Colonnello Mikoyan:
una nuova vita
maledetta
I contenuti del racconto de Il Colonnello
Mikoyan: Una nuova vita maledetta di Marco
Graziosi, in arte Marco Pugacioff pubblicato su questo blog non possono essere
copiati, riprodotti, pubblicati o redistribuiti perché appartenenti all'autore,
che ne detiene tutti i diritti.
La copia e la riproduzione dei contenuti sono vietate in qualsiasi modo
o forma.
La pubblicazione e la redistribuzione dei contenuti sono vietate se non
espressamente autorizzate dall'autore.
Copyright 2020 by Marco Pugacioff. All rights reserved.
l’ufficio è quasi al buio, dietro una scrivania siede un personaggio indossate una divisa, e che un certo chiarore alle sue spalle fa indovinare essere blu come quelle delle forze americane. Parla irritato al giovane davanti a lui in giacca e cravatta nera.
-
In
tutti questi anni non siete riusciti ad attivare la sua copia?
-
No
signore! Ci abbiamo provato numerose volte da quando lo catturammo e gli
innestammo i meccanismi di controllo nel suo cranio. Ma quella volta riuscì
solo con la forza di volontà ha distruggerli e fuggì.
-
Ma
non è possibile che non si riesca ad attivarla. Abbiamo bisogno di quella
copia.
-
Ogni
volta la copia sembra rigurgitare l’anima ospite. Crediamo che le proprietà di
quel metallo vivo riescano…
-
Non
mi importa ! Dovete raddoppiare i vostri sforzi.
Gli
occhi si riaprono quasi a fatica. Gli sembra di vedere una scritta davanti a
sé. È al contrario, in caratteri latini, ma indica un nome. E questo nome lo
riconosce; Sa che è il suo!
Poi si avvede che respira attraverso un
respiratore come quello del suo Mig. Il suo mig? Ma è stato sabotato e si trova
abbattuto in Ucraina e… un momento si trova… sembra in una sorta di doccia.. No,
è una capsula, immerso in liquido verde. E davanti a sé vede altri uomini e
donne terrestri in altre capsule.
Ora sa dov’è! Era già stato in questi luoghi
infernali, ma… da vivo! Lui è morto! Ricorda all’improvviso… e la respirazione
si fa più agitata, incomincia a muoversi pazzescamente e con i suoi pugni
prende a tempestare la struttura trasparente, e con la forza delle sue braccia
di metallo vivo la capsula si fracassa. Il liquido verde fuoriesce con forza
dalla capsula e lui si proietta al di fuori per trovarsi in ginocchio. E mentre
si strappa il respiratore ricorda; gli avevano strappato i suoi bracci e
l’ultima cosa che ricorda che la vita se ne andava veloce mentre una gran
quantità di sangue, il suo sangue bagnava il pavimento.
E allora urla! Un lungo urlo angosciato,
mentre un lamento inizia a percorrere quel magazzino di capsule. Sempre
respirando a fatica, inizia a comprendere che è in pericolo! Presto qualcuno o
qualcosa verrà ! In alto, deve fuggire in alto.
Nello stesso istante nell’ufficio al buio un
telefono squilla. Il giovane risponde subito e quel sente gli fa scendere un
lungo brivido freddo lungo la schiena.
-
Signore!
La… copia, la copia ha preso vita e sta cercando di scappare dalla base !
-
Che
cosa? – mentre lancia l’urlo l’uomo in uniforme fa uscire la sua lingua è
spaventosamente simile a quelle dei rettili – Dovete fermarla ad ogni costo !
La
salita è lenta, sfibrante, per arrivare a quel condotto e in seguito quel pozzo
enorme, ha dovuto farsi largo tra militari umani e creature aliene. Ha dovuto
colpire con forza con i suoi arti di metallo vivo; quegli stessi arti, le cui
facoltà rendevano inerti le armi degli avversari.
Ha orrore di ciò che ha fatto, di ciò che ha
spezzato, arti, teste, armi finché ecco il condotto che fornisce aria a quella
base da incubo. Ora la salita è faticosa; non è nemmeno a metà strada ed è già
sfinito, ma la fatica lo aiuta a non pensare a ciò che si è lasciato dietro.
Su ! Su ! Senza fermarsi mai ! E davanti a sé
finalmente fa capolino una leggera luminescenza, quella stessa che si ha quando
le tenebre sono illuminate dalla luna.
La
luna, sì, la luna è lassù. Un ultimo sforzo…
L’aria fresca della notte
colpisce le sue narici mentre esce dal gigantesco pozzo. Un pozzo da cui
il popolo apache si tiene ben lontano. A quattro zampe respira affannoso il
profumo del deserto e davanti a lui avverte una presenza non ostile che gli
avvicina.
