Arnal – approfondimenti
2° parte
“Il freddo era atroce.
Non dovevi pizzicarti per aver
la certezza di non dormire. Le dita
dei piedi, umide nei calzini sporchi, imprigionate
da tre giorni negli stivali inchiodati, cedettero
senza resistenza al suolo gelido.”
Inizio del romanzo K. L. Reich
Di Joaquim Amat-Piniella.
Il protagonista è Emili,
ovvero José Cabrero Arnal
27 febbraio del 1939, i governi di Francia e del Regno Unito riconoscono la dittatura di Franco.
Questo porterà negli anni successivi alla fine della seconda guerra mondiale, a che la famigerata Cia consideri la Spagna come l’ultimo baluardo contro l’eresia comunista in Europa e all’appoggio incondizionato dell’organizzazione eversiva italiana Gladio.
La funesta ed antidemocratica Europa del 21° secolo è già nata.
Ma per l’istante, la bestialità del caudillo, porterà qualcosa come 500.000 patrioti repubblicani spagnoli – tra militari e civili – a varcare la frontiera, e tra essi un giovane Arnal, che perderà per sempre la sua famiglia e la sua patria: la Catalogna !
Arnal viene all’istante arrestato e internato al campo di concentramento di Argelès, nei Pirenei Orientali che inghiottirà ben 100.000 repubblicani spagnoli.
In meno di cinque mesi 15.000 spagnoli dei campi di Argelès, Saint-Cyprien e di Bacarès moriranno.
Periode Rouge – da cui traggo queste notizie – ci dà la testimonianza della rifugiata Dolores Gener che vide: «A Argelès, vi erano i senegalesi che prendevano i nostri mariti a calci in culo e a frustate. Ma essi furono ben presto rimpiazzati dalle gardes mobiles, le Guardie mobili, perché trovarono che i senegalesi erano troppo molli. Ho visto come questi ammazzarono uno di noi sotto gli zoccoli dei cavalli.»
Un’altra testimonianza viene dalla rifugiata Joan Mestres che racconta «Ci condussero al campo di Argelès e non ci dettero né cibo, né acqua per dieci giorni. Bevevamo l’acqua di mare e molti morirono di dissenteria.»
La Francia di Vichy, una anno prima di nascere, iniziava da qui le sue infamie.
Dopo Argelès, Arnal finisce il campo di Saint-Cyprien, realizzato in una zona paludosa, è il peggiore dei campi. Qui forma il “gruppo dei cinque” con gli scrittori Amat-Piniella e Ferrand Planes, il critico Pere Vives e Hernàndez.
Periode Rouge dà un’altra preziosa testimonianza della signora Gener «I bambini morivano come mosche, anche quelli che avevano sei o sette anni e che parevano più forti […]. È in questo campo che la mia piccola è morta, aveva tre mesi. E io non potei far niente. Morì fra le mie braccia, magra come un chiodo, suppongo di fame e di freddo.»
Arnal conosce poi il campo di concentramento di Agde, che febbraio del ’39 accoglie 24.000 rifugiati in barricamenti di fortuna in condizioni sanitarie terribili.
Qui un ragazzino di 16 anni, Sol Montañola, ha il felice dono di un ritratto da Arnal, un ritratto che poi conserverà gelosamente per tutta la vita.
Oggi si è parla molto dell’Urss di Stalin, della Cuba di Fidel Castro, della Serbia di Milosevic ed anche delle torture Usa (per tacer del resto) di Guantamano, eppure qui ci troviamo di fronte a una nazione democratica… Cosa dovrei pensare?
Mathausen
1940: da da sinistra a destra Arnal, Ferrand Planes, Pere Vives e Arnat-Piniella
I quattro amici sono forzatamente integrati nella Compagnia dei Lavoratori Stranieri, e destinati alla linea Maginot
La guerra scoppia, e in compagnia di altri rifugiati spagnoli, Arnal si ingaggia come volontario nell’esercito francese. Dopo il disastro della linea Maginot, con gli amici di Saint Cyprian viene fatto prigioniero dai tedeschi e si ritrova nella caserma Bougenel di Belfort: lo stalag (non stalla come capisce una bimba nella pellicola “Furore di vivere”) 11 b!
