La nube da cui si attraversa il tempo e lo spazio.
Prologo
José Luis López Vázquez e Erika Wallner a bordo di una seat 600 nel simpatico Amor a la española (1967)
Quella notte, Vincenzo [bisogna dargli pur un nome, visto che volle rimanere anonimo, cosa buona in questi casi, comunque gli darei un simpatico viso alla José Luis Lopez Vasquez], partì da Ascoli Piceno, per andar a vendere come ogni domenica dei quadri al celebre mercato di Porta Portese, a Roma.
Aveva caricato la sua 500 [le care vecchie 500 della Fiat] famigliare che era capace di fare a pieno carico, 60 chilometri orari, così da partir a mezzanotte e arrivare a Roma alle cinque di mattina.
A Centobuchi, frazione di Monteprandone (il cui castello secondo la leggenda era stato eretto – ma guarda un po’ – da Brandone, cavaliere franco di Carlomagno), vide una donna sui trenta, trentacinque anni – e soprattutto carina – che gli chiede un passaggio.
Vincenzo, a quella vista, non può non fermarsi, ma prima cosa strana, con un accento strano, forse straniero gli fa ”So che lei và a Roma, mi darebbe un passaggio?”. La bella comparsa, può aver indovinato che và a Roma perché la strada è sul percorso della via Salaria, perciò, in fondo può averlo dedotto.
A quell’ora, e ha qualunque ora fa paura prendere a bordo degli sconosciuti – allora e oggi – ma l’avventura sognata non sarà così piacevole; infatti la donna, dopo aver chiacchierato del più e del meno, fa “Si vendono quadri a Porta Portese?”…
E chi ha più voglia di toccar quel corpo così delizioso, ormai? Vero Vincenzo? Ma l’avventura la ebbe, e straordinaria, infatti si ritrovò proprio a Porta Portese e senza saper come. Guardò il suo orologio e vide che erano le due di domenica mattina… Tutta quella strada, quasi 250 chilometri, con la sua macchinetta in sole due ore? E la donna, come un fantasma, era scomparsa. Un fenomeno che sul Giornale dei Misteri n. 50 del maggio del ’75 definì di teletrasferimento, oggi dopo l’invasione della saga yankee di Star Trek [che belli i fumetti di Giolitti…], potremo dire anche teletrasporto, tanto siamo sempre lì. Da sottolineare che il commento di – presumo – Sergio conti, diceva “se non vogliamo trasformare il nostro vocabolario a poco a poco in un vocabolario estero!” Solo che oggi è successo proprio così, infatti in una colonia a stelle e strisce com’è l’Italia, nessun italiano [esistono più gli italiani?] parla italiano, vabbè, torniamo a noi.
Certo può essere davvero solo un racconto di fantasia, però non è il solito racconto sui fantasmi che chiedono un passaggio, perché la donna lasciò un biglietto di ringraziamento con annesse 50.000 lire. Come a dire “ho pagato il taxi”.
Un rapimento alieno non credo, non lascerebbero certo dei soldi, piuttosto sinistri e piccoli congegni di localizzazione all’interno del nostro corpo… no! Però, ci sarebbe una soluzione: il casoAmicizia! Gli alieni del caso Amicizia avevano preso contatto con dei terrestri proprio ad Ascoli Piceno e chi lo sa, se la donna in questione non era una di loro.
Ed ora la sinistra vicenda de
L’Italiano Volante
L’Olandese Volante imbocca una galleria – disegni di Francesco Gamba
Dal Piccolo Ranger n. 139 del maggio 1975
C’è una strana, spaventosa storia che circola in rete. Per degli spiriti che si definiscono positivi si tratta di un’invenzione, una fabula o bufala! Ma vediamo cosa si racconta…
È il 14 luglio 1911, da Roma parte un treno diretto a Milano. È un treno speciale organizzato dalla ditta Zanetti [a proposito, in rete ci sono molte ditte Zanetti, quasi tutte nel settentrione, ma se è partito da Roma doveva essere una ditta romana, no? Ma chi lo sa?]; un viaggio gratuito per gente ricca e per gli stessi dipendenti della Zanetti, realizzato come campagna pubblicitaria.
Cento passeggeri più sei inservienti, diretti in Lombardia, che si godettero, alla velocità moderata del treno, gli splendidi paesaggi italiani… non sapevano che era l’ultima loro delizia. Infatti dovevano attraversare un tunnel di recente costruzione, sugli Appennini; uno dei più lunghi e più grandi di quei giorni, che doveva esser stato esaltato come un prodigio del progresso umano.
E invece finirono in un incubo che dimostrò come l’uomo non è che una miserabile formichina di fronte ai misteri di… Madre Natura oppure di cos’altro? Preferisco non pormi la domanda.
Uno dei due sopravissuti avrebbe lasciato questa testimonianza:
- Ho sentito un mormorio soffocato e ad un certo punto ho visto del fumo bianco, che stava letteralmente inghiottendo il treno. Era così spaventoso che mi sono fatto prendere dal panico e sono saltato dalla finestra. Ho visto che qualcun altro è saltato dietro di me!
Sembra che quest’uomo soffrisse da tempo di insonnia e traumi. O forse aveva avuto da tempo delle misteriose percezioni del pericolo a cui sarebbe andato incontro? Chi può dirlo… la mente umana è anch’essa un mistero insondabile.
Purtroppo il treno imboccò la galleria immersa in quella inquietante nube e scomparve, perché poi, non sbucò dall’altra parte. Ci furono dei testimoni che asserivano di aver visto il treno entrare nel traforo e non uscirne più.
