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domenica 20 gennaio 2019

Glenfinlas - Walter Scott


Glenfinlas


   Glenfinlas o il Coronach[1] di lord Ronald è una ballata basata su una storia tenebrosa. Ecco di seguito il riassunto proposto da Water Scott[2].
   immagini tratte da: http://frankzumbach.wordpress.com/2014/09/12/glenfinlas-from-the-book-of-british-ballads1842/
   Due cacciatori delle montagne di Scozia passano la notte in un bathy[3] solitario. I due si dividono con gioia il risultato della loro partita di caccia e si versano a fiumi il liquore chiamato whisky.  Uno dei due esprime il desiderio di avere con loro due belle figliole per completare la serata.
   Ha appena detto queste parole, che due donne vestite di verde, giovani e belle, entrano dentro all’hutte danzando e ballando. Colui che ha parlato viene subito sedotto dalla sirena che s’attacca a lui di preferenza, e la segue. Il suo compagno però non si muove, diffida di queste belle incantatrici, e si mette a cantare degli inni alla Vergine Maria, accompagnandosi con la sua cetra. Infine arriva l’alba, e la sua seduttrice scompare. Non vedendo ritornare il suo amico, il cacciatore lo va a cercare nella foresta, e non ne trova più che le sue ossa. Esso era stato divorato dal demone che lo aveva fatto cadere in trappola. Il luogo che fu scenario di questi eventi si chiama da quei giorni Il vallone delle donne verdi.
    Glenfinlas è una foresta nelle Alte colline [Highlands] di Perthshire: questa faceva una volta parte del dominio della Corona, e appartiene oggi al conte di Moray. Questa contea, con il cantone adiacente di Balquidder, fu già abitato soprattutto dai Mac Grégor. Ad ovest della foresta di Glenfinlas è il lago [Loch] Katrine, e la sua entrata romantica si chiama Troshachs. Il Teith passa a Callender, al castello di Doune, e si getta nella foresta, preso Stirling. Il défilé di Lenny è immediatamente al di sotto di Callender, e conduce alle Highlands. Glenartney è una foresta presso Benvoirlich. L’insieme di questi siti forma una tavola degna dello spettacolo sublime delle Alpi.

«Gli abitanti invisibili dell’aria ubbidiscono
alle loro voci e accorono ai loro segnali. Essi conoscono
gli spiriti che creano le tempeste e, immobili di stupore,
contemplano le segrete operazioni dei fantasmi.»



   O Hone a rié! O Hone a rié[4]! Avanti, piangiamo il Capo! l’orgoglio dei figli di Albyn non è più; l’albero superbo di Glenartney copre la terra del suo tronco caduto; non rivedremo più lord Ronald.
   O tu, nobile figlio del grande Mac Gillianore, tu che non hai mai tremato davanti a un nemico! Quale valore poteva essere comparato al tuo? Chi mai poteva evitare la tua rapida freccia?
   Le vedove sassoni[5] sanno dire come i più arditi guerrieri delle pianure fecero arrestare della loro caduta le rive sonore del Teith, allorché tu calavi su di loro al défilé di Lenny.
   Ma chi dimenticherà quei giorni di festa dove ognuno vide brillare sulla collina lo stendardo di lord Ronald; al chiarore delle fiamme[6], le giovani donne delle montagne e i loro amanti danzano gaiamente.
   Animati dalla lira di Ronald, i vegliardi, essi stessi, dimenticavano i loro cappelli bianchi! Avanti! Oggi noi cantiamo l’inno funebre! Non rivedremo lord Ronald.
   Un Capo di un’isola lontana venne a dividere i piaceri del castello di Ronald, e a cacciare con lui la fiera selvatica che balzava sui fianchi scoscesi di Albyn.
   Era Moy, che lo spirito profetico[7] di Seer si illumina nell’isola di Columba, ove, brillando del fuoco dei menestrelli, egli sparge l’armonia della sua arpa.
   Egli conosce infinite parole magiche che fanno tremare che fanno tremare gli Spiriti erranti, e queste arie possenti non sono fatte per esser udite dai mortali.
   Perché si dice che queste profezie hanno delle comunicazioni misteriose con i morti, e vedono sovente il fatale lenzuolo che dovrà avvolgere un giorno coloro che vivono ancora.
   Ora, avvenne che un giorno i due Capi erano insieme a bersagliare i caprioli nei loro ripari. Essi erano lontani dalla loro dimora, e percorrevano i folti boschi di Glenfinlas.
   Alcun vassallo era con loro per aiutarli nella partita di caccia, per difenderli nel pericolo, o che gli preparassero i loro pasti. Il semplice scialle delle Highlands copriva i due Capi; le loro fedeli spade dette claymores le sole loro guardiane.
   Durante tre giorni le loro frecce scoccavano attraverso le selve del vallone; e quando l’umidità della sera li riconduceva nel loro hutte, essi vi portavano le loro prede.

