenuta circa nove anni dopo della supposta presenza del figlio Jacopo a Fermo.

Per arrivare al maniero passò per un particolare paesaggio fatto di dirupi e oscuri boschi che gli ispirarono alcuni passi della sua Commedia come “per me si va nella città dolente” ed anche “Lasciate ogne speranza, voi ch’entrate”. Non solo nel castello vi sarebbero nascoste alcune pergamene autografe di Dante lasciate in custodia al suo parente.

 Ma come si chiamava questo suo parente? Bé, è chiaro:

Aldigheri,

Paolo Aldigheri!

   Certo che sarà coincidenza, ma da parecchio da pensare… e di questi tempi svaga un pochino la mente.

 

ωωω

 

Su Priscilliano a Compostella

 

  Come ho già scritto su https://marcopugacioff.blogspot.com/2017/05/le-leggende-su-carlo-magno.html Numerosi prodigi si raccontano su Carlo Magno, tanto che si è anche detto che durante la campagna contro i Mori in Spagna, gli sia apparso Santiago di Compostella per avvertilo di sottrarre il suo corpo dalle mani dei Saraceni. 

  Prima di andar avanti nel parlare di Compostella e su chi vi è sepolto, finiamo con re Carlo. Carlo Magno ritornò poi a casa sua ad Aquisgrana, passando per il cammino di Carlo Magno nell’attuale sud della Francia e prima transitò per la funesta Roncisvalle, dove suo nipote Orlando trovò la morte in combattimento.

A tal proposito il giornalista Santiago [un nome molto popolare in Spagna] Chamaco, nella trasmissione Cuarto Milenio nel 2011 ha riferito delle sinistre voci sulla battaglia che avvenne il 15 agosto del 778 al passo di Roncisvalle dell’esercito franco contro dei misteriosi attaccanti, Saraceni? Baschi? Forse ma ancora non si sa; non si sa nemmeno dove l’evento avrebbe avuto luogo, ma in realtà non è così. Quel che si sa è che prima di morire Rolando chiede aiuto con il suo corno da caccia. Ed proprio da questo particolare che si capisce che l’evento è avvenuto in quel passo.

Infatti il suono di quel corno ancora oggi si sente nelle notti di luna piena nel passo. Un suono che si unisce ai rumori della battaglia, delle spade che si incrociano, al lamento dei feriti.

Si dice che chi, nelle notti di luna piena, vede o sente la battaglia siano coloro che in una vita passata parteciparono ad essa (sarà mai capitato a un marchigiano?).

Embé? C’è chi da fede profonda all’archeologia, e chi – come me – che da credito a queste voci. Succede.

 

Immagini riprese da una vecchia videocassetta

 

  Le connessioni tra il cammino di Santiago e Carlo Magno sono date dal suo stesso sarcofago ad Aachen dove vi è cesellata la strada per Compostella (formata da una doppia fila di stelle) e che furono mostrate a Voyager nel 2007. Il sarcofago o reliquario in argento dorato esposto alla venerazione nella seconda Aquisgrana, ad Aachen, fu fatto realizzare da Federico II che inchiodò con le sue mani il coperchio… vabbé, però che corpo c’è nel sarcofago dedicato a Carlo Magno? Lui o il suo discendente Carlo il Grosso? Domanda oziosa. La fede dice che è Carletto magno perciò… chiusa la discussione.

 

   Ma com’è che a Compostella si è creato un culto? Per saperlo non seguirò le tracce consuete, ma come per il mio scritto su Monserrat, seguirò una via alternativa.

   E la via alternativa è un libro del ’97, ovviamente mai tradotto in italiano, intitolato la España extraña di Jesús Callejo e Javier Sierra, che ebbi la felice idea di comprare nel 2012.