Le forze di polizia, probabilmente proprio i carabinieri, perquisirono centimetro per centimetro il tunnel e non trovarono nulla. Né il treno, né qualche altro passeggero, né altre aperture al suo interno.
Quindici anni dopo, nel 1926, un parente di dei passeggeri del treno, si imbatté negli archivi di un interessante resoconto che riaprì il caso Zanetti.
L’aspetto davvero angosciante è che in un ospedale psichiatrico di Ciudad de Mexico, il cui direttore era si chiamava José Sunsino o Saksino [ https://paverakov.ru/it/1911-god-14-iyulya-poezd-poezd-prizrak-v-stalnoi-pautine/ In questo sito malissimo tradotto in italiano, si parla anche del furto del cranio del celebre scrittore Gogol, nel 1909, che finì nelle mani di un ufficiale della marina russa, che sarebbe stato uno di coloro che sbarcarono a Messina durante il tremendo terremoto del 1911. Il cranio – se ho interpretato bene – sarebbe poi finito rocambolescamente nelle mani di un capitano della marina italiana il cui nome sarebbe Borghese. Il cranio gli fu rubato dal fratello minore, studente in una università romana, che prese il treno quel fatidico 14 luglio del 1911 per farlo vedere ai suoi compagni di viaggio… questo ragazzo dovrebbe essere uno dei due sopravissuti e il cranio di Gogol ancora viaggia sul treno fantasma.
Una vicenda sinistra che ricorda il cranio di Geronimo trafugato dal primo Bush…], nel 1840 (!) furono ricoverati 104 italiani isterici [Negli anni ’40 dell’800, l’Italia non era ancora stata riunita. Perciò, sì italiani, ma dovevano esser considerati cittadini dello stato pontificio.]. Come avrebbe lasciato scritto nei sui diari, tutti con vestiti con strani abiti, i quali dicevano di aver viaggiato in treno da Roma. Uno di essi aveva anche dei sigari Dunhill datati… 1907! Corre voce che questo pacchetto di sigari siano ancora conservato in un museo messicano.
Il tutto viene detto senza specificare in quale museo, naturalmente.
E dei pazienti? Non si sa quale sia stata la loro fine.
Secondo un sito in inglese [https://mysteriesandfacts.wordpress.com/2020/09/22/zanetti_the_ghost_train_of_italy/] di questo incidente non si è parlato molto… C'erano solo un paio di righe sul giornale locale e sulla stampa mondiale. Vorrei trovare qualcosa, ma confinato praticamente in casa, potrei trovare solo il… nulla!
E il treno italiano, nel frattempo, che fine aveva fatto? Il tunnel dove era scomparso, frattanto venne chiuso con molte pietre, infine fu bombardato durante la seconda guerra mondiale e rimase chiuso per sempre.
Sembra che esista un resoconto medievale in cui viene narrato che in un convento modenese nel Medioevo, i monaci ebbero la visione di quella macchina infernale che non era altro che un treno, e che descrissero come “«una slitta con un tubo, che trascinava dietro tre slitte più piccole. Inoltre, dalla sua tubatura usciva un soffocante fumo nero». Apparentemente due uomini sono usciti da quel che sappiamo essere un treno, ma i monaci hanno chiuso il portone e hanno pregato perché questo poteva essere solo "l’opera del diavolo [V. https://roybainton.com/2017/08/29/28/]".
Torniamo al nostro secolo appena trascorso: nel ’55, altra testimonianza allucinante. Nella notte del 29 ottobre, in un villaggio dell’Ucraina, al ferroviere Pyotr Grigorievich Ustimenko, sarebbero apparsi davanti a lui tre carrozze con le tendine ben chiuse, la porta aperta e la cabina di guida vuota che si muovevano in un agghiacciante silenzio, lungo un binario smantellato, schiacciando alcuni poveri polli lungo la strada. Le locomotive e i motori erano di fabbricazione straniera e primitivi e non c'era traccia di alcun passeggero. Il ferroviere affermò di essere completamente cosciente durante tutta la… ma sì, chiamiamola visione. E dalla sua descrizione si capì che non poteva esser altro che il treno della Zanetti. Altra allucinante coincidenza, nella stessa notte esplodeva a Sebastopoli la corazzata Novorossiysk, provocando più di seicento morti. La Novorossiysk era l’ex nave italiana "Giulio Cesare", divenuta trofeo sovietico nel secondo dopoguerra [V. nota 3 della voce sul treno fantasma della wiki russa: http://www.100velikih.com/view1402.html Архивная копия от 30 мая 2016 на Wayback Machine Непомнящий Н. Н., Низовский А. Ю. 100 великих тайн. — М.: Вече, 2000. — 576 с., илл. — (100 великих)].
Ancora una suggestiva vignetta dell’Olandese Volante” di Francesco Gamba,
e un’altra di Francesco Diaz dallo Sceriffo King
Alte testimonianze assicurano che il “treno fantasma” venne visto anche a Sebastopoli nella Crimea russa, vicino a Balaklava (a non molta distanza, altra cosa sinistra, di un cimitero di soldati italiani morti nel 1855) il treno passava lungo il vecchio terrapieno ferroviario, dove i binari erano stati da tempo smantellati.
In seguito nei Balcani e nei dintorni di Mosca, nel ‘75, nell’81 e nel 1986.
Nel primo caso (1975), per un giorno, presumibilmente "per motivi tecnici", venne bloccata la tangenziale della metropolitana di Mosca (l’intera linea, e non alcun tratto, come avviene di solito nel caso di guasti tecnici), e a Mosca si sussurrava della comparsa sui binari di un “oggetto ferroviario non identificato”.
