IL LUPO-MANNARO
SUPERSTIZIONE DEL BERRI
Del Bibliografo Jacob
Paolo Lacroux
Il gabinetto di lavoro del Bibliografo Jacob
Da: Il Fuggilozio – Milano 1833, pag 521
DUE PAROLE DEL TRADUTTORE.
Sembrami utile dir brevemente dell'origine
dei Lupi mannari. Quest' è senza dubbio un'invenzione de' Caldei o de popoli
pastori che dovevano difendere di continuo i loro greggi contro i lupi; il
terrore che queste belve feroci spargevano aggirandosi di notte intorno le
stalle, favorì i malfattori che si trasvestirono da lupi feroci onde commettere
furti ed atti di vendetta. Ne provenne quindi la superstizione di tutti i
paesi, conosciuta sotto nomi diversi e circondata di circostanze più o meno
straordinarie.
Luciano, Plinio, Virgilio, i Concilii, i
medici del medio-evo, si sono occupati di licantropi, per maledirli,
scomunicarli o guarirli. Menagio e Salmasio hanno cercata l'etimologia di
lupo-mannaro che deriva dall'ebraico haraboth, dal latino guarosus,
significanti ambedue vagabondi di notte, e concordarono potersi appropriare a
persona della quale forte si tema. Finalmente gli antropofagi ch'errano nella
notte, solitarii ed arrabbiati, avendo i segni caratteristici della natura
lupina, sia la testa, sia il pelo, siano le zanne, sia la coda, si perpetuano
ancora, nell'immaginazione ben inteso dei contadini, in varie parti d'Italia e
di Francia; e il Tortonese ed il Berri conservano quest'antica tradizione in
tutto il suo vigore, perch'essa si connette particolarmente ai montoni, che
sono una delle ricchezze di quelle provincie, dove regna ancora l'ingenuità degli
antichi tempi.
Il re Licaone trasformato in lupo da Zeus. Incisione
di Virgil Solis per le Metamorfosi di Ovidio, libro I, 209-243. Folio
5r, image 8.
Or volgono molti anni dall'accaduto: il
paese di Ryans, discosto cinque leghe da Bourges, che fu gran città ai tempi di
Giulio Cesare, aveva una famiglia di lupi-mannari, poveri manovali, ai quali si
rifiutavano sovente pane e lavoro, talmente si era accreditata da varie
generazioni l'idea superstiziosa, che in quella famiglia il padre trasmettesse
al figlio l'orribile qualità di lupo mannaro. I Simoni Gorde, che dovevano
senza dubbio una si cattiva riputazione ai fatti e alle gesta di un qualche
loro antenato, non avevano neppure un amico nelle comuni vicine, e ad essi
venivano sempre attribuite le disgrazie di cui il caso sembrava l'unico autore.
Un incendio consumava una
cascina; una fattoria si sfasciava sotto il
peso del ricolto; i covoni di grano nei campi erano guasti dal turbine;
gl'insetti divoravano la farina; i bestiami perivano decimati dall'epidemia; un
fanciullo moriva di malattia, di languidezza; una sposa abortiva, erano sempre
i Simoni Gorde che venivano accusati ad alta voce, che erano guardati con
occhio bieco, che erano mostrati a dito, e che erano designati alla pubblica
esecrazione.
E le terribili avventure si raccontavano di
sera, al focolare, filando la canapa e spennando le oche; si raccontavano di
giorno conducendo a pastura, le vacche, si raccontavano la domenica sul sagrato
tra la messa ed i vespri; si narravano e si ascoltavano fremendo: malefizi, latrocini,
assassini, empietà, scene sanguinose o misteriose, di cui i Simoni Gorde erano
gli eroi; ora il padre, ora la madre, ora la sorella: avrebbero perfino messi
nella congrega i fanciulletti di latte, tanto avevano in orrore quella razza
maledetta di Caino!
