Drubonik, la città quercia!
fonti principali:
https://ru.wikipedia.org/wiki/%D0%94%D1%83%D0%B1%D1%80%D0%BE%D0%B2%D0%BD%D0%B8%D0%BA
https://sr.wikipedia.org/wiki/%D0%94%D1%83%D0%B1%D1%80%D0%BE%D0%B2%D0%BD%D0%B8%D0%BA
Il presente scritto – barbaramente adattato – è ripreso da fonti dell’Est, in particolare il breve paragrafo sulla lingua dalmata, qui riassunto ancor più barbaramente, è scritto essere uno dei migliori articoli nella sezione in lingua russa di viki.
Sono quelle ricerche inutili, che faccio per passare il tempo, insieme al disegno fumettistico e che non portano a niente. Tanto nemmeno ricorderò cosa ho scovato.
Evvabbé, se volete leggerlo buona lettura.
Nikolino di Ahmet Muminovicth (autore del Veliki Blek)
Pagina 72 di Lunov Magnus Strip 770 del 1988
Il linguaggio scritto è il serbocroato, trascritto in caratteri latini per essere comprensibile in tutti gli stati della federazione Jugoslava.
Дубро́вник (in croato: Dubrovnik, fino al 1918 Ragusa, in italiano: Ragusa) è una città della Croazia, capoluogo del centro amministrativo della Contea di Dubrovnik-Neretva, secondo il traduttore la contea raguseo-narentana.
Le tre città della vasta penisola balcanica, Istanbul a est, Atene a sud e Dubrovnik a ovest, sono conosciute in tutto il mondo come mete altamente turistiche. Questa importanza è determinata dalla loro posizione naturale e dalla ricchezza che li circonda, che non è l’unica ragione della loro attrattiva.
In passato queste città erano punti di incontro e di scontro delle correnti mondiali e ciascuna di esse ha un suo carattere distintivo. Dubrovnik veniva colpita da tutte le parti. A causa dello spazio angusto, le sue navi erano sparse in tutto il mondo e le carovane commerciali si spingevano fin nell'entroterra. Costantemente circondato da stati più forti di essa, la città quercia costruì solide mura per difendersi e, a per lo stesso fine, utilizzò molto di più la diplomazia che la forza militare.
La popolazione nel 2011 era formata da 42.600 mila persone. Situata nel sud della Dalmazia, sul mare Adriatico. È città soggetta a terremoti.
Il centro storico, situato su un promontorio scosceso a picco sul mare, è circondato da mura difensive, è costituito da edifici in pietra risalenti al periodo compreso tra il XIV e il XVIII secolo ed è stato dichiarato patrimonio dell’umanità dall’Unesco.
Fondata nel VII secolo. Dal 1358 è la capitale della Repubblica di Dubrovnik [Dubrovnitskoy respubliki] con il nome latino di Ragusa (in croato: Dubrovačka republika , in latino: Respublica Ragusina , in italiano: Repubblica di Ragusa, in serbo-croato: Дубровачка Ремід / Dubrovačka Republika; Repubblica di San Valacco o San Biagio).
L’antico motto della città-repubblica era:
Свобода или смерть!
Libertà o morte!
Non per niente mi è stato riferito [sicuramente da Galileo Ferraresi] che i Dalmati, fieri seguaci della libertà, quando sentivano arrivare da lontano una galea (già, sentivano letteralmente il fetore che veniva dai rematori legati al remo, i quali erano costretti a mangiare, bere, dormire e a defecare sempre sul loro luogo di pena), ebbene si autotassavano per ricomprare i prigionieri e poi dargli la… Libertà!
La cosiddetta “Atene slava” è uno dei centri di sviluppo della cultura e della lingua serba e croata, nonché dell’ormai estinta lingua dalmata.
Per secoli entrambi i nomi vennero usati parallelamente nel linguaggio quotidiano: la città veniva solitamente chiamata Ragusa dai discendenti della popolazione romana, mentre Dubrovnik era chiamata così dalla popolazione slava. Tuttavia, nei documenti ufficiali la città venne per molto tempo chiamata esclusivamente Ragusa, nonostante il fatto che la lingua dalmata, una lingua romanza parlata dai profughi di Epidauro, fosse praticamente scomparsa dall’uso nel XVI secolo. Le ragioni di ciò sono che storicamente la lingua ufficiale di questi luoghi fino alla metà del XV secolo rimase il latino, per poi diventare l’italiano.
Il trattato originale o semioriginale per la wiki italica
e la sua copia
Dubrovnik venne menzionata per la prima volta con il suo nome slavo nel "Povelje bana Kulina", uno statuto del bano bosniaco Kulina o Kulin [Кулин] (1163—1204) del 29 agosto 1189.
Frammento di una lastra con il nome del Bano Kulin nella chiesa di Visoko
La Carta del bano Kulina ( in serbo-croato: Повелља Кубина Буна / Povelja Kulina bana ) è un monumento letterario della Bosnia medievale.
Si tratta di un trattato commerciale è redatto sia una prima in lingua latina in minuscola latina e una seconda in lingua slava. Dopo l’invocazione formulare alla Trinità, il bano Kulin chiede al conte Gervasio (comes Gervasius in latino, knez Krvaš in slavo) e al popolo raguseo, con un giuramento loro eterna amicizia e promettendo libero accesso a tutti i suoi territori, l’esenzione da qualsiasi dazio commerciale e il diritto di ricevere assistenza in caso di necessità. [https://it.wikipedia.org/wiki/Carta_di_Kulin_il_Bano]
Ban è il sovrano di un territorio o di una regione. Il titolo si ritrova tra i sovrani di Croazia, Bosnia, Mačva (regione storica al centro della Serbia, il cui centro storico è la città di Bogatić), Valacchia, Moldavia, Bulgaria e Ungheria. Era inteso anche come “padrone” o “proprietario” [Skok P. Etimologijski rječnik hrvatskoga ili srpskoga jezika (Etimologie caratteristiche delle lingue croata e serba). — Zagreb: Jugoslavenska akademija znanosti i umjetnosti, 1973. — Kn. 3. — S. 104—105.].
Il territorio governato da un bano era chiamato banato [банатом] o banovina [бановиной].
Scritto dal bano bosniaco Kulin il 29 agosto 1189. Si tratta del primo documento bosniaco sopravvissuto, scritto nella lingua volgare slava ecclesiastica antica, libera dall’influenza dello slavo ecclesiastico Bosniacica. Per la prima volta viene menzionato il nome slavo della città di Dubrovnik, che fino ad allora era conosciuta solo come Рагуза (in latino: Ragusa).
Lo statuto del bano Kulin venne conservato negli archivi della città di Dubrovnik fino alla metà del XIX secolo, quando venne richiesto dall’Austria-Ungheria. Successivamente una copia fu inviata da Dubrovnik a Vienna e una in Russia, per proteggere i documenti, considerati uno dei più antichi monumenti della scrittura slava meridionale. Su richiesta della Jugoslavia, la copia venne restituita da Vienna a Dubrovnik nel 1947. La copia conservata al Museo dell’Ermitage di Leinigrado, oggi San Pietroburgo, risulta essere la più antica ed è quindi considerata l’originale.
Per lungo tempo Ragusa fu un piccolo insediamento con una popolazione mista slava-romana sotto l’autorità suprema di Bisanzio e faceva parte del thema della Dalmazia [Il tema o Фе́ма si pronuncia fema (in greco: θέμα) è un distretto militare-amministrativo dell’Impero bizantino. Questi distretti furono creati a metà del VII secolo per proteggere i confini orientali dell’impero dagli arabi e, in seguito, dai turchi selgiuchidi].
I terreni adiacenti sulla terraferma erano occupati da vigneti, per i quali gli abitanti della città pagavano tributi ai vicini principi serbi di Travunia e Zachumya. Il processo di cristianizzazione a Ragusa fu piuttosto rapido e fu caratterizzato dalla forte influenza del Papato. Già nel 1022 la città divenne sede di un arcivescovado indipendente.
Nell’866-867 Dubrovnik fu assediata a lungo dalla flotta araba (da qualche parte ho letto per anno…), ma questa rimase a mani vuote, perché intervene un certo cavaliere franco. In memoria di ciò fu eretto secoli dopo un monumento ad Orlando (o conte Rolando). Già, proprio il nipotino di Carlomagno morto a Roncisvalle; è destino che me li debba trovare sempre davanti questi paladini… che mi stiano dicendo qualcosa, a cui tutto il resto della gente non vuol sentir parlare?
A simbolo di questa vittoria il monumento di Orlando o Colonna di Orlando restò in piedi fino ad oggi anche se fu spostato nella sua posizione attuale nel XV secolo, cioè nel centro di Dubrovnik, proprio in Piazza Luža, di fronte alla Chiesa di San Biagio.
Fu eretta dagli abitanti di Dubrovnik nel 1418.
Glorifica l’eroe-cavaliere Orlando. La leggenda narra che aiutò il popolo a sconfiggere i nemici e a preservare la libertà.
la maggior parte delle persone pensa che sia stato realizzato in ricordo della visita dell’imperatore Sigismondo dopo la grande battaglia del 1396. Fu scolpito dal famoso scultore italiano Bonino da Milano.
È interessante notare che l’avambraccio di Orlando venne effettivamente utilizzato come misura per il commercio dei tessuti. Ciò dimostra come la colonna facesse parte della vita quotidiana di Dubrovnik, aiutando i mercanti nel loro lavoro.
