La scuola
Palatina
Alcuino
Dal sesto al settimo secolo la barbarie va
crescendo; par che il mondo si copra di tenebre.
Ma a tempi di Carlomagno tutto sembra
rinascere; dapprima in maniera confusa e imperfetta è vero.
Carlomagno si occupò di spandere la istruzione,
fondando scuole ne'vescovadi e nei monasteri, ove anche i Laici potevano essere
ammessi.
Il monaco di San Gallo parla pure d’una Scuola
di fanciulli, istituita da Carlo e da lui affidata allo Scozzese Clemente. Ciò
fu prima che partisse per una delle sue spedizioni guerriere.
Al suo ritorno si fece condurre nel palazzo i
fanciulli, e volle che gli mostrassero i loro versi, e quanto avevano appreso.
Gli allievi usciti dalle classi medie e inferiori provarono il loro gran
profitto; non così le classi de nobili che fecero vedere la loro ignoranza.
Carlo rivolto a primi
io lodo, il vostro zelo, e la vostra
obbedienza ai miei desideri. Procurate ora di giungere alla perfezione, e
avrete da me gradi e onori. – Poi rivolto ai figli dei nobili:
- E voi
disse, voi figli del notabili della nazione, voi fanciulli delicati e gentili,
voi affidandovi unicamente alla vostra fortuna, non obbediste a miei ordini,
tralasciaste la vostra gloria, e amaste meglio abbandonarvi a giuochi,
all'ozio, e alla mollezza! Ad altri l'ammirarvi. In quanto a me non faccio
alcun caso della vostra nascita e della vostra bellezza. Sappiate e scolpite
bene in mente che se non farete ammenda del mal fatto non otterrete mai nulla
da me.
Carlo Magno, Per meglio far prosperare i suoi
sforzi diede egli pel primo l'esempio fondando la scuola Palatina, a capo della
quale pose Alcuino. Fra quelli che assistevano alle lezioni di questo saggio si
vedevano i tre figli di Carlomagno, Carlo, Pipino, e Luigi, sua sorella, e la
sua figlia Gisla, i consiglieri ordinari Adalardo, Angilberto, Flavio Dametas,
Eginardo, l'Arcivescovo di Magonza Riculfo, Rigbod, arcivescovo di Treves e il
nonno di Guido del Piceno, futuro Imperatore Romano. Alcuino parlava nelle sue
lezioni di ogni cosa. Ci rimane una disputatio,
o dialogo, tra Alcuino e Pipino, che dà una singolare idea de'tempi e delle
lezioni.
Guizot, l'ha riportata nella sua Storia della
Civiltà.
INTERLOCUTORI PIPINO E
ALCUINO.
Pipino. - Che cosa è la Scrittura?
Alcuino. - La custode della Storia,
P. - Che Cosa è la parola?
A. - L'interprete dell'anima.
P. - Qual cosa dà nascimento alla parola?
A. - La lingua.
P. - Che cosa è la lingua?
A. - Lo staffile dell'aria.
P. - Che cosa è l'aria?
A. - La conservatrice della vita.
P. - Che cosa è la vita?
A. - Un godimento per i felici, un dolore per
i miseri, l’ aspettativa della morte.
P. - Che cosa è la morte?
A. - Un avvenimento inevitabile, un viaggio
incerto, un subbietto di
pianto per i viventi, la conferma dei
testamenti, il ladrone degli uomini.
P. - Che cosa è l'uomo?
A. - Lo schiavo della morte, un viaggiatore
passeggero, l'ospite della sua
dimora…
P. - Come si trova situato l'uomo?
A. - Come una lanterna esposta a venti.
P. - Dove è egli situato?
A. - Fra sei pareti.
P. - Quali sono?
A. - Il disopra, il disotto, il davanti, il
didietro la dritta, e la manca.
P. - Che cosa è il sonno?
A. – L’immagine della morte.
P. - Che cosa è la libertà dell'uomo?
A. - L'innocenza.
P. - Che cosa è la testa?
A. - Il comignolo del corpo.
P. - Che cosa è il corpo?
A. - La dimora dello spirito.
[…]
P. - Che cosa è il Cielo?
A. - Una sfera mobile, una volta immensa.
P. - Che cosa è la luce?
A. - La fiaccola di tutte le cose.
P. - Che cosa è il giorno?
A. - Un incitamento al lavoro.
P. - Che cosa è il sole?
A. - Lo splendore dell'universo, la bellezza
del firmamento, la grazia
della natura, la gloria del giorno, il
distributore delle ore.
