Apache vuol
dire nemico
“«Gli Huexotzincas, i Xochimilacas, i Cuitlahuacas,
i Malinalcas, i Matlatzincas abbandonarono la loro terra
e partirono senza meta». Così inizia il racconto riportato
dal Codice Aubin, che descrive le origini
degli Aztechi;
la terra che essi furono costretti ad abbandonare era
un’isola in mezzo all’Atlantico, distrutta da un’immane
catastrofe e chiamata Aztlan.
Vi ricorda nulla questo nome?”
Alfredo Castelli, Almanacco del Mistero 1988
Turok, la prima vignetta di Rex Maxon
del 1954, interamente da me riscritta
A me piace sognare, e in una realtà squallida
come quella che abbiamo davanti, mi rifugio nei miei fumetti che mi fanno
sognare… Naturalmente i fumetti popolari, quel tipo di fumetto che entro breve
scomparirà.
Grazie a questo tipo di fumetto ho da sempre
ammirato la popolazione cosiddetta indiana
o pellerossa. E nel mondo del fumetto, in Usa fu creato un
personaggio chiamato Turok, un Kiowa-Apache.
Una tavola dalla prima avventura
illustrata da Alberto Giolitti. Angelo Todaro scrive che
Giolitti ereditò il
personaggio da altri artisti, (il n. 24 è il suo primo episodio), e che poi continuò in Italia, fino al n. 130 dell’aprile
1982 (due suoi episodi sono rimasti inediti). L'idea del personaggio di Turok
probabilmente fu dell'editore Matt Murphy, ma fonti eminenti assicurano che le
prime storie furono scritte da Alberto Giolitti, pur non disegnandole.[1]
Da una sua edizione in lingua spagnola ho
trovato un articolo scritto da bianchi americani (non messicani) e ho pensato
di ampliarlo e inserendo anche diversi tipi di informazioni, che la maggior
parte di chi leggerà considererà solo voli
di fantasia.
I Dhyani Ywahoo, della nazione Cherokee, ci dicono che i loro antenati vennero dalle
Pleiadi (le Sette Stelle) e che atterrarono su una super-isola posta
nell’Oceano ad Est (Atlantide?) […] e lì vissero fino al cataclisma che distrusse la nuova patria inabissandola. Da lì scapparono con
mezzi prodigiosi verso Ovest, e colonizzarono il nuovo continente.
Bronco
(il vero nome non si è mai saputo), che percorre il cosiddetto West con la
compagna
di pelle bianca Bella,
dimostra a un Capo apache di essere un uomo rosso. Da Bella & Bronco n. 4
di Gino D’Antonio
e Renato Polese
A Sud, gli Apache raccontano di un enorme
isola al cui centro era un vulcano, mentre il porto d’entrata rappresentava un
vero labirinto. L’Apache Lasa Delugio
ci offre una vera descrizione grafica della montagna sacra – che sputava lava
come una gigantesca fontana –,
parlandoci di un dio del fuoco che si arrampicava, ruggendo, attraverso caverne
per poi uscire dalla bocca del monte per scuotere e distruggere la terra – così
come fa il lupo col coniglio –. Perciò gli antenati abbandonarono quella
magnifica isola che stava
inabissandosi,
fuggirono ad Ovest, per fermarsi a Nord dell’attuale Golfo del Messico. Ma
prima di potersi diffondere nei territori di caccia furono tenuti sotto
protezione dagli dèi per un certo tempo in enormi tunnel sotterranei. Una volta
liberi, agli Apache furono donate armi e sementi[2].
Un primo piano di Turok
Secondo la storia ufficiale, all'arrivo
degli spagnoli nella regione sud-occidentale dell'attuale territorio degli Usa,
nel sedicesimo secolo, costoro la trovarono abitata da un gruppo di popolazioni
che in seguito furono conosciuti come los
apaches. Il nome deriva da una parola della
popolazione Zuni che significa nemico.
Ma tra di loro si chiamavano Indé, ovvero semplicemente «la gente».
Questo li accomuna ai Navajo (il popolo di Tex
o meglio di Aquila della Notte) il cui nome imposto dai primi esploratori
spagnoli fu indios apaches de Navajó.
Los navajo si identificano tra di loro come dineh, «il popolo».
"Coronado
si avvia a nord" - olio su tela di Frederic Remington. La spedizione di
Francisco Vázquez de Coronado (1540 - 1542), che passando per il Nuovo Messico
coloniale, si spinse fino alle Grandi Pianure.
Gli apache sarebbero migrati dal lontano nordovest del continente americano,
avanzando sempre più a sud nel corso dei secoli, facendosi strada attraverso i
domini di altre tribù.
I loro
prigionieri venivano sottoposti a schiavitù anche se a volte venivano
incorporati nella tribù con pieni diritti. Alcuni di questi Apaches adottivi
acquisirono grande fama come guerrieri.
Gli Indé erano divisi in sette tribù, ciascuna governata dai propri leader
politici e militari. Nel Nuovo Messico dove erano gli Jicarillas e i Mezcaleros,
e nelle pianure più a est gli Apaches-Kiowa (la gente di Turok, appunto) e i
Lipanes. Famosi anche gli Apache Mímbreños e i
Chiricahuas (quelli di Cochise).