Il suo amico Ferran Planes testimonia «La caserma era circondata di filo spinato,di proiettori mobili, di cani feroci, di sentinelle.»
In questo stalag, gli sbirri tedeschi apprendono che Arnal è disegnatore e lo costringono sotto minaccia a fare disegnini porno. Si vedrà l’importanza di questo episodio quanto Arnal sarà a Mathausen.
I Rote Spanien, gli spagnoli rossi, tra cui Arnal e i suoi amici, sono in seguito inviati nel più grande campo di concentramento nazista: Mathausen.
Nelle conversazioni avute con Montserrat Roig, Arnal ha accettato di donare la sua testimonianza su questo periodo: e grazie a lui stesso che si può ricostruire quello che ha vissuto.
«In quel momento con le nostre uniformi a righe e rasati dalla testa ai piedi, non si parlava molto, perché ognuno di noi era consapevole che eravamo all’ultima tappa del viaggio. Fu Amat a riassume la nostra condizione in una frase “Questa volta siamo fottuti!”»
Il compagno di cattività di Arnal, lo scrittore Amat Pinella, disegnò la tenuta di un repubblicano spagnolo nel campo di concentramento; i nazisti li facevano portare cucito sulla veste, un triangolo blu, riservato agli “Apatrides”, gli apolidi.
Convocato nel block degli affari civili per depositare tutto che gli apparteneva, Arnal prosegue «Non ero tranquillo, perché tra le mie cose vi erano dei disegni porno che mi erano stati ordinati dagli sbirri tedeschi di Belfort e di cui non avevo avuto il tempo di liberarmi. Fui ricevuto dal capo delle SS della baracca, il quale, con quei fottuti disegni in mano e lo sguardo severo mi domandò se ne ero l’autore. Temevo il peggio, ma non potevo negare l’evidenza e risposi affermativamente. Allora, in grande scoppio di risa, mi annunciò che avrei disegnato per loro […] e in questa maniera che – Amat e io stesso – siamo riusciti a occupare, in questo universo di fame e d’orrore, una situazione molto desiderata.»
Al papà del cagnolino Pif fu trovato «Un angolo all’estremità della baracca, nel quale si accedeva attraverso un dedalo di stretti corridoi tra [se ho compreso bene il corsivo francese di Arnal, nella pagina più sotto. nota di Puga] le immense pile di solchi. Quando degli ufficiali superiori venivano in ispezione, non si prendevano mai la pena di penetrare in questo labirinto.»
Montserrat Roig, che si è intrattenuto a lungo con Arnal, racconta: «Arnal in un angolo di questo Kommando, doveva spremersi il cervello per immaginare delle donne nude. In questo periodo, attraverso le finestre, vedeva trasportare i morti, molti dei quali a pezzi.»
Il Kommando di Arnal ha l’incarico di ricevere i deportati, che dovevano deporre immediatamente tutti i loro effetti, che in seguito le SS si sarebbero divisi fra loro. Arnal continua con la sua testimonianza «Orologi, monili di valore, scatole di sigari e sigarette, tutto spariva metodicamente.
Tanto le vittime della spogliazione non avrebbero reclamato niente, dopo il loro passaggio dal forno crematorio.»
Perché non dimentichiamo che il campo di Mathausen era un campo della morte. 118.000 persone furono sterminate; gassate, o fucilate come il loro fraterno amico Pere Vives i Clavé, assassinato dai nazisti il 31 ottobre del 1941, a cui Amat dedica il suo romanzo biografico.
Più della metà dei deportati non sono sopravissuti.
