Estate 538: Tarzan a Urbisaglia
Nell’immagine un fotogramma tratto dal programma tv spagnolo Cuarto Milenio
di Marcos Rodríguez, El niño salvaje de Sierra Morena o el tarzán andaluz nel 1977
Piove e nevica, nonostante sia già primavera.
Il clima uggioso e l’assedio del coronavirus mi hanno riportato a tempi
antichi, altrettanto lugubri dei presenti, che hanno interessato la nostra
regione: i tempi della guerra gotica descritta da Procopio di Cesarea.
Questo autore dice che la carestia che colpì
il Piceno fece non meno di 50.000 vittime. Un numero che oggi potremmo
sottovalutare, ma che a occhio e croce corrisponderebbe al 50% degli abitanti
di quel tempo.
Descrive con tinte fosche la fine di chi
moriva di fame e i cadaveri non seppelliti, così magri che nemmeno gli avvoltoi
riuscivano a scorticarli. Qualcuno è fotografato morente, con la pelle
grigiastra, nel vano tentativo di nutrirsi di qualche erba, senza riuscire a
strapparla da terra.
Tempi duri che, facciamo le corna, speriamo
non abbiano a ripetersi.
Ma ritornando alla triste estate del 538
vorrei ricordare un episodio particolare descritto da Procopio: l’incontro con
Egisto, il primo vero e documentato
“Tarzan” della storia.
L’esercito bizantino si spostava verso
Ravenna, proveniente da Roma, dopo che il re dei Goti Vitige aveva tolto
l’assedio. Ci era stato costretto dalla mossa di Belisario, che aveva spedito
il suo generale Giovanni, figlio del console Vitaliano, a minacciare Ravenna,
allora capitale dei Goti. Giovanni comandava un contingente costituito perlopiù
da mercenari reclutati nella penisola balcanica, slavi, traci, unni, forse
anche qualche longobardo. Giovanni era un bizantino, anzi un romano. (Il
termine “bizantino” si usò solo dal XVI secolo, a cominciare dallo storico
tedesco Hieronimus Wolf ). Ma le sue truppe erano in maggioranza costituite da
barbari. Dove passavano non si dilungavano a corteggiare le donne presentandosi
con un mazzo di rose rosse.
L’esercito regolare dei Greci ( o Romani, come
abbiamo precisato), con al comando Belisario e Narsete, fece pressappoco lo
stesso tragitto dell’avanguardia di Giovanni.
Da Roma seguirono la Salaria; prima di Ascoli
imboccarono la Salaria gallica, per Comunanza, Amandola. Sarnano, Pian di
Pieca; forse dopo Urbisaglia ritornarono per la via pedemontana, cioè per
Matelica e Cerreto d’Esi, ma questo ora non ci interessa.
La popolazione del Piceno, in fuga al
passaggio delle truppe di Giovanni, al sentire che l’esercito in arrivo era di
soldati romani civilizzati, ritornava nelle proprie abitazioni, almeno quelli
sopravvissuti.
Al passaggio per “Orbesalia”, cosi suona nel
testo greco, Procopio testimonia che dell’antico splendore di questa città,
dopo il passaggio di Alarico del 410, non era rimasto che una porta e un
lastricato. Inoltre sempre in Urbisaglia racconta di aver visto di persona un
neonato allattato direttamente da una capra.
Alcune donne del luogo raccontarono a Procopio
che ritornando alle loro case avevano trovato un bambino nato da poco ancora
vivo. Se ne erano meravigliate dal momento che erano passati diversi giorni dal
passaggio dei barbari di Giovanni. La madre era probabilmente morta per mano di
questi gentiluomini.
Avevano provato ad allattarlo, ma il bambino
non ciucciava. Durante questo tentativo una capra si avvicinò sbelando con
tutto il fiato che aveva, come per difenderlo.
Visto che la capra insisteva, provarono a
rimetterlo dove lo avevano trovato. La capra subito gli si mise sopra,
proteggendolo e allattandolo. Lo aveva salvato sia col suo latte che
proteggendolo dai cani randagi. Le donne, per convincere meglio Procopio,
fecero piangere di proposito il bambino, e subito la capra corse e sotto i suoi
occhi si mise sopra al piccolo offrendogli le poppe. Gli diedero il nome di
Egisto, che significa appunto “allevato dalle capre”.
Questo bambino non è un personaggio inventato,
è un personaggio storico. Se fossi sindaco di Urbisaglia gli dedicherei almeno
una via. O forse lo hanno già fatto senza dargli pubblicità?
Chissà
quanti altri comuni in Europa sarebbero fieri di annoverare fra i loro antenati
il primo Tarzan della Storia.
Forse ad Urbisaglia nessuno ha ancora letto la
guerra gotica di Procopio di Cesarea. Ma ora, sotto scoppola del Covid 19, il
tempo per leggere non manca.
Vade retro virus!
Mancini Enzo Macerata
27 marzo 2020
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