Purtroppo le sette tribù Apache non erano
politicamente unite e talvolta erano persino nemici tra di loro, come i
Lipanes, nemici dei Mezcalero.
Gli Indé parlano una serie di
lingue Athabasca[3]
meridionali, che sono state classificate in Apache delle pianure, Apache
orientale e Apache occidentale.
Oltre che temibili guerrieri, questi indiani erano soprattutto pescatori e
cacciatori molto abili e come agricoltori conoscevano bene le tecniche di
irrigazione e coltivazione nelle aree aride.
Un
esempio di coltivazione in aree aride dei pellerossa è dato dai bei disegni di
Alessandro Chiarolla, (ottimo allievo del padre Renato Polese) in Zenith
Gigante n. 406
Intitolato
Conquistadores! Di Mauro Boselli
Ragazza apache con cesto. Foto di Carl
Werntz, circa 1902
Le donne Apache sapevano come tessere cesti
artisticamente decorati, che erano usati per conservare i cereali. Inoltre
ne fabbricavano altri impermeabili per conservare i liquidi.
Gli Apaches
occidentali e gli indiani Navajo avevano un sistema di clan matriarcali.
Come quasi
tutti i nomadi, gli Apache vivevano in case temporanee. Le loro tende erano
chiamati wickiups;
Erano coniche o a volta e ricoperte di ciuffi ed erbe che venivano sostenute su
pali di pioppo o salice. Durante l'inverno queste abitazioni erano coperte con
pelli molto ben aderenti.
Esempio
di tenda Mescalero in Nuovo Messico
Tutti gli Apaches vivevano in tre tipi di
abitazioni. Il primo era un tipo di tenda usata per vivere nelle pianure. Il secondo tipo di alloggio erano i vikiupas,
una specie di capanna, chiamata Vigvam.
Questa
casa è formata da un telaio di legno alto 2 metri e 5 centimetri, rinforzato
con fibre di manioca e coperto di arbusti ed erba. Queste capanne erano di
solito degli Apaches che vivevano sulle montagne. Se un membro della famiglia
che viveva nella capanna cessava di vivere, veniva incenerito.
Il
terzo tipo di alloggio era un Hogan, e veniva usato durante i periodi caldi quando si
inoltravano nel nord del Messico, il cui interno era perfettamente fresco. La
sua costruzione è ancora comune nella nazione Navajo[4].
Esempio di abitazione Chiricahua poco elaborata. Era la casa di un
uomo della medicina in Arizona
Gli sciamani appartengono a una classe
sociale elevata.
La
mitologia Apache parla di due eroi mitologici. Uno è il sole/calore, che fa
fronte ai mostri assassini, il secondo è l'acqua/luna e il tuono, figlio dell'acqua,
nato fuori dall'acqua, che è dannoso per gli esseri umani. Altre leggende
parlano di un juego de pelota [partita
con una palla] segreta in cui chi gioca sono animali buoni e cattivi che devono
decidere se il mondo debba rimanere nell'oscurità eterna o entrare in una nuova
alba. Occupano un posto importante anche le leggende del coyote e dei triksteris[5].
Alcuni animali se demonizzati potevano causare varie malattie. Tra essi
i gufi, i serpenti, gli orsi e i coyotes.
Il
termine Diyi si riferisce a uno o un
gruppo di forze invisibili che scaturiscono da una serie di animali, piante,
minerali, fenomeni meteorologici e da delle creature mitologiche dell’universo
Apache occidentale esistente. Una qualsiasi di questa varietà di forze può
vincere un uomo per poi utilizzarlo per vari scopi.
In molte delle “divinità”, si personificano le
forze della natura che la gente utilizza per i propri fini attraverso vari
rituali o cerimonie.
In queste cerimonie erano molto coinvolti gli
stregoni o meglio gli sciamani, ma era possibile, che una manifestazione diretta avvenisse in un
singolo individuo. I rituali e le loro forme variavano nelle diverse tribù
Apache. Molte cerimonie di Chiricahuas e Mezcaleras erano realizzate con ciò
che veniva appreso durante delle personali visioni religiose, ma i Jicarilla e
gli Apache occidentali avevano rituali ben consolidati.
Pelle di bisonte con rappresentata la
cerimonia della pubertà. Della tribù Chiricahua.
La
pubertà nelle ragazze viene utilizzata nella danza del amanecer, (danza dell’alba), altri rituali e celebrazioni
venivano effettuate con le canzoni dei Navajo; le cerimonie di consacrazione
erano i rituali più frequenti, ed erano ben fissate almeno dall’antichità tra i
Jicarilla de los llanos, delle
pianure.
La Danza della Pioggia illustrata
sempre da Chiarolla.