L’originale di José, dal blog di Philippe Guillen
Arnal scrive «questa vita dura fino in autunno, quando esplode la catastrofe. Il celebre bordello del campo funzionava da qualche mese e, un giorno, una delle guardie SS che sorvegliava le ragazze si accorse che una di loro portava un bel piccolo orologio d’oro al polso. Un orologio che non aveva al suo arrivo, pressata dalle domande, la ragazza finisce per ammettere che un detenuto tedesco dell’effektenkammerle gliela aveva donato dopo un “entretien“ con lei.».
Arnal viene quindi inviato alla cava di pietre di Mathausen, paragonata dai deportati all’inferno dantesco.
La cava di pietre in una foto e in un disegno di Arnal.
Periode Rouge ci dà la testimonianza del colonnello Arnaud Jaune «Sveglia all’alba, dodici ore effettive di lavoro, marciare fino alla cava per un chilometro e mezzo, scendere 186 scalini disgiunti, di altezza disuguale, fare sei o sette viaggi con un blocco di pietra di 15 o 20 chili sulle spalle, e, per cibo, un litro di zuppa, 150 grammi di pane a mezzogiorno, e non importava quale surrogato la sera… Dei 2000 uomini del mio convoglio, appena la metà sopravvivessero a questa prima prova.»
In questa scala nella cava, i giudei erano precipitati nel vuoto. Alcuni dei deportati si lasciava morire nella neve per liberarsi dalle sofferenze.
Infine Arnal è inviato al campo di Steyr, annesso a quello di Mathausen, dove resterà fino alla liberazione. Arrivando lì, José pensa che non ne uscirà più, perché nel circuito dei campi di concentramento questo era considerato il peggiore.
L’appello
Il Kommando di Steyr era stato costruito dai deportati nel corso dell’inverno 1941-’42. Già in febbraio, su 400 prigionieri, 200 avevano i membri gelati.
Un sopravissuto ricorda che, in mezzo della piazza d’appello, vi era letteralmente un stagno gelato, nel quale le SS lasciavano i prigionieri stremati. Questo stagno venne battezzato “Le lac Ladoga”.
I sopravvissuti del campo, fra i quali Arnal e il suo amico Amat-Pinella – che aveva conosciuto le stesse sofferenze dal ’39 – furono liberati dalla 11° Divisione di Cavalleria americana il 5 maggio del 1945.
Su Periode Rouge scrivono che se la foto non è perfetta è – a ben ragione - eccezionale; perché rappresenta a destra, come indicato dalla freccia, José Cabrero Arnal al momento dell’uscita dal campo di Mathausen all’arrivo degli americani. I camion, arrivati per portar via i sopravissuti, sono pronti per partire. Arnal ha in braccio la sua coperta.
Questa foto si trova in un libro (ormai introvabile) di Montserrat Roige del 1977.
La foto fu scattata da Francesc Boix, fotografo spagnolo, ingaggiato dall’esercito francese e poi deportato come Arnal.
Le sue foto furono i principali testimonianze al famoso processo di Norimberga, dove Boix testimoniò «In ragione del mio mestiere diventai il fotografo del campo. Fotografare tutto ciò che succedeva al campo per poi inviare il materiale a Berlino.»
Boix morì a soli 30 anni in conseguenza della sua deportazione.
Ritorno in Francia
Arnal, malato e stremato, non poteva tornare dai suoi parenti in Catalogna, perché la Spagna era ormai sotto il dominio di Franco.
Dovete tornare di nuovo in Francia, (una nazione democratica come l’Italia), che nel 1950, essendo catalogato come comunista, gli fu negata la nazionalità francese.
Arnal testimonia «Quando sono ritornato dal campo di Mathasusen, io avevo troppo freddo.
Da numerose notti, dormivo su un banco, non avendo altri vestiti che quelli da deportato, era così che camminavo a Parigi. La gente dentro la metropolitana, nella strada, mi chiedevano spiegazioni, delle condizioni in cui ero.
Vivevo in piena miseria. A volte dormivo in un Hotel dove gli insetti saltavano dal soffitto e mi domandavo “E ora, che cosa farò?” Ero molto demoralizzato.»