Nel secondo caso (1981), c'è un nodo ferroviario aperto presso il deposito della metropolitana Bagrationovskaya, dove i binari della metropolitana in diversi punti si uniscono al vecchio binario ferroviario (di certo abbandonato).
Nel terzo caso (1986), è stato indicato un incrocio vicino alla stazione Solntsevo della ferrovia di Kiev: il macchinista del treno pendolare ha visto davanti a sé l’ultima carrozza di uno strano treno dall’aspetto antidiluviano, non si sa come sia apparso su le rotaie, che segnalò immediatamente al centro di controllo. Pochi minuti dopo il treno scompariva improvvisamente come era apparso... Tutte e tre le volte l’apparizione dell'"oggetto misterioso" avvenne nel cuore della notte [https://totalhub.ru/id95/wall-3214540_Poezd-prizrak_iz_Italiinn14_iyulya_1911_goda_s_rimskogo/].
Una suggestiva immagine tratta da una rivista russa
Il treno è stato nuovamente visto in Ucraina a Poltava, vicino al villaggio di Zavalichi. Ma questa volta, lo studioso di fenomeni sul paranormale Vasily Leshchaty il 25 settembre del ’91, è saltato sul treno davanti a diversi testimoni e non lo hanno più visto. È ormai ufficialmente scomparso, ma tanto sembra – dicono – che non sia mai esistito un tale ricercatore… forse era una trasposizione nel mondo del Reale del fumettistico Gordon Link di Raffaelle Della Monica.
Nel 1994 venne avvistato vicino alla stazione di Polovina ad Irkust (ma non è una delle mete di Michele Strogoff? Ah! I cari, vecchi sceneggiati televisivi) dopo le 11 di sera. Si dice che un giovanotto abbia visto passare un vecchio treno con scritte a grandi lettere latine in giallo, con un conduttore in uniforme marrone e berretto fasciato, con colletti allacciati alla camicia.
Ultima cosa, [Brrr !] il treno venne anche visto prima dell’esplosione nucleare a Chernobyl.
Se è una storia, è certo ben raccontata, e mi ricorda molto da vicino la vicenda narrata nella pellicola argentina Moebius del ’96; anche se questa era ambienta nella metropolitana di Buenos Aires. E anche a Mosca si raccontano storie incredibili sulla metropolitana. Tra le leggende sulla metropolitana di Mosca, in particolare, c'è un racconto su un treno fantasma che compare ripetutamente dopo la mezzanotte... Si muove in senso antiorario. Secondo il racconto, nel 1962, un treno scomparve insieme ai passeggeri nel sottosuolo della metropolitana, mentre viaggiava da una stazione all’altra.
Il treno (ovviamente di vecchia concezione) è pieno di passeggeri; nella cabina si vede un macchinista con l’uniforme degli anni ‘40-‘50 (tipica del periodo sovietico). Il treno si ferma in quasi tutte le stazioni, ma apre solo occasionalmente le porte. È estremamente pericoloso avvicinarsi alle porte aperte del treno, tanto più entrarvi; coloro che tentano di farlo scompaiono per sempre [https://ru.wikipedia.org/ alla voce: Poyezd-prizrak (trascritto in caratteri latini).].
Il capitano Nikolay Cherkashin
Comunque per rilassare le nostre menti, in questi giorni di terrore (e dei terrori che verranno), questa storia è stata narrata in Russia dal capitano di primo grado in pensione, filosofo e giornalista Nikolay Andreevich Cherkashin (Volkovysk - 25 novembre 1946 nello scritto «Поезд-призрак в лабиринтах времени» [“Il treno fantasma nei labirinti del tempo”] e naturalmente in molti impongono a lui la bufala di quello che è stato definito “l’Italiano volante”; a dire la verità, avrei voluto mettermi in contatto con il Comandante, anche se non so se ancora vivo. Forse ha uno degli articoli dei giornali locali italiani del 1911, perciò ho provato a scrivere anche al consolato russo per cercare un eventuale contatto, ma dato l’attuale infuocato periodo hanno ben altre patate bollenti tra le mani.
Insomma una storia ben strana però…
ebbene, di misteri sui binari ve ne sono altri. Il 16 settembre del 1890, su di un treno partito da Lyon diretto a Parigi, svanì senza lasciare traccia l’inventore Louis Aimé Augustin Le Prince e non fu mai più visto.
In questa storia il treno arrivò alla sua destinazione ma Louis Le Prince non era più a bordo. Furono ispezionati tutti i vagoni del treno, anche i bordi della ferrovia, ma non si trovò nessun cadavere, nessun bagaglio, nessun indizio di alcun genere. Gli altri viaggiatori non hanno notato nulla di insolito. È come se Le Prince fosse svanito nel nulla...
Nato nel 1841, Le Prince, veterano della guerra franco-prussiana, emigrò con la moglie e cinque figli in America del nord. Sembra che da buon figlio di un pioniere della fotografia arrivò a realizzare dispositivo di sua invenzione con cui, con sette anni d’anticipo dei fratelli Lumière, realizza una prima pellicola cinematografica di prova. Il titolo doveva essere Una scena nel giardino di Roundhay, ma della proiezione non è attestata da nessuna parte. L’inventore ritornò allora in Francia, alla ricerca di un qualcuno che lo aiutasse. Ed è proprio allora che scompare. Questa storia però ha l’aspetto di un vero giallo o Noir.
