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venerdì 24 settembre 2021

Cucciolo interpreta Fric-Frac di Federico Confanolieri

 

Cucciolo interpreta Fric-Frac di Federico Confanolieri

 

VIAGGIO

DI UN ABITANTE DELLA LUNA SUL GLOBO TERRESTRE

CAPITOLO PRIMO.

L'arrivo in terra. Le opinioni terrestri.

 



Questo lo conoscete bene; è Cucciolo, all’anagrafe Giorgio Vittorino Passaguai.

Ma dato il suo tenero aspetto è stato chiamato fin da piccolo solo Cucciolo, e questo fino all’età adulta. Oggi si presta ad interpretare Fric-Frac… Ah! Notate il singolare macchinario con cui viaggia. Provate a mettergli due ruote per lato e avrete una rappresentazione degli antichi carri sumeri ed egiziani che sono arrivati fino all’età romana. Personalmente l’idea mi è venuta vedendo una straordinaria ripresa di notte di… un essere alieno – un grigio – che in una città messicana, andava in giro per dei campi di grano.

Ed ora buona lettura. 

 

   È noto con qual serietà si disputasse se gli aeroliti venissero dalla Luna. Con pari serietà dirò io dunque che Fric-frac, abitante di quel nostro satellite, giunse di là sul nostro globo, seguendo la retta che ne congiunge i due centri, in tempo della minore loro distanza. Questa retta è di circa dugentomila miglia geografiche, ch’ e'i percorse circa in due ore terrestri, colla rapidità d’una palla di cannone che andasse dugento volte più rapida dei suo solito ; e sarebbe giunto anche prima, se ad un quinto di strada il contrasto delle due opposte forze centripete non lo avesse tenuto per qualche tempo in equilibrio.

   Ei s’era, dipartito dalla macchia detta mare nectaris, ed era venuto a cadere nella sala dell’accademia delle iscrizioni di Babilonia, in tempo di sessione. I dotti accademici, dopo essersi assicurati che non era una lapide da interpretare, né un papiro da svolgere, lo fecero portar fuori da un bidello.

 


   Ecco dunque Fric-frac solo, in una grande città sublunare, ignaro degli usi, e senza amici per farseli spiegare. Il viaggio ed il cambiamento d’aria gli avevano messo appetito. Trovandosi quindi sul corso di porta Palmira, si pose a soddisfarlo con datteri ed albicocche esposte in vendita. Allorchè si fu satollato volle andarsene, ma il venditore lo arrestò pel pagamento. Non dirò quanta fatica durasse a far comprendere il significato di questo vocabolo pagamento ad un abitante della luna. Finalmente gli spiegò cosi bene, che sul pianeta chiamato Terra chi non ha alcune marche bianche o gialle in saccoccia non ha diritto d’esistere, che Fric-frac dovette dirgli chi era. Allora il Babilonese gettò le frutta e i canestri in un naviglio che univa il Tigri all’Eufrate, chiuse Fric-irac entro uno steccato d’assi di cedro, e lo mostrò ai curiosi. Ogni curioso doveva pagare un nummo d’argento di quelli coniati la minorità del re Ninia, che allora non valeva che venti soldi, e che ora sarebbe pagato ventimila zecchini da un dilettante, i cui eredi maledirebbero di cuore il re Ninia e tutti i nummi dell’antichità.


   Le interrogazioni a cui Fric-frac dovette soggiacere lo infastidivano un poco. Chi gli chiedeva s’era venuto a cavallo d’un ippogriffo o d’un fascicolo di raggi turchini; chi gli chiedeva se i poeti di lassù facevano versi come i nostri, le cui sillabe stanno al contenuto come undici a zero ; chi chiedeva il perchè la luna adempisse sì male all’oggetto per cui fu creata, non illuminando la terra nemmen la terza parte delle notti dell’anno; chi infine volea sapere se gli astronomi di lassù, quando v’è ecclissi di terra, facevano il parapiglia de’ nostri allorché v'e ecclissi di luna.

