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giovedì 31 maggio 2018

Apache vuol dire nemico



Apache vuol dire nemico
“«Gli Huexotzincas, i Xochimilacas, i Cuitlahuacas,
i Malinalcas, i Matlatzincas abbandonarono la loro terra
e partirono senza meta». Così inizia il racconto riportato
 dal Codice Aubin, che descrive le origini degli Aztechi;
la terra che essi furono costretti ad abbandonare era
un’isola in mezzo all’Atlantico, distrutta da un’immane
catastrofe e chiamata Aztlan.
Vi ricorda nulla questo nome?”
Alfredo Castelli, Almanacco del Mistero 1988


Turok, la prima vignetta di Rex Maxon del 1954, interamente da me riscritta

   A me piace sognare, e in una realtà squallida come quella che abbiamo davanti, mi rifugio nei miei fumetti che mi fanno sognare… Naturalmente i fumetti popolari, quel tipo di fumetto che entro breve scomparirà.
Grazie a questo tipo di fumetto ho da sempre ammirato la popolazione cosiddetta indiana o pellerossa. E nel mondo del fumetto, in Usa fu creato un
personaggio chiamato Turok, un Kiowa-Apache.


Una tavola dalla prima avventura illustrata da Alberto Giolitti. Angelo Todaro scrive che
Giolitti ereditò il personaggio da altri artisti, (il n. 24 è il suo primo episodio), e  che poi continuò in Italia, fino al n. 130 dell’aprile 1982 (due suoi episodi sono rimasti inediti). L'idea del personaggio di Turok probabilmente fu dell'editore Matt Murphy, ma fonti eminenti assicurano che le prime storie furono scritte da Alberto Giolitti, pur non disegnandole.[1]

Da una sua edizione in lingua spagnola ho trovato un articolo scritto da bianchi americani (non messicani) e ho pensato di ampliarlo e inserendo anche diversi tipi di informazioni, che la maggior parte di chi leggerà considererà solo voli di fantasia.

   I Dhyani Ywahoo, della nazione Cherokee, ci dicono che i loro antenati vennero dalle Pleiadi (le Sette Stelle) e che atterrarono su una super-isola posta nell’Oceano ad Est (Atlantide?) […] e lì vissero fino al cataclisma che distrusse la nuova patria inabissandola. Da lì scapparono con mezzi prodigiosi verso Ovest, e colonizzarono il nuovo continente.


Bronco (il vero nome non si è mai saputo), che percorre il cosiddetto West con la compagna
di pelle bianca  Bella, dimostra a un Capo apache di essere un uomo rosso. Da Bella & Bronco n. 4 di Gino D’Antonio e Renato Polese

   A Sud, gli Apache raccontano di un enorme isola al cui centro era un vulcano, mentre il porto d’entrata rappresentava un vero labirinto. L’Apache Lasa Delugio ci offre una vera descrizione grafica della montagna sacra – che sputava lava come una gigantesca fontana  –, parlandoci di un dio del fuoco che si arrampicava, ruggendo, attraverso caverne per poi uscire dalla bocca del monte per scuotere e distruggere la terra    così come fa il lupo col coniglio –. Perciò gli antenati abbandonarono quella magnifica isola che stava
inabissandosi, fuggirono ad Ovest, per fermarsi a Nord dell’attuale Golfo del Messico. Ma prima di potersi diffondere nei territori di caccia furono tenuti sotto protezione dagli dèi per un certo tempo in enormi tunnel sotterranei. Una volta liberi, agli Apache furono donate armi e sementi[2].

Un primo piano di Turok

   Secondo la storia ufficiale, all'arrivo degli spagnoli nella regione sud-occidentale dell'attuale territorio degli Usa, nel sedicesimo secolo, costoro la trovarono abitata da un gruppo di popolazioni che in seguito furono conosciuti come los apaches. Il nome deriva da una parola della popolazione Zuni che significa nemico. Ma tra di loro si chiamavano Indé, ovvero semplicemente «la gente».
   Questo li accomuna ai Navajo (il popolo di Tex o meglio di Aquila della Notte) il cui nome imposto dai primi esploratori spagnoli fu indios apaches de Navajó. Los navajo si identificano tra di loro come dineh, «il popolo».


"Coronado si avvia a nord" - olio su tela di Frederic Remington. La spedizione di Francisco Vázquez de Coronado (1540 - 1542), che passando per il Nuovo Messico coloniale, si spinse fino alle Grandi Pianure.

