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mercoledì 26 aprile 2017

La porta del Diavolo a Digione


La porta del Diavolo a Digione



       A cinque chilometri a nord ovest di Digione in Francia, in un luogo isolato della campagna invaso dal verde, appare un’insolita e isolata porta in pietra divisa da un pilastro che alimenta voci sinistre su apparizioni del diavolo, di fantasmi, della dama bianca e, secondo le visioni di una ragazza, perfino della Vergine. E per non lasciar fuori niente, qui ci sarebbero scomparse delle persone e di frequente i motori delle automobili si arrestano in prossimità di questa porta malefica.
    Questo rimasuglio di porta è ciò che resta dell’albergo Bernardon a Digione, demolito durante la rivoluzione. Fu Adolphe Bonnet a portarla qui, al di sotto della sua fattoria di Champmoron – ereditata dal padre Jean Bonnet nel 1828 – nel luogo dove la sua proprietà si collegava con il convento di Bonvaux. Sembra che la sua tomba, un ammasso di roccia piuttosto levigato (Adolphe morì nel 1873), sia sul sentiero in salita che porta alle mura della fattoria e sembra che a volte da lì partono dei fuochi fatui.


     Perché sono nate tutte queste leggende? A causa di un blasone sopra la porta ormai corroso che rassomiglia a una testina cornuta e quindi la fantasia vi ha immaginato il diavolo.
    A questo punto vi traduco, adattandolo, un racconto di una signora francese: «Mi chiamo Christine J. e vi voglio raccontare ciò che mi è accaduto. La porta del diavolo (o porta della Dama bianca) è situata nella campagna dell’Ovest digionese, dopo Plombières-lès-Dijon, sul comune di Daix. La leggenda vuole che se qualcuno entra da una porta e se esce dalla stessa e non dall’altra, la scalogna si accanisce su di lui [La légende veut que si on entre par une porte et qu’on ressort par la même et non par l’autre, le malheur s’acharnera sur nous…].
   Personalmente sono molto coi piedi per terra e il mio mestiere – faccio il chimico in una grande fabbrica di prodotti chimici nella regione di Dôle – non mi porta certo verso la credenza al paranormale, né al meraviglioso. Ho avuto un’infanzia con dei genitori che detestavano la religione e che mi allevarono in un clima “cartesiano”, con tutto ciò che poteva essere il più possibile razionale. Ora ho 47 anni e mi rendo conto dopo questa avventura che mi è accaduta insieme al mio fidanzato che ciò che si appella razionale, non può essere forzatamente il riflesso della realtà…
    Una sera del giugno 2005, come tutti i sabati, ricevemmo in casa degli amici. In questa serata il compagno di una delle nostre amiche era fortemente orientato verso il “metafisico”, e ci fece tutta una serie di dimostrazioni con una tavoletta in cui faceva girare un bicchiere che – non so per quale prodigio – si muoveva sulla nostra tavola del salotto, rispondendo alle domande che gli poneva il suo manipolatore [ottima maniera per attirare il male, nota di Puga].
   Personalmente, fui molto impressionata da ciò che credevo essere della prestidigitazione e per l’abilità di questo giovanotto che ci faceva questo spettacolo di magia gratuita, e pensavo che visto che non guadagnava molto dal suo mestiere, avrebbe potuto guadagnare molto con questa pratica (la tavoletta aveva indovinato molte cose rispondendo bene alle molte domande che gli avevamo posto).
    Subito dopo terminammo la serata bevendo e parlando di spiritismo e di fenomeni paranormali. E fu lì che questo giovanotto ci parlò di questa porta del diavolo situata a una trentina di chilometri da noi dicendoci: “Ha! Tu non credi né agli spiriti, né ai demoni. Và dunque sul sentierino dall’altro lato delle porte, un venerdì sera a mezzanotte e vedrai. Ma preparati ad avere la più grande paura della tua vita e munisciti di una torcia elettrica. Ma soprattutto non dimenticarti che devi imperativamente passare dall’altra porta da cui sei passata per uscire. È estremamente importante. Un ultimo consiglio, se tu vedi il cane nero del diavolo non averne paura ma non avvicinarti a lui ed evita che ti tocchi.” Un po’ frastornata gli risposi che non credevo a tutte queste storie e per dimostrargli che il male si fondava su tutte queste dicerie, saremo andati il venerdì prossimo se il tempo lo permetteva (piove molto qui) passando le porte a mezzanotte.


