La ciotola di Fuente
Magna
Galileo Ferraresi mi
ha fatto conoscere due articoli, uno della ricercatrice April Holloway e l’altro
del dottor Clyde Winters che ci aprono uno sguardo sulla navigazione oceanica
nell’antichità. Questo è un sunto dei due articoli.
Cartina ripresa da: https://de.wikipedia.org/wiki/Chua_Cocani
Nel
1958 nel piccolo borgo di Fuente Magna nella località di Chua, sul lago
Titicaca, in Bolivia, un contadino lavorava in un terreno che era proprietà
della famiglia Manjon. Un terreno che, due anni dopo, la famiglia scambiò con
il municipio di La Paz con un altro terreno nei pressi della capitale.
Ma non è questo che ci interessa, no. Ciò
che ci interessa è che questo lavoratore dei campi ritrovò una bella e grande ciotola
illustrata che sembrava molto antica. Il bello è che quelle incisioni ricordano
da vicino due diversi tipi di scrittura: uno proto-sumerica e l’altra quella di
una lingua locale, quella dell’antica Pukara, che precedete la civiltà di
Tiahuanaco.
Un archeologo boliviano, il dottor Max
Portugal Zamora, cercò in quello stesso periodo, di decifrare le strane
iscrizioni ma non arrivò a nessun risultato. La misteriosa ciotola detta di
Fuente Magna, finì così nel magazzino del Museo
de los Metales Preciosos, e vi restò per ben quaranta anni. Fino a che due
ricercatori, il dottor Bernardo Biados (argentino) e l’archeologo boliviano
Freddy Arce, si misero a studiare lo strano reperto. I due furono messi in
contatto con un contadino locale della bella età di 92 anni, il quale, dopo
aver visto le foto della ciotola, affermò che un tempo era stata in suo
possesso e – pensate un po’ – la usava per dar da mangiare ai suoi suini.
Come si vede i
caratteri sono infatti molto simili a quelli sumerici
A questo punto i due ricercatori mandarono
foto dettagliate della ciotola ad un ricercatore specializzato in lingue
antiche, il dottor Clyde Ahmed Winters.
Questo epigrafista mise a confronto le iscrizione della ciotola con la
scrittura libico-berbera utilizzata nel Sahara circa 5.000 anni fa, quando era
una regione piena di acqua e di verde. Una scrittura che veniva utilizzata fino
alla valle dell’Indo e quindi anche dai primi Sumeri.
Il dottor Winters, nel suo articolo Decipherment of the Cuneiform Writing on the Fuente Magna Bowl, concluse che la scritta sulla ciotola
«era probabilmente proto-sumerica» e ne offrì la
seguente traduzione:
Avvicinati nel futuro ad una persona
dotata di gran protezione nel nome della gran Nía. Questo oracolo serva alle
persone che desiderano raggiungere alla purezza e rafforzare il loro spirito.
La Divina Nía diffonderà purezza, serenità e forza (spirituale).
Usa questo talismano (la Fuente Magna),
per far germogliare in te saggezza e serenità. Utilizzando il santuario
adeguato, l’unzione sacra, il savio giura di intraprendere il giusto cammino
per raggiungere la purezza e la forza (spirituale). Oh sacerdote, incontra
l’unica luce per tutti coloro che aspirano ad una vita dignitosa.
In
pratica la scritta richiedeva la protezione della Dea Nia e utilizzava la
ciotola come un talismano per far germogliare la terra. Non per niente sulla
ciotola vi è una figura a braccia aperte e a gambe divaricate che potrebbe
rappresentare la stessa Dea.
Secondo i testi antichi, Ni-ash (Nammu o Nía)
era la Dea che diede inizio alla luce, al Cielo e alla Terra, al tempo dei Sumeri.
“Nia” o “Nammu” è la Dea sumerica che individua nell’“abisso delle acque”, l’oceano
primordiale.
Fu
la prima divinità e originaria del tutto. Dea del nascimento, il suo centro di
culto era nella città sumera di Ur. viene riprodotta come un essere anfibio, e
in molti testi è identificata come la consorte di An e la madre di Enki.
A questo punto Bernardo Biados ipotizzò che
la ciotola fu realizzata da dei Sumeri che si stabilirono in Bolivia intorno al
2.500 prima dell’Era Volgare. Del resto, precisò sempre Biados, è noto come i
Sumeri navigassero verso il lontano subcontinente indiano e alcune navi sumere
avrebbero potuto trovare una rotta per aggirare il Sud dell’Africa ed entrare
in una delle correnti che conducono, attraverso l’Atlantico, dall’Africa al Sud
America.
Il dottor A. H. Sayce nei suoi libri scrisse
che la terra dello stagno in sumero sarebbe Kuga-Ki, e chiarì come i Sumeri
asserivano che lo stagno che avevano, proveniva da questa terra. Sayce
sosteneva che questa terra fosse la Spagna, ma in aiuto all’ipotesi “americana”
arrivano alcuni toponimi dell’Altopiano situato tra Bolivia e Perù i quali suggeriscono
che la “Terra del tramonto” indicata in antiche tradizioni sumeriche, poteva
essere appunto in Sud America.