   Gli apache sarebbero migrati dal lontano nordovest del continente americano, avanzando sempre più a sud nel corso dei secoli, facendosi strada attraverso i domini di altre tribù.
I loro prigionieri venivano sottoposti a schiavitù anche se a volte venivano incorporati nella tribù con pieni diritti. Alcuni di questi Apaches adottivi acquisirono grande fama come guerrieri.      
   Gli Indé erano divisi in sette tribù, ciascuna governata dai propri leader politici e militari. Nel Nuovo Messico dove erano gli Jicarillas e i Mezcaleros, e nelle pianure più a est gli Apaches-Kiowa (la gente di Turok, appunto) e i Lipanes. Famosi anche gli Apache Mímbreños e i Chiricahuas (quelli di Cochise).
Purtroppo le sette tribù Apache non erano politicamente unite e talvolta erano persino nemici tra di loro, come i Lipanes, nemici dei Mezcalero.
   Gli Indé parlano una serie di lingue Athabasca[3] meridionali, che sono state classificate in Apache delle pianure, Apache orientale e Apache occidentale.
   Oltre che temibili guerrieri, questi indiani erano soprattutto pescatori e cacciatori molto abili e come agricoltori conoscevano bene le tecniche di irrigazione e coltivazione nelle aree aride. 


Un esempio di coltivazione in aree aride dei pellerossa è dato dai bei disegni di Alessandro Chiarolla, (ottimo allievo del padre Renato Polese) in Zenith Gigante n. 406
Intitolato Conquistadores! Di Mauro Boselli


Ragazza apache con cesto. Foto di Carl Werntz, circa 1902

   Le donne Apache sapevano come tessere cesti artisticamente decorati, che erano usati per conservare i cereali. Inoltre ne fabbricavano altri impermeabili per conservare i liquidi.
Gli Apaches occidentali e gli indiani Navajo avevano un sistema di clan matriarcali.
Come quasi tutti i nomadi, gli Apache vivevano in case temporanee. Le loro tende erano chiamati wickiups; Erano coniche o a volta e ricoperte di ciuffi ed erbe che venivano sostenute su pali di pioppo o salice. Durante l'inverno queste abitazioni erano coperte con pelli molto ben aderenti.


Esempio di tenda Mescalero in Nuovo Messico

   Tutti gli Apaches vivevano in tre tipi di abitazioni. Il primo era un tipo di tenda usata per vivere nelle pianure. Il secondo tipo di alloggio erano i vikiupas, una specie di capanna, chiamata Vigvam.
Questa casa è formata da un telaio di legno alto 2 metri e 5 centimetri, rinforzato con fibre di manioca e coperto di arbusti ed erba. Queste capanne erano di solito degli Apaches che vivevano sulle montagne. Se un membro della famiglia che viveva nella capanna cessava di vivere, veniva incenerito.
Il terzo tipo di alloggio era un Hogan, e veniva usato durante i periodi caldi quando si inoltravano nel nord del Messico, il cui interno era perfettamente fresco. La sua costruzione è ancora comune nella nazione Navajo[4].


Esempio di abitazione Chiricahua poco elaborata. Era la casa di un uomo della medicina in Arizona




Gli sciamani appartengono a una classe sociale elevata.

   La mitologia Apache parla di due eroi mitologici. Uno è il sole/calore, che fa fronte ai mostri assassini, il secondo è l'acqua/luna e il tuono, figlio dell'acqua, nato fuori dall'acqua, che è dannoso per gli esseri umani. Altre leggende parlano di un juego de pelota [partita con una palla] segreta in cui chi gioca sono animali buoni e cattivi che devono decidere se il mondo debba rimanere nell'oscurità eterna o entrare in una nuova alba. Occupano un posto importante anche le leggende del coyote e dei triksteris[5].
   Alcuni animali se demonizzati potevano causare varie malattie. Tra essi i gufi, i serpenti, gli orsi e i coyotes.


Coyote in Canoa, FN Wilson, 1915.

   Il termine Diyi si riferisce a uno o un gruppo di forze invisibili che scaturiscono da una serie di animali, piante, minerali, fenomeni meteorologici e da delle creature mitologiche dell’universo Apache occidentale esistente. Una qualsiasi di questa varietà di forze può vincere un uomo per poi utilizzarlo per vari scopi.
In molte delle “divinità”, si personificano le forze della natura che la gente utilizza per i propri fini attraverso vari rituali o cerimonie.
In queste cerimonie erano molto coinvolti gli stregoni o meglio gli sciamani, ma era possibile, che  una manifestazione diretta avvenisse in un singolo individuo. I rituali e le loro forme variavano nelle diverse tribù Apache. Molte cerimonie di Chiricahuas e Mezcaleras erano realizzate con ciò che veniva appreso durante delle personali visioni religiose, ma i Jicarilla e gli Apache occidentali avevano rituali ben consolidati.


Pelle di bisonte con rappresentata la cerimonia della pubertà. Della tribù Chiricahua.

   La pubertà nelle ragazze viene utilizzata nella danza del amanecer, (danza dell’alba), altri rituali e celebrazioni venivano effettuate con le canzoni dei Navajo; le cerimonie di consacrazione erano i rituali più frequenti, ed erano ben fissate almeno dall’antichità tra i Jicarilla de los llanos, delle pianure.