    Come convenuto io e il mio fidanzato prendemmo così la strada di Plombières Les Dijon per arrivare prima di mezzanotte a quelle porte considerate infestate, e che il mio compagno conosceva molto bene perché era di Digione…
     Arrivammo con una buona mezz’ora di anticipo. L’oscurità non era ancora totale e la notte era molto dolce come tutte le notti di Giugno in Borgogna… Muniteci di buone torce elettriche come ci avevano detto, abbiamo atteso mezzanotte in auto, prima di penetrare in quelle belle porte ma alquanto impressionanti in quella notte d’estate… A mezzanotte suonata siamo entrati dalla porta di destra e schiarito il cammino, ci apparve un sentiero stretto che si alzava in dolce pendenza e l’abbiamo seguito per una cinquantina di metri, poi i nostri occhi si abituarono all’oscurità e spegnemmo le torce… Tutto ad un tratto un violento colpo di vento si fece sentire e siccome non avevamo previsto di portare abiti da pioggia e pensando a un uragano, facemmo marcia indietro…

 
    Ma con mia grande sorpresa, un grosso cane nero con gli occhi brillanti, ci sbarrava il cammino e sembrava venire verso di noi grugnando. Il mio compagno aveva un bastone e non essendo un codardo, mi passa davanti e alza il bastone. Per qualche istante il cane lo fronteggia e poi balza verso di lui, ma con nostra grande sorpresa il cane scompare in questo balzo e in seguito l’abbiamo sentito abbaiare dietro di noi. Coraggiosi ma non temerari,  ci siamo diretti verso le porte per uscirne prima che il cane ritornasse verso di noi. 


Le porte apparvero alla luce delle nostre torce allorché udimmo il rumore di una cavalcata. Ci girammo e vedemmo lo stesso cane ma stavolta ci apparve come fosse di fuoco e seguito da un uomo che era anch’esso infuocato. Ci siamo dati a gambe levate, e uscimmo – almeno credo – dall’altra porta, montammo in vettura e partimmo con una gran paura di aver assistito a questo spettacolo veramente più che impressionante dove regnava un'atmosfera indefinibile
   Da allora ebbi sempre degli incubi e certamente non è per vantarmi che vi ho scritto, infatti non vi ho dato il mio vero nome… da allora io e il mio compagno ci siamo sposati e ogni volta che ritorniamo a Digione evitiamo con gran cura Daix e le sue porte dell’inferno perché siamo ambedue persuasi di aver visto il diavolo
     Il testo originale di questa narrazione era nel sito magieindienne.net84.net, che oggi non esiste più ed è stato sostituito con il nuovo sito:  http://magieindienne.free.fr/porte_du_diable.php


L’immagine è tratta da un video, probabilmente (come spero) falso, ma molto coinvolgente. Vedi: https://www.youtube.com/watch?v=jiTD27BqEgM

    C’è chi dice che il luogo, anche visto notte è assolutamente normale, ma c’è anche chi asserisce che una setta malefica, chiamata Amour et Misericorde[1], vi faccia dei riti ogni 15 di ogni mese… per sicurezza meglio non visitare quel posticino in quella data e nei venerdì notte. Vabbè, lo spettacolo terrificante visto dalla narratrice di cui sopra poteva anche essere una messa in scena di quel Mandrake maligno [anzi di quel Mefisto] entrato in casa sua, però… mi viene in mente che fu proprio Lenin a creare negli anni 20 l’accademia delle scienze sovietiche dove, pur essendo una accademia di pensiero comunista, i fenomeni paranormali venivano studiati, perché il male è sempre esistito,  anche nell’antichità. Non c’è bisogno di una qualsiasi religione che ci dica che esiste. 


