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sabato 29 febbraio 2020

Cronaca dell’insolito 11 - Pugacev


Cronaca dell’insolito 11 - Pugacev



Scolastica e Cecco d’Ascoli


Mago Merlone (disegno di Giorgio Rebuffi), antenato di Beppe, fa le sue magie davanti Santa Scolastica


   Narra una leggenda che nella piccola chiesa trecentesca di Capovallaza ad Ussita, situata al di sotto del monte Bove vi zampillava una prodigiosa sorgente. Queste acque avevano la miracolosa virtu di sanare qualunque malanno, tanto da essere denominata “Acqua santa”.
Finché, un giorno arrivò quel “cattivone” di Cecco d’Ascoli e con le sue arti negromantiche, sprofondo la chiesa e disperse la portentosa sorgente.

Fonte: Appennino Camerte del 01 – 07 – 2006.

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I tesori di Pugacev


Pugacev in galera prima di venir squartato


La succinta storia di Pugacev dall'Enciclopedia Garzanti del 1969

   Emelian Pugacev, la guida di una delle piu grandi rivolte contadine nella storia della Russia ed anche di tutta Europa, avrebbe seppellito denaro e gioielli in posti diversi. Pugacev era costretto a muoversi costantemente: doveva sollevare la rivolta in tutte le nuove regioni della Russia, evitando allo tempo lo scontro con i grandi contingenti dell'esercito zarista. Nel corso dei suoi spostamenti, Pugacev ricevette considerevoli patrimoni: le proprietà dei nobili saccheggiati, il denaro statale sequestrato nelle città catturate, la quota che i Pugaceviani avevano espropriato ai benestanti cittadini e ai commercianti per la causa comune e cosi via. Del resto era necessario spostare rapidamente Pugacev e il suo quartier generale, ed era essenziale avere presente che vi era sempre il rischio di una sconfitta militare: in questo caso, le brigate locali avrebbero aiuto a rimettere insieme e riorganizzare la continuazione della lotta dell'esercito contadino e, se necessario, nascondersi dalle autorità. In effetti, l'insurrezione di Pugacev consisteva in una serie di sollevazioni locali, e i mezzi per mantenere l’esercito proletario doveva essere reperibile in qualsiasi momento in un'ampia varietà di regioni.
Ovvio che dopo la sconfitta del condottiero della Guerra dei contadini del 1773-1775, corse voce di un immenso tesoro occultato dai suoi seguaci chissà dove. Queste voci, o leggende popolari come volete chiamarle, circolano ancora in Russia. Ecco alcune delle varianti piu famose della posizione dei tesori di Pugacev:


Mappa della regione dove ha sede il villaggio natale di Pugacev, qui si trova anche Il paesino Lenin – di poco meno di 500 abitanti – sulla riva sinistra del fiume Aksay Kurmoyarsky, a praticamente 7 chilometri a est della citta di Kotelnikovo, a sud dell’ex Stalingrado.
Vedi https://ru.m.wikipedia.org/wiki/Ленина_(Волгоградская_область)


- Il villaggio natale di Emelian Pugacev, Zimoveyskaya (e, per inciso, di Stepan Razin [1630-1671 circa] - capo della rivolta del 1670-1671). La voce che Pugacev nascondeva alcuni dei suddetti tesori nella sua terra natia sorse ai nostri giorni, dopo che il villaggio fu inondato dalle acque del bacino di Tsimlyansk, e trasferito nella riva sinistra[1] della regione di Volgograd nella meta del XX secolo.

[1] V. https://ru.m.wikipedia.org/wiki/Пугачёвская_(Волгоградская_область) Dopo l'esecuzione di Pugacev nel 1775, la sua casa fu bruciata, il villaggio fu spostato a 2 km a sud e fu chiamato Potemkinskaya .

