Cronaca dell’Insolito
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Oggigiorno,
ci hanno fatto sprofondare in una malefica quarantena. Bisogna restar chiusi
dentro casa e non uscire; che vuoi fa’, c’è il coprifuoco.
Il coprifuoco? Qua non si non può uscire senza
mascherina e… tante altre belle cose che ci hanno regalato i finanzieri per
distruggere l'economia... [pensate, spedire un pacco di fumetti in Francia mi è
praticamente IMPOSSIBILE!] perché il virus è un’ARMA creata per quello scopo,
l’ultimo colpo mortale all’economia. Le religioni non servono più per
controllare il popolo allora c'è bisogno di qualcosa di più forte: il terrore!
Un terrore combinato con quest’arma
e con antiinfluenzali taroccati ad
hoc che ammazzano come la peste nera medievale e il freddo; da qui tutti drammi
di quest'anno e a quelli che ci aspettano.
Tex di fronte al villaggio deve vive
con la moglie Lilith,
flagellato dal vaiolo. Dal mitico n.
104
Per dirla come il comico romano
Ettore Petrolini, ormai non è più pandeMIA, ma pandeNOSTRA! Oppure se preferite
so’ c…. nostri!
Non
per niente per alimentare questo terrore – ma guarda, guarda… – hanno tirato
fuori la storia degli alieni (oggetti volanti non identificati in cielo, gli
o.v.n.i.) in questo periodo, mooolto curioso,
no? E i servizi segreti per anni ha sbugiardare, a incarcerare, perfino ad
eliminare i testimoni.
Scriveva
Robert Charroux nel ’71 a pag. 438 del suo Le
livre des mondes oublie che i cittadini israeliani devono essere
continuamente in allerta e subito avvertire le autorità competenti se vedono
nel cielo un oggetto non identificato. Se non si trova niente, tanto peggio! Ma
se lo stesso individuo vede un OVNI una seconda volta, senza alcun risultato
positivo, costui riceve un avvertimento.
Ma se lo stesso malcapitato vede un terzo OVNI e gli aerei da caccia non
trovano ancora niente, «alors le soucopiste est enfermé dans un institut psychiatrique.». Per non essere
rinchiusi in un manicomio in Israele, scrive nella pagina successiva, in quella
zona der pianeta dal ’66 al ’69… nessuno vide niente! Ma era Israele oppure
l’Urss? Alla faccia della democrazia [non cristiana e né ciociara, come nella
pellicola Scherzi da prete].
Il coprifuoco del ventennio. Allora
regnava il pnf, ma già caduto Er Benito, non caddero i politici del suo governo,
i quali – come dei camaleonti – divennero in seguito dc. Poi negli anni ’90 la
finanza europea fece scoppiare “mani pulite” (negli stessi anni in cui in
Yugoslavia scoppiava ad hoc una lunga guerra civile e in itaGlia il pc cambiava
nome), e i il pd-ex-pci prendeva il potere; la margherita, creatura nata dal
disfacimento della dc fagocitava ‘sto pd e creò i ds… con tutte ‘ste sigle non
si è capito più niente! In questa itaGliota ha sempre comandato una creatura
vestita de bianco (e or c’è ne son due, da cui Pietro II) e i gesuiti… Solo una
cosa: se comandano sempre loro, a che pro, andar a votar? Per compiere il
proprio dovere?
Per dirla come Monnezza: ma Fav…..
E poi ormai
Da cui
Dagli euri e dall’unione europea non ci
salva manco sandokan
Anni ‘70
Embé,
torniamo sull’argomento O.V.N.I. o come preferite ufo. Questo è ciò che vide
mio fratello Roberto in una mattina degli anni ’70, forse il ’77 o il ’78.
Abitavamo in un palazzo in via Roma, al n.111. Un palazzo oggi destinato
alla demolizione a causa del terremoto del 2016… eravamo lì da una decina
d’anni dopo essersi trasferiti da Camerino.
