Il dragone di carnevale
La rivista Il piovano Arlotto, capricci mensuali di una brigata di begli umori [chissà se cantavano tra loro Ma va fan zum…] ripubblicò nel 1858 una notizia data nel 1589, in un libro che parlava di salciccie. Essendo periodo di carnevale ve la ripropongo con il mio disegnino di Cucciolo e Beppe.
Tantafera è un nome composto di tanta e di fera […] È stata usanza in Firenze sempre mai vicino al carnevale, farsi publicamente giuochi, e feste, e fra l’altre andare in Maschera in diversi abiti, con varie foggie, e con nuove invenzioni; si che fra l’altre avvenne una volta (molti anni passati sono) che parecchi buon compagni per un Carnevale ordinarono una mascherata, e fecero uno Animalaccio, a guisa di quel Dragone, che l’anno per san Giovanni, suol menar la compagnia di San Giorgio a processione, ma maggiore assai, e di maniera divisato, e colorito stravagantemente, non pareva ne uccello ne pesce, ne serpente, ne altra fastidiosa fiera; perciocché il collo aveva di Cicogna la bocca di Cigniale [cinghiale], la testa era cornuta, ad uso di Toro, aveva l’alie [l’ali] di Pipistrello, la schiena come il Coccodrillo, il corpo di Lupo cervieri, le cosce d’Orso la coda, e la groppa di leone, e i piedi d’asino. Eravi un’huomo detro [dietro] che camminando adagio lo menava lo portava] a mostra per la Città, ed aveva congegniato [concepito] un fil di spago, in modo che tirandolo colui la bestiaccia apriva la bocca più larga assai d’un Forno, e dilungava il collo ad uso di Giraffa, più di doci [dodici] braccia in alto, di forte che aggiungeva [arrivava] ad ogni finestra; tal che le donne impaurite, serravono [chiudevano le finestre], e si fuggivano da i balconi, aspettando che fusse passato, aveva una scritta al petto a lettere d’Appigionasi.
Io son Biurro che mangio coloro
Che fanno a modo delle Donne loro.
Erangli innanzi e’ndietro forse dieci coppie d’huomini travestiti a similitudine di Mori; e così fuori uscendo, e veggendosi questo Mostro, questa meraviglia , questa cosa stravagante, le genti non la conoscendo, e non potendo raccapezzarla, la battezzarono di comun concordia, una Tantafera: e così nacque, e ne venne in uso dall’ora in qua questo così fatto nome.
La tantafera o tantaferata passò ad essere usata come una variante di filastrocca; nel Lessico etimologico italiano, Volume 10, pag. 1395 del 1979 è scritto “Antica maschera carnevalesca fiorentina rappresentante una creatura mostruosa”.
l’unica cosa che mi chiedo è se poi lo abbiano bruciato questo dragone. Che bello che sarebbe, ma è solo una mia fantasia.
Marco Pugacioff
Macerata Granne
(da Apollo Granno)
S.P.Q.M.
(Sempre Preti Qua Magneranno)
26/02/'22
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