Ancora oggi la Colonna di Orlando rimane il centro della cultura di Dubrovnik. È qui che ogni anno hanno inizio i Giochi estivi di Dubrovnik, con l’innalzamento della bandiera della Libertas. Ciò preserva lo spirito di libertà e il cuore forte della città.
Lo stretto canale paludoso (lo stradun) che separava la scogliera dalla terraferma e sopratutto i due insediamenti cittadini fu interrato nel corso del X e XI secolo e l’intera area abitata fu circondata da mura.
Nel 922 la città fu conquistata dai Bulgari.
All’inizio dell’XI secolo, le navi di Dubrovnik erano riconoscibili in tutto il Mediterraneo, il Mediterraneo e gli abitanti della città quercia erano noti come abili marinai e mercanti, tanto da stipulare accordi commerciali con numerose città e principati.
Nell’XI e nel XII secolo, in seguito alla ripresa economica generale nel Mediterraneo, lo sviluppo di Dubrovnik come centro commerciale e artigianale accelerò. Le comode vie di comunicazione con le regioni interne dei Balcani e, via mare, con tutta l’Europa contribuirono alla trasformazione della città in un importante centro di scambi commerciali e di produzione artigianale (principalmente cantieristica navale e lavorazione del legno).
Di particolare importanza erano i rapporti commerciali di Dubrovnik con i vicini principati slavi. Dopo la vittoria del popolo di Ragusa sulle truppe del principe serbo Stefano Nemanja nel 1186, fu concluso il primo trattato di amicizia e libertà di commercio nelle altre terre serbe. Come abbiamo visto è nel 1189 che venne concluso un accordo simile con la Bosnia (in cui venne finalmente menzionato per la prima volta il nome slavo della città, Dubrovnik).
Nel 1192, l’imperatore Isacco II Angelo concesse ai mercanti di Ragusa il diritto di commerciare senza dazi doganali a Bisanzio. Successivamente vennero firmati accordi commerciali con i comuni italiani.
Allo stesso tempo, si intensificò la lotta tra le diverse entità statali per il potere in Dalmazia.
A partire dalla fine del X secolo, il ruolo economico e politico di Venezia nella regione aumentò. Nel 948 i Veneziani tentarono di conquistare Dubrovnik, ma furono sconfitti.
Secondo la leggenda, questa vittoria dei ragusei fu ottenuta grazie all’intervento di San Vlasio o San Valacco, corrispondente a San Biagio [Vlasij Sebastejskij o Biagio di Sebaste (in greco: Βλάσιος Σεβαστείας ; m. c. 316) santo cristiano, venerato tra i santi martiri, vescovo della città di Sebaste nella provincia romana della Cappadocia, nella Piccola Armenia Piccola (oggi Sivas).
È anche il patrono degli animali, pratica che avrebbe acquisito da Volos il dioslavo del bestiame.]
Prima di san Valacchio, primi santi patroni di Dubrovnik furono i santi Srđ e Bach. Secondo la leggenda, erano ufficiali delle truppe di frontiera dell’Impero Romano alla corte dell’imperatore Massimiano. Erano cristiani in segreto e quando la cosa divenne nota, entrambi furono disonorati. Dopo essere stati vestiti con abiti femminili, vennero condotti per le vie della città. Da Roma vennero inviati in Siria, dove Bach venne trafitto con tendini di bue e picchiato a morte a Barbalis. A Srđ vennero messe delle scarpe chiodate, fu inseguito fino a Resafa, dove fu decapitato con una spada.
Si ritiene che siano stati sepolti a Resafa, che in seguito fu chiamata Sergiopolis; Sergio corrisponderebbe ad Srđ.
I cronisti di Dubrovnik testimoniano che nella seconda metà del X secolo San Biagio fu scelto come santo patrono della città. Sotto il doge Pietro Candiano III, Venezia cercò un modo per liberarsi dal pagamento dei tributi ai croati e per proteggersi dagli attacchi dei pirati della Neretva. Dopo essere partiti con un centinaio di navi verso la Grecia, chiesero alla popolazione di Ragusa di permettergli di recarsi in città per procurarsi acqua e cibo. Gli abitanti di Dubrovnik li accolsero e diedero loro il necessario. Secondo la tradizione, il parroco della chiesa di S. Stjepan, Stojko, era in chiesa a pregare verso mezzanotte. Poi notò diversi giovani armati e tra loro un vecchio. Allora il vecchio gli disse che lui era il martire Biagio e che i soldati erano stati mandati dal cielo stesso. Quindi gli annunciò che i veneziani intendevano conquistare la città e che avrebbe dovuto informare il consiglio il più presto possibile affinché potessero prepararsi alla difesa. I Veneziani lanciarono un attacco, ma i Ragusani li respinsero.
Per questo motivo nel 972 fu eletto patrono di Dubrovnik. Questa leggenda è riportata nelle più antiche cronache di Dubrovnik. [Nagy, Josip. 1972. Sveti Vlaho zaštitnik Dubrovnika (San Biagio, patrono di Dubrovnik. Chiesa nel mondo. Università di Spalato - Facoltà Cattolica di Teologia). Dalla wiki croata]
A Dubrovnik venne consacrata una chiesa in suo onore (lì si trova la testa del santo) e divenne il patrono della città. Sull’altare della chiesa si trova una statua in argento dorato del santo, un capolavoro dei gioiellieri di Dubrovnik del XV secolo.
San Biagio è raffigurato anche sulla bandiera della città quercia.
Comunque nell’anno 1000 Venezia riuscì a conquistare Dubrovnik per un certo periodo, all’incirca poco più di un paio di secoli. In seguito, il potente regno normanno nell’Italia meridionale rivendicò queste terre. Di conseguenza, Dubrovnik fu costretta a destreggiarsi tra Bisanzio, Venezia e il Regno di Sicilia, riconoscendo la sovranità dell’una o dell’altra parte, il che contribuì a rafforzare l’indipendenza della città. Nel 1205, dopo la caduta di Costantinopoli, Dubrovnik passò sotto il dominio di Venezia.
Un posto speciale a Dubrovnik è occupato dalla magica isoletta di Lokrum [in italiano Lacroma]. I benedettini erano presenti qui già nell’XI secolo e alcune parti della chiesa demolita sono ancora conservate.
Scrive nel 1598, Giovanni Tarcagnota, a pagina 511 del suo Delle historie del mondo…
«Ora partito di Soria Riccardo hebbe in questo ritorno nel mare Adriatico così contrario il vento, e l’mare, che se ne dissipò, e disfece per varij luoghi l’armata sua. Et esso gittato da questa tempesta neʼ liti di Schiavonia, con pochissimi compagni travestito per la Germania si mise, sperando così potere ritornarsi senza ricevere dal Re di Francia oltraggio, nel regno.»
Ebbene esiste una leggenda molto nota sul re inglese Riccardo Cuor di Leone, che si dice sia stato sorpreso da una tempesta mentre tornava dalla Terza Crociata e abbandonato alla deriva su quest’isola. Fu dopo questa occasione che venne subito dopo incarcerato in Austria e torna mascherato come un cavaliere nero in Inghilterra, vicenda che fa parte del romanzo di Valter Scott su Ivanhoe, l’amico fraterno di Robin Hood.
Secondo il testamento del Re, si avrebbe dovuto costruire una chiesa nel luogo in cui era stato salvato, e ciò è attribuito alla ricca donazione per la costruzione della cattedrale di Dubrovnik.
Sotto il dominio veneziano (1205–1358)
Dopo l’annessione di Dubrovnik alla Repubblica di Venezia, furono imposte numerose restrizioni al commercio marittimo della città. Allo stesso tempo, venne incoraggiato il commercio via terra con gli stati slavi della penisola balcanica. L’espansione delle relazioni commerciali di Dubrovnik con la Serbia e la Bulgaria contribuì al progresso economico di questi stati nei secoli XIII e XIV. In questo periodo la città quercia divenne il più grande centro commerciale dell’Adriatico orientale, attraverso il quale venivano effettuati i collegamenti commerciali tra l’Europa e i Balcani. Dagli stati slavi attraverso Dubrovnik si esportavano soprattutto prodotti agricoli e pellicce, mentre si importavano armi, prodotti in vetro e metallo. La principale fonte di reddito della città era il commercio del sale. La posizione dei mercanti della città quercia era particolarmente forte in Serbia, dove ottennero numerosi privilegi commerciali e monopoli sullo sfruttamento delle risorse minerarie (tra cui miniere per l’estrazione di metalli preziosi). Insediamenti di Dubrovnik sorsero in tutte le principali città degli stati balcanici e queste colonie godevano del diritto all’autogoverno interno. Nello stesso periodo si sviluppò il commercio tra Dubrovnik e Venezia, dove le merci dei mercanti di Dubrovnik erano esenti da dazi.
