Il
noce di Benevento,
Congrega
di streghe
L’abate Diego Zunica, napoletano di origine spagnola ed
appartenente alla Compagnia di Gesù, nel suo libro La ricreazione de’
curiosi, ( Napoli MDCCXXXI ) narra – nell’italiano ampolloso del XVII
secolo – la storia del noce di Benevento, e vi riassumo qui, i fatti salienti:
Le
sabbat des sorciers, 1927
Lo stile del demonio, di Satana, è quello di voler assomigliare a Dio e per
arrivare a simili onori, dice Zunica, si riunisce con pochi seguaci. Primi tra
tutti gli Stregoni e poi le Streghe sue spose, che sono consacrate solennemente
al suo servizio col suo amore.
Siccome l’Arcangelo Michele scelse in Siponto, una grotta consacrata col suo
nome e conosciuta oggi come S. Angelo in Puglia e da sempre luogo di
pellegrinaggio, allora lui si elesse il noce di Benevento perché da tutte le
parti del mondo venissero le Streghe ad adorarlo e a celebrare con lui nozze
impure.
Secondo l’autore, il Demonio si diletta di quest’albero solo «perché porta nel
nome di nuocere» e rammenta la vicenda della noce della via Flaminia a Roma,
talmente popolata di demoni che infestavano i passanti con orribili visioni,
tanto che papa Pasquale I fece ricorso alla Vergine per porvi rimedio. Estirpò
così la pianta dalle radici e vi trovò le ossa dell’imperatore Nerone che fece
prontamente gettare a fiume. Costruito sul luogo un altare ( una chiesa ) detta
Vergine del popolo, sparirono così «le Fantasime, e le larve».
Poi prosegue scrivendo che non lontano da Benevento, in un bosco, fra molte
noci, ve ne era una era di singolar grandezza che faceva trono di Belzebucco e da
famoso teatro dei festeggiamenti, dei banchetti e delle oscenità delle streghe.
Zunica non sa, al tempo in cui scrive, se questa noce era ancora visitata dai
demoni, ma curioso di vederla si inoltrò in quel bosco lontano da Benevento
quattro sole miglia, insieme a un suo amico, il quale era padrone di un
villaggio chiamato Pianca. L’abate chiese a un rustico – un contadino – di età
avanzata, di condurlo sul posto ma costui non riuscì a distinguere il noce
famoso tra quanti ve ne erano. Il luogo è così ritirato, scrive Zunica, e fuor
di mano da apparigli melanconico anche per lo scorrere di un torrente d’acqua
che si getta nel fiume Sabbato.
Raffaele
Mainella, il Noce di Benevento, 1883: da
È qui, comunque, che da remote regioni le streghe vengono portate sopra un
caprone, che esse chiamano Martinello. L’etimologia del nome strega, scrive il
solerte abate, si deduce da quello di un uccello chiamato Strix perché
questo stride nella notte e a sua imitazione le streghe vagano per l’aria
esercitando i loro malefici. Ma queste donne diaboliche sono chiamate altresì Lamiæ,
non per la vita che conducono con i demoni Incubi e Succubi, ma per la crudeltà
usata nei malefici contro gli uomini, infatti le Lamie sono fiere dell’Africa,
col volto di donna e con petto e mammelle talmente procaci da attrarre gli
uomini per poi crudelmente divorarli.