Quest’altra vicenda ha invece ha il velo dell’orrore. All’estremità sud della punta della Florida si stende verso l’ovest un gruppo di 1700 isole (secondo la wiki spagnola), un arcipelago, chiamato Los Cayos de la Florida [https://es.wikipedia.org/wiki/Cayos_de_la_Florida], che si stendono fino al nord dell’isola di Cuba e del golfo del Messico. Furono scoperte nel maggio del 1513 e lì vivevano i popoli Calusa e Tequesta. Fu un luogotenente di Cristoforo Colombo, Juan Ponce de Léon – diventato famoso poi per la sua vana ricerca della Fontana della Giovinezza – ad effettuarvi una spedizione. Le isole vennero chiamate “Las Tortugas” [mi viene da domandare dov’è il Corsaro Nero…] perché secondo gli uomini della spedizione, le loro forme ricordano le sagome di uomini sofferenti. Ebbe pure il nome di Cayos, che significa "piccole isole". Gli spagnoli decisero di stabilirsi alle Cayos, nonostante gli attacchi dei nativi e dei pirati.
Le isole furono poi americanizzate chiamandole Keys nel 1822 quando gli yankee le comperarono agli spagnoli. L’unica isola che dovrebbe aver conservato il nome in spagnolo è l’Islamorada [letteralmente isola dimora], il centro di questa storia, che fu narrata da Yves Naud.
Le edizioni del suo libro Enigmi degli u.f.o. e degli extraterrestri edito a Ginevra nel ’77, (che lessi per la prima volta una ventina di anni fa, prestatomi da degli amici) mi venne poi regalato da Bernard, in versione francese Les O.V.N.I. et le extra-terrestres dans l’historie. Leggendolo ricordai di aver letto alcune storie che nella versione francese non c’erano. Come poi scoprii l’autore aveva storie inedite nella versione francese e altre nella versione italiana. Una di queste era
La locomotiva fantasma che uccide
Cartina tratta da https://fr.wikipedia.org/wiki/Keys_(Floride)
Arriviamo al 1935, il cinque di settembre, che è il giorno della festa del lavoro yankee. Oggi le isole sono collegate tra loro da una strada per automobili, ma in quei giorni le isole erano collegate tra di loro da una via ferrata, la ferrovia del mare, che attraversava ponti o viadotti di pietra. Alle caffetterie o bar della stazione sono riuniti gli abitanti del’isola.[https://es.wikipedia.org/wiki/Hurac%C3%A1n_del_D%C3%ADa_del_Trabajo_de_1935 ]
Ma qualcuno lavora quel giorno. È il pescatore Karl Sudor che sta pescando e che verso mezzogiorno nota l’alzarsi del vento. Con difficoltà prova a tornare a terra; le raffiche aumentano di minuto in minuto annunciano un terribile uragano. Avvertite le autorità, dalla terraferma viene inviato un treno di soccorso. A Islamorada gli abitanti tentano di non esser trasportati via dall’uragano afferrandosi ai pali telegrafici oppure alle rotaie, e quando arriva il treno, decine di loro sono tranciati dalle ruote della locomotiva. Infine tutto viene spazzato via da una ondata gigantesca.
Fu uno degli uragani più intensi che secondo la wiki spagnola colpirono gli usa, e il primo di tre uragani di categoria 5 [dovrebbe esser il più pericoloso] a colpire questo paese durante il nostro 20° secolo, ormai trascorso. Venne seguito sono dall’uragano Camille nel 1969 e l’uragano Andrew nel 1992.
Lo scenario per i soccorritori arrivati il giorno dopo, fu letteralmente orribile. A centinaia i cadaveri giacevano a terra – se ne contarono fino a seicento – e il suolo era cosparso di macerie. Karl Sudor fu uno dei pochi sopravissuti della collera di Madre Natura, ed è rimasta la sua testimonianza
- Col calore del sole, l’odore diveniva insopportabile. I cadaveri puzzavano, i vivi vomitavano. A stento riuscivo a riconoscere i volti dei miei amici della vigilia. Poiché il suolo dell’isola è fatto in gran parte di corallo appena ricoperto di da un sottile strato di terra, non fu possibile seppellire la maggior parte dei corpi. Furono accatastati come ceppi e bruciati. Per parecchi giorni il mare continuò a gettar cadaveri sulla riva. Era impossibile dire da dove venissero. Era peggio di tutto quando avessi mai visto in guerra.
Sudor decide di rimanere a Islamorada. Ed lì che inizia l’ultima parte di questa triste vicenda.
Con una piccola barca, Sudor fa visitare l’isola ai turisti. Oltre a descrivere gli orrori dell’uragano, asserisce che vi è un luogo in cui restano ancora quindici metri di binari arrugginiti, dove
- In certe sere il treno di soccorso sorge dal mare, percorre Islamorada per qualche ora e poi si inabissa di nuovo nell’oceano.
Da allora viene chiamato il re dei pescatori e… dei mentitori. Dopo la seconda guerra mondiale, il vecchio pescatore è ormai un vecchio stravagante. Ha già perduto in un incidente un occhio e subito varie operazioni al cervello ed è fissato sempre di più che nelle notti di tempesta torni il treno fantasma.
Una sera il vento è più forte del solito e dopo una partita a carte con gli amici, Sudor li saluta e ritorna alla sua capanna.
È l’ultima volta che viene visto. Due giorni dopo un suo amico, accompagnato da un poliziotto, lo va a cercare a casa sua, che è vuota. Ma al di fuori scovano una quindicina di metri di vecchie rotaie, eppure la ruggine è assente come per un passaggio recente del treno. E per di più in mezzo ai binari vi è il corpo di Sudor tranciato in due.
Il treno era tornato un’ultima volta per ucciderlo.
Una bella vignetta tratta da Super Eroica capolavori n. 66 del giugno del ’75.
È opera probabilmente di Gerry Embleton autore de La pattuglia fantasma.