Secondo il Liber Sancti Jacobi, nell’814, un eremita chiamato Pelagio o Paio ebbe una rivelazione angelica in cui fu informato che sarebbe stato scoperto il corpo di un apostolo di Cristo. Proprio alcuni giorni dopo, alcuni pastori notarono una strana luminosità  e avvicinandosi videro che era emanata da quello che sembrava una stella (stella? Oppure un O.V.N.I. in fase di atterraggio) nella zona boschiva del monte Libredón, dove anni dopo sarebbe sorta Compostela.

 

A Mosca nel ’95, dei cittadini fotografarono questa “stella”, un vero e proprio O.V.N.I.,

che rimase al suolo alcuni minuti prima di rialzarsi e svanire a gran velocità.

Provate ad immaginare invece che dei Russi, dei pastori galiciziani…

Dal video “UFO - I FILMATI INEDITI DALLA RUSSIA”

 

A parte il fatto su chi fosse sepolto a Compostella, questo nome sembra provenga da “campo delle stelle”, per via delle luci che si sono viste nel cielo quando è avvenuto il ritrovamento della tomba, però altri asseriscono derivare dal latino compositum, che significa "cimitero" o "luogo di sepoltura".

Ora ritorniamo a ciò che hanno visto i pastori. La voce del prodigio si sparse rapidamente. Teodomiro, vescovo di Iria Flavia, giunse subito a visitare il luogo. Si dice addirittura che il prelato abbia potuto contemplare in situ il prodigio della luce. In quel luogo fu scoperta una tomba marmorea di chiara origine romana e che, per "ispirazione divina", il vescovo identificò come la tomba di Santiago Apostolo e quella di alcuni suoi seguaci.

Il re delle Asturie Alfonso II, ordinò di costruire sul luogo del ritrovamento una piccola basilica in pietra e argilla perché potesse stabilirsi una piccola comunità di agostiniani; fu il primo nucleo religioso di quella che presto sarà Compostela.

Il tutto fu fatto con gran fretta e sia Alfonso che Carletto Magno fecero in modo di far girare la notizia in tutta Europa. C’era da scacciare i Saraceni dalla penisola iberica, ma c’era sopratutto da estirpare una pericolosa eresia gnostica che aveva da secoli messo radici forti secoli nelle terre della Galizia da un uomo chiamato Prisciliano.

   Prisciliano? Ma chi era? Personalmente mi sembra il nome di un personaggio a fumetti per bambini. Invece era un predicatore  con un suo seguito che rivendicavano il digiuno, l’amore libero, l’estasi, la magia bianca, la libertà di interpretazione dei testi sacri, l’uso di metodi e sostanze psichedeliche, vita comunitaria, l’uguaglianza tra uomini e donne e… Vabbé, in pratica un personaggio scomodo ieri e oggi.

Altro che un personaggino alla Cucciolo & Beppe. Non per niente, dicono Sierra e Callejo «a seguito di un certo Ithacio, spinto dall’odio, presentava l’asceta galiziano come un semplice apprendista stregone. Va ricordato che a quel tempo Menfis (situata sulla riva sinistra del Nilo) era considerata uno spettacolare centro di stregoneria nei cui santuari segreti, secondo San Girolamo [san Jerónimo], i seguaci potevano imparare tanto a cavalcare i coccodrilli (abilità che, a quanto pare avevano i mistici egizi) come a volare sui manici di scopa, cosa che ci sarebbe piaciuto vedere.» Forse tanto lontano da un personaggino a fumetti non lo è, visto che volava, come la Befana, su di un manico da scopa e poi cavalcar i coccodrilli… mi ritorna in mente quel coccodrillo impagliato in una chiesa di Macerata e il culto di Iside a Treia…

I due autori volevano veder volar Priscilliano su una scopa e allora, eccolo qua…

 

Proseguono i due autori «riferì poi Sulpicio Severo - si credeva che, fin dalla sua giovinezza, avesse praticato la magia.