- Il Lago Tavatui vicino a Ekaterinburg: questa voce nacque sulla stampa sovietica degli anni ’70. Lo scienziato e scrittore Anatoly Malakhov, residente a Sverdlovsk, trovo una vecchia bara, in cui un'indicazione criptata gli fece supporre che il tesoro di Pugacev fosse sommerso nel lago Tavatui, a 50 chilometri dal centro regionale. Si dice anche che Malakhov abbia poi trovato sulla riva del lago un particolare segno di identificazione, che indicasse il luogo in cui era il tesoro. Ma da allora non si e saputo niente di più.



- La caverna sita nel distretto di Satkinsky nella regione di Chelyabinsk: sulla riva sinistra del fiume Ay, vi e tra le rocce una spelonca costituita da due piccole grotte, l'ingresso e piuttosto difficile da notare. C'e una credenza popolare che in queste grotte Pugacev avesse nascosto un prezioso tesoro.
Un esame approfondito della grotta non rilevo tracce di tesori, ma sono state scoperte tracce di presenza umana, quindi il tesoro potrebbe stato scoperto e rimosso dal nascondiglio;
- L’iscrizione su pietra trovata nel distretto di Falensky nella regione di Kirov: alla fine del 19 ° secolo, uno dei contadini della provincia di Vyatka si presentò alle autorità con una pietra da lui scoperta, su cui era incisa un'iscrizione. Nell’iscrizione si affermava che nel 1774 da qualche parte nelle vicinanze un gruppo di Pugaceviani seppellì molti oggetti di valore per un importo di 56 mila rubli in oro e 44 mila rubli in argento; una somma impressionante per quel tempo. La pietra doveva servire da indizio e punto di riferimento per la successiva riscoperta del tesoro. Ma non fu possibile stabilire il luogo esatto in cui il contadino trovo questa pietra, cosi anche la posizione di questo tesoro non sia stata ancora chiarita.
I commenti del 2014 e 2015 inserirono due altre piste:
- Ci sono voci secondo cui uno dei nascondigli del tesoro di Emelian Pugacev e stato sepolto ad Altai nella regione del villaggio di Mnogoozernogo. Si dice che nelle paludi scomparvero diversi carri carichi di gioielli.
- Nella città di Pugacev, ci sono prove che nella zona di Moprae circolarono 20 carri pesanti di emelyan Pugacev e quando se ne andarono erano vuoti. Negli anni '80 li tutto e stato rovistato ma non e stato trovato nulla, solo le catacombe sono state lasciate inesplorate perche si estendevano al disotto di tutta la città ed erano completamente allagate da fiumi sotterranei, tanto che non pochi subacquei non sono tornati da tudovo! Oggi, pochissime persone conoscono queste catacombe e le loro entrate.



Lo sguardo intenso di Nazzari (Pugacev) dallo sceneggiato rai “La figlia del capitano”.
Fonte: http://www.chuchotezvous.ru/civilizations/312.html

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Il Monte Azov


   Il monte Azov sugli Urali, che si trova nel sud-ovest della città di Ekaterinburg, a 8 km dalla citta di Polevskaya. La sua cima e coronata da potenti scogliere con pareti scoscese, da cui si apre una splendida vista degli spazi aperti boscosi.
E più volte citato nelle sue storie e molte leggende nascondono il segreto dei suoi tesori.
Uno dei racconti si riferisce al movimento di Pugacev negli Urali. Infatti Azov era un compagno di Pugacev, che lo avrebbe inviato su questa montagna per vigilare.
Esiste anche una versione secondo la quale il nome della montagna fu dato dai cosacchi che vennero qui dalle steppe Azov.
Nel 1939 gli studenti di Polevsky trovarono ben 44 idoli a forma di uccello – oggi custoditi a Sverdlovsk e a Polevsky – che furono realizzati 2500 anni fa, quando secondo una leggenda, viveva un popolo antico dagli strani occhi bianchi.