Credete forse che – per ritornare all’Italiano Volante – che qualcosa e qualcuno sia scomparso in un una nube, sia un fatto isolato? Nel 1914 esplose un altro incubo: la grande guerra. Un anno dopo, il 14 agosto, a Gallipoli, un battaglione inglese si trovava in piena battaglia e il colonnello sir Horace Beauchamp riceve l’ordine di conquistare l’altura di Tekke Tepe detta “quota 60”, muovendo da una fattoria detta Sulakji, per salvare un battaglione neozelandese in difficoltà con i tedeschi. Beauchamp si diresse con i suoi uomini, si dice quattrocento, verso in una zona boscosa che ricopriva le pendici dell’altura, sotto il fuoco nemico. Da 400 uomini si trovarono a 200 e continuarono fino a che furono tutti furono uccisi.
Non molti anni dopo si trovarono dei resti umani e si ipotizzò che fossero quelli degli uomini di Beauchamp massacrati dai soldati turchi. Facile ridurre tutto alla bestialità umana.
Perché la Turchia, alla fine della guerra nel 1918, alla domanda di restituzione dei superstiti del reggimento di Beauchamp, rispose che il suo esercito non mai fatto nessun prigioniero di quel reparto, anzi peggio. Non aveva mai preso nessun prigioniero di quel reparto, ma che addirittura non aveva mai preso contatto con esso.
A questo punto spuntarono dei testimoni oculari del fatto, un veterano neo-zelandese chiamato Fred Reichart, di Matata nel distretto Bay of Plenty, che militava nel Genio della 1° Compagnia (3° sezione) dell’esercito neozelandese. E con lui, vi è la testimonianza dei suoi commilitoni R. Newnes di Cambridge (Nuova Zelanda) e J. L. Newman di Tauranga (sempre in N. Zelanda).
Dalla loro versione il 5° Norfolk aveva subito pesanti perdite nella loro avanzata alla “quota 60” e soltanto circa 250 uomini erano riusciti ad arrivare alle pendici della quota malefica, sfruttando il letto disseccato di un torrente.
Secondo i libri sulla campagna di Gallipoli, «Essi [il reggimento inglese] furono avvolti da una nebbia… Questa nebbia rifletteva i raggi del sole in modo tale che gli artiglieri rimasero abbagliati dal suo splendore e non poterono effettuare il tiro di sostegno. Non si è mai più rivisto nessuno dei 250 uomini».
Ma la dichiarazione di Reichart inizia da qui «Quella che segue è la relazione di uno strano avvenimento verificatosi alla data sopra indicata (il 28 agosto 1915), di mattina, durante la fase più dura dei combattimenti che ebbero luogo alla “quota 60” nella baia di Suvla, settore ANZAC (Corpo dell’Esercito australiano e neozelandese).
La giornata era molto chiara, come corrisponde a un bel giorno del Mediterraneo e il cielo era sgombro eccetto per la presenza di sei o sette nuvole a forma di”pagnotta”, tutte uguali fra loro, che stavano immobili al di sopra della quota 60. Stranamente, queste nubi non cambiavano né di forma né di posizione, nonostante un vento che spirava da sud a 6 o 7 chilometri orari. Esse rimanevano ferme ad un’altitudine di circa 60°, valutata dal nostro punto di osservazione situato ad un’altezza di 160 metri.
Un’altra nube di forma simile stava quasi a contatto con il terreno, proprio al di sotto del gruppo delle altre. Misurava circa 250 metri di lunghezza, 60 di altezza e altrettanti di spessore. Era estremamente densa, tanto da apparire come solida.
Tutto ciò fu osservato da 22 uomini della terza sezione della 1° Compagnia del Genio Neo-Zelandese dove ero anch’io. Dalle trincee dello sperone del Rhodendro situate a circa 2500 metri a sud ovest della nube a terra; dal nostro ventoso osservatorio in una posizione sopraelevata dominavamo la quota 60 di circa 100 metri.
Poi la strana nube a terra si spostò ponendosi sopra il letto asciutto di un torrente (Kaiajik Dere), e noi potemmo distinguere perfettamente i suoi contorni. Era di colore grigio chiaro, come le altre in cielo.
Una inquietante illustrazione del pittore Silvio Neri
Osservammo che il 5° reggimento di Norfolk, composto da diverse centinaia di uomini stava risalendo il letto del torrente in direzione delle quota 60, coperta in parte dalla strana nube. Quando arrivarono alla nube, gli uomini vi penetrarono senza esitare… ma nessuno di essi uscì dall’altro lato né arrivò mai a prender posizione per arrivare alla suddetta quota 60.
Quando l’ultimo di quelli uomini era penetrato dentro la nube, questa si sollevò dolcemente dal suolo e salì – conservando la sua forma – proprio come avrebbe fatto un banco di nebbia o una nuvola, fino a raggiungere le altre simile ad essa nel cielo, di cui menzionammo al principio di questa testimonianza. Guardandole di nuovo, esse ci dettero l’impressione di “piselli nel loro guscio”, tanto erano tutte uguali. Durante tutto questo tempo, si erano tenute immobili; ma non appena l’altra le ebbe raggiunte, tutte insieme partirono in direzione nord, cioè attraverso la Tracia (Bulgaria). Scomparvero totalmente dalla nostra vista dopo circa tre quarti d’ora. »
Ancora una volta una nube misteriosa aveva colpito.
Ho tratto la relazione Reichart, dall’edizione a cura di Antonio Ribera in spagnolo di Passaporte a Magonia di Jacques Vallée, Mayo 1972, pagg. 121-123.