Il cimitero e la Croce del lupo servivano
di teatri alla notturna scelleratezza dei Gorde, che vi si mostravano al chiaro
della luna, andando a rosicchiare le ossa dei morti, ed a succhiare il sangue
dei vivi temerari a segno d'avventurarsi in quei luoghi solitarii. Gli è ben
vero che i lupi, nei rigidi inverni, discendevano dai monti di Sancerre, e
penetravano per le rovine dei muri nel cimitero a dissotterrare i cadaveri; gli
è ben vero che la Croce del lupo, che additava il mezzo della via fra Ryans e
le Aix-d'Angillon era stata insanguinata dalla caduta di un accattone ubbriaco,
il quale erasi fracassato il cranio urtando contro il sasso. Ma questi
accidenti e molti altri ancora si attribuivano al colpevole intervento dei Gorde
e dei lupi-mannari.
Tuttavolta quelle oneste e probe persone
non pensavano a giustificarsi colla loro condotta da così tremendi pregiudizi:
esse sapevano di quali calunnie erano vittime; ma impotenti a smentirle, le
soffrivano senza dolersi, e si allontanavano elleno stesse da chiunque le
respingeva da sé; esse schivavano di attraversare Ryans di pieno giorno, e volenterosi
si occupavano di lavori che le obbligavano a starsene entro alla loro casa, od
in luoghi non frequentati: non comparivano mai al mercato di Aix d'Angillon, né
alle feste di Burges, né al pellegrinaggio di San-Soulanges, né alle vendemmie,
né alle messi; il parroco le avrebbe cacciate dalla chiesa; i bevitori dalla
taverna.
I Gorde abitavano una piccola capanna di
creta coperta di paglia, che i venti impetuosi che soffiano per quei luoghi
avevano molto avariata; chiusa da una porta cadente per vetustà che permetteva
un passo largo anzi che no alle intemperie dell'aria. Siccome questo misero
abituro era separato dall'altre abitazioni e dal restante paese, gli abitanti
se ne allontanavano con ispavento appena i vapori delle paludi si confondevano
col crepuscolo e l'ora avanzata spiegava il senso diabolico del vecchio
proverbio francese: tra cane e lupo. A cotest'ora i fuochi fatui cominciavano a
brillare intorno all'abituro dei Gorde, che cenavano patriarcalmente e se ne
andavano al riposo dopo recitate le loro preci.
Ora avvenne, che i dispiaceri, la miseria e
le putride esalazioni della canapa maciullata, condussero la malattia e la morte
nel seno di questa famiglia, che non doveva sperare né compassione, né ajuto:
il padre Simone Gorde fu colpito pel primo, ed il suo cadavere era ancor
tiepido, quando la moglie rese l'anima a Dio: questa coppia sfortunata trapassò
senza confessore e senza medico. Simone Gorde, loro primogenito, scavò la fossa,
e ve li compose avvolti in un lembo di tela, e gettò sovr’essi uno strato di
terra. Un villano, che lo scorse a compiere questo pio dovere col favor dell'
ombra, si fece il segno della croce e fuggi a tutte gambe, credendo aver
assistito ad una tregenda. La domane, i villaggi vicini si rallegrarono di
questa doppia morte, che fu riguardata come un tardo castigo del cielo: si
parlava di suonare a festa le campane, e di celebrare delle messe in azione di
grazie.
Simone Gorde, divenendo il capo della
famiglia composta di due sorelle in minore età, della vecchia sorella del suo
padre, e di un fratello di sua madre, li vide tutti andarsene al camposanto
nello spazio di una settimana; e quand'ebbe collocato l'ultimo sotto la terra,
esitò se dovesse anch'esso seppellirsi vivente onde chiudere le luci in quel pacifico
sonno. Non colle lacrime e coi singhiozzi egli manifestò il profondo suo
dolore; ma con una cupa e feroce meditazione innanzi alla tomba de suoi parenti
e del suo avvenire: per tre giorni consecutivi egli fuggi, pallido e cogli
occhi smarriti, dalla paterna capanna per andare a piangere inginocchiato sulla
zolla funebre, e per tre giorni non prese cibo veruno.
L'inverno aveva interrotte le bisogne
campestri, e Simone si era presentato indarno nei tenimenti della cerchia
comunale per ottenere qualche giornata a battere il grano, a segare la legna, a
condurre i carri; ma nessuno lo volle impiegare per tema di attirare sopra di
sé la fatalità connessa a tutto ciò che portava il nome di Gorle. E fu cacciato
brutalmente e con minaccie, gli furono
aizzati i mastini alle gambe; non gli si
volle concedere l'elemosina che si accorda ai mendici di professione; venne
colmato d'ingiurie e di disprezzo.