Durante il periodo del dominio veneziano, il sistema di governo urbano di Dubrovnik fu definitivamente strutturato secondo il modello dei comuni italiani. La città formò il Maggior Consiglio, il massimo organo legislativo, il Piccolo Consiglio, il massimo organo esecutivo, il Senato e il Collegio dei Consoli. La struttura e le funzioni di questi organismi ricalcavano in gran parte quelle di analoghe istituzioni veneziane. Il priore del comune riceveva il titolo di principe (rettore) ed era formalmente a capo del governo cittadino della città quercia, subordinato al Maggior Consiglio della Repubblica di Venezia. A differenza delle città italiane, Dubrovnik aveva una differenziazione patrimoniale piuttosto debole, che portò alla formazione di soli due strati sociali: la nobiltà e i popolani. I nobili (patrizi) concentrarono nelle loro mani il commercio su larga scala e stabilirono il monopolio del potere nella città: nel 1235 l’accesso al Maggior Consiglio della città quercia fu chiuso ai nuovi membri, che formarono una ristretta oligarchia al potere. Un’altra caratteristica della comunità di Dubrovnik era la conservazione di una forte influenza antica: stretti legami tra la polis, ovvero la città e l’area circostante, l’assenza di tasse per ricoprire posizioni e l’equa distribuzione delle terre di nuova acquisizione tra la nobiltà. Nella città quercia non prese forma il sistema podestatistico [da podestà che è il capo dell’amministrazione (podestate) nelle città-stato italiane medievali (XII - XVI secolo). La parola deriva dal latino. potestas, che significa “potere”], tipico dei comuni italiani di questo periodo.
L’imperatore Dusan a Dubrovnik. Opera di Marko Murat [(nato a Šipanska Luka vicino a Dubrovnik, 30 dicembre 1864 – morto a Dubrovnik, 14 ottobre 1944, è stato un pittore accademico e professore serbo di fede cattolica romana che allo scoppio della seconda guerra mondiale si ritrovò solo e malato nella sua città natale e dove morì pochi anni dopo. Per questo dipinto ricevette una targa di bronzo all'Esposizione universale di Parigi del 1900. https://sr.wikipedia.org/wiki/%D0%9C%D0%B0%D1%80%D0%BA%D0%BE_%D0%9C%D1%83%D1%80%D0%B0%D1%82 ].
Fu nel 1268 che a Dubrovnik si concordò di stabilire come tributo all’imperatore Dusan, il danak serbo (srpski danak) nella misura di 2000 perper nel giorno di San Demetrio, che cadde sotto la dipendenza vassalla della Serbia. Il perpero serbo era una valuta fittizia utilizzata nell’Impero serbo durante il regno dell’imperatore Dušan il Forte. Prende il nome dalla moneta bizantina: l’iperpirione. Il perpero era una moneta piuttosto forte, l’imposta statale era di un perper per casa all’anno. Il perper non esisteva in senso fisico, ma in senso astratto. Per poter contare più facilmente grandi quantità di dinari d’argento, all’epoca si utilizzava la moneta serba perper, che equivaleva a 12 dinari.
Dinaro di Dusan
In questo periodo la città quercia espanse notevolmente i suoi confini: nel 1333 il re serbo (poi imperatore) Dušan, in segno di affetto, concesse alla città di Ston la penisola di Pelješac [in italiano: Sabbioncello. Peter F. Sugar. Southeastern Europe Under Under Ottoman Rule (L'impero europeo sotto il dominio ottomano), 1354—1804, University of Washington Press. 1983.], e l’isola di Meleda [A Short History of the Yugoslav Peoples (Breve storia della popolazione jugoslava), Cambridge University Press. 1985. - OLE J Benedict, The Black Death (La peste nera), 1346-1353 , Boydell & Brewer]; non solo ma Dušan concesse alla città quercia, la costa da Ston a Zaton.
Il 10 aprile 1357 l’imperatore serbo Dušan donò l’isola di Mljet con il monastero ortodosso della Santa Madre di Dio. ["Gazzetta del popolo serbo", Buda, 1838.]
L’imperatore Stefan Uroš IV Dušan è noto anche come Dušan il Forte (in serbo: Dušan Silni) - re serbo (serbo: краљ) (dal 1331) della dinastia Nemanjic, dal 1346 - re dei serbi e dei greci (fino alla sua morte nel 1355), fu creatore del regno serbo.
La vita nella Dubrovnik medievale
La popolazione di Dubrovnik in questo periodo era diversificata sia dal punto di vista etnico che economico. La divisione di base era in: la ricca nobiltà romanizzata (i patrizi) e la numerosa popolazione urbana slava (artigiani, mercanti, soldati, equipaggi di navi e scribi), la gente comune. Il processo di slavizzazione dei Romani di Dubrovnik procedette gradualmente. Le autorità resistettero a lungo alla slavizzazione e all'influenza della gente comune, ma col tempo cedettero e durante il XIII e XIV secolo furono permessi i matrimoni misti e dal XV e XVI secolo la lingua fu sostituita dal serbo, chiamato anche "linga seruiana" così che "solo alcuni anziani" parlavano ancora l'antica lingua di Dubrovnik.
Limitata nelle risorse naturali, Ragusa ha basato la sua esistenza sulla navigazione e sul commercio. Il porto di Dubrovnik divenne il principale punto di esportazione e importazione del commercio balcanico e la "porta d’accesso ai Balcani". L’industria marittima di Dubrovnik conobbe il suo massimo sviluppo nel XV e XVI secolo, quando la marina militare di Dubrovnik contava circa 200 navi. A quel tempo, gli abitanti di Dubrovnik effettuavano trasporti e commerci in tutto il Mediterraneo, dalle coste dell'Asia Minore e dell'Africa fino alle coste atlantiche.
Grazie ai collegamenti di trasporto e alle relazioni commerciali, Dubrovnik era in costante contatto con i paesi europei, in particolare con i porti e le città italiane. In questo modo segue la vita culturale e i successi della scienza e dell’arte e li fa rapidamente propri. L’insegnamento era organizzato nelle scuole primarie e l’istruzione superiore aveva un livello significativo.
La Repubblica di Dubrovnik nel suo periodo di massimo splendore
Indipendenza (1358-1458)
Poco tempo dopo un funesto incendio del 1296 venne emanata la Carta per limitare la costruzione di case in legno e venne redatto il piano di sviluppo definitivo di Dubrovnik. A partire dal XIV secolo, la città divenne un complesso in pietra e mantenne il suo aspetto fino al XXI secolo.
Oltre alle fortificazioni, Dubrovnik era caratterizzata da una rete di istituzioni sociali: case di cura, ospedali, farmacie, rifugi e un servizio di quarantena.
Le fondamenta della città furono costruite dal maestro fiorentino e architetto rinascimentale Michelozzo Micheloci [Michelozzo di Bartolommeo Michelozzi (Firenze, 1396 – Firenze, 1472)] fu nel 1891 dopo aver lavorato a Milano lavorò appunto al servizio della Repubblica di Dubrovnik, al Palazzo del Rettore e alla Torre Minčeta.
Al centro di Dubrovnik vi sono la chiesa e il convento francescano (dei Piccoli Fratelli) con una chiesa e un campanile di 44 m. Questo edificio fu costruito nel XIV secolo in stile gotico; qui sorgeva la terza farmacia più antica d’Europa.
Dopo la sconfitta di Venezia da parte del re ungherese Ludovico il Grande, con il Trattato di Zara del 1358, la Dalmazia, insieme a Dubrovnik, passò sotto la sovranità dell’Ungheria. Il 27 giugno 1358 l’arcivescovo ragusano Giovanni Saraca e Ludovico I concordarono le forme specifiche di autorità del re ungherese su Dubrovnik. Il potere dell’Ungheria, che non aveva praticamente una flotta, era puramente nominale e tutto il potere nella città passò alla nobiltà locale.
In questo periodo l'importanza di Dubrovnik come centro artigianale aumentò notevolmente. Molti artigiani provenienti dall’Italia si trasferirono in città e si verificò una specializzazione e un miglioramento dell’artigianato orientato all’esportazione, soprattutto nella fabbricazione di armi e tessuti. Nelle officine di Dubrovnik si faceva ampio ricorso alla manodopera salariata. Dubrovnik divenne l’unica città della Dalmazia il cui livello di sviluppo artigianale non era inferiore a quello dei comuni italiani. A Dubrovnik, tuttavia, non si sviluppò la classica struttura corporativa dei mestieri. Gli artigiani si unirono in corporazioni religiose, confraternite che non avevano alcuna influenza sul sistema politico della repubblica.
La liberazione dal dominio veneziano contribuì anche allo sviluppo del commercio marittimo e alla prosperità della città. Dubrovnik divenne il centro delle transazioni monetarie e dei prestiti ai sovrani dei Balcani. Nonostante una serie di conflitti militari con la Serbia e la Bosnia, la repubblica mantenne generalmente buoni rapporti con i suoi vicini, continuando a espandere il suo territorio: nel 1399 fu annessa la costa di Dubrovnik (fino a Pelješac o in italiano Sabbioneta), nel 1419-1426 la regione di Konavle con la città Cavtat (in italiano Ragusavecchia conosciuta anche come la colonia greca di Epidauro), e poi la costa fino alle Bocche di Cattaro (in Montenegrino: Бока которска).
Ragusa divenne purtroppo anche uno dei principali centri della tratta degli schiavi nel Mediterraneo orientale (tratta vietata solo nel 1416).
Nel XIV e XV secolo la popolazione della repubblica aumentò rapidamente, soprattutto a causa dell’immigrazione dagli stati balcanici. Alla fine del XV secolo la popolazione di Dubrovnik contava circa 20.000 persone. Con l’afflusso degli slavi, l’importanza dell’elemento latino nella composizione etnica della popolazione cominciò a diminuire. Tuttavia, la lingua dell’élite dominante rimase l’italiano (dal 1492 sostituì il latino come lingua ufficiale) e furono mantenuti la dipendenza ecclesiastica da Roma e gli stretti legami con le città italiane. Anche il sistema di governo della repubblica si basava sul diritto urbano dei comuni italiani. Il potere continuò a rimanere nelle mani di una ristretta oligarchia composta da diverse decine di famiglie nobili, ma durante questo periodo non si osservarono conflitti sociali.
