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domenica 20 gennaio 2019

Il noce di Benevento, Congrega di streghe



Il noce di Benevento,
Congrega di streghe


   L’abate  Diego Zunica, napoletano di origine spagnola ed appartenente alla Compagnia di Gesù, nel suo libro La ricreazione de’ curiosi, ( Napoli MDCCXXXI ) narra – nell’italiano ampolloso del XVII secolo – la storia del noce di Benevento, e vi riassumo qui, i fatti salienti:


Le sabbat des sorciers, 1927
   Lo stile del demonio, di Satana, è quello di voler assomigliare a Dio e per arrivare a simili onori, dice Zunica, si riunisce con pochi seguaci. Primi tra tutti gli Stregoni e poi le Streghe sue spose, che sono consacrate solennemente al suo servizio col suo amore.
   Siccome l’Arcangelo Michele scelse in Siponto, una grotta consacrata col suo nome e conosciuta oggi come S. Angelo in Puglia e da sempre luogo di pellegrinaggio, allora lui si elesse il noce di Benevento perché da tutte le parti del mondo venissero le Streghe ad adorarlo e a celebrare con lui nozze impure.
   Secondo l’autore, il Demonio si diletta di quest’albero solo «perché porta nel nome di nuocere» e rammenta la vicenda della noce della via Flaminia a Roma, talmente popolata di demoni che infestavano i passanti con orribili visioni, tanto che papa Pasquale I fece ricorso alla Vergine per porvi rimedio. Estirpò così la pianta dalle radici e vi trovò le ossa dell’imperatore Nerone che fece prontamente gettare a fiume. Costruito sul luogo un altare ( una chiesa ) detta Vergine del popolo, sparirono così «le Fantasime, e le larve».


   Poi prosegue scrivendo che non lontano da Benevento, in un bosco, fra molte noci, ve ne era una era di singolar grandezza che faceva trono di Belzebucco e da famoso teatro dei festeggiamenti, dei banchetti e delle oscenità delle streghe. Zunica non sa, al tempo in cui scrive, se questa noce era ancora visitata dai demoni, ma curioso di vederla si inoltrò in quel bosco lontano da Benevento quattro sole miglia, insieme a un suo amico, il quale era padrone di un villaggio chiamato Pianca. L’abate chiese a un rustico – un contadino – di età avanzata, di condurlo sul posto ma costui non riuscì a distinguere il noce famoso tra quanti ve ne erano. Il luogo è così ritirato, scrive Zunica, e fuor di mano da apparigli melanconico anche per lo scorrere di un torrente d’acqua che si getta nel fiume Sabbato.


Raffaele Mainella, il Noce di Benevento, 1883: da
   È qui, comunque, che da remote regioni le streghe vengono portate sopra un caprone, che esse chiamano Martinello. L’etimologia del nome strega, scrive il solerte abate, si deduce da quello di un uccello chiamato Strix perché questo stride nella notte e a sua imitazione le streghe vagano per l’aria esercitando i loro malefici. Ma queste donne diaboliche sono chiamate altresì Lamiæ, non per la vita che conducono con i demoni Incubi e Succubi, ma per la crudeltà usata nei malefici contro gli uomini, infatti le Lamie sono fiere dell’Africa, col volto di donna e con petto e mammelle talmente procaci da attrarre gli uomini per poi crudelmente divorarli. 

 
Felicien Rops, tentazione di S. Antonio

    Le streghe, per diventar tali, devono rinunciare al battesimo e agli altri sacramenti per dedicarsi solo al culto del Demonio. Questa loro proclamazione avviene in due modi: una privata e l’altra solenne. La prima può farsi in qualsiasi luogo, l’altra si fa sotto al noce di Benevento davanti al Demonio, che si manifesta in trono e leggendo alle novizie i suoi statuti. Dopo averle esortate a non adorare più le immagini sacre, la Croce e tutto ciò che appartiene alla legge di Cristo, il Demonio si fa dare giuramento di fedeltà e a donarsi a lui in corpo e anima; le nuove adepte devono inoltre fornire «con qualsiasi arte» altre novizie alla loro setta, meglio è se sono vergini consacrate a Dio. Fatto questo il Demonio in forma umana, le abbraccia e si impegna a prestar loro ogni amore ed ubbidienza, in segno di ciò, porta loro un libro dalla pagine nere da usare come canone di sacri testi e poi si termina la processione. Da lì in poi la strega è obbligata ad assistere ai sacrifici notturni che si terranno alla gran noce beneventana e a ubbidire alle antiche professe. Come ultimo sigillo del patto, il principe diabolico dà alla nuova strega un demonio assistente che la servi e la soddisfi in ogni suo desiderio e che la porti sempre al noce di Benevento.


Questa splendida immagine è tratta dal libro:
SON ALTESSE LA FEMME PAR OCTAVE UZANNE.
Illustrations de Henri Gervex, J.-A. Gonzalès, L. Kratké, Albert Lynch, Adrien Moreau et Félicien Rops. Paris, A. Quantin, imprimeur-éditeur, 1885.
   Vi sono altri luoghi dove avvengono le assemblee e le congregazioni diaboliche, come in luoghi particolari dell’Inghilterra e della Norvegia, ma la più frequentata, a dir di Zunica è sempre la noce di Benevento. Le nuove streghe, le novizie, vengono festeggiate con un enormità di balli, giochi, tripudi, banchetti e lascivie. Quando il demonio assistente intima alla strega di andar alla congrega, essa si unge di un unguento superstizioso, e portatasi fuor dall’uscio, vi trova un caprone ( Martinello ) che monta e che la porta velocemente alla noce.