Questa popolazione erano i Chud, una etnia della gente Finno-Ugriche, e su di esse vi segnalo un articolo russo – anche se non molto ben adattato in italiano e pieno di pubblicità – molto interessante: https://moscsp.ru/it/finno-ugorskie-narody-finno-ugorskie-plemena.html
Secondo gli storici questa particolare popolazione non lascio ne annali, ne documenti di alcun tipo. Erano persone di media altezza, presumibilmente bionde e dagli occhi chiari; e a causa del loro aspetto ebbero anche altro nome: Chud dagli occhi chiari.



I Chud scomparvero – e te pareva – con l'avvento del cristianesimo, infatti la loro religione era pagana. Al tempo in cui apparvero i primi alberi di betulla arrivò sulle loro terre un popolo diverso, – sembra la storia odierna della penisola italica – dalla pelle più scura. Una leggenda dice che essi vivevano nei boschi, con la loro fede. Quando gli immigrati gli imposero di convertirsi al cristianesimo, essi rifiutarono. E quando volevano essere battezzati con la forza, fu scavato una grande buca con un tetto sostenuto da pali, poi basto abbattere quei pali e riempire di terra la buca.


Ma forse i Chud andarono invece in rifugi segreti in un luogo sconosciuto, nascosto chiamato Bielovodje e questo si accosta alla leggenda della città sotterranea della gente di Agarti, molto diffusa in India. Comunque non se ne andarono per sempre, perche si dice che un giorno gli abitanti di Bielovoje, iChud, torneranno con le loro grandi conoscenze e ci saranno giorni felici!
Una altra leggenda parla del sogno avuto da uno scienziato russo: “Una volta Tatishchev, il fondatore di Ekaterinburg, aveva fatto uno strano sogno. Una donna dall'aspetto insolito e dalla meravigliosa bellezza venne da lui. Era vestita con pelli di animali e gioielli d'oro scintillarono sul suo petto.



«Ascolta» disse la donna a Tatishchev, « Hai dato l'ordine di distruggere gli antichi tumuli nella tua nuova città. Non toccarli, perché lì riposano i miei coraggiosi guerrieri. Non vivrai più bene in questo mondo, se turberai il loro  riposo. Sono Anna, Principessa degli Chud, ti giuro che rovinerò la città e tutto ciò che costruirai se tocchi queste tombe. » E Tatishchev, turbagto da questo strano sogno, ordinò di non violare quei luoghi di sepoltura.
Oggi degli Chud restano solo le leggende e i nomi dati a i fiumi e laghi, dove hanno vissuto.
   Ma la storia piu bella e quella che narrano gli anziani sulla montagna chiamata Azov, perche una fanciulla Azovka vi abita in una profonda grotta.
Mi ricorda la storia della Sibilla Cumana che all’avvento del cristianesimo si isolò sugli Appennini, in quella parte che da lei vennero chiamati Sibillini… La fanciulla è annoiata di tanta solitudine, ma non le piace mostrare i suoi occhi alla gente e, se lo fa, lo fa raramente. Ma perché la gente sappia che è viva, ogni notte, quando fa buio, accende una luce proprio in cima alla montagna.


Molte persone hanno visto questa luce, sono andate in cerca della ragazza, ma non l'hanno trovata. Dicono che le persone che salgano da sole sulla montagna ancora oggi sentono come se qualcuno stia cantando oppure piangendo e gemendo. Vedono il fuoco di una candela o un falò in cima, solo che arrivati li, scoprono che non c'e nessun fuoco… Si sta ancora cercando il posto in cui si trovava l'ingresso della grotta. Sempre gli anziani ricordano ancora quelle persone che volevano andarci, ma che infine non vedevano nulla: il vento soffiava, la candela si spegneva e poi l'ingresso della caverna era coperto di terra e disseminato di pietre.
Il monte Azov non e un luogo complesso, in cui regna un mistero, una promessa e una speranza. Geologi, cercatori e semplici turisti che hanno visitato questi luoghi, affermano che qui c'e effettivamente qualcosa di misterioso. Le nature romantiche lo spiegano con il fatto che in questi luoghi il mondo sotterraneo incontra la superficie. I pragmatici credono che la causa delle complessità mistiche risieda nelle anomalie geomagnetiche. È  il monte Azov.