Ma quest’altra non è una storia. È il resoconto di una esperienza ai limiti dell’assurdo e che assomiglia troppo alla storia del treno italiano.
Il caso Valdéz
Una bella illustrazione sulla spaventosa vicenda, di Nevio Zeccara (1924-2005)
“Guardando in alto: ed ecco all’improvviso
Distaccarsi la luna; e mi parea
Che quando nel cader s’approssimava,
Tanto crescesse al guardo; infin che venne
A dar di colpo in mezzo al prato; ed era
Grande quando una secchia, e di scintille
Vomitava una nebbia, che stridea
Sì forte come quando un carbon vivo
Nell’acqua immergi e spegni.”
Frammento da Scritti vari di Giacomo Leopardi
È ancora notte sulla Cordigliera delle Ande, in quel 25 aprile del 1977. I sette militari guidati dal loro caporale sono in ricognizione nei dintorni della piccola località di Putre, a ben 2.170 chilometri a nord di Santiago, a circa un paio di centinaia di chilometri dal porto di Arica, e che conta all’incirca diecimila abitanti.
Sono le 4 e 25, e la temperatura è a 18° sotto zero; il cielo è limpido ed è senza luna, tutto sembra tranquillo, anche se i militari temono qualche attività dei contrabbandieri. E infatti uno di loro, distaccato di guardia al di là di alcuni roccioni giunge di corsa per avvertire Armando Valdéz Garrido, il suo caporale maggiore di 23 anni di età, che è da cinque anni nell’esercito.
Gli altri sette componenti della pattuglia, appartenente al reggimento Rancagua, sono Humberto Rojas, Iván Robles, Germán Riquelme, Raúl Salinas, Pedro Rosales, Juan Reyes e Julio Rato, tutti giovani e saranno tutti testimoni di ciò che avverrà entro breve.
Avanzano per circa mezzo chilometro verso il luogo indicato dal loro compagno di sventura e infine si soffermano per osservare «un qualcosa di molto strano», che lentamente e sinistramente discende lentamente lungo il pendio della montagna, scivolando sopra i dislivelli naturali come se li sorvolasse. E la paura inizia… L’ordigno è come formato da due punti rossi circondati da una… nebbia violetta! Ancora la nebbia malefica.
L’ordigno si trasforma in un solo punto rosso sempre attorniato dalla nebbia per fermarsi alla base della montagna a non più di duecento metri dei giovani che riprendono il cammino per arrivare a cinquanta metri dal misterioso ordigno; un oggetto ovale dal diametro maggiore di un venticinque metri, irradiante una intensa luminosità, sempre avvolto dalla nebbia.
Valdéz, nonostante la paura, grida all’uso militare agli oscuri occupanti dell’ordigno di farsi riconoscere, ma solo il silenzio gli risponde. E avanza ancora con la sua pistola in pugno, con una temerarietà che ricorda quella del tenente dei metronotte di Genova Giovanni Cassiba, compagno di sventura di Fortunato Zanfretta, che proprio un anno dopo sarebbe stato rapito da esseri di altri mondi.
Davanti agli occhi degli altri ragazzi, Valdéz fu come si «fondesse» con quella nebbia che ricorda loro una gigantesca tela di ragno fittissima. Sono ormai le 4 e 30 minuti e pieni di terrore, stando ben lontani da quell’anticamera della morte che è la nebbia, iniziano a cercarlo tutto intorno, al buio, tra le rocce.
Ma Valdez ritorna, ben quindici minuti dopo, urlando allucinato
- Ragazzi !.... Ragazzi!... qui !... Aiutatemi !
Corre un pazzo, è apparso dalla parte opposta da cui era scomparso. Aveva avuto la stessa esperienza del cosacco Puškin nel 1796. Ha la barba lunga, come se avesse trascorso dei giorni, di là, con gli altri e questo lo testimonia il suo orologio digitale da polso, che segna l’ora in cui è scomparso, ma al 30 di aprile. Infine sviene e solo i suoi compagni gli impediscono di crollare a terra.
Tutti i giovani militari furono poi sottoposti ad accurati esami medici. Non molto tempo dopo un comunicato dell’esercito cileno conferma la pattuglia comandata da Valdéz è stata testimone oculare di un incontro ravvicinato con un ordigno sconosciuto; non solo un secondo comunicato, parallelo al primo, proibisce a qualunque membro di questa pattuglia di fare nuove dichiarazioni pubbliche, finché le autorità militari non avessero svolte le opportune indagini.
Le immagini tratte dal servizio televisivo presente in rete, così come sono apparse sul Giornale dei Misteri del marzo del ‘78
E la cosiddetta Scienza dà le sue spiegazioni: a causa dell’elevato grado di magnetismo dell’ordigno, l’orologio è impazzito e ha fatto crescere la barba al caporale… Bisogna proprio avere – è tassativo – una grande fiducia nella scienza, e c’è ne ha dato grande testimonianza tra il 2021 e il 2022.
Valdéz, che all’inizio non ricordava niente della sua esperienza, ormai ricorda. Ricorda i giorni in cui visse quei giorni di là, con loro.
La nube spagnola
Il protagonista del sconcertante episodio spagnolo con la sua auto. Il volto ricorda molto Nippur de Lagash. Forse era (e spero è) un suo lettore.
Nel 1984 lo straordinario ricercatore spagnolo, il dottor Fernando Jiménez del Oso, presentò all’interno del suo programma alla televisione spagnola La Puerta del Misterio, nella sesta puntata intitolata Ovnis, Cuestion de Energia, la testimonianza di un viaggio in auto – un auto nuova con appena sei mesi di vita – di due Madrileni, Carretero e il fratello della moglie.