Egli doveva dunque morire d'inanizione, o
liberarsi dalle torture della fame con un suicidio.
Avrebbe egli abbracciato l'ultimo partito
come una consolazione, se non fosse stato ritenuto in vita da un pensiero
d'amore; si, questo miserabile così disperato, il quale aborriva l'umana
specie, e che applaudiva a sé stesso di essere in guerra con essa, questo
paria, che non aveva più fiducia nemmeno in Dio testimonio indifferente de'
suoi mali; quest'uomo, isolato dalle affezioni sociali, che compensano le pene
della vita, senz'altro appoggio, eccetto la sua coscienza, senz'altro avvenire
eccetto l'amaro destino di suo padre, estenuato dal bisogno e dai dispiaceri,
col cuore gonfio di rabbia e di risentimento, or bene, quest'essere
acconsentiva a non finirla colla vita; egli era innamorato !
Simone Gorde sarebbe stato il più bel
giovane del paese, qualora l'abitudine delle angherie che sopportava di
continuo, e delle privazioni alle quali era avvezzo, non avessero impallidite
le sue guancie ed incavate le orbite dei suoi occhi: aggrottava d'ordinario il
sopracciglio, e lanciava sguardi obliqui.
Malgrado siffatta inquietudine e la
malinconia che velavano i suoi lineamenti, si ammirava la selvaggia nobiltà
della sua testa coronata di capelli ondeggianti, e collocata sopra un corpo
armoniosamente robusto, che si sviluppava regolarmente sottoi cenci che lo
coprivano; il suo passo era grave e fiero, i suoi movimenti erano graziosi
quantunque rustici, e il timpano della sua voce assai dolce conveniva alla
singolare purezza del suo linguaggio; insomma, ei differiva talmente dalle
persone della sua condizione che si poteva credere che la gelosia non fosse
estranea alle ribalde persecuzioni di cui egli fu l'oggetto; solo le donne lo
compiangevano ed osavano formare più umani giudizii.
Solanges, moglie di Claudio Lorry,
macellaio in Aix-d'Angillon , lo aveva notato un giorno passandogli a cavallo
accanto a lui; e le menzogne delle ciarliere che stancavano le sue orecchie non
diminuirono la favorevole opinione da lei concepita per questo leggiadro
lupo-mannaro: essa si allontanava talvolta dalla sua strada per incontrarlo e
per rispondere al suo cordiale saluto; imperocchè Simone Gorde, riconoscente dell'attenzione
di cui era l'oggetto, aveva esaminata alla sua volta Solanges, e l'aveva trovata
bella d'assai. La sua riconoscenza si accrebbe a tale scoperta, e, nel momento
in cui le sue perdite domestiche lo colpirono una dopo l'altra, egli aveva
confessato a Solanges l'amor suo.
Le nove della sera scoccavano, e tutti gli
abitanti di Ryans erano riuniti nelle case per la veglia. Soltanto Simone,
immobile, silenzioso, colle mani facendo sostegno alla fronte , fissava un occhio
bieco su i due tizzoni che fumavano fra le ceneri del focolare; ei non prestava
l'orecchio ai soffii impetuosi del vento nordico, che scuotevano la tettoia e
fischiavano per le fessure della porta; ei non abbrividi alle rauche grida
delle grù che piombavano nel pantano, né al gracidare dei corvi appoggiati sul
comignolo: Simone pensava alle anime de' suoi parenti, e credeva di doverli
ragiungere ben presto, giacché il freddo congelava le midolla delle sue ossa, e
la fame si contorceva e gemeva in fondo alle sue viscere. Ad intervalli, una
rimembranza d'amore tranquillava d'improvviso simili angosce, ed un lampo di
sorriso passavagli sul volto.
– Dio mio ! fa che io cessi di soffrire! – mormorava
con iscoraggiamento – ah! che vorrei essere lupo-mannaro, come dicono
cotestoro! io renderei loro tutto il male che mi hanno fatto... No, io non mi
nutrirei della loro carne, io non ispargerei il loro sangue; ma li inseguirei,
li tormenterei que’ crudeli che mi hanno ucciso il padre, la madre, le sorelle,
la famiglia, tutta! Perché non ho io potere di cangiarmi in lupo, se l'hanno avuto
i miei padri ?