Istituzione della sovranità dell’Impero Ottomano (XV-XVI secolo)
Vista della parte storica di Dubrovnik
Alla fine del XIV secolo emerse la minaccia turca all’esistenza della Repubblica di Ragusa. L’Impero Ottomano conquistò gradualmente gli stati balcanici, avvicinandosi ai confini di Dubrovnik. Iniziò un massiccio afflusso di profughi slavi nella città, vennero eseguiti lavori di fortificazione e vennero erette fortificazioni a ritmo accelerato lungo le vie di accesso a Dubrovnik. La città divenne una delle fortezze più potenti dei Balcani. Nello stesso periodo, l’élite al potere dello Stato iniziò a perseguire una politica di pacificazione. Già nel 1430. Fu concluso il primo accordo commerciale tra Dubrovnik e l’Impero Ottomano.
Nel 1458 la repubblica riconobbe ufficialmente la sovranità del sultano e si impegnò a pagare un tributo, in cambio del quale ottenne la libertà di commercio all’interno dell’impero. Nel 1481 l’importo del tributo fu aumentato a 12.500 ducati all’anno. Tuttavia, la dipendenza della repubblica dall’Impero Ottomano era estremamente debole e si limitava di fatto al pagamento dei tributi. Al contrario, la concessione di privilegi eccezionali ai mercanti di Dubrovnik nell’impero creò condizioni favorevoli per l’ulteriore sviluppo della città e del suo commercio. Ragusa divenne il principale canale commerciale dell’Impero Ottomano sull’Adriatico e gli insediamenti di Ragusa nelle città turche dei Balcani mantennero ampia autonomia e monopolizzarono di fatto l’attività commerciale nella regione. Le navi di Dubrovnik avevano il diritto di navigare nel Mar Nero, che era chiuso alle navi provenienti dagli altri paesi. Il commercio di intermediazione tra l’Impero Ottomano e gli stati italiani divenne il principale settore economico della città.
La Sublime Porta durante l’Impero Ottomano
La dipendenza dell’economia della repubblica dal commercio con l’Impero Ottomano predeterminò la politica di neutralità adottata da Ragusa durante i conflitti militari tra turchi e potenze occidentali. La neutralità permise il proseguimento delle relazioni commerciali con entrambe le fazioni in guerra e contribuì all’espansione della sfera commerciale di Ragusa, che ora comprendeva Egitto, Siria e Spagna. Missioni permanenti della Repubblica furono istituite in tutti i principali porti del Mar Mediterraneo. La flotta di Dubrovnik superava le 200 navi. Anche quando, alla fine del XVI secolo, su pressione del Papa, la Repubblica mise la sua flotta a disposizione della Spagna per combattere i pirati musulmani e i vassalli della Porta [Porta (anche Porta Ottomana, Sublime Porta, Sublime Porta) è il nome del governo ( ufficio del Gran Visir) dell’Impero Ottomano, adottato nella storia della diplomazia e delle relazioni internazionali.], l’Impero Ottomano non si oppose, volendo utilizzare Ragusa per continuare a commerciare con gli stati europei. La potenza economica e militare della Repubblica di Dubrovnik, sostenuta dai Turchi, le permise di diventare il principale rivale di Venezia nel Mediterraneo e nell’Adriatico.
Rotte commerciali, consolati e magazzini della Repubblica di Dubrovnik all'inizio del XVI secolo
Il declino della Repubblica (XVII-XVIII secolo)
Dalla fine del XVI secolo iniziò il processo di declino del commercio di Dubrovnik e della sua repubblica, causato dalle grandi scoperte geografiche, dallo spostamento delle rotte commerciali europee verso l’Oceano Atlantico, dalla crescente concorrenza tra mercanti francesi, olandesi e inglesi sul mare e mercanti slavi e greci nei Balcani. I rapporti con Venezia peggiorarono notevolmente, poiché quest’ultima iniziò a lottare per espandere la propria posizione sull’Adriatico e cercò di estromettere la città quercia dal mercato turco (ciò fu dimostrato in modo particolarmente chiaro nella storia della ricostruzione del porto di Spalato alla fine del XVI secolo). La Repubblica di Venezia ostacolò il commercio di Dubrovnik con l’Italia e iniziò a imporre dazi sul trasporto di merci attraverso il mare Adriatico.
In questi anni, nel 1552, fu realizzato da Tiziano e i suoi allievi il Polittico dell’Assunta, ora all’interno della cattedrale.
Nel 1602 i veneziani organizzarono una rivolta contro le autorità della città quercia sull’isola di Lastovo. Dal 1630 al1633 scoppiò un conflitto militare tra Dubrovnik e Venezia per il controllo dell’isola di Lokrum [una piccola isola del mare Adriatico, situata vicino alla città croata di Dubrovnik, viene chiamata anche Isole Elafiti]. La Repubblica di Dubrovnik fu costretta a orientarsi sempre più verso l’Impero Ottomano, senza il cui sostegno la lotta contro Venezia era impossibile. Di conseguenza, nel XVII secolo Dubrovnik divenne l’alleato più fedele dei turchi tra gli stati europei.
Durante la guerra di Candia (durata dal 1645 al 1669), l’attività commerciale della città quercia bene o male riprese, ma l’alleanza della repubblica con la Porta portò ad attacchi sul suo territorio da parte degli Uscocchi [erano gruppi di guerrieri – secondo la Treccani in linea - che, dopo la conquista turca dei Balcani conclusasi nel 1526, iniziarono una tenace lotta contro i nuovi dominatori.] croati e dei Montenegrini, che devastarono le zone costiere di Dubrovnik.
Dubrovnik nel 1667
Nel 1667 la città fu colpita da un violento terremoto, che causò la morte di più di 5.000 persone e distrusse la maggior parte degli edifici cittadini. La città venne gradualmente ricostruita, ma non riuscì mai a riprendersi completamente. Venezia approfittò dell’indebolimento di Dubrovnik, aumentando la pressione sulla repubblica e offrendole il suo patrocinio. Nel 1684 Dubrovnik fu costretta a riconoscere nominalmente la sovranità dell’imperatore del Sacro Romano Impero e re d’Ungheria Leopoldo I, desiderando usarla contro le pretese di Venezia.
Quando nel 1694 l’esercito veneziano occupò Trebigne e l’Erzegovina, isolando così la repubblica dal territorio dell’Impero Ottomano, l’imperatore ottenne il ritiro delle truppe veneziane. Tuttavia, nel 1699, in base ai termini del Trattato di Carlowitz, la Dalmazia passò sotto il controllo di Venezia.
Per impedire in futuro ai veneziani di attaccare Dubrovnik via terra, la repubblica cedette due piccole aree del suo territorio all’Impero Ottomano, isolandosi così dai possedimenti veneziani sulla terraferma. Uno di questi tratti, sul confine settentrionale attorno alla città di Neum, è attualmente l’unico sbocco della Bosnia Erzegovina sull’Adriatico.
Alla fine del XVII e XVIII secolo l’economia della Repubblica di Dubrovnik conobbe un declino completo. Le attività commerciali e imprenditoriali della città quercia nei Balcani e nel Levante cessarono quasi completamente; solo il trasporto di merci straniere lungo l’Adriatico conservò una certa importanza. A metà del XVIII secolo, con la fine del dominio veneziano nel Mediterraneo, il commercio a Dubrovnik lentamente riprese, ma non riuscì a reggere la concorrenza della Francia, che aveva ottenuto privilegi speciali nell’Impero Ottomano.
Durante la guerra russo-turca del 1768-1774, la Repubblica si schierò con la Porta, fornendo la sua flotta per le operazioni militari contro la Russia. Ma nel 1775, un grande squadrone del conte Alessio Orlov entrò nel porto di Dubrovnik. Nella città venne aperto un consolato russo e da quel momento iniziarono le relazioni diplomatiche tra la Repubblica di Dubrovnik e la Russia. Si ritiene inoltre che Dubrovnik sia stato il primo stato europeo a riconoscere l’indipendenza degli Stati Uniti d’America nel 1776.
Il sistema politico della repubblica rimase invariato nei secoli XVII e XVIII. Il monopolio del potere da parte della nobiltà venne preservato. I vertici dei popolani, che non avevano accesso al governo, crearono due organizzazioni politico-religiose chiuse: la Confraternita di Sant’Antonio (grandi armatori mercantili e cittadini più ricchi) e la Confraternita di San Lazzaro (commercianti con l’Oriente). Dopo il terremoto del 1667, quattro famiglie della Confraternita di Sant’Antonio ottennero l’accesso al Maggior Consiglio, ma non ci fu una vera fusione tra la nuova élite popolana e la nobiltà.