Era
una mattina fresca e mio fratello, in attesa di andar all’Istituto d’Arte, prese
una sedia dalla sala che dava su via Roma, la portò sulla terrazza, si sedete e
accese una delle sue maledette sigarette.
E,
davanti ai suoi occhi, avvenne un piccolo spettacolo. Un piccolo oggetto
apparve nel cielo limpido di prima mattina al di sopra dell’albero al di là
della strada. Un oggetto volante in linea retta diretto verso la sua sinistra.
Poi l’oggetto fece una repentina inversione a “u” verso l’alto e riprese la via
nel senso opposto… Il bello è che questo ordigno metallico – di forma ovoidale
– cambiava colore nella sua evoluzione.
Un
bell’inganno visivo, vero? E non solo mio fratello, ma anch’io, ebbi di questi
inganni visivi. Nell’ultimo sabato del Febbraio del 2004, verso le 15,30,
tornavo verso il paesotto di Macerata da una vicina frazione, Sforzacosta,
quando notai sopra la “silhouette” del paesotto un piccolo sole della grandezza
di un centesimo al di sopra della torre di piazza. Eravamo in curva e pensavo a
un riflesso sul vetro dell’auto condotta da mio fratello, invece il piccolo
sole rimaneva lì fermo. Il tempo di alzare il dito, per indicarlo a mio
fratello e a Giuliano, l’amico dietro di me che, in un attimo, la sfera ruota su se stessa per diventare
invisibile.
Devo dire la verità, ho avuto paura anche
perché cinque giorni prima, quasi alla stessa ora avevo notato, da una strada poco
al di sotto della precedente, non uno ma tre aerei da caccia italiani volare
sempre sopra il mio paesotto, ma come se fossero pronti a sganciare qualche
bomba, infatti sono ancora certo che si abbassavano e si alzavano sullo stesso
punto dove poi vidi il piccolo sole, cioè sempre sulla torre di piazza. La
particolare manovra non era sfuggita ad Alessandro che guidava la sua auto e dicemmo
insieme – la tragedia dell’ex Yugoslavia era ancora fresca nelle nostre menti –
che quei piloti dovevano esser pazzi.
Però nel 2017 a Cosenza sarebbe avvenuto un fatto simile, ovvero aerei da caccia e OVNI in
cielo https://www.youtube.com/watch?v=b_ipwLChxSI
Poi,
se non volete crederci, son tutte fantasie, allucinazioni, inganni visivi o
altro ancora, fate pure come Cucciolo e… Embé, cavoli vostri!
Cose
strane su Goldoni e Casanova
Queste cose strane, credo, le conoscono tutti. Però essendo proprio
curiose, ve le voglio proprio far leggere. Inizio con Goldoni, e con una nota,
vi assicuro, davvero molto simpatica…
«Me ne andai a Firenze, e qui diedi principio
a una nuova edizione [il povero Goldoni guadagnava solo dalle sue commedie e
c’era chi se ne approfittava, del resto era un business, per dirla alla yankee, anzi in quella lingua morta che è
l’italiano commercio, come del resto
lo chiama lo stesso Goldoni, Nota mia],
lasciando Medebac e Bettinelli nella libertà di farne un’altra a Venezia;
pubblicai però un prospetto che mise entrambi in costernazione, giacché facevo
con esso la promessa di parecchie correzioni e cambiamenti. A Firenze venni
indirizzato al signor Paperini [!!!e
il neretto è mio. puga], stampatore
accreditassimo e onoratissimo; […] nel maggio del 1753 andò sotto il torchio a
Firenze il primo volume delle mie opere.»
