Cronaca
dell’insolito 13
divertiamoci un po’, in questi tempi bui…
per i giorni che ci restano
Il risveglio della
mummia
Ci
sono storie molto strane a cui non si può sapere se sono vere oppure false.
Tipo quella del papiro Tulli; la storia si conosce, nel 1934 sarebbe apparso
magicamente in una bancarella, davanti al direttore del museo egizio del
Vaticano, il signor Alberto Tulli. Il prezzo era troppo alto e perciò Tulli lo
copiò… Il bello – si seppe poi – è che questa trascrizione sembrava parlare di
eventi legati ad oggetti volanti non identificati di 3500 anni fa.
Poi nel 2006, si sarebbe scoperto che il
papiro è un documento apocrifo, dopo l’analisi fatta da un gruppo composto di
appassionati e studiosi in rete. Lo dice la nuova bibbia: wikipedia! Per cui bisogna credergli.
Il
problema è: come si fa a dire che è falso, se il papiro non c’è l’ha in mano
nessuno? I soliti che ci capiscono
tutto, me sa che dicono che è falso quello che è scritto nella riproduzione di
quel papiro e questo, scusate, è tutto un altro paio di maniche. Oggi si tende
a smontare tutto, no? Allora vi do una primizia. Il papiro originale visto da
Tulli non era stato redatto nel 1927 o poco più in là, prendendo a prestito una
grammatica della lingua egiziana di un certo Gardner. No!
Ho la prova provata! Chi ha falsificato quel
pezzo di papiro era stato il celebre Ferrol e compagnia, che sotto la guida di
fra Angelico da Roma, nel piccolo borgo di Cavuretto in alta Italia, fabbricò
molti papiri con tinte antiche, da non poterli distinguere dai veri! Gli autori
di questa burla, di questa bufala, di questa truffa, furono infine quei mitici, salgariani bohémiens, futuri componenti della fiabesca Topaia artistica.
Altra storia che non si sa se è vera o falsa è quella narrata da quel
gran narratore che fu Peter Kolosimo, che scrisse i suoi libri in quell’epoca
felice della seconda metà del nostro secolo appena trascorso.
Un
certo faraone Ramsete II che avrebbe regnato in Egitto durante la cattività
degli Ebrei [ma guarda, se vede che gli ebrei, come li templari centrano sempre], fu protagonista di un episodio da pellicola del terrore, o meglio
il suo corpo imbalsamato. Dicevo, Ramsete II, fu ospitato nel Museo nazionale
del Cairo fin dal 1866 e in un pomeriggio parecchio afoso i visitatori del
celebre museo ebbero uno spavento da far incanutire i loro capelli.
Infatti nella sala dove era custodita la sua
salma, fu all’inizio percorsa da un forte scricchiolio e di seguito ci fu un
rumore di vetri spezzati. La mummia si era alzata a sedere nel suo sarcofago,
spalancando le sue braccia – già incrociate
sul petto – e così rompendo la vetrina; non solo con la sua capoccia si
era volta di scatto verso il nord e pure con la bocca aperta come per gridare!
Non so voi, ma a me mi sarebbe saltato il
cuore nel petto togliendo questa rottura derca
da ‘sto mondaccio infame, senza bisogno di nessun virus creato in laboratorio. Difatti parecchi tra il pubblico svennero, altri si
precipitarono verso l’uscita, cadendo dalle scale, altri ancora per far prima
si buttarono dalle finestre. Che finimondo, sembrava una scena uscita dai
fumetti di Mandrake! Decine furono i feriti, il guardiano della sala si
licenziò (vorrei vedere!) e non si trovò nemmeno un sostituto. La direzione del
museo dovette pagare tutte le spese agli infortunati e i visitatori disertarono
a lungo il museo…
Poi,
embè poi non successe più nulla. Sembra che la mummia avesse reagito all’umida
afa del Cairo, abituata come era all’aria fresca e asciutta della sua camera
sepolcrale. Oggi, precisa Kolosimo (vabbè nel ’64, e ammò state a guardare il
capello), la mummia ha il capo rivolto a settentrione, come prescritto nella
preghiera sepolcrale, eh; eh, la prudenza non è mai troppa!
Storia vera o falsa ? Bà! L’importante è che
esiste questa storia e che ci permette di tener sveglio il cervello… finché si
può.
Marco Pugacioff
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