Troverei almeno cadaveri da divorare, e non
morirei né di fame, né di dolore!... Non vi è che Solanges che mi ami al
mondo!...
Simone si lasciava trasportare dalle sue
lugubri ed angosciose riflessioni, i tizzi accesi; che lo rischiaravano con
incerta luce, non lottavano più che debolmente contro la notte, e Simone ebbe
timore delle tenebre: agghiacciato dal brivido e tormentato dal battito delle
sue arterie, si alzò per cercare delle legna, e gettò sul focolare
qualcheramoscello, poca paglia, che accesi rischiararono alquanto quella stanza.
Egli non aveva più legna, e siccome frugava sotto il forno, un ammasso di avanzi
che sua madre aveva destinati a cuocere il pane, zoccoli di legno rotti,
manichi di strumenti rurali, sgabelli fuori d'uso e tavole tarlate, scoperse una
scatola di cuoio lavorato che non aveva mai veduta; l'afferrò come se avesse
contenuto un tesoro di presente e la scoperchiò.
Quella scatola, che da lunghissimo tempo
non era stata aperta, conteneva un compiuto travestimento da lupo-mannaro:
pelle di montone, coi guanti terminati in guisa di zampe, la coda e la maschera
allungata in muso, ornata di denti gialli di cavallo.
Simone indietreggiò spaventato a questa
scoperta così opportuna, che sembrava in certo qual modo un sortilegio; poi
passò in rassegna uno ad uno gli oggetti del bizzarro travestimento che aveva servito
più di una volta, e che una lunga dimenticanza aveva guastato: allora ricordò
confusamente racconti maravigliosi che gli faceva suo nonno trastullandolo da
fanciullo sulle ginocchia, i quali racconti sua madre piangeva nell'ascoltare, e
ch'egli udiva ridendo. Vi era nel suo animo un combattimento di sentimenti e di
progetti. Ei continuava il taciturno esame di quella colpevole eredità, e a
poco a poco la sua immaginazione si perdeva in folli idee.
La fame, la disperazione, lo tormentavano:
egli vedeva gli oggetti attraverso un prisma sanguinoso; sentiva i suoi denti
avidi di mordere; provava una incredibile voglia di correre. Si pose ad urlare
come se fosse stato lupo durante tutta la sua vita, e si vesti delle insegne
trovate. Un più strano cambiamento non si sarebbe operato in lui, se quel
grottesco travestimento fosse stato incantato: la febbre imprimeva la vertigine
al suo vuoto cervello.
Appena convertito in lupo-mannaro per
l'azione dell'abito, egli si slanciò fuori di casa nella campagna bianca di
brina; urlava in modo spaventoso, e percorreva come un'ombra prati, pianure e
paludi. Ma a quell'ora ed in quella stagione non si offeriva neppure un pedone
in ritardo, alla vista di Simone, al quale l'asprezza dell'aria e l'agitazione
della corsa resero il sentimento della sua stravaganza: egli urlava ancora di
fame.
Tutto ad un tratto lo scorrere che faceva
bruscamente una vettura che si accostava, attrasse da quella parte la sua
attenzione, dapprima indecisa, poscia stupidamente fissa: ei resistette ad una
volta a due idee contrarie che lo consigliavano a fuggire e ad avanzarsi. La
vettura si accostava sempre; la notte non era abbastanza nera per impedirgli di
riconoscere la chiesa dell'antico castello di Aix-d'Angillon. Ei si trovava
alle cave di pietra, presso le prime case che hanno serbata la denominazione
storica di Pilastro dei fattucchieri, luogo un dì infamato, oggi abitato dai
mendici.
Quella vettura era la carretta coperta di
Claudio Lorry, il macellaio di Aix, che andava due volte alla settimana a
recare la carne al villaggio di San-Soulanges, e che viaggiava di notte per
essere di ritorno l'indomani all'apertura del mercato. Simone lo sapeva come
tutti gli altri campagnuoli, e la partenza del beccaio gli rammentò naturalmente
che la moglie rimaneva sola in casa.
Esitò un istante, se dovesse tentare
d'introdursi da lei, oppure se accosterebbe il marito. Più che l'amor potè la
fame, e il fischio modulato su di un'aria monotona con cui il vetturale eccitava
la sua chinea, lo avvertì ad affrettarsi: Simone urlò con tuono lamentevole, ed
afferrò il cavallo pel morso.
