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mercoledì 24 aprile 2019

Sui Tempestari


Sui Tempestari

   Ho voluto tradurre questo libro, in quanto ne ho trovato la traduzione in francese, tagliando ampiamente tutte le citazioni bibliche.
   Ciò che rimane è il succo di tutta la vicenda, ma mi è parso anche di vedere – secondo la mia lettura – che il fatto citato nel capitolo XVI, non sia accaduto davanti all’arcivescovo, che ha visto realmente i quattro incatenati nella sua Lione.  
   Inutile dire che un fatto del genere è accaduto in un altro luogo rispetto a Lione, un luogo che – torno a ripetere – è quella Francia della tradizione orale locale (ormai spazzata via dalla ignoranza tecnologia e non certo citata dai documenti) del Piceno e confinante all’Italia di allora sotto dominio Longobardo.
    La traduzione e relativo adattamento sono quelli di un libero ricercatore che legge il francese grazie a dei fumetti popolari come le grand Blek che veniva stampato – guarda un po’ – proprio a Lione.

§§§

Della grandine
e
del tuono

Del vescovo Agobardo

Dall’edizione di Lione del 1841


  I. Tutti gli abitanti delle città e delle campagne di questa contrada, nobili e ignobili, urbani e rustici, giovani e vecchi, credono che grandine e tuoni possano precipitare per volontà degli uomini. Dicono, infatti, che quando odono i tuoni e ne scorgono i lampi:
   «È un vento levatico» [mio totale adattamento dal francese C’est un vent levatice; in Latino Aura levatitia est], ovvero un vento comandato. E se si domanda cos’è un vento levatico,  viene affermato, gli uni con una sorta di repressione e la coscienza un po’ agitata, gli altri con la fiducia che mostrano sovente gli ignoranti, che questo vento si è levato dietro agli incantesimi di uomini chiamati tempestari [in francese Tempestaires; in latino tempestarii] da cui è venuto il nome di vento levatico.
  È dunque necessario assicurare, attraverso l’autorità delle divine scritture, se questa opinione sia fondata sulla verità, come il volgo crede. Ma se, al contrario, essa è falsa come ne sono profondamente convinto, dimostrerò con un un’invincibile cumulo di prove, di quale menzogna si rende colpevole colui che attribuisce all’uomo l’opera di Dio.
   Perché si trovano due menzogne gravissime e condannabili, allorché si afferma che l’uomo può fare ciò che è in potere di Dio solo, e che Dio non fa ciò realmente. […] Coloro che levano a Dio la sua opera per attribuirla all’uomo, è un falso testimone contro Dio stesso.
     II. Abbiamo visto e udito molta gente folle e cieca, poter credere e affermare che esiste un particolare regione chiamata Magonia [in francese Magonie, in latino Magonia], da cui partono, vogando sulle nuvole, delle navi che trasportano in questa stessa contrada frutti abbattuti dalla grandine e distrutti dalla tempesta, dopo tuttavia che il valore del grano e di altri frutti è stato pagato dai navigatori aerei ai tempestari, da cui essi lo hanno ricevuto.
    Abbiamo visto molti di questi insensati credere alla realtà di cose così assurde, mostrare alla folla riunita quattro persone incatenate – tre uomini e una donna – che asserivano, esser caduti da queste navi. Dopo qualche giorno costoro messi ai ferri, mi furono portati – seguiti dalla folla – per poterli lapidare; ma dopo lunga discussione, la verità è infine trionfata e quelli che li avevano mostrati al popolo, fecero la figura (come dice il profeta) di un ladro sorpreso con le mani nel sacco.

[…]

   VII. […] I tempestari possono far cadere su di essi [i loro nemici] una immensa quantità di grandine, opprimendoli. È in effetti ciò che sembra si conosca dei tempestari  che, allorché la grandine si forma prende a coprire, disperdendosi, una grande estensione di terre, e viene sparsa in massa – perché questo è quel che dicono – su di un parte di un fiume oppure su di una foresta sterile  da una tinozza [in francese cuvier, tinozza, conca; in latino cupam botte, barile] sulla quale si nascondono dei malvagi geni. (Il passo in latino recita così: [...] nosse se tales tempestarios, qui dispersam grandinem, et late per regionem decidentem, faciant unum in locum fluminis aut sylvæ infructuosæ, aut super unam, ut aiunt, cupam, sub qua ipse lateat, defluere.)

[…]

 XV. Questa follia ha molto di paganesimo, e già l’errore è accresciuto al punto che si trova gente abbastanza stupida da dire che non sanno, in verità, scatenar tempeste, ma che possono garantire di difendere gli abitanti di un determinato luogo; hanno anche una tariffa che regola l’estensione dei loro servigi sulla quantità di frutti che hanno in dono, che essi chiamano il canonico [in francese canonique; in latino Canonicum], senza che nessuno glielo dica si paga molto volentieri per la mediazione che si creda possa preservare dalla tempesta. Insomma si confida troppo sul soccorso di questi uomini tanto da riporvi le speranze. […]

XVI. Alcuni anni fa, in occasione della mortalità dei buoi, corse la voce assurda che Grimoaldo, duca di Benevento [in latino Grimaldun ducem Beneventorum] – in quanto nemico del cristianissimo imperatore Carlo – aveva inviato degli uomini incaricati di spargere su pianure e montagne, in prati e fontane, una polvere malefica che, così diffusa, dava la morte ai buoi.
    Abbiamo udito che molte delle persone accusate di questo delitto furono arrestate e qualcuno di loro anche massacrate, altre attaccate a delle tavole e gettate in acqua; e ciò che è più strano, è che questi uomini, dopo esser stati presi, rendevano testimonianza contro essi stessi, affermando che possedevano una polvere simile e che l’avevano sparsa di qua e di là.
    Questo avveniva perché il diavolo per un giuramento simile a quello di Dio, usa così tanto del potere che ha ricevuto contro questi disgraziati, che se ne è servito contro loro stessi per trasformali in falsi testimoni per farli condannare, e che né la pena né le torture, né la morte stessa potrebbero scoraggiarli dall'opporsi a questo potere.
   Questa era l'opinione pubblica e c’erano pochissime persone che lo pensava assurdo.
    Non potevamo ragionevolmente immaginare come fosse composta una polvere che dava la morte hai buoi, risparmiando altri animali, né come
poteva essere sparsa su regioni così estese, che sarebbe stato impossibile a degli uomini di coprirle con questa polvere, anche se tutti i Beneventani,
uomini, donne, vecchi e giovani, sarebbero usciti dal paese, ognuno con tre carri colmi.
    Una tale grande demenza ha preso il nostro secolo infelice, che i cristiani credono oggi a delle cose assurde che non sarebbero mai credute se non ai pagani che non conoscevano al creatore dell'universo.
    Ho voluto citare questo fatto, perché è simile a quello su ciò è incentrato questo trattato, e perché possa servire come prova, un esempio delle vane seduzioni e alterazioni del senso comune.
(Hanc itaque rem propterea ad medium deduximus, quia huic unde loquimur similis est, et vel exemplum poterat tribuere de inani seductione et vera sensus diminuzione.)

Marco Pugacioff
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