-
Ben
tornato alla vita, figlio !
Il
vecchio uomo della medicina avvolge Leonid in una coperta, poi lo aiuta a
rialzarsi e lo accompagna nei primi passi della sua libertà.
Il fuoristrada proveniente dall’Arizona,
avanza veloce nella riserva apache in Nuovo Messico. Al suo interno ci sono un
uomo, un nativo navajo, sua moglie, una splendida donna di razza bianca e
dietro due bambine fissate sui dei seggiolini; una ha circa sette anni e
l’altra nemmeno due.
Sono passati più di due anni da quando il
colonnello Mikoyan li aveva liberati in Ucraina.
-
Non
posso credere a quello che tuo cognato Miguel mi ha detto al telefono. – da
quando erano partiti dall’Arizona, la donna era rimasta in silenzio. – Tuo
padre ci aspetta presso un vecchio stregone apache chiamato Nube Roja. Ma da
quando è tornato dall’India ?
-
Non
lo so di preciso. Ma so che vi si era recato per delle indagini su una nuova
arma chimica che era stata realizzata da medici sauditi nel 2012. I campioni di
questa arma furono in seguito portati a Winnipeg in Canada per essere studiati
e attivati. A maggio le Giubbe Rosse hanno condotto un’indagine sulla
sparizione di alcuni campioni di quest’arma da Winnipeg e i sospetti si sono
concentrati su due ricercatori cinesi.
-
Ricercatori…
cinesi. – La donna inizia ad aver paura…
-
Amici
di mio padre della polizia a cavallo lo hanno avvertito e questo lo ha condotto a sua volta ad una sua indagine che
lo portato nel nord est dell’India, nello stato del Nagaland e ha scoperto che
quest’arma chimica è stata sperimentata sulla popolazione locale e… è tornato
con i primi segni del male !
-
Per
questo non si è fatto più vedere !
-
Purtroppo
è così ! Si è ritirato nel luogo dove è morta mia madre durante la loro ultima
indagine più di vent’anni fa.
-
Ma
chi è vorrebbe scatenare una simile mostruosità ?
-
I
soliti noti del potere mondiale. Hanno scatenato questa arma chimica per
colpire la fascia più debole della popolazione umana: anziani e persone con
problemi fisici. La mortalità è tra i 10 e il 30% delle persone. Questa genia
malefica è la stessa contro cui ha lottato per anni il colonnello Mikoyan.
-
Mikoyan.
L’uomo che è morto per salvarci. H-ho paura di quello che ci aspetta e contro
questa crudeltà nemmeno un angelo come lui ci potrebbe salvare.
-
Né
un angelo, né un demone…
-
Miguel,
tua sorella e i loro ragazzi sono già in quel villaggio. Ci vuole isolare ?
-
Non è solo per questo ! C’è qualcosa di cui
non mi ha parlato; qualcuno che dobbiamo vedere.
Il
fuoristrada entra nel piccolo villaggio, e i due vedono Miguel con sua moglie
ad attenderli al di fuori della loro casa, un piccolo rancho.
Le bambine vengono affidate alla sorella
dell’uomo liberato dal colonnello Mikoyan; d’ora in poi e per parecchio tempo,
quella sarebbe stata la loro casa.
Miguel accompagna suo cognato insieme alla moglie in un boschetto lì
vicino. In una radura vi è una capanna per i ritiri spirituali e al di fuori vi
sono l’anziano stregone apache e suo padre ancora duro come una roccia, ma con
una mascherina che gli copre bocca e naso.
-
Bene
arrivati ragazzi ! – Il vecchio poliziotto federale parla visibilmente con
fatica. – D’ora in poi, per parecchi mesi vivremo isolati qui… ma non è solo
per questo che vi ho chiamati.
-
Che
vuoi dire, padre ?
-
Non
è nemmeno una settimana che da un pozzo senza fondo… è uscito un uomo !...
Vorrei che mi diceste chi è… perché ho un brutta notizia per lui… se mi
confermate la sua identità !
In
quel momento si apre la tenda della piccola capanna usata per ritiro spirituale
e da essa sbuca un uomo avvolto da un asciugamano alla vita. Ha agli occhi
degli occhiali da sole e – cosa che spaventa al solo sguardo – delle braccia che
sembrano metalliche. Il metallo sembra vivo e cambia colore ininterrottamente
dal rosso al blu, in maniera raggelante.
-
Colonnello
! Ma lei… lei era morto !