– Claudio Lorry – sclamò, egli ingrossando
la voce – ho fame, dammi due libbre di carne se vuoi ch'io viva.
– San-Soulanges, abbiate pietà di me! – gridò
il macellaio spaventato – sei tu, Simone Gorde di Ryans, il lupo-mannaro?
– Per lo appunto – riprese Simone, a cui
venne voglia di trar partito dalla credula ingenuità di Claudio – io mangerò
della carne cruda piuttosto chè mangiar la carne della tua persona ; dà qui adunque,
e non dimenticare di mettermi in serbo la mia parte ogni qual volta ti rechi a
Poiriou e a San-Soulanges. Io ti proibisco di accarezzare tua moglie per dieci
giorni.
Simone, onde mostrare i suoi attributi di
lupo mannaro al credulo beccajo, erasi posto innanzi alla ruota ed aveva
collocata la zampa sull' estremità del carretto che faceva sembiante di fiutare
col muso. Claudio Lorry, che credeva ai lupi-mannari come a Dio, non ebbe prima
ravvisata la mostruosa zampa, che diresse una fervida invocazione ai santi, e
prendendo il suo più bel pezzo
di carne, lo lasciò cadere a terra, ove
Simone si affrettò di raccoglierlo: ma il beccaio aveva tirate con tanta
violenza le guide, che il suo cavallo partì al galoppo, senz' aspettare
l'invito reiterato della frusta.
Simone Gorde fu così soddisfatto di un
pasto, che gli era costato molto meno degli altri, che pensò di rinnovare
quello spediente facile e solazzevole; imperocchè, non essendo amico al marito
la cui moglie amava, si prendeva il malizioso piacere di accrescere lo spavento
di Claudio Lorry.
Questi poi non rivelava a nessuno i suoi
incredibili incontri, e si sottometteva senza mormorare all'imposta che il
lupo-mannaro esigeva ogni volta senza designare il peso né la quantità della
carne, anzi non aspettava nemmeno che la carne gli fosse chiesta per non avere
dinanzi agli occhi la mostruosa zampa all'estremità della sua carretta, quella
zampa orribile che si stendeva come per
istrozzarlo, quella zampa sotto cui era
nascosta una mano.
Il beccaio era diventato triste e
pensieroso; partiva a malincuore, senza abbracciare la moglie, senza eccitare
il cavallo con un arietta fischiata o cantarellata; ei ritornava più cupo, più
inquieto.
Solanges, pensierosa per tale melanconia di
cui non ne conosceva la ragione, temeva ch'ei fosse geloso, siccome aveva
motivo di esserlo; lo interrogò, lo strinse, lo supplicò insino a che il marito
si sbarazzò del peso che aveva sul cuore raccontandole la storia del
lupo-mannaro.
– Simone Gorde non è più lupo di te e di
me, buon uomo che sei, disse Solanges punta perché sospettava del suo buon
amico; la è una favola o qualche inganno; io credo che tu li abbia sognati questi
incantesimi, poiché Simone vale più della sua riputazione.
– Moglie, non bisogna dire di no – rispose
il macellaio sicuro del fatto suo – la famiglia dei Gorde è lupo mannara, come
ognun sa; e perché per castigo di Dio sono tutti morti, Simone ha ereditata la
zampa di lupo.
– Io ti ripeto, che Simone è troppo
coraggioso e leggiadro per cangiarsi in lupo, e non vi crederò se non dopo
averlo veduto.
– Giuraddio! lo vedrai, se vuoi
accompagnarmi; e ben desso; oltre l'avermi detto il suo nome, riconobbi la sua
voce; e mi sembra di veder di continuo la sua maledetta zampa posarsi sul timone
arrestando il cavallo... Moglie, qui vi è incantesimo!
Solanges divideva la superstizione di
Claudio, eccetto in questa circostanza che riguardava l'onore dell'uomo da lei
amato. Più che la curiosità di donna determinò a seguire il marito, la brama di
scusare l'amante: ella non aveva altro timore che quello di trovare Simone
colpevole quando salì nella vettura ripiena di carni sanguinose: mezzanotte
scoccava all'accuminato campanile di
Aix; mezzanotte, l'ora cara ai lupi-mannari
come pure alle fantasime.