Fonti :



Marco Pugacioff
  
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giovedì 20 febbraio 2020

Il Romano della Libertà


Il Romano della Libertà

   Relativamente pochi mesi fa, il professor Enzo Mancini, venne ha trovare questo vecchio stalinista mangiapreti, buttandomi là l’idea di realizzare un storia a fumetti su Carlomagno; fare una prima puntata e poi – se a qualcuno piaceva – andare avanti.
L’idea non mi piaceva per niente; e poi ne avevo già parlato dei fatti carolingi insieme a Galileo sul libro di Silvestro II. Inoltre Mancini mi propose di prendere alcune informazioni dai libri di Giovanna... vattelappesca (non ricordo e non mi interessa il cognome)  che situa la lotta contro gli islamici di Carlo Martello non a Poiters… ma a Pesaro! Ma a tutto c’è un limite!
Del resto la splendida ipotesi storica del professor Carnevale sta per ricevere i suoni della campana a morte da parte della università di Macerata, in accordo con quella – per me – ben più antica di Camerino.
Comunque o de toute façon, l’onda di odio per coloro che detengono i diritti su Blek Macigno e per i suoi servi – uno dei quali è in Catalogna – che non mi consentono di proseguire la mia opera su questo grande personaggio a fumetti (come del resto sui cari Cucciolo & Beppe) e una sempre più progressiva stanchezza mi hanno fatto cadere i miei spelati pennelli su una storia a fumetti riguardante la nascita della Francia picena, di cui, grazie a un vecchio compagno di scuola, ho ritrovato l’eco della sua reale esistenza.
   Ho iniziato con la grande emigrazione dall’Aquitania, per arrivare a dare tutta una serie di mie idee sulla nascita della Francia, che non ha nulla a che vedere con l’attuale France. E nulla a che vedere con i Franchi salii e altri ancora. Il Piceno spopolato dai funesti tempi della guerra gotica, era stata appena ripopolata da longobardi, a detta di qualcuno <<grande civiltà>> che però usava i mastini contro i contadini nativi, i “Romani”, quello sì, un gran popolo vero, durato quasi mille anni.
Dei Longobardi fece parte anche l’imperatrice Ageltrude, ma non bisogna mai dimenticare che il suo compagno, il grandecondottiero Guido, era un Franco! Nonostante questo quando prospettai il fatto che a Camerino ci fossero i Franchi mi si rise malignamente in faccia!!! Taccio su chi era l’autore del bestiale gesto, che era avverso al professor Carnevale e in accordo con Bittarelli, direttore dell’Appennino Camerte, il quale scriveva sui suoi libri su come si dovesse spiegare altrimenti che i biondi a Camerino superano del 6 % la media nazionale, ovvero  solo con il fatto che vi erano stati i Longobardi. Infatti la Longobarda Ageltrude sul suo diploma parla appunto di Camerino. Vabbè, inutile combattere contro i mulini a vento. Passiamo avanti…  
   Quando lessi il libro del Professor Febo Allevi (umile falegname che si elevò a cattedratico universitario, o perlomeno così mi hanno riferito) Con Dante e la Sibilla, del 1965 rimasi colpito, a pag. 55, dal fatto che la chiesa delle Vergini a Macerata situata sopra la più che probabile primitiva Aquisgrana si chiamasse in realtà dei Vergini!
E che si fece durante la festa di San Giuliano, patrono del paesotto di Macerata Granne, il <<divieto delle condotte «inhonestates et turpitudines», legate con le stesse ricorrenze; nella dedicazione del tempio rinascimentale di S. Maria delle Vergini, detto “fino ai primi anni del 1600... dei Vergini", in relazione ad un antico culto pagano praticato in questa altura maceratese>> e collegato alla <<ininterrotta ed antichissima tradizione dell'immanca­bile presenza dell'oca giovane o papera quale piatto speciale di ogni mensa povera e ricca il giorno della festa dello stesso patrono S. Giuliano: tradizione che ci pare si riallacci anch'essa al culto della Madre degli Dei ed alle feste a lei dedicate, le Hilaria,>> Ma un’oca o papera potrebbe anche indicare velatamente… una fanciulla ! E i Vergini…
In un attimo nella mia mente si è associata la frase tipica della zona, detta nella forma più semplice <<non c’è cosa più divina della cugina!>>.
Infatti nella festa a Cibele, detta Hilaria, (e da cui deriva sicuramente la parola ilarità) che seguiva i dies sanguinis, (i giorni del lutto) si dava sfogo alla vita con banchetti e altre manifestazioni di gioia. E qual è la manifestazione più gioiosa? Quella della scoperta sessuale, senza costrizioni religiose monoteistiche.   
   Altra mia fantasia, (ma non troppo e spiegherò perché) è l’ipotesi del termine Vergaro. Nell’esercito Romano chi dirigeva le fasi di una battaglia era un centurione primipilo, il massimo grado che un non nobile potesse raggiungere. Per dirigere i soldati il centurione aveva un piccola asta di legno derivata dai pali che reggevano la vigna, simbolo di quei contadini che sovente dovevano andare alla guerra. Un simbolo che si è perpetuato nel frustino come si può vedere – o meglio si poteva – nelle pellicole o nei fumetti di guerra in mano agli ufficiali britannici o a quelli nazisti.