-
Sono
felice di vedervi liberi e… vivi !
Il vecchio poliziotto federale si rivolge al
figlio.
-
Andate
dalle bambine… Devo parlare di una cosa… molto grave con il colonnello !
Allontanati i due, Leonid viene accompagnato a
vestirsi dal poliziotto.
-
Colonnello,
deve sapere… – inizia con lentezza l’uomo – che il suo amico Popesco è
diventato generale e oggi… è un uomo chiave della difesa del suo paese !... Ma
è successo un fatto grave… sono riusciti a rapire la sua figlia più piccola… per
avere l’accesso alla sicurezza nazionale ! – Leonid si blocca raggelato, nel
sentire la cosa – Il presidente del suo paese ha momentaneamente sospeso
l’incarico del generale… ma il KGB non riesce a ritrovare la bambina! … Da quel
poco che ho saputo ci sono dietro… la stessa genia contro cui lei lottava !
-
Signor
T. devo tornare al più presto a Mosca !
-
Sapevo
che mi avrebbe risposto così… È già tutto pronto per la sua partenza… con
canali non usuali !
Il
giardino della vecchia villa zarista alla periferia di Mosca non è ben tenuto.
Tutti se ne tengono ben lontani. Di notte si vedono girare strane e alte
creature… di quella stessa razza della creatura apparsa in alta Italia nel 2012.
Una volta tre poliziotti che indagavano su di una sparizione provarono ad
entrare. Solo uno riuscì ad uscire e quel che raccontò ai suoi superiori –
delle strane creature che vigilavano il luogo, degli alti balzi che facevano
per superarli – li convinse a tenersi lontani da quel luogo.
Nadezda si trova proprio in quel luogo, del tutto stordita. Vestita di
un lungo abito bianco, viene fatta entrare in un vasto locale illuminato da
molte candele, dove delle colonne reggono una cupola. Al centro vi è un altare e
davanti ad esso persone con cappucci a punta e un lungo abito sacerdotale.
Alcuni di questi abiti sono neri, altri
bianchi, se Nadezzka riuscisse a ragionare capirebbe che sotto agli abiti scuri
ci sono degli uomini e sotto quelli bianchi delle donne.
Fatta passare attraverso gli incappucciati,
nella semicoscienza Nadezka si vede avvicinarsi all’altare. Poi dall’alto,
dalla cupola una gran luce bianca inizia a illuminare l’ara. E al centro della
luce compare lo stesso personaggio che all’interno della base in America voleva
far attivare – senza esito – la copia di Leonid.
La
bambina è stordita dalla droghe che gli hanno fatto ingerire, ma dentro di sé
ancora reagisce. E parla!
-
Voglio
tornare a casa, dal babbo; da Ilenia!
Una
risata sinistra gli risponde… Ma all’improvviso una voce conosciuta, a lei cara,
gli risponde:
-
Nadezda!
Chiudi gli occhi tesoro, Presto!
-
Zio
Leonid ! Sei qui! Portami via, ti prego! – e contemporaneamente, con lentezza, si
serra gli occhi con i suoi braccini.
L’essere venuto dalle stelle, prova a impartire degli ordini, ma nel
buio una mano d’acciaio gli serra la gola da dietro, costringendolo ad aprire
la bocca e a tirar fuori la sua lingua spaventosa da rettile e una voce gli
sussurra:
-
E’
venuto il tuo turno di morire, ma tu non tornerai in vita!
Questa volta è l’essere a cadere preda del terrore! La sua lingua è
afferrata da Leonid è strappata con violenza.
I
servi dell’essere lo vedono cadere a terra soffocando nel suo stesso sangue. È il loro turno di piombare nel terrore.
Nella sala buia illuminata solo al centro dalle candele, come marionette
impazzite a cui sono stati tagliati i fili, i servi corrono scontrandosi tra di
loro mentre sinistri rumori di ossa rotte si alzano nell’aria.
Spietatamente Mikoyan non risparmia nessuno.
Né uomini, né donne e senza versar sangue, lentamente mette fine alle loro
esistenze.
Infine un silenzio sinistro cala sulla sala. Leonid si avvicina alla
bambina e gli fa:
-
Non
aprire ancora gli occhi, tesoro. Ora andiamo via!
-
Sì
zio!
Mikoyan, alza la bambina in alto, la serra a sé e si avvia verso
l’uscita. Questa volta le porte si apriranno.
La
sala d’entrata dell’ospedale è buia. La donna esce dal suo ufficio con delle
carte in mano. È stressata, sfibrata dai continui turni imposti dalla nuova,
malefica emergenza che incombe sul mondo e… trattiene a stento un grido, ma non
riesce a tenere in mano le carte.