Alcune persone gli davano dei soldi, per pura pietà. La povera gente parigina capiva cosa aveva sopportato senza ancora conoscere ciò che era avvenuto nei campi di concentramento.
Aiutato dalle associazioni dei deportati, Arnal viene dapprima inviato da una famiglia del quartiere Saint Cyprien a Tolosa, uno dei due quartieri spagnoli della città. Probabilmente viene curato nell’ospedale “Varsovia”, costruito con mezzi di fortuna da medici e infermieri spagnoli in esilio, un ospedale che ebbe dei sostegni da grandi personalità come, tra gli altri, Pablo Picasso.
Ma il fatto più bello che José racconta a Montserrat Roig è che a Tolosa conosce una ragazza che lavora in un caffè:
Denise!
Questa figliola si rende presto conto della tristezza in cui versa José e di nascosto inizia a servigli vino e Vermouth.
«Lei mi salvò. Mi ripeteva che dovevo vivere. Mi dava da mangiare molto lentamente dei piccoli pezzi di carne di cavallo, perché non avevo fame; allora tornavo a quando, nel campo, la fame mi attanagliava e pensavo sempre ai festini che avrei fatto alla liberazione» e aggiunge
«È la mia donna che mi ha salvato, sennò sarei morto, perduto in Francia, come gli altri deportati.»
Nascono i suoi deliziosi personaggini
Placido e Musetto, che furono disegnati dal caro Giorgio Rebuffi
La deliziosa gattina Spepa e l’anatroccolo Strullo
Pif che si appropria di una bicicletta e vuole emulare Bartali
Striscia inedita in Italia
Di ritorno a Parigi con Denise, Arnal ritrova il suo mestiere di disegnatore. «Ciò che è accaduto è che i comunisti sono stati i primi che mi hanno dato lavoro. E grazie ad essi ho potuto disegnare il cagnolino Pif.»
Arnal e Moreau nel ‘46
Il disegno, è un amico che anche nei momenti più difficili non lo ha mai lasciato, e - insieme alla sua compagna - gli restituisce il gusto della vita. Inoltre, anni dopo, scrive al nipote che gli aveva inviato un disegno: «Continua! Saper disegnare non sarà mai un handicap. A me, mi ha salvato la vita!»
Molto belle le parole che scrivono in un sito dell’Association pour la Mémoire du Camp d'Agde. «Le sue lotte politiche, ora le conduce per mezzo della sua matita, e le gag che inventa possono essere lette con un secondo sguardo. Perché, se le storie sono leggere, divertenti e testimoniano il suo ottimismo e il suo umorismo, resta il fatto che José Cabrero Arnal denuncia la dura realtà sociale del Paese. Nelle sue tavole dedicate a Placid e Muzo, è il portavoce di questi due personaggi che soffrono la fame, dei fine del mese difficili e che sono mal ospitati. Lui, il povero bambino che ha poi conosciuto nove anni di guerra, stenti, freddo e fame, non può che schierarsi con chi non ha niente. E poi, non si arrende mai nella sua lotta incessante per la libertà, un valore che mette al di sopra di ogni altra cosa: tutti i suoi personaggi sono liberi, sia nella loro vita che nei loro atteggiamenti e nelle loro parole, e tutti mettono un punto d'onore per difendere la loro libertà durante le loro successive avventure. Sono questi i valori di pace, giustizia e libertà che vuole trasmettere ai bambini che leggono i suoi fumetti.»
La deliziosa capretta Rududù (quasi sicuramente inedita in Italia)
Suoi anche i testi
È in questa maniera che ricambiò della pietà che ebbero per lui per strada la povera gente a Parigi, con la sua deliziosa arte umoristica.
Nel loro appartamentino di Belleville, Denise e José guardano un albo di Vaillant.