Simone era esatto all'appuntamento; i suoi
urli, che avevano qualche cosa di umano, sconcertarono i dubbi di Solanges.
Claudio Lorry, tremava più di lei mentre cercava la porzione pel lupo. Questi si
drizzò sulle zampe di dietro e ne allungò una del davanti per chiedere la
pietanza ordinaria, tosto che la vettura si fermò al Pilastro dei fattucchieri.
– Claudio, sto per basire – mormorava
Solanges rivolta al marito – rallenta le briglie e sferza il cavallo;
altrimenti ci toccherà qualche disgrazia.
– Tu non sei dunque solo, o compare ! – sclamò
Simone, temendo di un'insidia; se tu mi facessi la menoma azione cattiva, non
te la perdonerei.
– Non farci nessun male, mio buon amico
Simone; tu sai che io non peso le libbre di carne con te. Io mi guarderò bene
dal farti il minimo scherzo: sono venuto con mia moglie, che si reca a Feularde
a comperare vitelli. -
– Solanges è con te ? giuraddio, è d'essa;
più svelta e illa che mai, orsù ch elia scenda dal carretto !
– Ve ne scongiuro, signor lupo, non spaventate
così la mia povera moglie che è quasi morta di spavento. Permetteteci di
continuare la nostra strada, chè abbiamo assai da lavorare domani che è giorne
di mercato...
– E tua moglie! E tua moglie ch'io chiedo !
Se tu non me la concedi di buona voglia, io vi ammazzerò ambidue.
Claudio Lorry ebbe un bel spendere
preghiere e lamenti per commuovere il lupo-mannaro, questi rifiutò qualsiasi
accomodamento, e rispose solo con minacce spaventevoli, le quali congelavano il
sangue nelle vene dei due sposi. Solanges, quantunque in special modo
interessata nella quistione, non fiatava né apriva la bocca, talmente il
terrore e la sorpresa l'avevano abbattuta! essa teneva gli occhi fissi sul
lupo, che la riguardava fisso attraverso la maschera; e non oppose alcuna
resistenza quando si senti vivamente strappata dal carretto da una potenza
invisibile e gettata sopra un mucchio di pietre ove stramazzò e svenne senza
mettere un lamento.
Il macellaio colpito da questo
scioglimento, cadde, come uomo morto, tra le sue carni. Quando riebbe l'uso dei
sensi, si vide solo nel suo carretto che scorreva a salti per lo stradale di
Poiriou.
Ascoltò invano se il vento gli apportasse
le grida della moglie e gli ululati del lupo; il cavallo trottava come se fosse
stregato od un magico sprone gli pungesse i fianchi.
Nonpertanto Claudio Lorry terminò il suo
giro, vendette la sua carne, e ritornò ad Aix, col pensiero di far dire un
De-profundis alla moglie, compianta durante tutta la notte. Ma fu oltremodo
stupito nel ritrovarla in letto, un po' pallida, un po' stanca, ma senza
neppure una graffiatura; e fu ancor più maravigliato nell'udire dal labbro di
lei, che il lupo non le aveva fatto verun male, e che erasi accontentato di
farla passeggiare nel bosco di Marveaux: era questo un procedere assai gentile
per un lupo-mannaro, e pertanto Claudio Lorry fece il broncio.
La passeggiata notturna di Solanges lo
aveva irritato contro il lupo; e sebbene il timore delle rappresaglie lo
impedisse di chiedere direttamente a Simone Gorde una soddisfazione, ei ruminava
una vendetta senza rischio. D'altra parte Simone aggiunse un nuovo gravame a
quelli che si era già permesso, proibendo al consorte di dormir con la moglie,
sotto pena di morte improvvisa. Claudio Lorry si sottomise a questa severa
penitenza, ma andò a raccontare la cosa al sagrestano, che faceva anche da
beccamorto nella parrocchia, uomo pratico in questa sorta di faccende, dotato
d'una sapienza salomoniana, consultato come un oracolo dalle donne in istato
interessante, dagli innamorati, e dalle fanciulle da marito.
– Egli è impossibile uccidere un
lupo-mannaro, gli disse il dottissimo uomo: la sua pelle è a prova di palla da
schioppo, ma non del fendente d'uno strumento di ferro; io vi consiglierei a
fargli una leggiera ferita o tagliargli la zampa, per accertarvi che il lupo è
realmente Simone Gorde; voi non correte pericolo, quando ferendolo il sangue
esca dal corpo; imperocchè in tal caso il
lupo-mannaro fugge tosto.
