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martedì 27 settembre 2016

MEN IN BLACK


MEN IN BLACK
 di Enzo Mancini
   Nella vicenda di Aquisgrana a  san Claudio vengono fuori inattesi risvolti: la presenza degli uomini in nero, non nella fantasia, ma nella più dura realtà: si staglia sinistra l'ombra delle SS.
Mio fratello mi ha riferito la testimonianza di Claudio Franceschetti, fratello di Annibale Franceschetti, i proprietari dell'antico mulino di san Claudio.


  Ho avuto modo di parlare spesso con  Annibale, meno con Claudio.
Annibale mi raccontò un fatto interessante: prima di abbandonare la posizione i tedeschi, allo scopo di rallentare l'avanzata degli alleati non minavano solo i ponti, anche i mulini.
E il mulino di san Claudio stava per essere fatto saltare. La mamma di Annibale e Claudio si era messa a piangere e poco dopo anche i figli. Ma c'era un comandante tedesco, che parlava l'italiano, che aveva preso a benvolere questi bambini: ebbe compassione e ordinò di rimuovere le cariche esplosive.
Così il mulino restò in piedi e dette ai due fratelli la possibilità di lavorarci fino alla pensione.
   Solo adesso, dopo che i due fratelli sono morti, ho realizzato che il comandante tedesco era Wolfgang Hagemann.
Dopo la guerra questo signore tornò in Italia e tenne la carica di direttore del DHI, l’istituto storico tedesco che ha sede in Roma.
Si interessò soprattutto di Federico II, cercando i risvolti delle sue vicende negli archivi dei paesi (a quei tempi risultava strano) del fermano soprattutto.
Chi si interessa di storia locale di questa regione conosce benissimo questo autore.
Io mi sono spesso domandato come facesse questo tedesco a sapere tutto dei nostri paesetti. Ora me lo spiego.
Ma torniamo al periodo della seconda guerra mondiale.

 L'allora parroco di San Claudio, un ufficiale delle SS e il giovane Hagemman in divisa da
ufficiale dell'esercito tedesco.

   Mio fratello Ennio ha raccolto, quasi per caso, la testimonianza di Claudio Franceschetti, pochi mesi prima che morisse, che i Tedeschi nel 1944 mandarono a san Claudio una delegazione di alto livello, che ispezionò l’interno della chiesa, non certo sotto gli occhi di tutti.
Ora passo alle logiche supposizioni, altro non si può fare.
Questa delegazione era sicuramente costituita dalle SS di Heinrich Himmler, mandate a Iesi sulle tracce del Codex Aesinas: dovevano trovare l’unica copia antica dell’opera di Tacito “Germania”, custodita nella villa dei conti Baldeschi – Balleani, perché dovevano cambiare un’inezia: un tamquam con un quamquam.
Questa inezia dava ai nazisti l’alibi morale per proclamare la supremazia della razza ariana! Troppo lungo da spiegare, ma fidatevi, è così, cioè, era così.
Questa spedizione non trovò il codex aesinas, ma credo che non tornò a casa a mani vuote. Si portò a casa la mummia di Ottone III.
   Erano passati diciotto anni dal suo ritrovamento sotto l’altare di San Claudio.
Il parroco don Giovanni Michetti conservava lo spadino ritrovato sopra la mummia, sapeva dove era stata ritumulata, come lo sapeva metà dei parrocchiani: Secondo me uno come Wolfgang Hagemann aveva capito che quella mummia era di Ottone III, molto prima di Giovanni Carnevale.
Ma se i nazisti se la sono presa nel 1944, che andiamo a cercare noi oggi, le farfalle?

Per chiudere il discorso, che sarebbe troppo lungo e complicato, quello 
che mi preoccupa è che forse da qualche parte in Germania questa 
mummia potrebbe saltar fuori da un momento all’altro.

Enzo Mancini

 Breve riepilego della vita di Hagemann

   Wolfgang Hagemann nacque il 9 di aprile del 1911 a Lipsia. Figlio di un avvocato statale, conseguì nel 1929 l'esame di maturità e poi andò a studiare a Heidelberg e a Berlino, storia, geografia e tedesco.
Conseguì il dottorato presso Albert Brack con l'opera L'origine della Signoria Scaligeri a Verona (1259-1304) e completò i suoi studi nel 1936. Nel 1935 affiancò Paul Fridolin Kehr come assistente scientifico e fu designato per l'Istituto Romano [römische Institut] con l'assegnazione di sfogliare sistematicamente gli archivi di Umbria e Marche.
I suoi numerosi viaggi negli archivi diedero luogo a numerosi interventi, soprattutto nelle risorse e nella ricerca degli archivi e delle biblioteche italiane.

Il giovane Hagemann insieme a Rommel

   Dal febbraio 1941 fino alla fine della guerra Hagemann lavorò come interprete presso Erwin Rommel e altri comandanti, nonché alla protezione dell’arte in Nord Africa e in Italia.
Dopo la guerra, si preparò per la riapertura dell'Istituto Storico tedesco (DHI) di Roma.
Hagemann lavorò per molti anni come vice direttore del DHI di Roma.
Nel 1949 Hagemann, prese mano all'edizione del frammento del Registro dell’imperatore Federico II, del 1239-1240, un lavoro che tuttavia non completò a causa della sua scomparsa.
Morì a Roma l’11 giugno del 1978. 



   Wolfang Hagemann fu tutelato e nascosto alla fine della guerra (nella curia arcivescovile di Verona) per aver svolto un effettivo lavoro di salvataggio nei mesi dell’occupazione. Cfr. PETER HERDE, Wolfgang Hagemann e il processo Kesselring (25.IV.1947), parte II: Dalle Fosse Ardeatine al Processo, “L’Acropoli. Rivista bimestrale diretta da Giuseppe Galasso”, n. 5, ottobre 2002, p. 649 e sgg.
   Non per niente l'Einsatzstab Reichsleiter Rosenberg (ERR), creata nel 1940, era una unità speciale dell’Ufficio politico estero, che aveva il compito di fare man bassa e confiscare tutto il materiale ritenuto politicamente importante nei paesi occupati dalle truppe germaniche. Un'attività che era tesa però al furto. Cfr. Lutz Klinkhammer, Distruggere o salvare l'arte. I tedeschi in Campania, lungo la linea Gustav, a Montecassino, pag. 8.

Marco Pugacioff
 
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