   La capanna solitaria era eretta nel luogo più remoto della foresta di Glenfinlas, presso dell’ombroso ruscello di Moneira, che mormora attraverso questa solitudine.
   La notte era bella, l’orizzonte calmo da più di tre giorni, e una rugiada benefica diffondeva la frescura sulla brughiera e sulle rocce tappezzate di muschio.
   La luna era mezza velata sotto i fiocchi di una nuvola d’argento lasciando cadere le sue esili e tremanti chiarori sulle onde del lago di Katrine, e sembravano dormire sul fronte di Benledi.


   Chiusi nel loro hutte, i due Capi fanno un pasto di cacciatori e di amici; il piacere anima gli occhi di Ronald e fa molti brindisi a Moy:
   - Che ci manca per completare il nostro buonumore e rispondere alle dolci emozioni che ci fanno palpitare?... I baci di una giovane e facile bellezza, con i suoi seni palpitanti e i suoi sguardi caldi.


    Le due beltà delle nostre montagne, le figlie del fiero Glengyle, hanno lasciato questa mattina il castello del loro padre per cacciare il daino nella foresta.
    Già da lungo tempo ho cercato di intenerire il cuore di Mary: lei ha visto scendere le mie lacrime, lei ha inteso i miei sospiri. Tutti gli artifizi dell’amante sono svaniti sotto la vigilanza di una sorella.
    Ma tu potrai, mio caro Moy, mentre mi intratterrò con Mary, far sapere a questa guardiana severa che deve cessare di vegliare sul cuore degli altri, visto che è già abbastanza per lei di vegliare sul suo.
    Pizzica solo la tua arpa: tu vedrai ben presto l’amabile fiore di Glengyle, dimenticare sua sorella e Ronald, restando in estasi davanti a te, con l’occhio rapito e il sorriso sulle sue labbra.
   Se lei acconsente ad ascoltare un racconto d’amore sotto il riparo di fogliame, dimmi, cacciatore dalla fronte severa, la regola del buon santo Oran[8] non sarebbe violata?  
   - Dallo scontro di Erick, dopo la morte di Morna – risponde Moy – il mio cuore ha cessato di rispondere al trasporto verso i dolci baci, hai seni palpitanti e al sorriso della beltà!
   È da allora che, cantando i miei dolori sulla mia arpa nella triste brughiera dove vidi perire colei che era la mia gloria e il mio amore, io ricevetti il dono fatale della profezia.
   L’ultima prova che il cielo mi inviò della sua collera, fu questo potere di presentire i tragici futuri, sentendo nel mio cuore tutta il loro fato con delle visioni lugubri e con note di dolori.
   Rammenti tu quei battelli che partivano gaiamente questa estate dalla baia di Oban?... Io li vedevo già incagliati e spezzati nelle coste rocciose di Colonsay.
    Fergus anche… il figlio di tua sorella… tu l’avevi visto partire come in trionfo dai fianchi scoscesi di Benmore, marciando alla testa dei suoi contro il signore di Downe.
   Tu non hai visto che le pieghe fluttuanti dei loro tartani mentre discendevano le alture di Benvoirlich; tu non hai sentito che il pibroch[9] guerriero mescolato al suono degli scudi sonori delle Highlands.
   Io sentivo già i gemiti, vedevo scendere le loro lacrime, e Fergus squarciato da una ferita mortale, dopo essersi precipitato sulle lance dei Sassoni alla testa del suo clan nello schianto irresistibile.
   E tu mi inviti al buonumore e al piacere; tu che vorresti farmi partecipe della tua gioia e chiamare il bacio di una donna, il mio cuore, caro Ronald, geme sul tuo destino.
   Io vedo il sudore della morte gelare la tua fronte; io vedo il tuo cadavere… è tutto ciò che consentito al profeta di vedere.