L'istessa sera Claudio Lorry, deciso di
conoscere con qual lupo-mannaro aveva avuto, che fare colla moglie, nascose nel
carretto una falcetta di recente arruotata, e si dispose risolutamente a farne
uso per provare l'identità di Simone Gorde, poiché aveva fede negli avvisi del
sagrestano. Il lupo si presentò come al solito, e s'informò delle notizie di
Solanges: ciò che confermò davantaggio il marito nel suo disegno,
– Ecco, o lupo, – disse Claudio
abbassandosi come per iscegliere un pezzo di carne – oggi ti do doppia
porzione; mostrami la tua zampa per ricevereil boccone, e sovvienti delle mie
elemosine.
– Senza dubbio me ne ricorderò, compare, –
riprese il lupo – ma non pensare a celebrar l'anniversario delle tue nozze.
Simone Gorde che credeva non aver nulla a
temere dal beccajo, di cui si appropriava la carne e la moglie, aveva posta la
sua zampa stesa sull'estremità del carretto; ma invece di consegnargli un
pezzo di bue o di montone, Claudio alzò la
falcetta,e tagliò con un sol colpo la zampa collocata là, come sopra un ceppo.
Il lupo-mannaro ruggì di dolore e scomparve nelle tenebre, ove si perdettero i
suoi urli.
All'indomani, al suo ritorno, il macellaio,
allegro e cantarellando, spiegò una salvietta insanguinata sul letto della
moglie che si risvegliava di soprassalto, e le mostrò una mano tagliata, ancora
coperta dalla pelle di lupo. Solanges mise un grido, versò lagrime abbondanti,
e si vestì in fretta, mentre il marito si baloccava con quella mano ferocemente
rallegrandosi, e diceva nel mirare il sangue che ancor ne grondava:
– Il sagrestano aveva ragione: il
lupo-mannaro è ora riconoscibile, e non temo più gli stregamenti.
Simone Gorde rimaneva in letto, quantunque fosse
molto inoltrato il giorno; le sue lenzuola erano macchiate di sangue, come pure
il pavimento della stanza; il suo volto, di un pallore giallastro, esprimeva dolore
morale del pari che fisico; lagrime irroravano le rosse pupille; egli ascoltava
i rumori del di fuori con un'inquietudine apparente nei suoi lineamenti
decomposti.
Passi si avvicinarono rapidamente; la porta
si aperse con violenza. Una donna si precipitò tutta in pianti sul capezzale di
Simone, lo strinse al seno, proruppe in singhiozzi, poi in imprecazioni, ed andò
a cercare sotto le coperte un braccio tutto attortigliato di lini che non
dissimulavano la mancanza del pugno, e che il sangue aveva tutti bagnati. A
quell'orribile vista, ella maledì il carnefice, e confuse i suoi co' gemiti
della vittima.
Queste espansioni d'amore e di desolazione
furono di repente interrotti. Alcuno bussava alla porta. Solanges corse alla
finestra per riconoscere qual visitatore osasse penetrare nel covo di un
lupo-mannaro. Essa alzò le mani e gli occhi in segno di desolazione, come se
non avesse a sperare soccorso che dal cielo. Si picchiò più forte.
– E mio marito! – diss’ella con voce
tremante; donde poss'io uscire senza essere scorta?... Nascondimi là.... no,
qui, accanto a te; moriamo insieme!.... Se Claudio porta seco la sua falcetta per
iscannarti, il mio corpo ti sarà di scudo.
Solanges si era nascosta in fondo del letto
e tenevasi avvinghiata a Simone, il quale non aveva avuto la forza d'alzarsi
sul fianco, e cercava cogli occhi un'arma a difendersi. Intanto l'ombra della
coperta di panno verde faceva risaltare la forma di un secondo corpo che
spariva sotto le lenzuola, ed una respirazione affannosa udivasi ad intervalli
ineguali.
– Buondi, Simone Gorde – disse entrando
Claudio il quale aveva una servietta annodata che posò sopra la madia – vengo
per proporvi della bisogna; una spalliera di vite d'acconciare a Pierriers. Si sa
che voi conoscete bene l'arte vostra.