La barca di Magur da
wikipedia
Come abbiamo già scritto i Sumeri erano
grandi navigatori e Re Sargon I vissuto nel 2700 prima dell’Era Volgare,
asseriva che Kuga-Ki era parte del suo impero e in un documento redatto da un
ufficiale assiro nel 8° secolo a. E. V. – tradotto da Sayce per un suo articolo
apparso sulla rivista Ancient Egypt – è scritto che il domino di Sargon
includeva tutti i paesi dal sorgere al tramontare del sole, dalla terra del
Muru al Kuga-Ki la terra che si trova aldilà del mare superiore (il
Mediterraneo).
A. H. Verrill e R. Verrill, nel loro Americas Ancient Civilizations e J.
Bayley nel suo Sailing to Paradise,
sostengono che l’area intorno al lago Titicaca poteva esser stata denominata
Lago di Manu dai Sumeri che effettuarono molte visite a Kuga-ki. Secondo le
tavolette sumere i Sumeri navigavano su navi dette Magur che potevano
trasportare fino a diciotto tonnellate e mezze di metalli preziosi.
Ma da dove venivano questi metalli? Se gli
esploratori Sumeri sfruttando le correnti che dall’Africa portano in America
potrebbero esser penetrati nel Rio delle Amazzoni fino a che, tra il Bolivia e
il Perù, trovarono grandi depositi di stagno.
Amazonomachia,
pittura greca su vaso, ca. 500 a. C.
Una parentesi. Ricordo che
delle Amazzoni – a cui è stato dato nome a uno dei più grandi fiumi del mondo –
Diodoro Siculo, nel 1° secolo dell’Era Volgare, narra la storia di una regina
delle Amazzoni che attraversa l’oceano, combatte gli Atlantidi, e poi le
Gorgoni. È strano, ma Pizarro arrivato in Colombia trovò un’isola di nome
Gorgone. [per le amazzoni in America vedi:
http://www.cultura-barocca.com/imperia/amazzoni.htm]
Non solo, lʹarcheologo
Bernardo da Silva Ramos ha fatto conoscere le imponenti rovine di Marajó,
un’isola sul Rio delle Amazzoni, con le sue imponenti sale sotterranee
collegate per mezzo di gallerie dalle mura di pietra. E sopratutto una
collezione di bellissimi vasi con disegni che ricordano molto da vicino quelli
etruschi. [cfr. Peter Kolosimo, Terra Senza tempo]
È da credere che i Sumeri per poter lavorare la terra dello stagno si sia fatta amica la popolazione locale e che questa abbia lavorato insieme a loro per estrarre il metallo e che abbia adottato molte usanze sumere come la loro lingua e il loro tipo di scrittura.
Se le Ande erano la sede della terra dello
stagno o Kunga-Ki dei Sumeri, bisogna sapere che in origine esse erano chiamate
Antis. E questa zona era chiamata
Antisuyo o Regno degli Antis e in lingua quechua – parlata anche qui, oltre al
chipaya e allo aymara – antis
significa rame.
In questa zona della Bolivia ci sono ricchi
giacimenti minerali in particolare presso il lago Poopo, un mare interno di 80
chilometri di lunghezza anticamente collegato al Pacifico da fiumi ormai
prosciugati. Il Poopo è un mare poco profondo, appena 0.6 metri profondità ed è
noto che a volte si asciuga. Esso è collegato al Titicaca dal fiume
Desaguadero, però il Poopo ha un lago compagno, il lago Uru sulle cui sponde si
trova la città di Oruro.
Sempre secondo gli scritti di Clyde Winters,
nella città di oruro ed anche in quella di Corocoro venivano estratti oro e
rame. In sumero per indicare una città si diceva Ur od anche uru e i suffissi -oro per le città intorno al Poopo è
singolarmente simile ad Ur.
Potosi,
la prima immagine in Europa. Pedro Cieza de León, 1553.
Un centro importante per l’industria
mineraria è Potosi, famosa per i giacimenti di stagno, ma anche per l’argento
che nel 1550 gli spagnoli estraevano dalla sua collina tanto da chiamarla Cerro Rico cioè montagna ricca. Seppur venisse pagato un salario ai
lavoratori indigeni, essi non erano altro che schiavi e la popolazione della
zona fu decimata nelle miniere.
Bailey ha suggerito inoltre che Potosi si
avvicina al termine sumero Patesi, che significa “re sacerdote”.
Si può supporre così che i metalli estratti
dai Sumeri sull’altopiano venivano trasportati
lungo il fiume Pilcomyo che oggi viene chiamato Rio de la Plata, il
fiume dell’argento e attraverso l’Atlantico fino al Mediterraneo e da lì alla
Terra dei due fiumi, la Sumeria.
Per concludere, la ciotola di Fuente Magna,
viene indicata come la «la stele di Rosetta delle Americhe», anche se i soliti
demistificatori ritengono la ciotola un falso.
Fonte:
- http://www.ancient-origins.net/opinion-guest-authors/was-bolivia-peru-sunset-land-sumerians-006708
Vedi
inoltre il sito di Yuri Leveratto:
- https://codenamejumper.wordpress.com/2010/03/02/la-fuente-magna-eredita-dei-sumeri-nel-nuovo-mondo/
Marco Pugacioff
va agli
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