E poi nessuno ci crede che era esistito davvero un Paperon de Paperoni e
che passò alla storia per una
questionciella di danaro… naturalmente era uomo di chiesa. Andiamo avanti, dal
capitolo XXXII, ormai in Francia…
«Il pubblico non si diletta che di novità;
l’una fa dimenticar l’altra, e in un gran paese si succedono rapidamente le une
e le altre. È vero che quando esse danno luogo a questioni, durano assai di
più. Quella per esempio, del magnetismo animale cominciò nel 1777, prese sempre
più vigore per qualche anno e se ne parla tuttora, come d’un problema da
sciogliersi, ovvero un fenomeno meritevole di schiarimento. Venne anche il
signor Mesmer, medico tedesco, che prescelse i Parigini per partecipare una
scoperta importantissima per l’umanità. Si trattava di guarire perfettamente
qualunque sorta di malattia col semplice tatto: che cosa può esservi di più
gradito e piacevole che ricuperar la salute senza il disgusto dei medicamenti?
Ma io chiedo: in questa operazione vi è qualche agente, o non ve n’ha alcuno?
Ecco appunto dove consiste il segreto della scoperta. Mesmer lo ha comunicato a
una società che si è spontaneamente quotata in cento luigi a testa, fino alla
somma di scudi centomila, con promessa di segretezza.» Ahò, si commercia su
tutto, vabbé «Ma a Parigi non tutti sanno tenere un segreto, onde si può
scommettere che il mistero, onde si può scommettere che il mistero si svelerà:
ma se non vi è nessun agente esteriore, non vi è per conseguenza nulla da
imparare, e se l’effetto dipende dalla sola virtù del tatto, sarebbe d’uopo
aver la mano fortunata dell’inventore.» Goldoni scrive che c’era pure un medico
francese, il signor Deslon [non Delon, come Alan, Puga] che ricorreva anche lui al magnetismo e senza aver conosciuto
il signor Mesmer che non gli aveva svelato il suo segreto. Questo lo asserisce
lo stesso Goldoni che scrive «È lo stesso Mesmer che l’ha detto, e lo ha pure
pubblicato nelle stampe. […] Insomma, se questo rimedio non fosse buono ad
altro che a guarire le malattie del’animo, sarebbe necessario conservarlo per
il sollievo degli uomini malinconici e delle donne isteriche.»
Bontà sua, e Goldoni dopo aver parlato della
scoperta del signor Montgolfier, dice di aver assistito a un volo del signor
marchese Arlande e il signor Pilastre de Rozier «… senza fremere d’orrore» e
chi se ne frega, la pelle è la loro, basta che non usava una gattina da far
volare come fece Burattini, ‘sto fijio de… Goldoni parla di una altra cosa.
«Il furore delle scoperte si era impadronito
talmente dell'animo dei Parigini, che si andava a cercarne nella classe dei
giochi prestigio. Si erano immaginati sonnambuli che parlavano sensatamente e a
proposito con persone sveglie, attribuendo loro la facoltà di indovinare il
passato e prevedere il futuro. l'illusione però non fece molti progressi. Ve ne
fu un'altra quasi nel tempo medesimo, e questa ingannanò così tutta Parigi. Una
lettera datata da Lione annunciava un uomo che aveva trovato il modo di
camminare sull'acqua a piedi asciutti, e si proponeva di recarsi nella capitale
a farne l’esperimento. Domandava perciò una sottoscrizione che lo compensasse
delle spese e della fatica. Divulgatasi la notizia, subito si esaurì la
sottoscrizione, e si fissò il giorno per vederlo attraversare la Senna. Nel
giorno stabilito l’uomo non comparve, e si trovarono pretesti per prolungare la
burla. Infine, si venne in chiaro che un Bizzarro lionese si era divertito
della credulità dei parigini. Ma a quanto sembrava, la sua intenzione non era
diretta a insultare una città di ottocentomila anime; e certamente convien
credere che egli abbia prodotto ottime ragioni per farla passare in burla,
poiché non gli venne in seguito alcuna cosa disgustosa. Ciò che indusse i
Parigini a prestar Fede a una simile invenzione fu il Giornale di Parigi, che l'annunciò come una verità già confermata dall'esperienza; e siccome i
compilatori del foglio periodico furono ingannati essi stessi, si giustificano
ampiamente stampando le lettere dalle quali erano stati ingannati, con i nomi
di chi le aveva scritte e indirizzate al loro ufficio.