   Tuttavia, Severo traccia così i tratti più salienti della sua biografia:

(...) energico, irrequieto, eloquente, erudito da molte letture, molto portato per la dissertazione e la disputa: favorevole al progresso, se non avesse corrotto il suo straordinario ingegno con depravati studi. In una parola, riconosceresti in lui molte cose buone dello spirito e del corpo: potrebbe restare sveglio a lungo e sopportare la fame e la sete; minimamente desideroso di possedere, molto parco nel godimento. Ma nello stesso tempo molto vanitoso, e più gonfio del solito della scienza delle cose profane: in più, si crede abbia esercitato le arti magiche fin dall’adolescenza... con l’influenza della sua persuasione e della sua capacità di adulazione.» Mazzalo! E chi era ? Pure lui, un Mandrake ante litteram?

Prisciliano si stabilì nella Gallizia romana finché nel 380 un concilio a Saragozza lo condannò come eretico e lo costrinse a lasciare la sua roccaforte di seguaci e a partire per Roma per chiedere clemenza al papa. Riuscì ad ottenere comunque la sede episcopale di Avila. Purtroppo per lui nel 384 un nuovo consiglio fu convocato a Bordeaux, dove fu privato del suo ufficio.

Prisciliano fu condannato ad essere giustiziato come colpevole di maleficium - stregoneria - morirono con lui: due sacerdoti, Felicissimo e Armenio, la sua benestante amica Eucrocia (detta anche Agape), vedova di Delfidio, e Latroniano, poeta cristiano di fama tale da essere incluso nelle Vidas de hombres ilustres [Vite di uomini illustri] di san Girolamo.

Furono tutti decapitati a Treviri un anno dopo. Dopo l’esecuzione, i loro corpi, secondo Sulpicio Severo, furono «portati in Hispania». Sempre Severo riferisce che «I suoi seguaci, che prima lo avevano onorato come santo, in seguito cominciarono ad adorarlo come martire... Inoltre, il giuramento su Prisciliano era allora considerato il giuramento supremo».

le spoglie di Prisciliano e dei suoi compagni furono deposte in un sarcofago di pietra che a sua volta veniva trasportato su una barca fino alla costa galiziana. Una volta lì, si spostò nell’entroterra attraverso la foce del fiume Ulla e poi dovrebbero esser state traslate nella necropoli celto-romana di Amaea (o Amahía), all’interno della diocesi di Iria, nei cui dintorni sarebbe sorta secoli dopo una città chiamata Compostela.

Il priscillianesimo sopravvisse fino all’invasione degli Arabi nel 711. Infatti, nel VII secolo il Concilio di Toledo attaccava ancora alcune usanze priscilliane.

   Uffa!!! Allora questo Santiago che centra? Bò!!!

A dir la verità c’era da soppiantare il destabilizzante «martire» Prisciliano con un apostolo insospettabile come Santiago. E Santiago sarebbe stato il primo evangelizzatore dell’Hispania, di più: fu partecipe a due eventi unici nella storia del cristianesimo: due apparizioni della Vergine Maria... quando ancora viveva in Palestina!

Il problema e che sia Prisciliano sia questo Santiago muoiono lontano dalla Spagna dopo un periodo di evangelizzazione; entrambi vengono decapitati ed entrambi vengono trasferiti in Galizia dopo il loro martirio.

   A posto. Santiago andava bene.

    Fu alla fine del XIX secolo che iniziarono ad interessarsi di cosa ci fosse all’interno della sepolcro. Viene aperto e lo trovano privo di ossa, anche se al suo posto trovano un’altra urna più piccola che contiene una serie di tre scheletri maschili, uno dei quali con chiari segni di decapitazione. La prova definitiva!

Peccato che ci sia una voce che fornisce una versione diversa. Secondo il ricercatore Juan Larrea, uno dei professori della Facoltà di Medicina di Santiago che è intervenuto nel ritrovamento delle reliquie, ha rivelato in via confidenziale ad alcuni suoi amici che «vi erano ossa di più di tre persone» tra cui alcune apparentemente femminili. Ricordate? Tra i martiri di Treviri, c'era una donna, Agape.