Sistema di controllo
Il sistema di governo della Repubblica di Dubrovnik era basato sul principio oligarchico [L’oligarchia (in greco antico: ὀλιγαρχία "potere di pochi" da ὀλίγος "piccolo; breve" + ἀρχή "inizio; potere") in cui il potere statale è nelle mani di un piccolo gruppo di persone.]: tutto il potere apparteneva a un ristretto gruppo di nobili, a cui si opponeva la maggior parte dei cittadini, i popolani, che non avevano alcuna influenza sulla formazione degli organi di governo e non partecipavano all’attività politica. Nei secoli XVI-XVII I vertici dei popolani (proprietari di navi mercantili) si divisero in una classe separata di cittadini, ai cui membri fu data l’opportunità di occupare cariche comunali minori e, dopo il terremoto del 1667, diverse famiglie cittadine furono ammesse al Maggior Consiglio. I confini di classe tra nobili, cittadini e popolani erano molto rigidi e i matrimoni tra classi diverse erano severamente proibiti. La cerchia ristretta di persone con accesso al potere è dimostrata dai dati sulla composizione del Grande e Piccolo Consiglio della Repubblica: nel 1802, ad esempio, 6 degli 8 membri del Piccolo Consiglio e 15 dei 20 membri del Gran Consiglio rappresentavano 11 delle più nobili famiglie della città quercia, e metà dei principi di Dubrovnik negli ultimi otto anni di esistenza della repubblica proveniva da 5 famiglie nobili.
La struttura degli organi di governo della Repubblica di Dubrovnik copiava in gran parte il modello di governo veneziano. L’organo legislativo supremo era il Gran Consiglio (in latino: Consilium Maior, in croato: Veliko vijeće - Grande Assemblea), che comprendeva tutti i rappresentanti della nobiltà di Dubrovnik che avevano compiuto 18 anni. Questo organo approvava le leggi, eleggeva il principe, eleggeva e approvava i giudici, i doganieri, i consoli e altri funzionari municipali e decideva su questioni legali e costituzionali dello Stato. Il Maggior Consiglio formava il Senato (in latino: Consilium rogatorum) composto da 45 membri di età superiore ai 40 anni, eletti per un anno. Era lui ad avere il potere più grande nella repubblica. A differenza dei comuni italiani, l’organizzazione del Senato impediva l’affermarsi del predominio di una sola famiglia (come i Medici a Firenze o gli Scaligeri a Verona); tuttavia, per quasi tutta la storia dell’esistenza di questo organismo, i membri della famiglia Sorgo godettero della massima influenza al suo interno.
Il Piccolo Consiglio (in latino: Consilium Minor, in croato: Malo vijeće - Piccola assemblea) era un organo esecutivo composto da 11 membri (dopo il 1667 - 7), eletti dal principe tra i membri del Maggior Consiglio per un anno. Il Principe (in latino: Rettore) esercitava il comando sulle autorità esecutive, presiedeva il Grande e il Piccolo Consiglio e svolgeva funzioni rappresentative. Il principe veniva eletto dal Gran Consiglio e il suo mandato durava solo un mese; poteva essere rieletto solo dopo due anni. L’influenza del principe era puramente nominale e la breve durata del suo mandato impedì la concentrazione del potere nella repubblica nelle mani di una sola persona. Questo fatto permette ad alcuni storici di considerare la Repubblica di Dubrovnik il primo stato democratico d’Europa, anche se la sua “democrazia” si applicava solo ad alcune decine di famiglie aristocratiche del paese. Tuttavia, sulla bandiera della repubblica era incisa la parola Libertas (dal latino libertà) e sopra l’ingresso della fortezza di San Lorenzo, di fronte alle mura della città di Dubrovnik, era scritto il motto Non bene pro toto libertas venditur auro (dal latino ”la libertà non si vende in cambio dell’oro”).
Dubrovnik nel 1852 in un dipinto di Ludwig Gurlitt
La caduta della repubblica (inizio XIX secolo)
La Repubblica nel 1808
Il 15 maggio 1806 le truppe del generale napoleonico Lauriston occuparono Nuova Ragusa (Dubrovnik). In risposta, dal 5 al 24 giugno venne assediata dalle truppe russo-montenegrine. Quando il distaccamento francese del generale Molitor si avvicinò a Dubrovnik, l’assedio fu tolto.
Nel 1808 la Repubblica di Dubrovnik fu abolita e il suo territorio divenne parte delle Province Illiriche, direttamente subordinate alla Francia. Il maresciallo francese Auguste Marmont venne dichiarato duca di Ragusa.
Nel 1814 la città fu conquistata dalle truppe austriache al comando del generale Todor Milutinović, supportate da una forza di spedizione inglese. L’amministrazione francese venne liquidata. Con decisione del Congresso di Vienna del 1815, Dubrovnik fu annessa all’Impero austriaco e divenne parte del territorio della corona del Regno di Dalmazia. I tentativi della nobiltà di Dubrovnik di ricreare la repubblica nel 1815 fallirono.
La tragica storia dei Dalmati
Nel suo libro Adriatico Storia e storie, del 2024, Galileo Ferraresi dedica tutto un capitolo a Dubronik e da lì estraggo la storia di Anna arrivata alla città quercia con il padre e deve imparare una nuova lingua e…
«Tre mesi dopo il loro arrivo Anna e il padre erano conosciuti da tutta la popolazione di Dubronik, sia dai notabili che dal popolino […] Un giorno, mentre era immersa in una lettura un vecchio sporco e vestito di stracci si avvicinò a lei. L’aveva già visto al mercato mentre raccoglieva gli scarti della frutta e della verdura, e forse una volta gli aveva anche regalato qualche moneta, ma non ne era sicura.
Il vecchio la salutò con un cenno del capo e le chiese il permesso di sederle accanto [… e le parlò].
“Ti ho visto tante volte, sei una donna buona e sai scrivere, disegnare e parlare e ti voglio raccontare una storia, una storia che qui pochi conoscono e che tra poco nessuno si ricorderà più, perché tutti quelli che la conoscono sono ormai morti. […]
Una volta, tanti e tanti secoli fa, quando Atene non aveva ancora le sue leggi questa città già esisteva: si chiamava Ragusa. Era una città di uomini liberi e senza schiavi. Era una città di uomini tutti uguali. […] Una volta una famiglia di Ragusa fu fatta prigioniera e ridotta in schiavitù, il figlio si chiamava Spartaco e fu costretto a diventare gladiatore. Si ribellò ai Romani e pochi mesi dopo mezzi milione di schiavi aveva lasciato i padroni e seguivano Spartaco verso le nostre terre libere. Poi gli egoismi degli schiavi liberati mise in crisi la rivolta e i Romani ne approfittarono per ucciderli tutti.»
Questa era Dubronik, l’antica Ragusa… finché…
«Quando nacque la repubblica francese scrissero sulla bandiera libertà, uguaglianza e fratellanza.» ma «I francesi ci chiesero di poter passare per Dubrovnik per poter prendere i turchi alle spalle. Fu una richiesta molto pesante.
Sapevamo che non avremmo mai potuto resistere all’esercito francese. Volevamo avere fiducia dei francesi: erano una repubblica, non volevano gli schiavi, ma erano pur sempre un esercito che chiedeva di passare per le nostre terre. Nessun esercito era mai passato per le nostre terre. Alcuni volevano lasciarli passare, altri no, trascorsero giorni di trattative e incontri. […] Una notte si decise di lasciare ai francesi due giorni e due notti per poter attraversare le nostre terre ed attaccare i turchi. Quando fu giorno nessuno voleva credere a quello che vedeva: le batterie dei cannoni francesi erano qui, qui dove siamo noi adesso, e tenevano sotto controllo la città.
Tutti corsero a cercare le armi ma ormai era troppo tardi.» si arrivò a che «Imposero il coprifuoco e proibirono agli uomini di incontrarsi in più di quattro. Quello che i francesi non sapevano era che a Dubrovnik era sempre esistito un consiglio degli anziani che non appariva mai negli incontri pubblici e ufficiali ma era il consiglio che controllava la morale della città. […] Si possono liberare alcuni schiavi comprandoli, ma uno stato non si può liberare: la libertà non si porta con i cannoni. Tutti gli stati che liberano un altro stato si sostituiscono al vecchio padrone per diventarne i nuovi padroni.
Questa era la situazione. Era una situazione drammatica e senza soluzione. Chi vuole vivere da schiavo?
Nessuno, soprattutto chi è nato e cresciuto libero.
E questo fu quello che dissero i vecchi di Dubrovnik: “l cittadini di Dubrovnik sono sempre stati liberi; nessuno qui è mai nato schiavo; i francesi ci hanno preso la libertà e ci costringono a vivere da uomini non liberi, da schiavi. Siccome è meglio non nascere che vivere da schiavi da oggi nessuna donna di Dubrovnik partorirà più perché è meglio non avere figli che avere figli non liberi. E questo accadde. Da quel giorno nessuna donna di Dubrovnik partorì”. […] I vecchi morivano e nessuno nasceva: questi che vedi non sono gli abitanti originali di Dubrovnik, sono tutti immigrati. […] Nessuno sa, nessuno vuole sapere cos’hanno fatto i francesi: la repubblica più giovane del mondo ha distrutto larepubblica più vecchia del mondo.”»
Dopo aver detto altre parole l’ultimo Dalmata se ne andò, lasciando Anna con l’anima a pezzi.
Lingue e composizione etnica
Secondo il censimento effettuato nel territorio dell’Impero austro-ungarico il 31 dicembre 1890 [Dubrovnik – (calendario per il mese del 1898 II, pubblicato e composto dal francobollo serbo di Dubrovnik) календар за просту 1898 годину II, издање и наклада Српске Дубровачке штампарије А. Пасарића, 1897, Дубровник, страна, 64 и 67.] il Comune di Dubrovnik è compreso da una popolazione di 11.177 persone, di cui 9.713 (ovvero l’87%) parlano serbo.