 Baculo il centurione accompagna una bambina
alla scoperta del Foro Romano
 
   Publio Sestio Baculo, citato da Giulio Cesare nel “De bello Gallico” (ho scoperto che ha pure una scheda sulla malfidata wiki) deve aver avuto delle terre al suo congedo e molti legionari di Cesare e di Augusto ebbero terre proprio nel Piceno. Da lui, dalla sua condotta eroica, e dal suo nome Baculo, bastone, verga in latino sarebbe venuto il termine Vergaro. La mia ipotesi, su quest’uomo, su cui da oltre vent’anni ho realizzato fumetti e brevi romanzi,  è tanto bislacca?
   Per ultimo vi dirò che queste mie fantasie sono solo sogni, sogni che faccio da sveglio, prima di addormentarmi con la mia gattina… ah, certo. È solo una gattina la mia Luna, non una cugina… le mie cugine non le ho mai “toccate”, come non si può toccare la bella e casta Diana, di cui scrissi <<Nelle campagne sopravvisse a lungo la religione pagana e per secoli restò come simbolo di fertilità la Dea Diana, la dea dal bel viso perennemente giovane, libera e selvaggia.>>
Marco Pugacioff




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sabato 15 febbraio 2020

MONTSERRAT segreti e misteri


MONTSERRAT
segreti e misteri



   Il monastero di Monserrat come a Loreto, e tante altre località religiose, conserva una statuina rappresentante una supposta madonna nera. Come mai dico supposta? Ci arrivò più sotto. A parte la mia avversione per le attività religiose monoteiste, e il terrore che mi ispirano simili luoghi – vere e proprie trappole economiche, che nascondono una riserva di energie spirituali, cibo per creature aliene ancora sconosciute – il posto suddetto è una vera perla di riserva di Madre Natura dove vi sono un’infinità di caverne e molti fonti di acqua pura.


