Il Romano della
Libertà
Relativamente
pochi mesi fa, il professor Enzo Mancini, venne ha trovare questo vecchio
stalinista mangiapreti, buttandomi là l’idea di realizzare un storia a fumetti
su Carlomagno; fare una prima puntata e poi – se a qualcuno piaceva – andare avanti.
L’idea non mi piaceva per niente; e poi ne
avevo già parlato dei fatti carolingi insieme a Galileo sul libro di Silvestro II. Inoltre Mancini
mi propose di prendere alcune informazioni dai libri di Giovanna... vattelappesca
(non ricordo e non mi interessa il cognome) che situa la lotta contro gli islamici di
Carlo Martello non a Poiters… ma a Pesaro! Ma a tutto c’è un limite!
Del resto la splendida ipotesi storica del professor
Carnevale sta per ricevere i suoni della campana a morte da parte della università
di Macerata, in accordo con quella – per me – ben più antica di Camerino.
Comunque o de
toute façon, l’onda di odio per coloro che detengono i diritti su Blek Macigno
e per i suoi servi – uno dei quali è in Catalogna – che non mi consentono di
proseguire la mia opera su questo grande personaggio a fumetti (come del resto
sui cari Cucciolo & Beppe) e una sempre più progressiva stanchezza mi hanno
fatto cadere i miei spelati pennelli su una storia a fumetti riguardante la
nascita della Francia picena, di cui, grazie a un vecchio compagno di scuola,
ho ritrovato l’eco della sua reale esistenza.
Ho iniziato
con la grande emigrazione dall’Aquitania, per arrivare a dare tutta una serie
di mie idee sulla nascita della Francia, che non ha nulla a che vedere con l’attuale
France. E nulla a che vedere con i Franchi salii e altri ancora. Il Piceno
spopolato dai funesti tempi della guerra gotica, era stata appena ripopolata da
longobardi, a detta di qualcuno <<grande civiltà>> che però usava i
mastini contro i contadini nativi, i “Romani”, quello sì, un gran popolo vero, durato
quasi mille anni.
Dei Longobardi fece parte anche l’imperatrice
Ageltrude, ma non bisogna mai dimenticare che il suo compagno, il grandecondottiero Guido, era un Franco! Nonostante questo quando prospettai il fatto
che a Camerino ci fossero i Franchi mi si rise malignamente in faccia!!! Taccio
su chi era l’autore del bestiale gesto, che era avverso al professor Carnevale
e in accordo con Bittarelli, direttore dell’Appennino Camerte, il quale scriveva
sui suoi libri su come si dovesse spiegare altrimenti che i biondi a Camerino
superano del 6 % la media nazionale, ovvero solo con il fatto che vi erano stati i Longobardi.
Infatti la Longobarda Ageltrude sul suo diploma parla appunto di Camerino. Vabbè, inutile
combattere contro i mulini a vento. Passiamo avanti…
Quando
lessi il libro del Professor Febo Allevi (umile falegname che si elevò a cattedratico
universitario, o perlomeno così mi hanno riferito) Con Dante e la Sibilla, del 1965 rimasi colpito, a pag. 55, dal
fatto che la chiesa delle Vergini a Macerata situata sopra la più che probabile
primitiva Aquisgrana si chiamasse in realtà dei Vergini!
E che si fece durante la festa di San Giuliano, patrono del
paesotto di Macerata Granne, il <<divieto
delle condotte «inhonestates et
turpitudines», legate con le stesse
ricorrenze; nella dedicazione del tempio rinascimentale di S. Maria delle
Vergini, detto “fino ai primi anni
del 1600... dei Vergini", in relazione ad un antico culto pagano
praticato in questa altura maceratese>> e collegato alla <<ininterrotta
ed antichissima tradizione dell'immancabile presenza dell'oca giovane o
papera quale piatto speciale di ogni mensa povera e ricca il giorno della festa
dello stesso patrono S. Giuliano: tradizione che ci pare si riallacci anch'essa al culto della Madre degli
Dei ed alle feste a lei dedicate, le Hilaria,>> Ma un’oca o papera potrebbe anche indicare velatamente… una
fanciulla ! E i Vergini…
In un attimo nella mia mente si è associata la
frase tipica della zona, detta nella forma più semplice <<non c’è cosa
più divina della cugina!>>.
Infatti nella festa a Cibele, detta Hilaria, (e
da cui deriva sicuramente la parola ilarità) che seguiva i dies sanguinis, (i giorni del lutto) si dava sfogo alla vita con banchetti e
altre manifestazioni di gioia. E qual è la manifestazione più gioiosa? Quella della
scoperta sessuale, senza costrizioni religiose monoteistiche.
Altra
mia fantasia, (ma non troppo e spiegherò perché) è l’ipotesi del termine Vergaro.
Nell’esercito Romano chi dirigeva le fasi di una battaglia era un centurione
primipilo, il massimo grado che un non nobile potesse raggiungere. Per dirigere
i soldati il centurione aveva un piccola asta di legno derivata dai pali che
reggevano la vigna, simbolo di quei contadini che sovente dovevano andare alla
guerra. Un simbolo che si è perpetuato nel frustino come si può vedere – o
meglio si poteva – nelle pellicole o nei fumetti di guerra in mano agli
ufficiali britannici o a quelli nazisti.
Baculo il centurione accompagna una bambina
alla scoperta del Foro Romano
Publio Sestio Baculo, citato da Giulio Cesare nel “De bello Gallico” (ho
scoperto che ha pure una scheda sulla malfidata wiki) deve aver avuto delle
terre al suo congedo e molti legionari di Cesare e di Augusto ebbero terre
proprio nel Piceno. Da lui, dalla sua condotta eroica, e dal suo nome Baculo, bastone, verga in latino sarebbe
venuto il termine Vergaro. La mia ipotesi, su quest’uomo, su cui da oltre vent’anni
ho realizzato fumetti e brevi romanzi, è
tanto bislacca?
Per ultimo vi dirò che queste mie fantasie
sono solo sogni, sogni che faccio da sveglio, prima di addormentarmi con la mia
gattina… ah, certo. È solo una gattina la mia Luna, non una cugina… le mie cugine non le ho
mai “toccate”, come non si può toccare la bella e casta Diana, di cui scrissi <<Nelle
campagne sopravvisse a lungo la religione pagana e per secoli restò come
simbolo di fertilità la Dea Diana, la dea dal bel viso perennemente giovane,
libera e selvaggia.>>
Marco Pugacioff
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