Felicien
Rops, tentazione di S. Antonio
Le streghe, per diventar tali, devono rinunciare al battesimo e agli altri
sacramenti per dedicarsi solo al culto del Demonio. Questa loro proclamazione
avviene in due modi: una privata e l’altra solenne. La prima può farsi in
qualsiasi luogo, l’altra si fa sotto al noce di Benevento davanti al Demonio,
che si manifesta in trono e leggendo alle novizie i suoi statuti. Dopo averle
esortate a non adorare più le immagini sacre, la Croce e tutto ciò che
appartiene alla legge di Cristo, il Demonio si fa dare giuramento di fedeltà e
a donarsi a lui in corpo e anima; le nuove adepte devono inoltre fornire «con
qualsiasi arte» altre novizie alla loro setta, meglio è se sono vergini
consacrate a Dio. Fatto questo il Demonio in forma umana, le abbraccia e si
impegna a prestar loro ogni amore ed ubbidienza, in segno di ciò, porta loro un
libro dalla pagine nere da usare come canone di sacri testi e poi si termina la
processione. Da lì in poi la strega è obbligata ad assistere ai sacrifici
notturni che si terranno alla gran noce beneventana e a ubbidire alle antiche
professe. Come ultimo sigillo del patto, il principe diabolico dà alla nuova
strega un demonio assistente che la servi e la soddisfi in ogni suo desiderio e
che la porti sempre al noce di Benevento.
Questa splendida immagine è tratta dal
libro:
SON ALTESSE LA FEMME PAR OCTAVE UZANNE.
Illustrations de Henri Gervex, J.-A.
Gonzalès, L. Kratké, Albert Lynch, Adrien Moreau et Félicien Rops. Paris, A.
Quantin, imprimeur-éditeur, 1885.
Vi sono altri luoghi dove avvengono le assemblee e le congregazioni diaboliche,
come in luoghi particolari dell’Inghilterra e della Norvegia, ma la più
frequentata, a dir di Zunica è sempre la noce di Benevento. Le nuove streghe,
le novizie, vengono festeggiate con un enormità di balli, giochi, tripudi,
banchetti e lascivie. Quando il demonio assistente intima alla strega di andar
alla congrega, essa si unge di un unguento superstizioso, e portatasi fuor
dall’uscio, vi trova un caprone ( Martinello ) che monta e che la porta
velocemente alla noce.
Illustrazione
di Bernard Zuber, pubblicata nel 1926 nell'opera de Maurice Garçon intitolata
La
Vie exécrable de Guillemette Babin, sorcière
come
quest'altra:
Una
giovane strega si fa ungere per andare al sabba.
illustrazione
tratta dal sito: http://ouriel.pagesperso-orange.fr/fr/htm/nature_du_sabbat_de_sorciere.htm
Qui arrivata e riunita ad altre donne, tra cui Dame, claustrali, vergini,
riveriscono il Diavolo seduto in un soglio sontuoso, ma in modo diverso dal
consueto, perché non gli voltano la faccia, ma le spalle; ne si inginocchiano
congiungendo le gambe a terra, ma aprendole e alzandole verso il cielo come a
volerlo calpestare. Quasi sempre avvengono i sacrifici e dopo di essi, Satana,
alzatosi dal trono, ordina i giochi e i sollazzi carnali.
I demoni custodi delle streghe si trasformano in Incubi e le profanano, mentre
le streghe amanti dei fattucchieri si uniscono insieme, e qui chi dà di piglio
alla vergine, chi alla maritata, chi alla monaca claustrale, con sonori baccani
da esser uditi dai passanti. Dopo aver saziato la libidine, saziano anche la
gola con mense abbondanti di cibarie e vini delicatissimi, brindando ai loro
amanti. Dopo due ore di questi bagordi, si spengono i lumi e riprendono a
unirsi nella lussuria. Terminata la congregazione, sul dorso dei loro Martinelli,
le streghe ritornano alle loro case.
"Sabbat
de sorcières" dipinto del 1909
In tali riunioni, o congreghe che dir si voglia, non bisogna mai nominar il
nome di Dio, perché tutto l’apparato della festa svanirebbe all’istante, come
accade a quel marito – secondo il racconto di Paolo Ghirlando – che scoprì che
la moglie era una strega e la costrinse a condurlo a una festa sotto il noce
piena di uomini e donne, con un convito a dir poco generoso, ma ahimè le
delicate vivande erano insipide. Dopo aver richiesto ripetutamente del sale,
gli fu recato, ma gli uscì una lode a Dio dalle labbra. Tutto il convito sparì
all’istante e lui rimase al buio, nudo in pieno inverno, sotto alla noce. Dopo
giorni di viaggio ritornò alla casa e denunciò la moglie all’Inquisizione.