È formata da un agglomerato di rocce antiche di almeno 4 milioni di anni. Sulla sua cima vi sono più di una settantina di menhir naturali, vere e proprie punte che hanno raccolto energia cosmica dall’universo, caricando di energia siderale la montagna.
Questa montagna è lunga una decina di chilometri per cinque chilometri di larghezza; al contrario il macigno Ayers (Uluru – Ayers Rock) in Australia, anch’esso luogo di rituali per i nativi, gli aborigeni, è lungo solo circa tre chilometri. Monserrat è uno dei dodici chakra spirituali che vi sono al mondo; in oriente è il Tibet, in occidente Monserrat, in catalano la montagna serrata. Una volta arrivò in Catalogna il Dalai Lama e ne restò incantato, tanto da riferire che aveva un desiderio impossibile da compire ovvero fare l’eremita su questa montagna. 
Cosa assai strana i geografi cercando la longitudine e latitudine di questa montagna, sembrebbe che non siano riusciti a determinarla per le forti perturbazioni geomagnetiche…
La spiritualità di questa montagna dove si produce la simbiosi tra la materia e lo spirito delle persone che arrivano in Montserrat, ne ha fatto un luogo di pellegrinaggio, da molto prima che esistesse il cristianesimo. Oltre ai druidi, che svolgevano i loro riti sacri in alto sulla montagna, vi erano anche i Romani.
Nel mezzo della montagna vi era l’eremitaggio di Sant’Ana, originalmente chiamata Tebas (Tebe), o Tebaida come dicevano i Romani. Tanto che ricorda l’antico Egitto (ma anche la città greca legata al mito di Eracle), infatti la patrona di Monserrat è egizia, non cristiana. 

La sua antichità arriva dai tempi di Giulio Cesare. Anzi chi portò la figura alla montagna fu Traiano. Una figura dedicata alla fertilità, alla fecondità! L’attuale figura, rappresentazione medievale non è l’originale e ve ne furono molte dopo quella romana. Quindi in origine la divinità rappresentata era pagana; probabilmente era o una Isis, una Mater greca, una Venere (di cui si trovano le fondamenta del suo tempio), comunque tutte Madri della Terra, come è l’attuale vergine di Monserrat, una Vergine nera.

Un immagine della moreneta confrontata con la Gioconda da José Luis Espejo

Una vergine con tratti orientali che non centra niente con quella cristiana in quanto  storicamente nettamente anteriore. Ed è nera non perché rappresenti una fanciulla senegalese, no di certo, ma perché simbolizza la fertilità!
Il nero viene dall’humus, la sostanza che fertilizza la Madre Terra, perché questa è la tematica che designa la Moreneta, ma in pratica anche le altre statuine nere in giro per l’Europa. Da una virginità primordiale, non dalla vergine, madre di cristo «che fu vergine prima del parto, nel parto e dopo il parto.[1]»
Si dice anche che era nera perché fu ottenuta da pietra venuta dallo spazio, una meteorite, come – per esempio – la Kaʿba della Mecca venerata dai musulmani, che fu argomento di un episodio della saga a fumetti per adulti di Jacula, il cui volto è per me molto simile alla dea Diana.
   Certo c’è una versione che dice che la statuina fu rinvenuta in una grotta dopo che per tre sabati consecutivi venne vista una luce posarsi davanti all’entrata, all’incirca nel 880 dell’era volgare.
Poi arrivarono dodici monaci – ma guarda, anche loro dodici come gli apostoli o gli allegri compagni (insieme a Marion) del ormai  mitico Robin Hood – nel 1011, e nel 1022 il padre Oliva fondò il primo monastero. In questo monastero vi era una scuola di Alchimia; altre scuole di alchimia erano sempre in Catalogna, ma gli abati andavano a Monserrat per apprendere i segreti di questa arte e gli veniva aperta la porta una volta all’anno.
Uno dei suoi abati fu Giuliano della Rovere, già da cardinale «padre felice di tre figlie.[2]» [da buon uomo di chiesa si è divertito… beato lui!] più conosciuto come papa Giulio II, ed anche papa alchimista; quando venne dall’Italia per diventare abat comandatari de Montserrat dal 1472 al 1483 si portò dietro sei monaci dall’abbazia di Montecassino e lavorarono molto con quest’arte.