La Danza della Pioggia illustrata sempre da Chiarolla.

Molte maschere cerimoniali venivano utilizzate per rappresentare gli spiriti religiosi. I Navajo, gli Apaches e gli Jicarilla occidentali detengono una notevole conoscenza incentrata sulla filosofia religiosa e usano tracciare dei simboli sulla sabbia del deserto. Si ritiene che l’uso di maschere e della  pittura sulla sabbia lo abbiano appreso dalla cultura dei Pueblo.

Gli invasori bianchi

Il leggendario Cochise divenne Kociss un formidabile eroe a fumetti di Gianluigi Bonelli, illustrato da Emilio Uberti.

   L'ostilità di questo popolo contro gli uomini bianchi fu esasperata dal trattamento inumano delle vittime da parte degli spagnoli che sistematicamente li trasformarono in schiavi. Peggio ancora, fu messa una taglia per i loro scalpi. Ciò ha portato persone senza scrupoli [bianchi spagnoli o americani] ad attaccare i pacifici villaggi degli Apache per ottenere quella infame ricompensa. Gli indiani fecero naturalmente ricorso alla vendetta. Nel corso del tempo, questo stato di cose si intensificò e lo spargimento di sangue tra coloni e apaches fu abbondante.

Da Tex n. 260 - Segnali di fumo di Gianluigi Bonelli e Giovanni Ticci

Da Tex n. 283 - Il carro di fuoco


Geronimo e Aquila della Notte – un sogno di Gianluigi Bonelli

   Guidati dai loro famosi capi guerriglieri Cochise (fratello di sangue di Tex), Mangas Coloradas e Geronimo (Goyaałé), gli Apache seminarono il terrore fino al punto di espellere i bianchi quasi interamente dal territorio dell'Arizona. La lotta di questa guerra non dichiarata fu prolungata in azioni sporadiche fino agli anni del decennio successivo al 1880.
   Gli Apache hanno tenuto fronte all'esercito degli Stati Uniti per lungo tempo fino a quando non si sono sottomessi per vivere pacificamente.



Saguaro, di Bruno Enna e Luigi Siniscalchi, è un pericoloso Navajo che è entrato controvoglia nel F.B.I. Ha una deliziosa compagna mezzosangue e vive tutto il dramma di un popolo vinto e sottomesso dai bianchi. Una tematica già sviluppata in maniera diversa e più drammatica nell’americano Scalp. Saguaro, si vede bene, era ispirato graficamente da Turok.

L’infame destino dei resti di Geronimo


Rino Albertarelli descrisse la vita di Geronimo a fumetti

   Purtroppo per Goyaałé [Geronimo] che trascritto in inglese diventa Goyathlay, cioè «el que bosteza [colui che sbadiglia]»), dopo una vita passata a lottare, morì in cattività nel 1909; sembra che l’avvocato Prescott Bush sia riuscito a rubare il cranio di Geronimo all’inizio del secolo e lo abbia consegnato alla famigerata Skull and Bones, da cui escono tutti i presidenti Usa.
   Molti ritengono questa storia non vera, vero però è che il figlio e il nipote dell’avvocato divennero presidenti Usa.
Tuttavia esiste attualmente una petizione al Congresso degli Usa per rimpatriare il teschio di Gerónimo[6].




 Gerónimo prigioniero di guerra degli americani nel 1905
Marco Pugacioff




[2] Vedi HYDRA TRIPUDIANS, ricerca di un professore d’università, e collaboratore dell’enciclopedia Treccani   il quale si nasconde sotto il peusdomino de Il Pensatore per la sua visione blasfema della storia del passato del nostro pianeta   ha riassunto la straordinaria indagine di due «ricercatrici indipendenti M. Constance Guardino e Marilyn A. Riedel che hanno effettuato importantissime indagini etnografiche presso varie tribù nelle riserve e i dati ormai non sono più da intendersi come sconcertanti bensì come confermativi: le maggiori nazioni del gruppo Algonchino-Athabaska ci offrono leggendo concordanti non solo tra loro ma anche con il patrimonio mitico del nostro Vecchio Mondo.»
[3] Le lingue Atabascan o Atapascan costituiscono un gruppo di lingue indigene che fanno parte della famiglia Na-dené. Sono parlate da tribù note come atabascas o atapascas, situate in due gruppi principali, uno nel sud e uno nel nordoccidentale de Norteamérica. Il gruppo Atabascan è uno dei più grandi gruppi linguistici del Nord America per il numero di lingue che raggruppa e il numero di chi le parla; tuttavia, la famiglia Uto-Aztec, che si estende per il Messico, ha più persone che si esprimono in questa lingua. In termini di territorio, solo le lingue algiche coprono un'area più ampia.


Atabasco settentrionale, Atabasco del Pacífico e Atabasco meridionale (apache)

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