Alle sei e venti, poco più, di una mattina i due uscivano dalla città, per prendere la strada per l’Andalusia, diretti a Cordoba (378 km su autostrada).
Dopo un viaggio normale arrivarono all’incirca alla località a Valdepeñas, dove – commentando Carretero a suo cognato, vi era un ristorante dove era stato con sua sorella, prima di sposarla – quando videro di fronte a loro una nube molto strana, che sembrava (attenti alle sue parole):
- Che (non saprei come dirlo) pareva un tunnel con una luce interna!
Entrati nella nebbia, l’autista, il signor Carreteo, vedeva bene davanti a sé e conduceva l’auto a una velocità non eccessivamente alta, sui 130 chilometri. Suo cognato invece era impaurito perché non vedeva niente. Intanto la lancetta della benzina incominciava a dare i caprici, andando a zero, indicando la necessità di far rifornimento.
Dopo alcuni chilometri uscirono finalmente dalla nebbia e si ritrovarono in una giornata serena con la luce del sole e il signor Carreteo si accorse che la strada non era quella dell’Andalusia. Lo dice al cognato, il quale crede che stia scherzando, ma avendo il sole di fronte non stavano andando verso il sud, ma verso l’est.
L’inquietante esperienza ricostruita nel programma televisivo.
Alla fine si fermarono per prendere un caffè ed entrarono in una caffetteria (un bar) e il signor Carreteo domandò quando ancora mancava per Cordova; ma la risposta fu raggelante: si trovavano a cinquanta chilometri da Alicante, (413 km su autostrada da Madrid) ed erano le otto e mezzo di mattina! E anche i loro orologi segnavano le otto e mezze, in più il loro contachilometri indicava ben trecento chilometri percorsi.
Dalla cartina Michelin in linea, da Madrid verso il sud, spostandosi poi verso l’ovest c’è Cordova, ma Alicante è sulla costa verso l’est
Chiesero la strada per Cordoba e da lì arrivarono ad Alicante e presero la strada per la loro destinazione dove arrivarono verso l’una e mezza; il contachilometri indicava sui ottocento chilometri percorsi e la lancetta della benzina finalmente funzionava. Altra cosa strana, durante il rifornimento, secondo i chilometri percorsi, doveva immettere almeno quaranta litri di benzina e invece ne furono necessari solo trenta.
Ai due protagonisti di questa avventura è andata bene che invece nel tempo, si siano spostati solo nello spazio. Purtroppo potrebbero essere stati protagonisti di un rapimento alieno, ma questo non potremo saperlo mai.
Dopo questi fantasmi e misteriosi oggetti volanti fuori dalla nostra realtà, vi voglio narrare dell’esperimento dell’ingegner Giovanni Battista Ferlini. Di questa persona sono venuto a conoscenza attraverso quella rivista piena di “bugie” che è il Giornale dei Misteri, naturalmente.
Studioso appassionato di magnetismo, l’ingegnere scoprì uno strano effetto provocato dall’uso particolare di alcuni magneti naturali, che riuscì a replicare più volte con successo partendo da scale di grandezza mnime, fino ad arrivare all’utilizzo di giganteschi magneti pesanti all’incirca, ben quattro tonnellate ciascuno.
Lo sperimentatore si trovò a vivere una insolita esperienza quando si “immerse” nel forte campo generato dalle calamite. Nel suo libro La barriera magnetica riferisce che inaspettatamente si trovò a contatto con un’altra realtà e di aver scrutato al posto degli edifici circostanti «un’altissima costruzione di pietra con il vertice, o tetto inclinato, ricoperto da una strana “cappa” metallica.» Ferlini ipotizzò che il suo macchinario avesse operato un vero e proprio stargate, aprendo un varco con un altro mondo.
Sembra che la lettura del libro di Ferlini – in cui erano omessi dei particolari tecnici per eseguire l’esperimento – spinse dei lettori a tentare di riprodurre l’esperimento. Tra questi vi è il signor Gianpietro di Novara che scrisse a Michele Dinicastro. Nel maggio del 2005, nel numero 403, lo storico articolista della rivista, riferì del tentativo di replicazione in scala dell’esperimento di Ferlini.
La prova avvenne il 19 luglio 1992 a Valdagno (Vicenza) di fronte a un’équipe di tre altre persone. Utilizzando un basamento quadrato di legno panforte in cui erano fissati altri elementi in legno formanti una struttura a croce con guide a scorrimento; su queste guide erano fissati dei magneti permanenti.
I quattro (quasi direi… moschettieri! Ovvero D’artagnan e i suoi compagni d’avventure) manovravano ciascuno di essi una manovella di scorrimento, in maniera simultanea. Così i magneti disposti nella posizione di massimo avvicinamento, corrispondente al punto in cui il magnete nord dei dipoli toccava il magnete sud dei dipoli vicino.
I dipoli venivano arretrati di un decimo di millimetro, mentre i magneti avevano un allontanamento doppio. Ad ogni arretramento vi era un sosta di venti secondi, fino ad arrivare all’obbiettivo della massima separazione consentita.
Lo scopo era di individuare l’”area critica” che si verifica nel particolare punto di equilibrio magnetico che doveva aprire una ipotetica porta interdimensionale.
Cosa avvenne? Un inquietante manifestarsi di vibrazioni, una presenza di ozono e un offuscamento dell’area tra i magneti con la formazione di (senti, senti) una nebbiolina verde-azzurrognola.
Bà! Son solo fantasie in fondo…
Altro avvenimento accaduto a Ciudad de Mexico, splendidamente illustrato da Angelo Maria Ricci su testi di Castelli. Da Martin Mystère n. 4 del Luglio del ’82.