   In più gli scavi archeologici effettuati sotto la basilica negli anni Quaranta hanno dimostrato l’esistenza di resti religiosi e funerari romani, precristiani e svevi. Tra gli altri dati, questi resti indicavano un culto pagano a Giove, detto il dio del tuono [Ma chi è, il mitico Thor dei fumetti marvel-corno? E sarà meglio Zeus, no?], riflesso anche in un’iscrizione sull’arca di marmo che conteneva il presunto corpo dell’Apostolo. Iscrizione fatta cancellare dal consigliere di Filippo II, Ambrosio de Morales. Da questa curiosa iscrizione eliminata, messer Santiago ricevette in Galizia il sospetto soprannome di "Figlio del Tuono". Dal paganesimo, al cristianesimo in un colpo solo.

   Nel 1994 ci sarebbe stata una nuova analisi segreta delle ossa del reliquiario di Compostela. Le ossa depositate nell’urna della cattedrale corrispondessero in realtà a un bovino morto in epoca cristiana. La notizia – detta così di sfuggita nel 2007 anche in Voyager – non avrebbe prodotto nessuno scritto, né scientifico, né altro…

    Perché? Questione di fede? Sì, la fede in Giunone Moneta se afferrate il senso…

    La fede smuove le montagne e, come il terrore, ottenebra le coscienze.

    Un’ultima cosa. Negli anni '80, la scrittrice Blanche Merz insieme ad altri ricercatori francesi dedicati alla geobiologia, iniziarono a esplorare parti del mondo alla ricerca di luoghi di potere per misurare l’energia che irradiavano. Uno dei suoi obiettivi primari era quello di trarre conclusioni sul fatto che questo accumulo di energia avesse qualcosa a che fare con la sacralità del luogo e le guarigioni che vi avvenivano. 

Con i loro strumenti di misura unici e particolari (visti con sospetto dalla scienza ufficiale) scoprirono che si poteva stabilire una relazione diretta tra un luogo sacro e un forte sito tellurico.

Questa storia delle energie in un luogo sacro non è nuova. In Toscana vi un’abbazia fondata da Ludovico il Pio, figlio (sempre lui) di Carletto Magno (chissà se aveva visto pur lui delle “stelle”? bà!). Sant’Antimo, che visitai nel 2009, insieme ad altri “matti carolingi” come me. Durante la visita, rimasi un attimo colpito. Una particolare colonna della navata mi sembrò più luminosa delle altre. Mi dissero poi, che il punto più forte dell’energia tellurica, dopo l’altare (oltre 20.000 unità Bovis) era proprio questa colonna… solo feci male a riferire di questa mia impressione. Mi venne risposto che anch’io, vicino a quella colonna risplendevo. Servito! Se non sei scemo, ti ci fanno comunque passare, evvabbé.

Ritorniamo in Spagna. La cosa più curiosa è che di tutte le enclavi analizzate da Merz, compresi alcuni templi egizi, quella che ha registrato la maggiore vibrazione si trovava in Spagna: si trattava di Santiago de Compostela.

   Sulla sua scala "Bovis biometer", Blanche Merz ha registrato 21.000 unità di intensità, ovvero una vibrazione ineguagliata da qualsiasi altro luogo "sacro" e che ha superato ogni aspettativa. E il punto più forte è nella cripta dove dovrebbe riposare il corpo dell’Apostolo o di Priscilliano…

    Vuoi vedere che le “stelle” erano atterrate per fare quello che faccio io, con la mia vecchia Pandina, quando vado dar benzinaro? Con un’unica, sostanziale differenza: come direbbe Totò «E io pago!» e loro no! C’avranno la dispensa ministeriale, che vuoi fà…

Il libro che mi ha ispirato:

 



Marco Pugacioff

Macerata Granne

(da Apollo Granno)

S.P.Q.M.

(Sempre Preti Qua Magneranno)

05/06/'21

 

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