Gli scienziati chiedevano se nella luna la materia era divisibile all’infinito, se prevalevano i Nettunisti o i Vulcanisti, il sistema di Newton o quello d’Allix, e se vi si studiava la formazione della luna, come fra noi la formazione della terra. Fric-frac rispondeva che quanto ai sistemi sull’origine e sull’essenza delle cose, eran già riputati, messe dell’ospitale de’ pazzi, e vi si rideva quindi de’ bei sogni di Cartesio e di Buffon. Che quanto alle ipotesi plausibili per spiegare la concatenazione dei fenomeni bene osservati e ben verificati, non si dava retta a quelle nelle quali appariva un’assoluta ignoranza dei fatti e dei fenomeni stessi unita ad una tale aberrazione dalla logica naturale, e che quindi non v’erano Allixisti nella luna, come non ve n’era sulla terra. Ma gli scienziati insistevano per una qualche bella ipotesi, per un qualche bel sistema; e Fric-frac raccontò loro siccome la luna fu un tempo una pustula del nostro globo, che se ne staccò allorché fu grossa e matura.

   Con ciò spiegavasi chiaro il diluvio universale, la scabrosità della superficie lunare a noi rivolta, e la lunghezza delle orecchie asinine. Gli scienziati partirono contenti, ed andarono a spiegare seriamente, dalla tribuna, ciò che Fric-frac aveva detto loro per gioco.

Gli eruditi ed i bibliomani trovavano il paese della luna un paese insoffribile, perchè non vi si comentava Dante né Omero, e non si usavano gli esemplari colle barbe. I botanici non sapevano che fare d’un abitante della luna, che non aveva recato seco qualche pianta annua per lo meno da classificarsi secondo Jussieu, Tournefort, o Linneo, per forza se non per ragione. I sacerdoti di Babilonia infine, in segno di tolleranza volevano sterminare la luna ed i suoi abitanti, perchè non vi si adorava Belo e Sammonocodon. Ma il bel sesso, che sentiva di avere del lunatico anzi che no, prendeva le difese di quel satellite pianeta.

   Dopo un anno di fastidi, Fric-frac si trovò in diritto di esistere. La curiosità de’ Babilonesi lo aveva arricchito. Pensò dunque di fare un giro per le varie parti del nostro globo, alle quali noi diamo denominazioni sì strampalate, e ch’ei chiamava alla lunare, col semplicissimo nome di macchie. Ma innanzi seguirlo ne’ suoi viaggi rispondiamo ad alcune obbiezioni dei critici.

Primo : Come non andasse in dugentomila pezzi piombando da dugentomila miglia d’altezza. Secondo : Come facesse Fric-Frac a spiegarsi ed a comprendere. Terzo : Come potesse farsi parola in que’ tempi d’Omero e Newton, non che di altre moderne opinioni.

Quanto al primo risponderemo, che siccome un satellite non dee possedere tutte le prerogative del suo principale, così gli abitanti della luna han quattro soli sentimenti in luogo di cinque. Manca loro il senso del tatto, e ciò appunto impedì a Fric-frac di rompersi le braccia, benchè senza paracadute.

Né è più difficil cosa rispondere al secondo. non so qual moltilingue propose la quistione qual lingua parlassero gli angeli, e si decise per l’ebraica, perché avevano cantato l’alleluja. Ora una lingua che si estenda tino al settimo cielo, poteva ben essere compresa nel mondo della luna, e quindi Fric-frac averla parlata a Babilonia, se non altro cogli Ebrei che vi facevano i migliori affari, presso a poco come a’ dì nostri. Finalmente risponderemo alla terza obbiezione dicendo, che di venticinque in venticinquemila anni, cioè ad ogni nuova retrocessione dell’equinozio, le cose del mondo retrocedono pur esse com’eran prima; le stesse opinioni; gli stessi nomi, le stesse follie. Ecco perché v'era stato fatalmente anche allora, un Dante, un Omero e un Allix.

 

F....o C....i. [Federico Confalonieri]

Da Il conciliatore n. 27 di Giovedì 30 novembre 1818

[Nota: il racconto non ebbe mai seguito]

 



Marco Pugacioff

Macerata Granne

(da Apollo Granno)

S.P.Q.M.

(Sempre Preti Qua Magneranno)

24/09/'21

 

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