La composizione etnica della popolazione di Dubrovnik era piuttosto diversificata. La lingua ufficiale della Repubblica della città quercia era originariamente il latino, sulla base del quale nel Medioevo si sviluppò una lingua unica, la dalmata, utilizzata soprattutto nella comunicazione orale e quotidiana, anche se sono giunti fino a noi monumenti scritti in questa lingua. L’afflusso degli slavi portò prima alla diffusione del bilinguismo slavo-romanzo nella città e poi alla graduale estinzione della lingua dalmata, relativamente poco parlata.
Sotto l’influenza della talassocrazia veneziana, nei secoli XIV e XV, la stragrande maggioranza dell’aristocrazia di Dubrovnik, sia dalmata che slava, subì una forte italianizzazione e si considerarono i cosiddetti italiani dalmati.
La lingua dalmata
Nei primi periodi della storia di Dubrovnik veniva utilizzata anche la lingua dalmata, di origine romanza. Sono sopravvissuti diversi documenti scritti nel dialetto ragusano della lingua dalmata, risalenti al XIII secolo.
Il Dalmata (anche dalmata, a volte veljot; autodefinizione: veklisúṅ, vetrún diskaurs) è ormai una lingua morta anticamente parlata dalla popolazione della Dalmazia, un’area sulla costa adriatica dall’isola di Krk (Velja) a nord fino a Kotor (Cattaro) a sud.
Con lo spostamento della popolazione romanza di Dubrovnik da parte degli slavi, l’importanza della lingua dalmata diminuì e nel XVI secolo questa lingua cadde in disuso nella repubblica.
L’area della lingua dalmata si è progressivamente ridotta a causa dell’italianizzazione e della croatizzazione dei dalmati. Nelle ultime fasi della sua esistenza (XV-XIX secolo), la lingua dalmata era costituita da una serie di dialetti isolati e quindi ben distinti, che si conservarono in numerosi insediamenti costieri e isole dell’Adriatico e subirono l’influenza delle lingue veneziana e croata. Sull’isola di Krk, il dalmata sopravvisse fino al 10 giugno 1898, quando l’ultimo parlante nativo della lingua, Tuone Udaina, morì dopo aver calpestato una mina [fonte: wiki russa].
Il dalmata (nella sua varietà Velhot) è caratterizzato da alternanze fonetiche e ~ a ( kenúr "cenare" - káina "cena"), u ~ o ( muratáur "muratore" - mor "muro"), ecc.; mancanza di declinazione dei sostantivi; l’assenza in alcuni casi di flessioni di genere e numero nei nomi e negli aggettivi - viánt "vento" (maschile), nuát "notte" (femminile), foriást "straniero" (maschile e femminile); preposizione dell’articolo determinativo ; variabilità delle forme dei pronomi personali, ad esempio, ial , el , l- “egli”; omonimia delle forme verbali. La base del vocabolario dalmata è costituita da parole di origine latina; i prestiti più comuni sono gli italianismi, i veneticismi e i prestiti dalla lingua serbo-croata o tramite questa. Le informazioni sulla varietà ragusana del dalmata sono molto scarse e insufficienti per ricostruirne le caratteristiche linguistiche.
La lingua dalmata fu menzionata per la prima volta nel 1842 e documentata per iscritto tra il 1860 e il 1880. Il termine "lingua dalmata" è stato introdotto da M. J. Bartoli [Albona, 22 novembre 1873 – Torino, 23 gennaio 1946) è stato un linguista italiano originario dell’Istria. Studiò all’Università di Vienna e insegnò all’Università di Torino dal 1907 fino alla sua morte].
Il nome “lingua dalmata” (in italiano: il dalmatico , in tedesco: Dalmatisch) fu introdotto nella circolazione scientifica nel 1906 da M.J. Bartoli. Talvolta il nome dialettale Vegliot (in italiano: il veglio[t]to , in tedesco: Vegliotisch) viene esteso all’intera lingua dalmata.
Nel primo Medioevo, il dalmata era parlato nelle città di Zara (in latino: Iader(a)), Trogir (in latino: Tragurium), Spalato (in latino: Spalatum), Dubrovnik (in latino: Ragusa), Cattaro (in latino: Catarum), Budva (in latino: But(h)ua), Bar (in latino: Antibarium), Ulcinj (in latino: Olcinium), Alessio (in latino: Lissus), Veglia (in latino: Curicum), Osor (in latino: Absarus), Arba (Rab) (in latino: Arba).
La lingua dalmata non ha mai avuto una propria lingua scritta; i ricercatori la scrivevano utilizzando l’alfabeto latino con l'aggiunta di segni diacritici.
Una delle prime testimonianze scritte della lingua dalmata risale al X secolo: si tratta del testo di un testamento in latino con piccoli elementi di parlata volgare, il cosiddetto. "volgarismi", pubblicati [Lucio G. Storia della Dalmazia, e in parte la citazione di Trau, Spalatro e Sebenica. — Venezia: Presso Stefano Curti, 1674. — P. 192-193.] da I. Lucic nell’opera "Historia di Dalmatia, et in particolare delle citta di Trau, Spalatro e Sebenico" (Venezia, 1674) [Romano-Balcanica: problematiche di adattamento dell’elemento linguistico latino nell’area balcanica: raccolta di contributi scientifici / Responsabile. ed. A. V. Desnitskaya; Istituto di linguistica dell’Accademia delle scienze dell’URSS, filiale di Leningrado. — M .: Nauka, 1987. — P. 38.] e introdotti nella circolazione scientifica da M. G. Bartoli [Bartoli MG Il Dalmatico: Risorse da un’antica lingua romanza parlata a Veglia e Ragusa e la sua collaborazione nella Romania appenninico-balcanica / Dagli insegnamenti di Aldo Duro. — Roma: Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 2000. — P. 349—350. — (Biblioteca dell’Enciclopedia: lingua e letteratura)]. Due lettere di Zara (Zadar) del 1325 e del 1397 sono tra i più antichi testi sostanziali scritti interamente in dalmata.
Per quanto riguarda la lingua croata, la sua ascesa iniziò nel XV secolo, quando parte dell’aristocrazia e del clero di Dubrovnik iniziò a tradurre la letteratura dal latino e dall’italiano nella versione locale del croato. Così, nel 1597, il poeta di Dubrovnik Domeniko Zlatarić tradusse in croato la tragedia Elettra di Sofocle. In seguito, la lingua serba venne utilizzata nelle opere di un’intera galassia di scrittori e poeti di Dubrovnik: Bernardin Pavlović, Jakov Mikali, Joakim Stulić e altri ancora. Le opere di questi autori, scritte nella variante croata di Dubrovnik, hanno avuto un ruolo significativo nello sviluppo della letteratura croata e nella formazione degli standard moderni della lingua croata.
Fu nell’800 che l’italiano, dice la viki serba, fu reintrodotto come lingua ufficiale nella città e, come reazione, si espresse sostegno prima al movimento illirico e poi a quello cattolico serbo.
Eppure il pittore Marko Murat (incredibile che il professore serbo avesse lo stesso cognome del Re di Napoli) scrisse che [https://blog.filfak.ni.ac.rs/teme/knjige-literatura/item/637-marko-murat-o-srpskoj-tradiciji-u-dubrovniku] «Per quanto riguarda la lingua parlata dagli abitanti di Dubrovnik, Murat la definisce esclusivamente serba. In questo senso è interessante che, parlando della lingua italiana di alcuni suoi concittadini, Murat osservi con umorismo e con tono indicativo: "...parlava perfettamente l’italiano e lo pronunciava con un puro accento serbo... Così lo pronunciavano tutti i vecchi abitanti di Dubrovnik". "Così radicati erano lo spirito e il respiro della nostra lingua."»
Marko Murat, Costa di Dubrovnik, 1908 - Museo nazionale della Serbia
Gli ultimi secoli
Dal 1815 Dubrovnik entrò nel Regno austriaco di Dalmazia. Fu alla fine di questo periodo Frano Gondola (o Gundulić, Барон Франо Гондола 1833-1899), l’allora sindaco, prese la decisione di introdurre l’illuminazione elettrica. Fu dopo la sua scomparsa, il 1 giugno 1901 che, proprio nello Stradun, venne accesa la prima lampadina elettrica.
Prima della prima guerra mondiale, Dubrovnik visse un’incomprensibile ascesa di odio e violenza. In occasione dell’assassinio di Francesco Ferdinando e di sua moglie, i croati organizzarono delle "manifestazioni" in città. Ciò che era iniziato come un triste raduno di una presunta "popolazione addolorata" si trasformò in "manifestazioni contro i serbi". La splendida Dubrovnik divenne il palcoscenico di eventi vergognosi tra due popoli fratelli.
Sono nati gli anni del ventesimo secolo, su cui preferisco sorvolare velocemente. Nel 1918-1941 fece parte del Regno di Jugoslavia, nel 1941 e nel 1943-1945 fece parte della Croazia Ustascia, nel 1941-1943 fece parte dell’Italia e nel 1945-1991 fece parte della Jugoslavia socialista.
Nel 1964 venne girato per le vie di Dubrovnik (in una scena sui tetti si vede anche la Fontana Grande di Onofrio del XV secolo, opera dell’architetto Onofrio della Cava) una pellicola cinematografica sulla seconda guerra mondiale dal regista Roger Corman.