Per concludere questa serie di piccoli esempi con lo strano caso avvenuto il 25 ottobre del 1593 che Pier Luigi Sani riferì a pag. 26 del Giornale dei Misteri n. 42 del Settembre del ’74. In quel giorno un soldato spagnolo apparve improvvisamente nella piazza principale di Ciudad de Mexico. Sulla sua uniforme, pulita ed in perfetto ordine, figuravano le mostrine di un reggimento di stanza a Manila, nelle isole Filippine sul Pacifico. Il poveraccio non sapeva come era arrivato nella capitale. Prima era a Manila e un attimo dopo era a Città del Messico e inoltre portava con sé una notizia clamorosa: Don Gomez Perez Dasmarinas, governatore delle Filippine, era morto!
A quel punto i capoccioni della città non ci capirono più niente, il soldato veniva da così lontano, in brevissimo tempo e senza essersi sporcato minimante la divisa? Fu accusato di diserzione e sbattuto in galera.
Però molti mesi dopo arrivò la notizia che il governatore delle Filippine aveva davvero perduto la vita nel corso un ammutinamento e proprio nel giorno in cui il soldato era comparso a Ciudad de Mexico!
Infatti il governatore di Manila, voleva conquistare Maluco [La definizione di Maluco nel dizionario spagnolo è originario delle isole Molucche o Molucche. Un altro significato di maluco nel dizionario è anche pertinente o relativo a queste isole dell'Indonesia. V. https://educalingo.com/it/dic-es/maluco
Antonio Pigafetta aveva saputo che “se era preparata una armata in la città di Siviglia, che era de cinque nave, per andare a scoprire la spezieria nelle isole di Maluco” e decide di partire con Magellano. Narrerà la pericolosa avventura in Relazione del primo viaggio intorno al mondo pubblicato poi nel 1524.] e per questo progetto allestì quattro galee e di diverse barche, accompagnato da notabili religiosi e
con molti soldati, e con il pretesto di prestare assistenza al re di Cambogia. Ma nel corso del viaggio 250 rematori cinesi – maltrattati dal governatore – decisero di rubare la galea e le mercanzie, e ucciderebbe tutti gli spagnoli, proprio nel momento in cui Gómez Pérez Dasmariñas usciva dalla sua cabina. Gli spaccarono la testa e il suo cadavere, insieme a quelli degli altri, fu gettato in mare.Comunque sia, ciò che testimoniano i suddetti cronisti è che sia a Manila che in Messico la morte del governatore è stata annunciata da segni soprannaturali. A Manila, tra i ritratti dei cavalieri degli ordini militari che esistevano nella portineria del Convento di San Agustín, ce n'era uno di Gómez Pérez, e lo stesso giorno della sua morte, il muro su cui era dipinto il ritratto si era incrinato, nella parte che corrispondeva alla testa del governatore, il cui cranio, come si diceva, era stato spaccato in due dagli assassini.
E per di più un soldato era scomparso nel nulla, «trasportado por las brujas» [La prima menzione è su un libro del 1609, ristampato nel 1890 di de Morga, Antonio Rizal, José, ed. Sucesos de las islas Filipinas. Paris: Garnier hermanos. pp. 31-36.].
«Dicono che, la mattina del 25 ottobre 1593, apparve in Plaza Mayor de México un soldato con l’uniforme di coloro che abitavano nelle Isole Filippine, e che detto soldato, con il fucile in spalla, interrogò tutti coloro che passò per quel luogo, con il solito e sacramentale ¿quién vive? “chi è là?”.
Aggiungono che la notte prima era stato sentinella in una garitta del muro che difendeva la città di Manila, e che senza accorgersene e in meno di un canto di gallo, si era ritrovato trasportato nella capitale della Nuova Spagna» [v. https://archive.org/details/mexicoviejonotic00gonz/page/184/mode/2up]
Ilustración de Barda Sano y Molina para UN APARECIDO. («Las calles de México» de Luis González Obregón, Ediciones Botas, 1944. (Imprenta Manuel León Sánchez. p. 30).
Da: https://revistachcdmx.com/el-misterio-del-soldado-filipino-aparecido-en-el-zocalo-en-1593/
«Ma qui ci è di mezzo il diavolo!» avranno esclamato i capoccioni della città facendosi il segno della croce, insieme a un bel po’ si scongiuri sicuramente meno religiosi, ma sicuramente efficaci contro un caso di stregoneria, una cosa oscura e tenebrosa [Vedi González Obregón, Luis (1900). «Un Aparecido». México viejo: noticias históricas, tradiciones, leyendas y costumbres. Paris; Mexico City: Librería de la Vda. de C. Bouret. pp. 181-185.], che non poteva che finire tra i sinistri artigli del Tribunale dell’Inquisizione.
Eppure sulla base di numerose testimonianze, venne accertato che in quella violenta notte del 24 ottobre il soldato era davvero a Manila, ma la mattina era comparso misteriosamente nella capitale del Messico o Nuova Spagna. Cosa era avvenuto, rapimento alieno, apertura imprevista di una porta spazio-temporale o chissà cos’altro, rimase un mistero.
Per sua enorme fortuna il soldato – sembra che si chiamasse Gil Pérez – non finì sul rogo ma venne ricondotto a Manila, o perlomeno così riferiva Sani.
Marco Pugacioff
[Disegnatore di fumetti dilettante
e Ricercatore storico dilettante, ma non blogger
(Questo è un sito!)]
Macerata Granne
(da Apollo Granno)
S.P.Q.M.
(Sempre Preti Qua Magneranno)
02/07/'22
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