Un genio del genere, non poteva che
avere il volto di
Beppe (in France Ccombre), cugino di
Cucciolo.
Tre
anni dopo venne a Parigi un forestiero, il quale effettivamente alla vista d'un
popolo immenso attraversò il fiume a piedi asciutti. [Mi viene in mente …
vabbé, direte voi, il solito che avrebbe avuto discendenza da Maria Maddalena…
e invece no. Me riferivo ai cattivoni fuggiti dalla Zona Fantasma sulla pellicola Superman 2, e che conoscevo già dai
fumetti! Puga] Quest'uomo fece un
mistero dei mezzi adoperati nel suo esperimento, ed Ebbe somma cura di
nascondere la calzatura adoperata in questo passaggio. per quello che si
vedeva, sua intenzione di vender caro Il segreto; ma la poca utilità che se ne
poteva ricavare, non ne valeva la pena. In tutti i fiumi si trovano chiatte,
battelli per traghettare, né avviene se non di rado di aver bisogno dei
soccorsi straordinari per passare l'acqua; e poi, anche in questo caso non si
potrebbero aver sempre con sé queste macchine, che non possono essere né
leggere né troppo comode a portarsi. l'esperimento a bensì fornito una
giustificazione ai compilatori del gennaio di Parigi, che avevano prevenuto la
possibilità di una simile scoperta.»
Non finisce
qui.
Casanova dal fumetto erotico di Ricard
edito dalla Cenisio
Sulla vita di Casanova, viene ricordato dar
Superman [in ambiente erotico] del tempo, un fatterello strano e che non
riguarda l’incontri avuti con Giuseppe Balsamo, che non ha nulla a che fare con il conte di Cagliostro. Scrisse Casanova che dopo un
mese di quarantena al Lazzaretto di Ancona, partì per Loreto e «Arrivai in
quella santa città che ne potevo più. Era la prima volta che facevo quindici
chilometri a piedi, bevendo solo acqua perché il vino cotto mi faceva bruciare
lo stomaco.» Casanova, passò tre giorni in quel paese, poi «Partii il giorno
seguente […]. Verso la metà del cammino sulla strada per Macerata incrociai
padre Stefano». Un vero mascalzone questo padre
solo di nome, con cui aveva passato la quarantena ad Ancona e con indosso
l’abito di quel santo di Assisi che percorreva quelle stesse terre – di là e di
qua dell’Appennino – secoli prima; camminava a passo lentissimo, «faceva tre chilometri
al giorno era contento di impiegare due mesi per un viaggio che a piedi durava
otto giorni.»
Povero Casanova, era l'agosto del 1743 e
quest'uomo «era uno stupido con l’intelligenza di Arlecchino, che supponeva
coloro che lo ascoltavano ancora più stupidi di lui. Nella sua stupidità,
tuttavia, c’era una fine astuzia.» Il veneziano arrivò a litigarci e si separò
dall’infame compagno di strada «per evitare di essere rinchiuso in galera con
lui». Diretto verso Macerata, «un quarto d'ora dopo passò una vettura vuota che
tornava a Tolentino e il vetturino mi promise di portarmici per due Paoli e io
accettai. Di là sarei potuto andare a Foligno per sei Paoli, ma una maledetta
voglia risparmiare me lo impedì, e siccome mi sentivo in forma, decisi di
andare a Valcimarra a piedi. Feci così, e arrivai dopo cinque ore che non ne
potevo più. Cinque ore di marcia sono sufficienti per fermare un giovane che,
per quanto forte e sano non è abituato a camminare. Affittai subito un letto e
mi coricai.»
Un angolino meraviglioso di Serravalle
del Chienti dei tempi di Dante da gogole
Per colpa della litigata con il religioso
fasullo aveva perso tutte le sue ricchezze e dovete pagare con pochi soldi che gli
rimanevano. Così, «con la morte nel cuore» dice ancora «mi incamminai verso
Serravalle. Ma a un’ora dall'arrivo, dopo cinque ore di marcia e una colazione
a Muccia, saltando un fosso misi un piede in fallo, e presi una storta così
forte che non potere più camminare.»