   - Profeta di sventura, libera a te solo i tuoi sogni funebri – risponde lord Ronald – fa dunque chiudere gli occhi alla luce passeggera della gioia perché l’uragano potrebbe cadere domani!
   Vere o false, le tue predizioni non ispireranno mai il timore al capo di Clangillian; i trasporti dell’amore faranno balzare il suo cuore, quantunque sia esso condannato a sentire il colpo delle lance sassoni.
   Io credo di sentire gli stivaletti di Mary fendere la guazza dell’erbetta: lei mi chiama nel bosco.
   Egli non dice nemmeno addio al suo amico: chiama i suoi cani ed esce gaiamente dall’hutte.


    Allo scoccare di una ora i suoi cani ritornano: questi compagni fedeli del cacciatore accorrono facendo risuonare l’aria dei loro tristi guaiti. Essi si accucciano ai piedi del profeta.
   Ma Ronald ancora non si vede! È mezzanotte. Moy è agitato da neri presagi, mentre che, piegato sulla fiamma morente, cerca di ravvivare il fuoco mezzo spento al centro della capanna.
   Improvvisamente i cani drizzano le loro orecchie; improvvisamente il loro abbagliare è cessato: essi si pressano attorno a Moy, ed esprimono il loro terrore col tremore delle membra e con i loro guaiti soffocati.
   La porta si apre dolcemente: le corde dell’arpa vibrano esse stesse e lanciano un suono a qualunque passo leggero che calpesta il suolo.


   Il menestrello vede alla luce del fuoco una donna brillante di beltà, in costume da caccia e il vestito bagnato dalla rugiada disegna i contorni graziosi del suo corpo.
   La sua fronte sembra gelata; lei scopre l’avorio arrotondato del suo seno e si piega verso la fiamma vacillante per tergere le trecce umide dei suoi cappelli.
   Essa arrossisce come una vergine timida, e chiede con dolcezza:
   - Amabile menestrello, non hai tu incontrato nella radura di Glenfinlas una giovane cacciatrice in tenuta verde?
   Vi è con lei un valente Capo delle nostre montagne. Le sue spalle sono cariche della faretra dei cacciatori; una daga scozzese orna la sua cintura; il suo tartano fluttua al trasporto della breccia.
   - E tu chi sei? Chi sono coloro che cerchi? – risponde Moy guardandola con occhi spaventati – Perché vai errando anche tu al chiaro di luna nella foresta di Glenfinlas?
   - Il castello di nostro padre proietta la sua ombra sul lago profondo di Katrine che circonda molte isole dei suoi flutti azzurri. Noi siamo le figlie del fiero Glengyle.
   Partimmo questa mattina per venire a cacciare i caprioli nella foresta di Glenfinlas, l’azzardo ci ha fatto incontrare il figlio del grande Mac Gillianore.
   Aiutami dunque a cercare mia sorella e lord Ronald, smarritesi senza dubbio nel bosco. Io non oso azzardarmi sola nei sentieri dove si trovano, dicono, dei fantasmi crudeli.
   - Sì – dice il menestrello – vi sono dei fantasmi da temere: io devo compiere il mio voto e iniziare qui la preghiera notturna che ho giurato di pronunciare durante il sonno degli altri uomini.
   - Ah! Degnati innanzitutto, in nome della dolce pietà, di guidare una cacciatrice solitaria! Io devo attraversare il bosco e raggiungere prima del giorno il castello di mio padre.
   - Ma certo; ma ripetete con me tre Ave e tre Pater; baciate la santa croce, e allora noi potremo procedere nel nostro cammino in tutta sicurezza.