[…]
P. - Che cosa è la terra? -
A. - La madre di tutto ciò che cresce, la
nutrice di tutto ciò che esiste, il granaio della vita, l'abisso che tutto
divora.
P. - Che cosa è il mare?
A. - Il cammino degli audaci, la frontiera
della terra, l'albergo dei fiumi, la sorgente delle piogge.
[…]
P. - Che cosa è l'inverno?
A. - L'esilio dell'estate.
P. - Che cosa è la primavera?
A. - La pittrice della terra.
P. - Che cosa è l'estate?
A. - La potenza che veste la terra e nutrisce
le frutta.
P. - Che cosa è l'autunno?
A. - Il granaio dell'anno.
P. - Che cosa è l'anno?
A. - La quadriga del mondo?
[…]
P. - Maestro io temo d'avventurarmi sul mare.
A. - Che cosa ti conduce nel mare?
P. - La curiosità.
A. - Se tu hai timore io ti seguirò dovunque
andrai.
P. - Se io sapessi che cosa è un vascello ne
allestirei uno, affinché tuvenissi meco.
A. - Un vascello è una casa errante, un
albergo per ogni luogo, un viaggiatore che non lascia tracce.
P. - Che cosa è l'erba?
A. - La veste della terra.
P. - Che cosa sono i legumi?
A. - Gli amici de medici, la gloria dei Cuochi.
P. - Che cosa rende dolci le cose amare ?
A. - La fame.
P. - Di che cosa gli uomini non sono mai
stanchi?
A. - Del guadagno.
P. - Qual è il sonno di coloro che son desti?
A. - La speranza.
P. - Che cosa è la speranza?
A. - Il conforto nei travagli, un avvenimento
dubbioso.
P. - Che cosa è l'amicizia?
A. - La somiglianza delle anime.
P. - Che cosa è la fede?
A. - La certezza delle cose ignorate e meravigliose.
P. - Quali cose sono meravigliose?
A. - Ho veduto non da molto, un uomo in piedi
col capo all'ingiù, camminare un morto che non fu mai vivo.
P. - Come ciò può avvenire? spiegamelo.
A. - Era una immagine nell'acqua.
P. - Ma come avendo parecchie volte veduta la
stessa cosa non l'ho mai compresa?
A. - Essendo tu un giovine dotato d'ingegno ti
proporrò molte altre cose straordinarie. Procura di scoprirle da te stesso.
P. - Tenterò. Ma se m'inganno correggimi.
A. - Vediamo. Qualcuno che mi è ignoto ha meco
conversato senza lingua e senza voce; egli non era prima, e non sarà dipoi, ed
io non l'ho né inteso né conosciuto.
P. - Eri forse agitato da un sogno o maestro?
A. - Precisamente. Odi quest'altra. Ho veduto
i morti generare: e i vivi e i morti consumati dal soffio del vivente.
P. - Il fuoco è nato dallo stropicciamento dei
rami, e ha consumato i rami.
A. - Vero dici.
Seguono quattordici enigmi dello stesso
genere, ei l colloquio termina così:
A. - Che cosa è e non è ad un tempo?
P. - Il niente.
A. - Ma come può egli essere e non essere?
P. - Egli è di nome e non è di fatto.
A. - Che cosa è un messaggero muto?
P. - Quello che io tengo fra le mani.
A. - Che cosa hai fra le mani?
P. - Una mia lettera.
A. - Leggi dunque felicemente figliuol mio.
Certamente questi colloqui attestano
quell'avida curiosità colla quale lo spirito ancor bambino e ignorante osserva
ogni cosa e provano un vivo piacere in quei spiriti mezzo letterati, e mezzo
barbari.
Dialogo
ripreso dal libro Panorama dell'universo
storia e descrizione di tutti i popoli ..., Volume 1, di Cesare Malpica,
Napoli 1841, pagg. 165-169
L’ultimo libro che scrissi per il
professor Carnevale, prima che insultasse la memoria di Guido del Piceno,
chiamandolo traditore in ossequio agli annali di Fulda.
Naturalmente il libro è considerato un
cumulo di sciocchezze dagli intellettuali universitari e filo universitari.
Marco Pugacioff
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