Illustrazione di Bernard Zuber, pubblicata nel 1926 nell'opera de Maurice Garçon intitolata
La Vie exécrable de Guillemette Babin, sorcière
come quest'altra:




Una giovane strega si fa ungere per andare al sabba.
  Qui arrivata e riunita ad altre donne, tra cui Dame, claustrali, vergini, riveriscono il Diavolo seduto in un soglio sontuoso, ma in modo diverso dal consueto, perché non gli voltano la faccia, ma le spalle; ne si inginocchiano congiungendo le gambe a terra, ma aprendole e alzandole verso il cielo come a volerlo calpestare. Quasi sempre avvengono i sacrifici e dopo di essi, Satana, alzatosi dal trono, ordina i giochi e i sollazzi carnali.



   I demoni custodi delle streghe si trasformano in Incubi e le profanano, mentre le streghe amanti dei fattucchieri si uniscono insieme, e qui chi dà di piglio alla vergine, chi alla maritata, chi alla monaca claustrale, con sonori baccani da esser uditi dai passanti. Dopo aver saziato la libidine, saziano anche la gola con mense abbondanti di cibarie e vini delicatissimi, brindando ai loro amanti. Dopo due ore di questi bagordi, si spengono i lumi e riprendono a unirsi nella lussuria. Terminata la congregazione, sul dorso dei loro Martinelli, le streghe ritornano alle loro case.


"Sabbat de sorcières" dipinto del 1909
   In tali riunioni, o congreghe che dir si voglia, non bisogna mai nominar il nome di Dio, perché tutto l’apparato della festa svanirebbe all’istante, come accade a quel marito – secondo il racconto di Paolo Ghirlando – che scoprì che la moglie era una strega e la costrinse a condurlo a una festa sotto il noce piena di uomini e donne, con un convito a dir poco generoso, ma ahimè le delicate vivande erano insipide. Dopo aver richiesto ripetutamente del sale, gli fu recato, ma gli uscì una lode a Dio dalle labbra. Tutto il convito sparì all’istante e lui rimase al buio, nudo in pieno inverno, sotto alla noce. Dopo giorni di viaggio ritornò alla casa e denunciò la moglie all’Inquisizione.  


«Hai visto il diavolo?» Scena tratta dalla pellicola Il settimo sigillo del 1957
   Spaventoso è per i demoni anche il suono della campana dell’Ave Maria. Una strega di nome Lucrezia tornava da una congrega, quando il suo Martinello svanì all’udire tale suono e si ritrovò in mezzo alle spine vicino a un fiume. Un giovane che passava di lì la riconobbe nonostante fosse scapigliata, la ricoprì col suo mantello e la riportò a casa e per questo ebbe molti doni dalla strega. Purtroppo il giovane non si tenne il fatto per sé, e dopo poco tempo la notizia arrivò all’inquisitore Paolo Ghirlando che imprigionò Lucrezia.


   La potenza delle streghe, dice Zunica, è pari quasi a quella del demonio. Esse succhiano il sangue dei bambini, prendono figure di gattini o di uccelli e volano per aria con le sembianze di asini rendendo farneticanti gli uomini e poi affascinano, ovvero colpiscono con i soli sguardi. Infatti avvenne nella città di Spira che un mercante in viaggio nella Svevia, usci dopo pranzo dal castello dove dimorava per passeggiare nella campagna. Era accompagnato da due servi, i quali alla vista di una vecchia che stavano per incrociare, lo esortarono a farsi il segno della croce perché essa era una malefica. Lui non ci credete, ma la vecchia lo guardò storto e subito sentì una tale dolore al piede che dovette rientrare servendosi di un cavallo. Fu chiamato un vecchio contadino a distruggere il malefizio, il quale lo curò in nome di Dio, prendendo del piombo liquefatto in un vaso di ferro, lo gettò in una scodella d’acqua collocata sopra il piede malato. In quell’acqua il piombo formò le immagini di ossa, di nervi e di pelle. Era la prova del maleficio e promise il vecchio di guarire il mercante in tre giorni; al che il mercante gli chiese come facesse a indovinare col piombo la sua infermità. Il vecchio rispose
   - Voi sapete, che sette sono i metalli sopra i quali dominano i sette pianeti, e poiché Saturno domina sopra il piombo, quindi la sua proprietà è tale, che se sarà liquefatto sopra il maleficiato, dimostrerà col suo influsso il suo maleficio.
   Dopo tre giorni il vecchio restituì la salute al mercante. Zunica paragona lo sguardo malefico delle streghe – di cui i fanciulli sono più facili prede – a quello del Basilisco che col veleno dei suoi occhi pietrifica all’istante, sia gli uccelli in volo, sia gli uomini che uccide con l’aria infetta dai suoi occhi; l’unica maniera per uccidere il Basilisco è con uno specchio in cui l’aria infesta al riverbero del vetro ritorna a lui e l’uccide a sua volta. E qui termina lo scritto sul Noce di Benevento dell’abate Zuniga.


Stigma diaboli, peinture anticléricale de Clovis Trouille.
   Queste erano le credenze che sarebbero state soffocate solo col secolo dei lumi e che tanta carne umana portò al rogo. L’abbate Filippo Bianco nel suo libro LESSICOMANZIA ovvero Dizionario Divinatorio-Magico-Profetico stampato a Napoli nel 1831 rispose così a Zunica «L'autore molte altre cose rapporta intorno alla Noce di Benevento, per le quali tanto risi che non distesi alcuno articolo pel corso intero di una mattinata. (V. pag. 485)». Citato in:  http://www.pontelandolfonews.com/index.php?id=3082


Luis Ricardo Falero (1878)
   Non di meno mi sembra inevitabile pensare che questi racconti fossero usati per eccitare la fantasia così come venivano usate oggi le riviste per adulti e i fumetti come Jacula.
    


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