A quel punto non può più muoversi e aspetta
disperato. «Mezz’ora dopo passa un contadino che andava a comprare un asino e
per un Paolo mi conduce a Serravalle.». Purtroppo per Casanova, il contadino lo
fa alloggiare da un tipo poco raccomandabile, uno sbirro, e poco raccomandabile
è dir poco perché era un sodomita… se ne incontrano un po’ dappertutto!
Il peggio fu che dopo una sosta forzata di
quattro giorni fu raggiunto di nuovo da padre Stefano «Fosse stato il cielo o
l’inferno a mandarmelo, dovevo sottostare a lui.». Ma che sfiga!
«Un'ora dopo mezzogiorno, il frate mi disse
che a Collefiorito era ancora molto lontano, e che avremmo potuto passare la
notte in una casa che mi indicò. Una Bicocca…» Passata una notte da incubo con
un moribondo e due donne quasi da paura, la mattina presto ripresero la strada
per arrivare a Foligno e dopo un veloce boccone con una carrozza arrivarono a
Spoleto, dove il veneziano dormì molto bene. «L'indomani di buon'ora, arriviamo
a Spoleto dove il frate conosceva due
benefattori...» e il frate si dimostra ancora compagno sgradito, ubriacandosi
di brutto. Perciò dice Casanova il «giorno dopo molto presto, ero deciso a
partire da solo, quando il Frate, che aveva smaltito la sbornia, venne a dirmi
che in avvenire dovevamo vivere insieme e andare d'accordo. Mi piegai ancora
una volta sul mio destino, e con lui mi recai a Soma, dove la padrone dell’albergo,
donna di rara bellezza, ci servì il pranzo.» Ma il frate dimostrò ancora la sua
malvagità, a un paio di miglia da Terni, mostrandogli un sacchetto di tartufi
del valore di ben due zecchini che aveva rubato all’ostessa. Il veneziano si
azzuffa con lui e lo manda in un fosso e arrivato a Terni scrive che «spedii il
sacchetto alla donna, con una lettera di scuse. Andai a Otricoli a piedi per
vedere con calma il Ponte Vecchio, e da lì un vetturino mi portò per quattro
pauli a Castelnuovo. Da Castelnuovo partii a mezzanotte per arrivare a Roma il
primo di settembre alle nove.» ed eccoci finalmente al punto interessante di cui
fu testimone il veneziano su quella stessa strada che tante volte feci in
automobile per anda’ a Roma…
«Ma ecco un fatto che forse incuriosirà qualche
lettore.
Dopo un'ora che avevo lasciato Castelnuovo, Mentre
me ne andavo verso Roma in un'area tranquilla e sotto un cielo sereno, osservai
a dieci passi da me, verso destra, una fiamma piramidale, alta un cubito, che,
a cinque piedi di altezza dal terreno, mi accompagnava. Se mi fermavo, si
fermava anch’essa, e quando ai lati della strada c'erano degli alberi, non la
vedevo più. Non appena superavo gli alberi, eccola che ricompariva. Più di una
volta tentai di avvicinarla, ma quando io mi dirigevo verso di questa, tanto si
allontanava. Provai ha ritornare sui miei passi, e non la vidi più; ma quando
ripresi il mio cammino la trovai allo stesso posto. Scomparve solo alla luce
del sole. Che meraviglia per i superstiziosi! Se avessi avuto dei testimoni di
quel fatto, a Roma avrei fatto fortuna. La storia è piena di assurdità di
questo genere, Il mondo è pieno di stupidi [se
lo dici tu, Casanova…] che gli danno importanza, nonostante i pretesi lumi
che le scienze procurano all’intelligenza umana. Tuttavia devo essere sincero,
e dire che a dispetto delle mie conoscenze fisiche la vista di quella meteora
mi fece venire delle idee singolari. Ma ebbi la prudenza di non dire niente a
nessuno.»