Questo quanto riferito dal Signor Sebastià d'Arbó nella conferenza, ma il Signor José Luis Espejo ha avuto la cortesia di rispondermi il 04/03/2020, precisando:
«Los monjes de Montecassino llegaron en 1443, y no los trajo Giuliano Della Rovere. Marcharon de Montserrat en 1456.
En Montserrat hay varios incunables y libros sobre alquimia, que sobrevivieron del incendio de 1811. Un monje -arvhivero-, hoy fallecido, me dijo que en Montserrat no hubo laboratorio alquímico, pero creo que no dijo toda la verdad. De hecho en Montserrat se producía un licor, para el que se debían emplear medios alquímicos (para producir alcohol).
Sin más, un cordial saludo.»
I monaci di Montecassino arrivarono nel 1443 e non li portò Giuliano Della Rovere. Se ne andarono da Montserrat nel 1456.
A Montserrat ci sono diversi incunaboli e libri sull'alchimia, sopravvissuti all’incendio del 1811. Un monaco – archivista -, oggi deceduto, mi disse che a Montserrat non esisteva un laboratorio alchemico, ma penso che non abbia detto tutta la verità. Infatti a Montserrat veniva prodotto un liquore, per il quale si dovevano usare mezzi alchemici (per produrre alcol).
Senza altro, un cordiale saluto.
José Luis Espejo.

     





Nella biblioteca di Monserrat (nell’immagine qui sopra tratta dalla conferenza) vi sono molti incunaboli di alchimia e tra coloro che andarono in quel luogo, sembra vi sia stato uno studioso molto famoso: Leonardo che vi studiò quest’arte e che qui dipinse la Vergine della Roccia. Questo secondo gli affascinanti studi di José Luis Espejo[3] che scrive «un falso pellegrino, presumibilmente Leonardo, fu accettato dalla comunità, su richiesta di Llorenç Marull[4] (forse su suggerimento di Giuliano della Rovere, italiano come Leonardo). Forse il suddetto pellegrino fece la statua di Santa Cecilia (si vedano le sue iniziali sul disegno) e quando chiese della biblioteca si interessò anche al laboratorio alchemico del monastero. Ciò che sembra chiaro è che non avremo mai la "prova definitiva" della sua permanenza nel monastero, dato che alcune persone di Montserrat (Benet Ribas, archivista) e della Corte di Madrid (Francisco de Zamora) si sono preoccupate di farle sparire.»
In effetti è molto affascinante l’idea di un Leonardo, finto pellegrino che apprende segreti alchemici che poi avrebbe riversato sulle sue supposte opere come la Sindone e il quadro che cambia forma.


Splendida illustrazione del 1835,
della Presa di Montserrat da parte del Maresciallo Suchet in vendita su:

  Quando arrivò Napoleone in Spagna, il generale Louis Gabriel Suchet (1770-1826) cercando non si sa bene cosa, forse il solito Graal, incendiò il monastero di Monserrat e la sua biblioteca il 29 luglio 1811 (ma perdio, le biblioteche – sia ieri che oggi – danno fastidio!) già maltenuta ai tempi della presunta visita di Leonardo; si dice che l’imperatore volesse liberare la statua della Madonna nera detta "Morenita", tenuta "prigioniera" della religione usurpatrice. Ma comunque qualcuno ha sempre cercato qualcosa dappertutto: in particolare a Monserrat, ci andarono anche i nazisti a cercare… bò, forse inseguivano le scoregge che avevano nel cervello.
   Tutto questo mio scritto deriva dalla bella conferenza di Sebastià d'Arbó al congresso ufologico di Barcellona del 19 al 21 de Settembre 2017, in rete su https://www.youtube.com/watch?v=_VOS6RowGiw. È indubbio che non essendo un professorone d’università, ma solo un giornalista, innamorato di questa montagna, le sue ricerche non potranno essere considerate altro che un cumulo di sciocchezze. Ma per me è cibo per la mente, una mente libera dai dogmi imposti, quelle che chiamo scoregge.   
   Altra interessante conferenza in rete è quella del giornalista Raúl Sacrest – collaboratore anche di Iker Ymenez in Cuarto Milenio – avvenuta a Eibar durante la I Jornadas del Misterio del País Vasco, tra il 25 e il 26 di Febbraio 2017. in rete al seguente inderzzo:
Qui si è parlato dei molti avvistamenti di oggetti volanti non identificati, gli O.V.N.I., in Italia detti all’americana ufo, che d'Arbó non ebbe tempo di poter riferire alla sua conferenza.
   Di questi strani avvistamenti vi accludo una semplice immagine sbiadita della conferenza di Sacrest: 