Molte maschere cerimoniali venivano utilizzate
per rappresentare gli spiriti religiosi. I Navajo, gli Apaches e gli Jicarilla
occidentali detengono una notevole conoscenza incentrata sulla filosofia
religiosa e usano tracciare dei simboli sulla sabbia del deserto. Si ritiene
che l’uso di maschere e della pittura
sulla sabbia lo abbiano appreso dalla cultura dei Pueblo.
Gli invasori bianchi
Il leggendario Cochise divenne Kociss un formidabile eroe a fumetti di Gianluigi
Bonelli, illustrato da Emilio Uberti.
L'ostilità di questo popolo contro gli
uomini bianchi fu esasperata dal trattamento inumano delle vittime da parte
degli spagnoli che sistematicamente li trasformarono in schiavi. Peggio ancora,
fu messa una taglia per i loro scalpi. Ciò ha portato persone senza scrupoli
[bianchi spagnoli o americani] ad attaccare i pacifici villaggi degli Apache
per ottenere quella infame ricompensa. Gli indiani fecero naturalmente ricorso
alla vendetta. Nel corso del tempo, questo stato di cose si intensificò e lo
spargimento di sangue tra coloni e apaches fu abbondante.
Da Tex n. 260 - Segnali di fumo di
Gianluigi Bonelli e Giovanni Ticci
Da
Tex n. 283 - Il carro di fuoco
Geronimo e Aquila della Notte – un sogno di Gianluigi Bonelli
Guidati dai loro famosi capi guerriglieri
Cochise (fratello di sangue di Tex), Mangas Coloradas e Geronimo (Goyaałé), gli
Apache seminarono il terrore fino al punto di espellere i bianchi quasi interamente
dal territorio dell'Arizona. La lotta di questa guerra non dichiarata fu
prolungata in azioni sporadiche fino agli anni del decennio successivo al 1880.
Gli Apache hanno tenuto fronte all'esercito
degli Stati Uniti per lungo tempo fino a quando non si sono sottomessi per
vivere pacificamente.
Saguaro, di Bruno Enna e Luigi Siniscalchi, è un pericoloso Navajo
che è entrato controvoglia nel F.B.I. Ha una deliziosa compagna mezzosangue e
vive tutto il dramma di un popolo vinto e sottomesso dai bianchi. Una tematica
già sviluppata in maniera diversa e più drammatica nell’americano Scalp. Saguaro, si vede bene, era ispirato
graficamente da Turok.
L’infame destino dei resti di Geronimo
Rino Albertarelli descrisse la vita di Geronimo a fumetti
Purtroppo per Goyaałé [Geronimo] che
trascritto in inglese diventa Goyathlay, cioè «el que bosteza [colui che sbadiglia]»), dopo
una vita passata a lottare, morì in cattività nel 1909; sembra che l’avvocato
Prescott Bush sia riuscito a rubare il cranio di Geronimo all’inizio del secolo
e lo abbia consegnato alla famigerata Skull
and Bones, da cui escono tutti i presidenti
Usa.
Molti ritengono questa storia non vera, vero
però è che il figlio e il nipote dell’avvocato divennero presidenti Usa.
Tuttavia
esiste attualmente una petizione al Congresso degli Usa per rimpatriare il
teschio di Gerónimo[6].
Gerónimo
prigioniero di guerra degli americani nel 1905
Marco Pugacioff
[1] Vedi: http://www.albertogiolitti.com/bio.php
[2] Vedi HYDRA TRIPUDIANS, ricerca di un professore d’università, e
collaboratore dell’enciclopedia Treccani – il quale si nasconde sotto il peusdomino de Il Pensatore per la sua visione blasfema della storia del passato
del nostro pianeta – ha riassunto la
straordinaria indagine di due «ricercatrici
indipendenti M. Constance
Guardino e Marilyn A. Riedel che hanno effettuato importantissime indagini etnografiche presso varie tribù nelle
riserve e i dati ormai non sono più da intendersi come sconcertanti bensì come confermativi: le
maggiori nazioni del gruppo Algonchino-Athabaska ci offrono leggendo
concordanti non solo tra loro ma anche con il patrimonio mitico del nostro Vecchio Mondo.»
[3] Le lingue Atabascan o
Atapascan costituiscono un gruppo di lingue indigene che fanno parte della
famiglia Na-dené. Sono parlate da tribù note come atabascas o atapascas,
situate in due gruppi principali, uno nel sud e uno nel nordoccidentale de Norteamérica. Il gruppo Atabascan è uno
dei più grandi gruppi linguistici del Nord America per il numero di lingue che
raggruppa e il numero di chi le parla; tuttavia, la famiglia Uto-Aztec, che si
estende per il Messico, ha più persone che si esprimono in questa lingua. In
termini di territorio, solo le lingue algiche coprono un'area più ampia.
Atabasco settentrionale, Atabasco del Pacífico e Atabasco meridionale (apache)
[4] Vedi: https://es.wikipedia.org/wiki/Apache
[5] Vedi anche la voce Trickster in https://marcopugacioff.blogspot.com/2017/01/piccolo-campionario-dellinsolito-2.html
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Hermosa e interesante historia ,, y muy bien contada ,Muy bella nota . Martha
RispondiEliminaGracias Martha.
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