   - Onta a te cavaliere! Va a coprirti la testa con il cappuccio di un monaco: questo ornamento conviene al tuo voto strano!
   Una volta, nel castello di Dunlathmon, il tuo cuore non era pieno di ghiaccio per l’amore e il buonumore; allora la tua lira armoniosa cantava le bellezze seducenti di Morna, e tu avresti fatto tutto per i suoi sorrisi.
   Gli occhi del menestrello si incendiarono, esprimendo volta a volta la collera e lo spavento. I suoi neri cappelli si arruffarono sulla testa, e il suo viso cambio varie volte di colore.
   - E tu, dimmi, mentre io cantavo a Morna, il mio amore presso il focolare di Dunlathmon, planavi tu sopra lo scuro fumo del focolare oppure sulle ali della tempesta?
   No, no, tu non sei di razza mortale, ne la figlia del vecchio Glengyle; tua madre è al fata dei torrenti, tuo padre il re delle miniere.
   Moy ripete tre volte l’ammonimento di San Oran, e tre volte ancora la potente preghiera di san Fillan[10]. Si gira poi verso l’orizzonte orientale agita la sua chioma nera.
   Subito dopo, piegato sulla sua arpa, ne fa uscire gli accordi più seducenti; l’eco sorpreso ripete questa armonia misteriosa e magica che si sposa al mormorio dei venti.


   Lo Spirito irritato cambia di forma, e la sua taglia diventa gigantesca; poi, si mescola all’uragano che comincia a cadere, e scompare dopo aver gettato un grido lamentoso.
   Le nuvole si aprono e la grandine e l’uragano assediano l’hutte, la spezzano e coprono la terra dei suoi resti; ma il menestrello non aveva un solo dei suoi cappelli sollevato dal vento o bagnato dalla pioggia.
   Dei rumorosi scoppi di risa si mescolano ai ruggiti dell’uragano; il menestrello li sente al di sopra della sua testa; ma già essi si spengono dalla parte del nord.
   La voce del tuono invade la foresta nel momento in cui quei gridi soprannaturali cessano, e una pioggia di sangue viene ad estinguere i tizzoni già consumati.
   Il menestrello vede cadere un braccio la cui mano stringe una spada, e poi una testa separata dal tronco: vi sgorga ancora del sangue tiepido.
   Il cimiero di Benmore aveva sovente ornato questa testa nei combattimenti; quella mano aveva colpito con dei terribili colpi, allorché il sangue dei sassoni tingeva di porpora le onde del Teith.
   Sventura agli oscuri ruscelli di Moneira! Sventura al funesto vallone di Glenfinlas! Mai i figli delle montagne di Albin rivedranno più la sua faretra.       
   Il pellegrino affaticato eviterà sempre quelle ombre all’ora ardente del mezzogiorno: egli temerà sempre d’essere la preda delle crudeli fate di Glenfinlas.
   Per noi, così è! Non troveremo più un asilo dietro lo scudo del capo di Clangillian; egli non guiderà più i nostri guerrieri al combattimento; e noi siamo condannati a cantare il suo inno funebre.
   Avanti! Piangiamo un Capo valoroso; l’orgoglio dei figli di Albin non è più. L’albero superbo di Glenartney copre la terra del suo tronco caduto. Noi non rivedremo più lord Ronald.
Traduzione e adattamento dal francese di Marco Pugacioff


  

 