Che dire di queste immagini, scattate nel 2017, della conferenza? Immagini del genere si  possono scorgere anche – per esempio – sui Sibillini. Dico i Sibillini invece del monte Musiné a Torino, perché li ho davanti al muso… Sarebbero ad indicare che qualcosa di estraneo della nostra realtà esiste.
E a questo proposito segnalo questa testimonianza trovata sui commenti della precedente conferenza di d'Arbó; è del signor Josep Farell, pubblicata nel 2019 «Un'esperienza indimenticabile che mi è capitata da bambino, quando ho trascorso alcune settimane d'estate nel complesso residenziale El Palá, ai piedi di Montserrat, ogni notte una luce appariva sulla cima della montagna, scendendo su una spianata di fronte alla casa dove ho trascorso l'estate con Alcuni cugini, zii e nonne. La luce, bianca con lampi blu, ha assunto la forma di una "vergine" in piedi, senza toccare il suolo, cioè è stata sospesa per alcuni minuti sopra di noi, a una distanza di circa 5 o 6 metri, poi è salita di nuovo alla grande velocità per sparire dove era venuta, sopra Montserrat. Questo fatto straordinario è successo ogni notte. I nostri nonni hanno deciso di non dirlo a nessuno per paura. Tema tabù. Si era nei primi anni '60.»
   Altro inquietante fenomeno che avviene nel monte Serrato, è quello delle sparizioni di persone, che avvengono almeno dagli anni ’70. Vi un ampio resoconto su:
   Un caso recente, raccontato anche su Cuarto Milenio, si è verificato quando i vigili del fuoco di Cerdanyola partirono in soccorso di un alpinista che si era perso nel massiccio. Questa persona aveva lasciato la macchina aperta con le chiavi ed era salita nella montagna. L'elicottero di ricerca individuò in un'area di difficile accesso un uomo in cerca di aiuto. Pensando che fosse l'uomo scomparso, fu segnalato ai servizi di terra che andarono in suo soccorso. La sorpresa fu che si trattava di un altro uomo, uno che si era perso da tre giorni nella zona e che non riusciva a tornare indietro. La cosa inquietate è che quest'uomo – che era molto debole e nervoso – disse alle squadre di soccorso che durante i tre giorni infernali persi sulla montagna aveva dormito con “La Mujer Negra” [La donna nera]. Quando le squadre di soccorso arrivarono nel luogo indicato dall’uomo trovarono un cadavere mummificato di una donna scomparsa più di tre anni fa.
Una gran quantità di storie circolano sulla montagna, incluso di gente incappucciata che, come in tanti altri posti, effettua riti di magia nera, ma di queste cose – come Sacrest – preferisco non parlarne.



   Monserrat è una vera sierra encantada per dirla alla Gianluigi Bonelli.





[2] Claudio Rendina, I Papi, storia e segreti, newton 1987, pag. 608.
[4] Riferisce Espejo sempre dell’articolo nel terzo collegamento a nota 3, poco più sopra che Llorenç Marull  fu vicario a Montserrat del comandante abate Giuliano della Rovere fino all'anno 1483, e allo stesso tempo abate di Santa Cecilia de Montserrat tra il 1471 e il 1483.

Marco Pugacioff
  
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