Leonid è davanti a sé con tutta la sua stazza,
ma la donna si calma quasi subito quando scorge tra le sue braccia la bambina
addormentata.
-
Questa
è la figlia del generale Popesco. È stata drogata; curatela e avvertite la sua
famiglia!
Con
una delicatezza inaspettata l’ex colonnello colloca Nadezda nelle braccia
dell’infermiera. Da quel momento la donna ha occhi solo per la bambina che
colloca in una barella che dirige verso l’infermeria.
- Ci
occuperemo subito di lei, non si preoccu…! – la donna gira un attimo la testa
verso l’uomo, ma Leonid è già scomparso come un fantasma.
Ivan
e sua figlia accompagnati dagli uomini di scorta sono all’ospedale e mentre una
infermiera guida Ilenia dalla sorella, Popesco interroga l’infermiera che per
prima ebbe fra le braccia Nadezka.
-
Mi
sono ritrovata davanti a me quell’uomo all’improvviso. È un miracolo che non
abbia gridato dalla paura, ma mi sono calmata appena mi ha messo fra le
braccia, con tenerezza, la bambina.
-
Mi
descriva quell’uomo, signora !
-
Non
ho potuto notarlo bene. Era buio, ma aveva la sua stessa altezza, cappelli
neri, brizzolati; vestiva con giacca e cravatta… non so perché ma mi dava
l’impressione che era un militare, credo addirittura un ufficiale… ho almeno è
la sensazione, sì, la sensazione che ho avuto.
-
Ma
non ricorda altro ?
-
Solo
una cosa strana: portava dei guanti alle mani e degli occhiali neri !
Un
lungo brivido percorse la schiena del generale. L’immagine data dalla precaria descrizione
dell’infermiera era quella di Leonid.
Ivan ringrazia l’infermiera e si dirige verso
la camera dove erano le figlie con l’anima ancora sconvolta.
Leonid, non può essere. Leonid è morto si
diceva fra sé… Ma, appena supera la porta dove i suoi uomini di scorta sono di
guardia, la scossa ai suoi nervi è allucinante.
-
Lo
zio Leonid, Ilenia ! È stato lo zio a portarmi via ! – diceva la bambina alla sorella sconvolta
da quelle parole.
Ivan
si ritrova da solo fuori dall’ospedale, da solo, a respirare l’aria viziata di
Mosca. Il buio è appena rischiarato dai lampioni stradali… e sotto uno di essi
lo vede. Vede Leonid ! E gli corre incontro. Sì. È lui !
-
Leonid
! Sei tu, veramente tu ?
-
No
Ivan. Io sono… morto !
-
Non
è vero ! Sei qui davanti a me, in carne e ossa !
-
No,
Ivan ! Io sono… una copia ! – e la paura esplode in Popesco. Alla sua mente
ritornano gli allucinanti racconti di Leonid sulle attività mostruose degli
alieni.
-
Nonostante
tutto volevo… salutarti, prima di andarmene.
-
Ma
cosa dirò alla tua famiglia, a... a Grigori ?
-
Non
devi dire niente ! Alle tue bambine potrai dire che… uno spirito benefico si è
occupato di Nadezka. È meglio così.
-
Ma
dove andrai, ora ?
-
Ancora
non lo so ! Addio Ivan !
-
Leonid
!
Ma
Ivan non riceve nessuna risposta… vede solo, con gli occhi accecati dalle
lacrime, un’ombra che si immerge nel buio.
Fine.
Genesi iniziale del racconto.
Quanto terminai
il romanzetto, sempre Erik mi disse che gli sarebbe piaciuto leggere altre
avventure del colonnello. Ma ormai Mikoyan aveva cessato la sua vita terrena. Era
riuscito ad avere la pace che aveva sempre cercato anche se in maniera tragica.
Ma la mia mente non riesce a star ferma e come per le mia
seconda avventura di Chiodino di notte mi sono sognato il seguito (e ancora
adesso non sto scherzando).
Vi era un’unica
maniera per far ritornare il colonnello. Dalle allucinanti ricerche del dottor
Corrado Malanga ho trovato la maniera per la spaventosa resurrezione di Leonid.
E spaventosa lo è davvero: una sua copia come in uno specchio, che si attiva perché una creaturina è in
pericolo. Già proprio come uno spirito benigno, come un angelo sterminatore che
combatte i demoni malefici nel nostro mondo.
Una creatura vivente di metallo da
Mandrake
Marco Pugacioff
§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§
se vuoi puoi andare
alla sezione
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.