– Sono ammalato – rispose Simone dominando la
collera che lampeggiò ne'suoi occhi arrovellati – sono ammalato, fuori di stato
quindi da poter lavorare.
– Infermo, o compare? la è forse malattia
di pigrizia? E dove è che vi sentite male? Qua la vostra mano che vi tasti il
polso.
Simone Gorde arrossì e stette un momento in
forse, se dovesse resistere ad una tale domanda, da lui troppo bene compresa;
ma per non esporre Solanges ad esser scoperta, trasse fuori dalle lenzuola la
sua mano sinistra tutta colorata di sangue congelato.
– Non questa mano, Simone, ma l'altra, la
dritta, capite. Orbene! l'avete forse smarrita? Bisogna forse restituirvela ?
Simone, il cui rossore porporino si era
mutato in una scialbo cadaverico, non rispondeva, e non testimoniava con alcun
movimento ch'egli si preparasse a soddisfare un desiderio sotto il velo di un
sì crudele pretesto. Claudio sorrideva, digrignando i denti, e si dilettava del
supplicio dell’infelice.
Già ei si disponeva ad usar violenze per venirne
alla prova decisiva da lui reclamata; già disfaceva i nodi della servietta,
ripetendo le sue implacabili celie; una sola mano si mostrava fuori del letto,
e Simone non pensava a ritirarla.
– Perché mi tendete sol questa mano? –
Riprese Claudio che stava per avere l'orribile convinzione che voleva. – Gli è
forse perché vi fu tagliata? Sbrigatevi, signor lupo, ad obbedirmi alla vostra
volta. Io voglio vedere la mano destra.
– Eccola!
l'interruppe una voce soffocata che non era
quella di un essere soprannaturale.
E Claudio Lorry, stupito, allibito, vide
una seconda mano, sana e completa, protesa in atto di volerlo maledire. Ei
balbettò, indietreggiò, chiese grazia, piegò il ginocchio, ed abbandonò, quasi pazzo,
quella casa protetta dal demonio. Non portò seco la mano recisa, che era
divenuta per lui una visione ostinata, la quale non valsero a sbandeggiare
tutti i segreti del sagrestano, appo il quale chiese consigli e consolazioni.
– A chi dunque apparteneva quella mano? – diceva,
egli gemendo – è la mano del fistolo, oppur quella del lupo-mannaro? Simone
Gorde è certamente innocente; io vidi le sue due mani. Perché l'una d'esse era
sporca di sangue? Havvi qualche stregheria.
L'indomani, la prima cosa che colpì i suoi
occhi, aprendo il macello, fu la mano che il di prima aveva lasciata sulla
madia di Simone. Essa era senza il suo inviluppo di pelle vellosa, e trovavasi fra
le carni. Claudio non osava toccare quella mano da lui creduta ammaliata; ma,
nella speranza di farla sparire per sempre, la gettò nel pozzo e non fu poco
spaventato di ritrovarla ancora sul suo banco. Ei la seppellì nel suo giardino,
senza potersene liberare: ella ritornava tutta livida ad infettare la bottega,
ed a perseguitarlo coi rimorsi ch'erano di continuo ravvivati dalle doglianze
della moglie.
Finalmente, Claudio si lusingava di non
essere più perseguitato da quella mano fatale ch'egli aveva segretamente
portata al cimitero di Valentigny, per provare se una sepoltura in terra
benedetta le converrebbe meglio; ma un mattino la trovò inchiodata all'imposta
della sua finestra. Scoraggiato da questi muti rimproveri, che gli toglieva no
il riposo, ed impaziente di annientare le traccie di un'azione che il cielo gli
rimproverava, abbandonò Aix, senza dire addio alla consorte, e corse ad
annegarsi nel fiume vicino. Il suo cadavere fu ritirato gonfio e verdastro che
sornuotava alla superficie. La fatal mano recisa non fu strappata dalle sue
mani convulsivamente contratte, se non a pezzi, perché nella convulsione del
suicidio l'aveva quasi tutta sbranata.
Un anno dopo; Simone Gorde, di Ryans,
quantunque privo di una mano, e lupo mannaro, sposò Solange la macellaia,
vedova di Claudio Lorry di Aix d'Angillon.
Fine
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va agli
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