Negli anni sessanta arriva Pif Gadget, e l’arrivo di nuovi autori permette a José di allentare un po’ il suo lavoro. Parigi è fredda e si trasferisce nel dolce sud della Francia. Si stabilì ad Antibes e ogni giorno andò a pescare sulla sua piccola barca, lontano dal tumulto del mondo. È lì che la morte lo sorprende il 7 settembre 1982… il giorno dei suoi 73 anni.
Arnal non dimenticò più l’orrore dei campi; sovente anche negli ultimi anni di vita, si svegliava urlando la notte, al ricordo delle SS naziste.
La fine del cagnolino Pif
L’Humanité, L’Unità francese, nel 2019, ormai posto in amministrazione controllata era stato avvertito dal tribunale commerciale di Parigi che doveva riempire le sue casse.
Così il marchio del cagnolino Pif viene venduto ha una cifra gelosamente tenuta segreta a uno dei caporioni della destra francese un certo Frédéric Lefebvre, (dice l’imprenditore «c’était mon héros»). Lefevbre fu segretario di stato ed incaricato del commercio; il quale (la sua società) dovrà pagare una quota annuale e una partecipazione agli utili sulle vendite all’ex quotidiano comunista.
Sulla nuova rivista - dedicata ai super-giovani dai 6 ai 120 anni! - vi è un servizio sulla barca a vela Tara, Tara Ocean, che vuol salvare il pianeta dalla plastica. Insomma, come il Tiramolla del 1990, il nuovo Pif sfoggia la sua ecologia militante, ma è solo una facciata.
Pensate il mio amico Leo che con la sua compagna Marina partirono con la loro barca a vela “Fragola” e arrivarono e tornarono dall’Antartide, nel vedere questo barcone così mi ha risposto il 29 dicembre:
«Col Pif...fero che mi posso permettere una barca così...
Tra barca e programma
Ha un investimento di una decina di milioni»
Insomma invece di continuare a far lottare Pif e Ercole contro Krapulax con l’aiuto del professore di colore Belpome, i due amici-nemici insieme al piccolo Pifou partono alla salvezza del pianeta dalla plastica…
Che cosa mi fa pensare, questa ultima riproposta di Pif?
Solo una bella operazione commerciale.
Mi ricorda quella barzelletta del solito italiano imbarcato su di una nave francese. Cerca disperatamente un bagno, ma non capisce le scritte e alla fine trova un angolo tranquillo e si libera lì.
Mentre si allontana, arriva un marinaio, che vede la sozzeria ed esclama
- Parbleu !
L’italiano, ignorante della lingua (già d’allora sarà stato costretto a imparar l’inglese) dice
- Sarà effetto della luce, ma a me par marrone !
Una operazione di quello specifico colore.
Mi sa che Vespasiano c’aveva ragione «Il denaro non ha odore».
L’humanité ha svenduto Pif agli attuali servi di quel l’infernale potere economico che contribuì a creare quei campi di prigionia dove José vegetò 6 anni.
In pratica ha permesso a questi miserabili rettili in forma umana di urinare sulla tomba di José Cabreo Arnal
Ma come è bello il terzo millenio
Arnal – approfondimenti 1° parte
José Cabrero Arnal
Fonti:
- Periode Rouge n. 18 – ottobre 2009 scovato in rete
- http://memoirecampagde.fr/archives/406
- https://philippepif.blogspot.com/2018/03/caricaturas-del-genial-dibujante.html
- https://lesanneesvaillant.fr/vllt/personn/liste.html
- https://www.jotdown.es/2018/08/sobrevivir-al-holocausto-nazi-pintando-mujeres-desnudas/
- http://www.grafopata.com/dibujantes_fitxa.asp?IDbook=76
- https://www.lefigaro.fr/bd/on-a-lu-pif-le-mag-et-cela-ressemble-vraiment-a-un-gadget-20201216
- https://www.archyde.com/pif-almost-faithful-dog/
Marco Pugacioff
Macerata Granne
(da Apollo Granno)
S.P.Q.M.
(Sempre Preti Qua Magneranno)
16/01/'21
§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§
se vuoi puoi andare alla sezione
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.