[1] Si dice Coronach, il canto funebre di un guerriero. Sono i vegliardi del clan che cantano il Coronach.
[2] Vedi Œuvres de Walter Scott, Romans poetiques et poesies divers, tome I, Paris 1930, opere scelte, ecc. ecc.
[3] L’Hutte è un capanno utilizzato per la caccia.
[4] Queste parole galliche sono spiegate dalla frase che segue: Helas [Avanti!], ecc.
[5] Le vedove sassoni. I Sassoni di cui si parla sono gli abitanti delle piane, Lowlanders [ letteralmente le lande basse ], chiamati così dai loro vicini delle montagne ( the Highlanders ).
[6] Gli Highlanders accendono dei fuochi sulle alture il primo giorno del mese di maggio. È un’usanza che viene dai tempi del paganesimo, e che si ritrova anche nel principato del Galles.
[7] Dotato dello spirito profetico. È ciò che si chiama in inglese la seconda vista ( the second sight ). Non si può che ripetere la definizione che gli dona il dottor Johnson, che la chiama «un’impressione dello spirito sull’occhio oppure dell’occhio sullo spirito, per mezzo del quale gli avvenimenti lontani e futuri sono percepiti e visti come se si fosse presenti. » Aggiungerei solamente che le apparizioni dei fantasmi presagiscono ordinatamente delle sventure, che questa facoltà è pena per coloro che ne sono dotati, e che questi l’acquistano generalmente allorché essi stessi sono sotto l’influsso di un temperamento melanconico.
[8] La regola del buon santo Orano. Sant’Oran era l’amico e l’accolito di santa Columba, e fu interrato a Icolmkill. I suoi diritti alla canonizzazione sono un po’ dubbiosi. Secondo la leggenda, egli consentì ad essere interrato vivente per rendere propizi certi demoni indigeni che s’opponevano ai pietosi disegni di santa Columba, e si ostinavano ad impedire di battezzare una cappella.
   Alla fine di tre giorni, Columba fa esumare il corpo del suo amico Sant’Orano, e con grande scandalo degli spettatori, egli dichiarò che non vi erano ne Dio, ne giudizio finale, ne inferno, ne paradiso. Egli avrebbe senza dubbio fatto rivelazioni ancor più singolari; ma Columba non gliene dette il tempo, e lo fece al più presto reinterrare. La cappella e il cimitero conservano ciononostante il nome di Reilig Ouran; e in memoria del rigido celibato che aveva fatto il santo, alcuna donna non poteva a venire a pregare, ne a farsi interrare. È questo il regime di continenza a cui si fa allusione.   
[9] Aria nazionale e guerresca adattata alle cornamuse ( bagpipe ) delle Highlands.
[10] La possente preghiera di San Fillano. San Fillan ha donato il suo nome a numerosi cappelle e santuari in Scozia. Vi era, secondo Camerarius, un abbate di Pitlenween, nella contea di Fife; funzione da cui si dimette per andare a morire nelle solitudini di Glenrchy, l’anno del Signore 649. Mentre che egli era occupatola trascrivere le Scritture, la sua mano sinistra gettò un lampo di luce così vivo, che egli vedeva a sufficienza senza altro chiarore: questo miracolo fa economizzare molte candele al convento, e il santo passa delle notti intere a scrivere. Il 9 di gennaio è dedicato a questo santo, che ha lasciato il suo nome a Kilfillan, nel cantone di Renrew, e a San Fillans [ Saint-Phillans ], a Forgend, nella contea di Fife. Lo storico Lesley, liv. VII, ci narra che Robert le Bruce aveva in possesso il braccio miracolosamente luminoso di san Fillan chiuso in una cassa d’argento e che lo portava alla testa della sua armata. Prima della battaglia di Bannockburn il cappellano del re, uomo di poca fede, s’impadronisce di questa reliquia, e la nasconde in luogo sicuro, per paura che cadesse nelle mani degli Inglesi. Ma d’improvviso, mentre Robert indirizza la sua preghiera alla cassa vuota, la vede aprirsi e poi rinchiudersi subito, e ognuno riconosce che il santo aveva riposto il suo braccio nella cassa come un pegno della vittoria. Quantunque Bruce non avesse affatto bisogno che il braccio di san Fillan venisse in suo soccorso, egli gli dedica in riconoscenza una abbazia a Killin, sul lago Tay.
   Nello Scots Magazine del luglio 1802 ( rivista periodica che viene continuata con grande talento ) si trova la copia di una curiosa carta della corona, datata al 11 luglio 1487, per la quale Giacomo III conferma a Malise Doire, abitante di Srathfilian nel Perthshire, il possesso pacifico di una reliquia di san Fillan chiamata il Quegrich, che aveva ereditato dai suoi antenati dal tempo di Robert le Bruce. Siccome il Quegrich serviva a guarire dei malati, questo documento è probabilmente la patente più antica accordata a un rimedio da ciarlatano ( quack-medicine ). L’ingenioso corrispondente che la fornita aggiunge che si possono leggere dei particolari più dettagliati su san Fillano in il Boece di Bellenden, tom. IV, fol. CCXIII, e nel Viaggio di Pendant in Scozia, 1772, pag. 11 e 15.  

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