Documentario n. 247
tratto dall'enciclopedia LA VITA
MERAVIGLIOSA - Ed. M. Confalonieri Milano 1957 - pagg. 749-750.
illustrazioni ( dove non diversamente attribuito ) di Francesco
Pescador
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Fin dai tempi in cui l'offerta
delle chiavi della città era atto di omaggio, di resa o di sudditanza, il
piccolo ingegnoso strumento ebbe un alto valore simbolico che tramandò
attraverso i secoli il significato del possesso.
L'antica mitologia romana idealizzò in Giano bifronte, figlio di
Apollo e di Creusa, colui « che apre tutte le porte ». Per ciò fu simbolizzato
con la chiave in mano.
Per chiave, dal latino « clavis », — che aveva pure,
tra altri, il significato di chiavistello, catenaccio, stanga e sbarra, —
s'intende l'elaborato congegno in ferro, in acciaio e talora in metallo più
nobile il quale, introdotto nella toppa, serve ad azionare la serratura, tanto
per aprire quanto per chiudere. Esso si compone di un anello per cui
s'impugna, di un fusto cilindrico o stelo e di un ingegno la
cui altezza, lunghezza, grossezza, profilo ed intagli longitudinali e
trasversali lo fanno adattare esattamente ed esclusivamente alla serratura. Una
chiave è maschia se lo stelo è pieno, femmina se all'estremità è cavo: in tal
caso la serratura porta un ago su cui s'infila e gira la chiave; l'ago è
protetto da un apposito collarino. Come nacque l'idea della chiave? Sembra
appurato che l'oggetto sia di invenzione egiziana e non c'è museo che non
possegga esemplare di chiave antica. Quelli di Roma e Pompei ne sono
ricchissimi. Interessante per la fitta dentatura dell'ingegno e per il
valore archeologico e artistico è quel tipo di chiave rinvenuto durante il
recupero delle navidi Nemi, i due galleggianti fatti costruire dall'imperatore Caligola, i cui
resti nel lago di Nemi, più volte ricercati dal periodo del Rinascimento in
poi, furono scoperti nel 1928 grazie all'abbassamento del livello delle acque.
Le chiavi antiche sono alquanto differenti dalle nostre. Alcune
sono prive di stelo e consistono in semplici piastre metalliche variamente
traforate, i cui vuoti corrispondono agli ingegni della serratura. Questo
genere di chiave presenta, in certo qual modo, il tipo in uso per le moderne
casseforti. Altre, invece, hanno lo stelo assai corto e la parte che si salda
all'anello o all'impugnatura s'ingrossa considerevolmente con una o più
modanature, ossia quella specie di ornamento prominente in linea retta o curva.
L'impugnatura, spesso lavorata artisticamente, rappresenta nella maggior parte
dei casi una testa d'animale. Moltissime chiavi minuscole sono dotate di un
anello particolare che evidentemente doveva essere tenuto d'abitudine infilato
al dito del proprietario.
Posta a guardia all'ingresso del «regno delle ombre», Ecate — nome
di Diana nel suo culto sotterraneo — reca, tra gli altri oggetti simbolici,
anche la chiave.
La chiave fu pure attributo di divinità. La troviamo talvolta in
mano a Giano Bifronte, il dio romano che presiede a ogni entrata ed uscita e al
cui culto sono dedicati i passaggi, le porte, gli archi della città. Ovidio,
nel primo libro dei suoi « Fasti », ce lo descrive come: « Quei che tiene un
bastone nella destra e una chiave nella sinistra ». Anche il dio marino
Portunno è raffigurato sovente con una chiave che vuole forse significare il
suo ufficio di aprire le porte verso il mare, cioè i porti in cui ancoravano le
navi. Al Museo Capitolino di Roma esiste una statuetta in bronzo rappresentante
tre aspetti diversi di Ecate, la divinità infernale che era venerata anche come
vigile custode posta all'ingresso del regno delle ombre. In una interpretazione
della natura « triforme » della dea, essa ha in mano una chiave e una fune.