In Italia fu intitolato Cinque per la gloria.
Tra tutti gli attori spicca decisamente Raf Vallone.
Rocca in divisa italiana accanto al corpo del suo amico Durrell
Vallone interpreta Roberto Rocca, un plurilaureato ed organizzatore di attività criminali internazionali, scarcerato da una prigione del Libano (un precursore della futura Olp?), che viene costretto dall’esercito britannico, insieme ad altri disperati ad una missione suicida, proprio a Dubrovnik.
Sarà l’unico a sopravvivere.
Nella pellicola, oltre a prendere fin da subito la guida della missione (scavalcando il maggiore inglese), davanti alle mura di Dubrovnik, Rocca pronunzierà
questa frase lapidaria:
«Ora noi siamo venuti a liberarla, ma chi la libererà da noi?
E chi libererà noi da noi stessi?»
Quasi il destino medesimo della città quercia negli ultimi secoli…
Al dissolvimento della Jugoslavia del maresciallo Tito (circa dieci anni dopo la sua scomparsa, nel 1980), Dubrovnik subì tutte le tragiche violenze, come bombardamenti, incendi e massacri, della guerra tra Serbi e Croati, che ritengo venne fomentata da malvagi venti oltreoceano. Le tragiche vicende sotto indicate sono tratte dalla viki russa.
Il 1° ottobre 1991, unità dell’Esercito Popolare Jugoslavo (JNA) circondarono la città e iniziarono a bombardarla, operazione che continuò fino al maggio 1992, nonostante il centro storico di Dubrovnik fosse stato smilitarizzato già nel 1970. Il 4 ottobre le unità della JNA bloccarono Dubrovnik da terra e da mare. Il 15 ottobre, dopo la cattura di Cavtat, le forze della JNA proclamarono la non riconosciuta Repubblica di Ragusa.
L’attacco peggiore avvenne il 6 dicembre 1991, quando 14 residenti della città furono uccisi e 60 feriti in un giorno. In totale, durante i mesi dei bombardamenti a Dubrovnik, secondo la sezione croata della Croce Rossa, il bilancio delle vittime fu di 114 persone. Oltre alle vittime umane, la guerra causò la distruzione e il danneggiamento di molti monumenti storici.
Nel maggio 1992, gli jugoslavi interruppero temporaneamente i bombardamenti su Dubrovnik, il che determinò la fine della non riconosciuta Repubblica di Ragusa. Ma il 29 maggio 1992 la JNA bombardò nuovamente la città da terra e da mare. Ben 15 granate caddero nel centro storico. Il 30 maggio, il bombardamento di Dubrovnik continuò dall’aeroporto di Čilipi e dalla vicina Erzegovina.
Il 14 aprile 1995 Dubrovnik venne bombardata dai serbi bosniaci. 12 proiettili esplosero nell’area dell'aeroporto, distruggendo diversi edifici e danneggiando la pista. Il 13 agosto 1995 il bombardamento fu ripetuto e 16 abitanti di Dubrovnik rimasero feriti. Il 17 agosto, i serbi della Bosnia ed Erzegovina occuparono due insediamenti nei pressi di Dubrovnik e bombardarono la città dalle alture conquistate. Dal 18 al 22 agosto si svolse un duello di artiglieria: i serbi spararono su Dubrovnik, i croati su Trebigne (il famoso “nido del falco” dei serbi dell’Erzegovina).
Dopo la guerra, le autorità croate, avviarono un progetto per il restauro di Dubrovnik. Entro il 1998, l’80% degli edifici storici era stato restaurato. L’intera opera è stata completata nel 2005. In memoria delle vittime della guerra, è stata eretta una croce commemorativa sulla cima del monte Srđ, il luogo da cui la città fu bombardata.
Illustrazione da http://wwwbisanzioit.blogspot.com/2012/04/ragusa-dubrovnik.html
1. Forte Minceta
2. Monastero francescano
3. Porta Pile
5. Fontana maggiore di Onofrio
7. Forte Bokar
9. Forte S.Giovanni
13. Palazzo del Rettore
17. Colonna d’Orlando
18. Palazzo Sponza
20. Rivellino
21. Porta Ploce
ωωω
Il nome della città quercia
Francobolo coi due nomi della città querciaIl nome latino della città che chiamo città quercia, rimasto nella lingua italiana fino ad oggi è Ragusa (in latino Ragusa, ma anche Ragusium) deriva dal nome dell’isola adriatica sulla quale fu fondato il primo insediamento di profughi provenienti da Epidauro (l’odierna Cavtat che portava il nome illirico latinizzato Epidaurus ("dietro la foresta"). La città fu menzionata per la prima volta con questo nome nel 47 a.C., dai profughi che abbandonarono la loro città sotto la pressione dell’invasione avaro-slava o dopo il devastante terremoto del 649: a proposito, la Ragusa adriatica ha un omonimo italiano: la città di Ragusa in Sicilia, a cui è gemellata dal 2000.
D’altra parte, la popolazione romana diede al suo insediamento il nome della rupe (latino: Laus), che, attraverso una serie di cambiamenti fonetici, avrebbe poi ricevuto il nome italiano Ragusium/Ragusa, come menzionato per la prima volta un cosmografo anonimo di Ravenna intorno al 667 [fonte: wiki serba].
Vi è anche La Cronaca del sacerdote di Dioclea o Duklja (in serbo-croato: Ljetopis popa Dukljanina, Љетопис попа Дукљанина; in latino: Gesta regum Sclavorum) è il nome consueto dato ad una cronaca medievale scritta in due versioni tra il 1295 e il 1301 da un ecclesiastico di Duklja, recentemente identificato come Rudger, arcivescovo di Bar. La sua copia più antica conservata è in latino del XVII secolo e gli storici moderni hanno discusso la data di composizione del testo (dalla metà del XII alla fine del XVI secolo) e della sua autenticità. [https://en.wikipedia.org/wiki/Chronicle_of_the_Priest_of_Duklja]
Libro XXVI PRÊTRE DE DIOCLEE
GESTA REGUM SLAVORUM
[https://remacle.org/bloodwolf/balkans/pretredioclee/slaves2.htm]
«Gli Slavi inviarono ambasciatori a Bello, cioè Pavlomir, perché venisse a prendere possesso del regno dei suoi padri, e per questo motivo la sua famiglia lo seguì. Una volta sbarcati dalla nave, costruirono un forte in cui stabilirsi. Quando gli abitanti della città di Epidauro, che vivevano nei boschi e sulle montagne, seppero che Bello e i Romani si trovavano lì e che avevano costruito una cittadella, si radunarono e andarono con loro a costruire una città sul mare, sulla costa, che chiamarono nella lingua epidauriana "laus". Da allora la città ricevette il nome di Lausium, ma in seguito, sostituita la L con una R, fu chiamata Ragusa[Laus --> Lausium --> Rausium --> Ragusium --> Ragusa.]. Gli slavi la chiamavano Dubrovnik che significa "boscosa" o "foresta", perché per costruirla utilizzavano il legno delle foreste.»
Anche se alcuni storici, tuttavia, ritengono che lo slavo "Dubrovnik" sia un derivato di Epidauro Novo - Nuova Epidauro. Gradualmente i due insediamenti si fusero in uno solo e il canale che li separava fu prosciugato e al suo posto sorse la strada centrale della città, lo Stradun (in croato: Stradun, in italiano: Stradone) è la via principale del centro storico della città di Dubrovnik. Nel 2007 e nel 2012 la zona attorno a Dubrovnik è stata gravemente danneggiata dagli incendi boschivi. Il 23 novembre 2010 Dubrovnik subì un’alluvione senza precedenti: lo Stradun – luogo preferito per le passeggiate dai turisti e dagli abitanti della città – tornò a essere per qualche tempo uno stretto.
Ancora Galileo Ferraresi a pag. 90 del suo libro sopracitato, chiama Dubrovnik «la città forte come la quercia». Ma come mai questo riferimento alle querce?
Di fronte all’isola di Ragusa, sulla terraferma, ai piedi del monte Srdj, sempre nel VII secolo sorse un insediamento slavo, chiamato Dubrava (in onore dei boschi di querce circostanti), che più tardi si trasformò in Dubrovnik. [mie sottolineature]
Da lì viene il nome della città.
Dal greco antico, Δρυς — “quercia” è l’origine del nome delle ninfe Driadi, patrone degli alberi nella mitologia greca.
In musica
Il flauto magico dell’opera di W. A. Mozart è scolpito in legno di quercia millenario. Il flauto magico si trasforma quindi in oro.
Nella tradizione orale
Nella visione cosmica del mondo degli slavi, l’albero del mondo si trasformò nell’immagine tradizionale di una quercia che cresceva sull’isola di Buyan, in mezzo al MareOceano.