Un’immagine a volo d’uccello del luogo della porta del diavolo

   Dal sito http://www.panormal.net/t1470-la-porte-du-diable-a-dijon leggo ancora:  «io conosco molto bene la porta del diavolo e non a Digione ma in un paesino non lontano chiamato Mâlain. In questo villaggio ogni anno si recensiscono 666 abitanti (e non è una stronzata). La metà degli abitanti sono ancora legati ai loro costumi e si conoscono tutti e purtroppo appena arriva una famiglia, questa riparte ben presto perché i paesani dicono loro di essere trattati come discendenti di stregoni[2].» 



E gli risposero: «Basta il nome del villaggio ad ispira fiducia (le malin [ovvero il diavolo] era un altro nome per il diavolo nel Medioevo) [Rien que le nom du village inspire confiance (le malin était un autre nom du diable au moyen âge)]. »
In effetti dal ’97 a Mâlain vi è ogni due anni una Fiera dell'artigianato nella Terra di Streghe[3] [Foire Artisanale au Pays des Sorcières], una manifestazione simile a quella di Bargota in Spagna[4]


Secondo la leggenda riassunta in Wikipedia, Mâlain porta bene il suo nome infatti fu considerato un antico luogo per la pratica della magia nera in Francia. In effetti si racconta la storia di una ragazza che una sera, sarebbe stata condotta da un uomo vestito di rosso, fino ad un crepaccio, dalla brutta fama chiamato Il crepaccio del Diavolo [La Crevasse du Diable] e che conduceva fino agli inferi. E così il castello di Mâlain [château de Mâlain], oggi in rovina è considerato esso stesso come maledetto perché costruito al di sopra di questo crepaccio del Diavolo.
   Dopo aver letto più siti su questa porta del diavolo di Digione, ho scovato un altro blog: http://www.nousnesommespasseuls.com/t19927-Les-portes-du-diable-pr-s-de-Dijon.htm dove trovo una discussione sulla porta di Digione e che parla contemporaneamente di un’altra a Perpignano e che mi riporta al sito di magia indiana http://magieindienne.free.fr/porte_du_temps.php e l’articolo è intitolato:

La porta aperta su di un altro tempo

 
   La strana avventura sarebbe capitata a giovane sottotenente chiamato nel ’66 nella cittadella di Perpignano. Ecco cosa narra: «Ero sovente distaccato alla suddivisione dei Pirenei Orientali [subdivision des Pyrénées Orientales], perché ero in quei giorni allievo ufficiale alla scuola ufficiali di riserva “E.O.R.” di Montpellier nel Rossiglione [Languedoc-Roussillon] e il centro di trasmissioni della cittadella di Perpignano munito di tutto il materiale militare più moderno per l’epoca, si prestava perfettamente all’apprendimento degli ufficiali di collegamento.
   Nel 1966 mi preparavo alla nuova chiamata di leva, dopo aver fatto i due anni di scuola in Francia, perché dovevo raggiungere Israele, per compiervi il mio servizio militare ma questa volta come soldato franco-israeliano.
   Alloggiavo in quel momento in una camera situata nella parte alta della cittadella, nel centro di trasmissioni. Avevo vent’anni e talvolta prendevo libera uscita in città e rientravo piuttosto tardi nella mia camera.

 
   Il baraccamento del centro trasmissioni era situato davanti a una grande piazza d’armi, dove sovente vi erano dei défilés, a fianco di un edificio in stile spagnolo con delle belle arcade, e di fronte a una buona cinquantina di metri dall’altra parte della piazza d’armi vi era lo spaccio [le foyer], i servizi, e una sorta di magazzino in cui si metteva di tutto, materiale da costruzione, carriole e altro ancora. Tutto questo circondato dalle muraglia: di cui, quelle situate al sud est davano sul palazzo dei re di Maiorca, di cui questa cittadella modificata da Vauban faceva parte in quell’epoca.


   Erano circa le undici di sera, in quella calda notte di settembre e rientravo dai miei giri notturni nelle vie di Perpignano. Devo aggiungere che non bevevo alcolici, ne fumavo e non prendevo alcuna sostanza illecita. Stavo per aprire la porta della mia camera allorché vidi una porta nella muraglia a circa cinquanta metri da me, di cui non mi ero mai accorto prima di allora. Questa porta voltata, abbastanza larga e alta era aperta e vi vedevo dei barlumi rossastri, come se vi fossero accessi dei fuochi, dell’agitazione e un runore simili a dei barili che venivano rotolati… Pensai: “Guarda, è strano, è la prima volta che vedo questa porta, cosa faranno là dentro in un’ora così inusuale.” Poi entrai nella mia camera e mi coricai.