La chiave è attribuita anche a quella figura mostruosa a testa di
leone e con il corpo attorcigliato da un serpente con cui, nella religione
mitriaca diffusa nell'Asia Minore, si identificava il principio di tutte le
cose (secondo i Latini, Saeculum, o Saturno, cioè il Tempo). Nel periodo gotico
la chiave fu lavorata con squisito senso dell'arte, sia nell'ingegno che
nell'anello, in delicati trafori simili a quelli dei rosoni, ossia di
quell'ornamento composto di foglie disposte attorno a un bottone centrale che
nelle decorazioni architettoniche è talvolta usato quale riempitivo di lacunari
e riquadri. Oltre che di ferro si usarono le chiavi di bronzo e d'acciaio. Il
ferro venne anche combinato con il bronzo, l'ottone, il rame e persino con
l'oro nelle chiavi di parata. Nei secoli XV e XVI l'impugnatura
si arricchì di grifi (quadrupede alato con corpo di leone, testa d'aquila.
orecchie di cavallo e con cresta fatta come le pinne dei pesci; animale
favoloso preposto alla custodia dei templi), chimere (mostro leggendario con
testa di leone, corpo di capra e coda di drago) sirene e statuette spesso
sostenute da un capitello di classica purezza nelle linee. Nel '600 e nel '700
il « lavoro a giorno » (traforo) e il lavoro a cesello contribuirono a rendere
ancora più varia l'esuberante ornamentazione composta di figure chimeriche, di
cariatidi (statua femminile a corpo intero terminante in una colonna), di teste
umane e di motivi tratti dalla fauna. Le collezioni del Museo Nazionale di
Firenze, del Museo Civico e della raccolta Bagatti-Valsecchi di Milano danno
un'idea della varietà dei tipi di chiave usati allora e dei loro elaborati
fregi.
In architettura esiste una « chiave di volta », che è la pietra
posta al centro della sommità di un arco. Essa ha la funzione di tener serrato
tutto il corpo della costruzione.
Con il passar del tempo l'oggetto venne foggiato in maniera sempre
più disadorna, tanto che oggi possiamo affermare che è del tutto privo di
valore artistico. Infatti, i modelli più comuni differiscono ben poco tra di
loro per quel che riguarda la linea estetica. Nella numerosa famiglia delle
chiavi non va dimenticata la tanto utile chiave inglese, strumento
importantissimo per chi esercita il mestiere di meccanico. Serve a girare le
teste e i dadi esagonali e quadrati dei bulloni. È una leva munita di una bocca
che si adatta sulla testa o sul dado. Secondo la forma di questa testa, la
chiave può essere aperta o chiusa o a « mascella mobile » (per mascella si
intende la parte che deve stringere la presa). Anche gli accordatori di
pianoforti hanno la loro chiave, così come in architettura esiste una « chiave
di volta » che è precisamente la pietra posta al centro della sommità di un
arco con la funzione di tenere serrato tutto il corpo della costruzione. A
titolo di curiosità ricordiamo che il simbolo che si pone all'inizio del rigo
musicale per significare quali nomi e altezze competano alle note segnate sul
pentagramma corrisponde rispettivamente alle « chiavi » in sol, fa do.
Le chiavi musicali (dall’alto in basso) in SOL, FA, DO, vengono
segnate all'inizio del pentagramma sul quale sono scritte le note del
componimento musicale. Servono a distinguere l'accordo armonico
degli strumenti.
Teologicamente l'espressione « il potere delle chiavi » è derivata
dalle parole con cui Gesù Cristo, secondo il Vangelo di San Matteo, consegnò le
chiavi del Regno a San Pietro: « Tibi dabo claves regni coelorum et
quodcumque ligaveris super terram erit ligatum et in coelis: et quodcumque
solveris super terram erit solutum et in coelis ». La frase indica, con
un'immagine facile, il possesso di un'autorità assoluta.
La consegna delle chiavi al nuovo Capo della Chiesa all'atto della
sua elezione al soglio pontificio è il simbolo del potere conferito da Dio al
Suo vicario in terra.
Essa, tuttavia, fu intesa, nel corso della storia cristiana, in
due sensi : l'uno, e cioè quello più esteso, si riferisce al potere conferito
alla Chiesa, in particolare quello di rimettere i peccati; l'altro, quello più
stretto e più aderente al significato letterale delle parole, allude al primato
di giurisdizione e d'ordine della Chiesa e al potere di dare definizioni
infallibili in materia di fede e di morale che i cattolici riconoscono
conferito da Gesù Cristo a San Pietro e da questo trasmesso ai pontefici, suoi
successori.
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In alto, varie forme di ingegni di chiave. In basso, serratura a
molla a due mandate: 1) molla che trattiene la sbarra nella sua cavità, 2)
sbarra, 3) rocchetto.
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va agli
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