«Sul mare-oceano, sull’isola di Buyan, c’è una quercia verde» – così iniziano molte fiabe popolari russe [Demin V.N. Дёмин В. Н. Загадки Урала и Сибири. От библейских времён до Екатерины Великой. (Misteri degli Urali e della Siberia. Dai tempi biblici a Caterina la Grande.) — M .: Veche, 2001. — P. 170. — 544 p. — (Grandi Misteri)]. Secondo le credenze degli antichi slavi, il serpente Zmiulan, che incarna l’elemento del fuoco, vive nella cavità di un’antica quercia. Può ispirare amore in una donna per convincerla a sposarla. Come dono di nozze, il serpente porta dei gioielli, che estrae attraverso una cavità dai magazzini sotterranei. Gli uomini che volevano ispirare amore nella loro prescelta si rivolgevano a Zmiulan per chiedere aiuto. Nell’antica cultura russa si credeva che Nikola Duplinsky vivesse nella cavità di un’enorme quercia. E se lo preghi con fervore, egli esaudirà ogni tuo desiderio
Alcune persone credevano che gli alberi cavi abbattuti da una tempesta potessero restituire la giovinezza e la salute a una persona. Nella poesia di Longfellow "The Song of Hiawatha" un albero di questo genere si rivela essere una quercia:
Lungo il cammino,
nella natura selvaggia della foresta,
giaceva una quercia, morta durante una tempesta,
una quercia gigante, ricoperta di muschio,
mezza marcia sotto le foglie,
annerita e cava.
Vedendolo, Osezo
emise all’improvviso un grido lugubre
e saltò nella cavità, come in una fossa.
Vecchio, sporco, brutto,
ci cadde dentro e ne uscì:
forte, snello e alto, un giovane maestoso, un bell’uomo!
[Fedotov G. Ya. Федотов Г. Я. Древесная пластика. — М.: ЭКСМО, 2003. — С. 40—41. — 176 с. — (Академия мастерства)].
Il Re Agrifoglio e il Re Quercia sarebbero immagini speculative identificate dai moderni ricercatori del folklore europeo e dai neopagani, eterni avversari, ognuno dei quali possiede metà dell’anno: il Re Agrifoglio – l’oscurità (inverno), e il Re Quercia - la luce (estate). L’idea della loro opposizione è strettamente connessa alla Ruota dell’Anno, sarebbero un archetipo del folklore europeo identificato da Robert Graves nel suo libro La Dea Bianca, eterni avversari, ognuno dei quali è responsabile di metà dell’anno.
Secondo la leggenda, il monaco ortodosso Tikhon, [Tichon di Kaluga (Medynsky) (c. 1400, Kiev, Granducato di Lituania – 16 giugno 1492, Eremo di Tikhonov, Granducato di Mosca) – abate, fondatore del monastero dell’Eremo di Tikhonov dellAssunzione. Reverendo, santo della Chiesa ortodossa russa, eremita, la cui memoria si celebra il 16 (29) giugno], visse nella cavità di una quercia prima di fondare appunto l’Eremo di Tikhon, un monastero della diocesi di Kaluga della Chiesa ortodossa russa, situato nel villaggio di Lev Tolstoj nella regione di Kaluga.
Presagi popolari
- Se una quercia mette le foglie prima di un frassino, si avrà un’estate secca.
- Molte ghiande su una quercia significano un inverno rigido.
- Non seminare il grano prima che la quercia abbia le foglie.
- Fa freddo perché la foglia di quercia si sta stendendo.
- Se un bosco di querce fruscia in inverno, significa che sta arrivando il maltempo.
Proverbi e detti
Un proverbio popolare russo dice: “Ogni quercia è un mantello di pelle di pecora, ogni pino è una capanna”. E un proverbio sovietico gioca ironicamente sulla forza della quercia: "Quante più querce ci sono nell’esercito, tanto più forte è la nostra difesa".
In inglese
- Da piccole ghiande nascono grandi querce.
- La tempesta abbatte le querce, ma non riesce a spezzare le canne.
- Le querce possono cadere quando le canne resistono alla tempesta.
Simbolismo
Nell’antica Grecia la quercia era dedicata a Zeus ed Eracle (per Romani Ercole). È un simbolo di forza mentale e fisica, nonché di longevità. Il ramo di quercia simboleggiava la forza, il potere e la nobiltà della famiglia; ai guerrieri più coraggiosi venivano assegnate corone di quercia. I grandi esemplari di quercia erano considerati statue di Zeus. Nell’antica Roma la quercia era dedicata a Giove, e le ghiande erano chiamate frutti di Giove. A chi salvava la vita di un cittadino romano veniva tradizionalmente assegnata una corona di quercia, chiamata corona civica.
La quercia era considerata un albero sacro tra tutti gli slavi. Alcune querce, che ancora oggi i serbi chiamano zapi o zapisi [записи], svolgevano la funzione di templi popolari tra gli slavi. Molti idoli di legno venivano costruiti con legno di quercia e il Fuoco Sacro veniva acceso con legno di quercia. La quercia, in quanto albero sacro, è associata a Perun. In suo onore, nel santuario ardeva giorno e notte un fuoco acceso con legna di quercia. La quercia era chiamata l’albero di Perun [citato nel mio scritto di Volos].
Tra gli antichi Teutoni e Lituani, il dio della quercia era il dio del tuono, che mandava la pioggia e fertilizzava la terra.
I Celti lo consideravano un simbolo di resistenza e vittoria. I Galli consideravano la quercia l’asse del mondo.
Durante il periodo rivoluzionario in Francia, la quercia, in ricordo della tradizione gallica, simboleggiava libertà, speranza e continuità. Le sue copie furono dichiarate monumenti pubblici protetti dalla legge; ai loro piedi i contadini bruciavano le carte preziose dei proprietari terrieri, sotto la loro ombra firmavano documenti importanti e prestavano giuramenti civili.
Per Natale si accende un albero di Natale [Бадњак] o una giovane quercia. L’albero di Natale viene portato la mattina presto e acceso dopo il tramonto, quindi portato in casa e messo sul fuoco. Tutti i ricercatori associano l’albero di Natale al Sole. La manipolazione dell'albero di Natale avviene di notte in modo che il sole giovane non veda il sole vecchio . Il sole e il fuoco sono associati a Dazhbog [o Dajbog, sempre nel mio scritto su Volos]. Simboleggia il Sole in piccolo, mentre la luna si riflette in esso nella zoppia (l’andatura difettosa, che per lo più indicata a proposito di animali), che si verifica dopo natale, quando da quel momento fino all’inverno successivo prevale il simbolismo solare a Dazhbog, il cui culto fu poi sostituito da San Biagio. La vigilia di Natale, uno dei membri della famiglia deve restare sveglio tutta la notte per assicurarsi che il fuoco non si spenga.
Ivan Jastrebov [(in russo: Иван Степанович Ястребов; Gromushka, 8 febbraio 1839 – Salonicco, 20 gennaio 1894) è stato un diplomatico, storico, etnografo e archeologo russo; Fu console a Scutari, Prizren, Giannina e Salonicco. Prestò servizio a Prizren dal 1870 al 1876 e dal 1879 al 1886. anni. Attraverso la sua attività diplomatica, protesse i serbi in Kosovo e Metohija, impegnandosi a impedire la loro emigrazione e la loro deserbizzazione.] annotò che sulla cima del monte Zepa in Albania, in una gola, si trova il villaggio di Sinđin. In cima al villaggio c’era ancora una famosa quercia, davanti alla quale talvolta ci si riuniva e si prestava giuramento. Nei tempi antichi, attorno a quella quercia si formava, un kolo [Il kolo (in serbo: kolo/kolo, in bulgaro: horo, in macedone: oro) è una danza popolare slava meridionale, una danza in cerchio.], ma più di recente i sacerdoti hanno cercato di costruire un altare vicino alla quercia e di celebrare una funzione religiosa una volta all'anno, al posto delle vecchie usanze: quella festa cade in occasione dell’Assunzione della Beata Vergine Maria [Јастребов, Иван (2018). Стара Србија и Албанија, pp. 378. Београд: Службени гласник. (Yastrebov, Ivan 2018. Vecchia Serbia e Albania, pp. 378. Belgrado: Gazzetta Ufficiale.)].
Cartolina del 1902
Tra il popolo serbo, le querce erano considerate alberi demoniaci ma anche protettivi contro gli stessi demoni. Quasi regolarmente, sulle querce secolari venivano incise delle iscrizioni oppure incidevano una croce sulla loro corteccia. Non era consentito abbattere tali alberi e i rami secchi che cadevano non venivano raccolti e utilizzati come legna da ardere. [Чајкановић, Веселин (1994). Речник српских народних веровања о биљкама. Београд: СКЗ. стр. 170.(Cajkanovic, Veselin (1994). Dizionario delle credenze popolari serbe sulle piante.)] Oggi per gli alberi di Natale si usano rami e frasche di quercia. Accanto alle chiese e ai monasteri si trovano spesso vecchie querce, risalenti all’epoca pagana. In passato sotto la quercia si tenevano processi, riunioni e altri raduni importanti per la comunità locale.
Poiché la ghianda è il frutto dell’albero sacro, la quercia, a essa sono associate diverse superstizioni, dalle quali sono nate delle credenze. Ad esempio, bisognerebbe sempre portare con sé una ghianda come protezione dalle malattie o come amuleto portafortuna. C’è anche la credenza che tenere qualche ghianda in casa protegga dai fulmini e, in Gran Bretagna, un’antica tradizione narra che una donna che porta sempre con sé una ghianda può rimanere giovane per sempre.
Il respiro della primavera di Dubrovnik di Marko Murat
Marco Pugacioff
[Disegnatore di fumetti dilettante
e Ricercatore storico dilettante,
Macerata Granne
(da Apollo Granno)
S.P.Q.M.
(Sempre Preti Qua Magneranno)
01/03/’25
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