«Hai
visto il diavolo?» Scena tratta dalla pellicola Il settimo sigillo del 1957
Spaventoso è per i demoni anche il suono della campana dell’Ave Maria. Una strega
di nome Lucrezia tornava da una congrega, quando il suo Martinello svanì
all’udire tale suono e si ritrovò in mezzo alle spine vicino a un fiume. Un
giovane che passava di lì la riconobbe nonostante fosse scapigliata, la ricoprì
col suo mantello e la riportò a casa e per questo ebbe molti doni dalla strega.
Purtroppo il giovane non si tenne il fatto per sé, e dopo poco tempo la notizia
arrivò all’inquisitore Paolo Ghirlando che imprigionò Lucrezia.
La potenza delle streghe, dice Zunica, è pari quasi a quella del demonio. Esse
succhiano il sangue dei bambini, prendono figure di gattini o di uccelli e
volano per aria con le sembianze di asini rendendo farneticanti gli uomini e
poi affascinano, ovvero colpiscono con i soli sguardi. Infatti avvenne nella
città di Spira che un mercante in viaggio nella Svevia, usci dopo pranzo dal
castello dove dimorava per passeggiare nella campagna. Era accompagnato da due
servi, i quali alla vista di una vecchia che stavano per incrociare, lo
esortarono a farsi il segno della croce perché essa era una malefica. Lui non
ci credete, ma la vecchia lo guardò storto e subito sentì una tale dolore al
piede che dovette rientrare servendosi di un cavallo. Fu chiamato un vecchio
contadino a distruggere il malefizio, il quale lo curò in nome di Dio,
prendendo del piombo liquefatto in un vaso di ferro, lo gettò in una scodella
d’acqua collocata sopra il piede malato. In quell’acqua il piombo formò le
immagini di ossa, di nervi e di pelle. Era la prova del maleficio e promise il
vecchio di guarire il mercante in tre giorni; al che il mercante gli chiese
come facesse a indovinare col piombo la sua infermità. Il vecchio rispose
- Voi sapete, che sette sono i metalli sopra i quali dominano i sette pianeti,
e poiché Saturno domina sopra il piombo, quindi la sua proprietà è tale, che se
sarà liquefatto sopra il maleficiato, dimostrerà col suo influsso il suo
maleficio.
Dopo tre giorni il vecchio restituì la salute al mercante. Zunica paragona lo
sguardo malefico delle streghe – di cui i fanciulli sono più facili prede – a
quello del Basilisco che col veleno dei suoi occhi pietrifica all’istante, sia
gli uccelli in volo, sia gli uomini che uccide con l’aria infetta dai suoi
occhi; l’unica maniera per uccidere il Basilisco è con uno specchio in cui
l’aria infesta al riverbero del vetro ritorna a lui e l’uccide a sua volta. E
qui termina lo scritto sul Noce di Benevento dell’abate Zuniga.
Stigma
diaboli,
peinture anticléricale de Clovis Trouille.
Queste erano le credenze che sarebbero state soffocate solo col secolo dei lumi
e che tanta carne umana portò al rogo. L’abbate Filippo Bianco nel suo libro LESSICOMANZIA ovvero
Dizionario Divinatorio-Magico-Profetico stampato a Napoli nel
1831 rispose così a Zunica
«L'autore molte altre cose rapporta intorno alla Noce di
Benevento, per le quali tanto risi che non distesi alcuno articolo pel corso
intero di una mattinata. (V. pag. 485)». Citato in: http://www.pontelandolfonews.com/index.php?id=3082
Luis Ricardo Falero (1878)
Non di meno mi sembra inevitabile pensare che questi racconti fossero
usati per eccitare la fantasia così come venivano usate oggi le riviste per
adulti e i fumetti come Jacula.
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