Da una rivista di enigmistica ho
scoperto come Carletto doveva andar al bagno
Mica
male, eh? Un bel percorso a piedi da “casa” mia, nella Francia delle origini,
fino a Roma per poi veder cose strane nella notte e dire che era una...
meteorite, sì, come quella de Carlomagno sulla strada de Aquisgrana e restò poi
zoppicante per gli anni che gli restavano.
Dal cap. 32 della vita di Carlo Magno di
Eginardo «Anche lo stesso Carlo, all’epoca della spedizione in Sassonia contro
Gotofredo re dei Danesi, un giorno che, uscito dall’accampamento prima del
sorger del sole, aveva iniziato la marcia, vide all’improvviso una torcia
luminosissima cadere dal cielo e attraversare l’aria serena da destra a
sinistra; mentre tutti si domandavano che cosa presagisse quel fenomeno,
improvvisamente il cavallo che Carlo montava abbassò bruscamente il capo e
stramazzò a terra, facendolo cadere così violentemente che la fibbia del
mantello si spezzò e il fodero della
spada. Egli fu trovato, dai servitori (testimoni dell’incidente) che si
precipitarono a sollevarlo, disarmato, privo del mantello; anche il
giavellotto, che (al momento della caduta) teneva in mano, gli fu strappato via
e fu ritrovato a venti piedi e più di distanza.»
Che meteorite, ha ammazzato pure un
destriero. Insomma non sono il solo mentecatto, pazzoide in giro che vede cose
strane.
Luci
strane come quelle viste la notte del 22 dicembre del’54 a Castelluccio, sui
monti Sibillini, in una zona che personalmente chiamo da molto tempo la «Sierra
encantada». Lì dove erano passati in tanti, oltre che Casanova, degli amici
chiacchieravano al di fuori del caffè, o bar, o come lo volete chiamare. Erano
le dieci di sera e Armenio Pignatelli, scorse improvvisamente nel cielo limpido
e stellato, una «scia luminosa» che, procedendo «grosso modo» da nord a sua,
calò rapidamente sul monte Vedetta, situato a circa un paio di chilometri (in
linea d’aria) ad est dell’abitato [denominato anche paese delle fate, tanto che
una via è intitolata ad esse], scomparendo dietro il crinale del monte stesso.
Il signor Armando Coccia testimoniò che all’origine della «scia», un corpo «triangolare
[ma non era triangolare, pure la strana fiamma vista dal veneziano?] emanante
una luce giallastra».
Qualcuno rientrò nel caffè e richiamò altri
testimoni; i quali videro qualche minuto dopo una debole luce che Loreto Miccoli
descrisse come una «lanterna a petrolio di colore violaceo», che si spostava
lentamente avanti e indietro [senti, senti…], apparendo e scomparendo
alternativamente di qua e di là dal crinale del monte coperto di neve.
Vicende e cartina tratti dal libro ufo
in Italia, Volume II, (l’ondata del 1954)
C.
Tedeschi Ed. – Firenze s.d. (presumibilmente anni ‘80)
C’era l’impressione che qualcuno, lassù,
camminasse facendosi lume con una lampada. Lo strano fenomeno durò da un quarto
d’ora secondo Armando Coccia, mentre per altri un’ora. Poi tutto piombò
nell’oscurità della notte.
Il mattino dopo si decise di fare un
sopralluogo e si constatò che sulla neve vi erano «orme» di piedi umani, molto nitide, calzati
con «scarpe» dalla suola perfettamente liscia. Erano di due dimensioni; una
della misura di piede di «donna di media statura»; le altre più piccole (circa
di un terzo) come quelle di un bambino di sugli otto o dieci anni, e le orme
apparivano profonde di circa quattro centimetri. Il bello (come dico sempre io)
che si stendevano per qualche centinaio di metri e si interrompevano ad
intervalli vari come se le misteriose entità che l’avevano lasciate avessero
fluttuato ogni tanto nell’aria; e le orme terminavano come se questi esseri (angeli,
fate, alieni? Bòòòò?), fossero letteralmente «volati via».