Corte interna del Palazzo dei Re e


…l’altra facciata

   L’indomani mattina come tutte le mattine ripresi il trantran del mio lavoro e passai davanti a quella porta e lì, con mia grande sorpresa vidi al suo posto una porta murata… e da parecchio tempo. Ero sicuro di non aver sognato ma esitai a parlarne e alla mia prima libera uscita andai in giro con l’aria di qualcuno interessato alla storia del palazzo dei re di Maiorca situato dietro questa porta e aperta alla sua visita. Domandai quale era stata la sua utilità e da quando tempo era stata murata. Con mia grande sorpresa il guardiano mi rispose che questa porta era murata da lungo tempo, ben prima della prima guerra mondiale e che suo padre che era militare alla 53° di linea in quegli anni non l’aveva mai vista aperta e gli dispiaceva perché quella uscita sarebbe stata una buona scorciatoia per andare in città durante i suoi rari permessi.
   Io non dissi più niente e cercai di proseguire la mia indagine in silenzio perché, per un ufficiale, non è bene raccontare storie strane come quella e d’altra parte la guerra d’Algeria non era così lontana e non bisogna attirar troppa attenzione su quello ch4 succedeva nelle caserme. Più tardi seppi che non ero stato il primo ad averla vista aperta e appressi che altri avevano provato a passare all’interno ma non vi erano riusciti ma sapevo che qualcuno di quei sperimentatori di porte aperte nel passato si erano fatti numerosi anni negli ospedali psichiatrici della regione.
    Non ho mai dimenticato ciò che vidi quella notte d’estate del ’66 e non ho trovato mai nessuna spiegazione, e sono tornato più volte in quella cittadella che ora è un centro di DGSE (un centro di spionaggio militare) così come che al palazzo dei re di Maiorca dov’è la porta in questione è ora inaccessibile al pubblico e non voglio nascondere queste storia benché ormai molto lontana. Occupo sempre i miei pensieri soprattutto su un tipo di rimpianto di non esser stato più curioso e di aver tentato il passaggio verso un’altra epoca…»
    Ritornando all’altro sito, vi è scritto che numerosi testimoni hanno raccontato storie simili… e un tale Nanarbe scrisse anche dopo aver letto la testimonianza di cui sopra che «Ho fatto numerose inchieste nella regione del Rossiglione, dove ora risiedo, e mi hanno rassicurato sulla mia sanità mentale, perché non solo il solo ad aver assistito a ciò. E sembra che non solo questa porta di Perpignano, ma altre porte murate da lungo tempo si aprono in questa regione che non può dirsi che misteriosa e piene di reliquie del XII e XIII secolo.» 
   Già, proprio delle vicende – come diceva la serie televisiva americana – ai confini della realtà.




[2] Secondo la Wikipedia francese, gli abitanti sono 738 e il nome del paese deriva dal latino Mediolanum e alla pagina del toponimo latino è scritto: Il senso della parola è «centro del territorio». [Mediolanum (toponyme).] Strana però la definizione medievale che si allontana di parecchio dal nome latino  Vedi: https://fr.wikipedia.org/wiki/M%C3%A2lain
Secondo Pierre Carnac “Mediolanum designava un luogo situato in mezzo a una pianura, essendo «medio» il centro e «lanum» la pianura. In effetti tanto Milano in Italia o Meillan (quasi al centro della Francia), come Zignano in Italia (in Etruria, altre volte «Mezonemuzus = al centro» in etrusco), sono tutti luoghi del centro.” Vedi l’articolo I segreti dell’Ombelico del mondo, pagg. 26-30, Giornale dei Misteri n. 57, Dicembre 1975.
[3] http://sorcieres-de-malain.com/
[4] Vi ricordate di Johannes, il prete stregone di Bargota? Vedi: https://marcopugacioff.blogspot.it/2017/04/il-prete-stregone-di-bargota.html

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Marco Pugacioff
va agli



 

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