Il signor Luigi Brandimarte dichiarò dì aver
osservato sulla neve ghiacciata anche tre impronte circolari di diametro,
disposte a triangolo. Armando Coccia, a
sua volta, avvertì un «odore di
carburante bruciato».
Questi misteriosi e affascinanti Sibillini.
Siamo nel ’54, a Signa in Toscana. Un anziano operaio dell’azienda
tranviaria fiorentina, il signor Angelo Caciolli faceva una passeggiata dopo
pranzo – embé, erano le due del pomeriggio, e in genere o si fa una pennichella
oppure si va a zonzo – per la campagna intorno a casa. Poi tra due filari di
viti vide un’alta figura che gli voltava le spalle; essa aveva un gran velo
azzurro su cui spiccavano delle stelline che la cingeva dalla testa ai piedi e
il signor Angelo suppose che era una giovane donna… Cosa faceva una forestiera
in un posto tanto isolato e che camminava con un incedere strano, irreale ma
sicuro fra i campi???
Ed ecco che la figura si voltò appena e
l’anziano tranviario fu sicuro che si trattasse di una donna, perché ne
intravide il volto straordinariamente bello. appena un attimo dopo, la giovane
scomparve per di più tra uno stormire di fronde… eppure non tirava un filo di
vento, nonostante fosse autunno, infatti era il 17 ottobre, di domenica. Solo
nell’erba rimase un gattino nero, che fuggì alla vista del sor Angelo.
Questo è l’Ottag di Giorgio Rebuffi ma
non ha nulla vedere col
gattino nero visto a Signa dal sor
Angelo.
Un gattino nero? I gattini in campagna ci
sono, ma a quei tempi i contadini (toscani e non solo) erano parecchio
superstiziosi e gattini neri non se ne vedevano in giro; come appunto scriveva
Luciano Gianfrancesci sul suo libro “Ufo, cronache del Mistero”, Rusconi 1977,
alle pagine 131 – 133; un libro che ebbe talaltro anche la prefazione di
Edoardo Morricone, studioso del fenomeno e disegnatore di fumetti.
«Improvvisamente» riferì un quotidiano locale
in un’intervista all’anziano tramviere «comparve una donna, bellissima e
straordinaria, nel senso che appariva eccezionalmente alta, come mai ne avevo
viste da queste parti.» e precisò il giorno dopo ad un altro giornale «Non so
chi fosse la donna che ho visto, ma certo la visione è stata strana. Tanto
strana che da due notti non dormo più tranquillamente come prima…».
Gianfrancesci scrive «Quanto alla descrizione, parlò di un astrologa: cioè
qualcosa di misterioso come figura, ma pur sempre reale nell’effige di una
donna.» e più avanti «Caciolli potrebbe esser stato testimone dell’atterraggio
di un ufo invisibile» e via di seguito… Un umorista, come i soliti che CiCAPiscono
tutto, potrebbero dire che in realtà il sor Angelo ha avuto una visione… della
madonna, no! Della Fata dai capelli turchini, in effetti se fosse stato in atto
il fenomeno della distorsione ben studiato da José Caravaca, la cosa ci
sarebbe, e il gattino nero era Pinocchio.
Eggià, così sembrerebbe, ma il mantello azzurro e stellato è un po’
troppo, diciamo, “caratteristico”. Leggendo quella “linguaccia” di Svetonio (come
lo ha definito – se non ricordo male – Montanelli) scrive che Nerone aveva
«indosso una veste di porpora e sopra una clamide ovvero mantello lavorato
a stelle d’oro. [a pag. 281 della versione di fra Paolo del Rosso stampata a Torino nel
1833]». Dione Cassio (citato da George Roux nel cap. XXIII nel suo libro del
’62 su Nerone) «E' rivestito di porpora stellata; sui capelli rossi posa una corona di ulivo selvatico.». H’mm, non
collimerebbe un certo color rosso (la porpora) con quello azzurro. Comunque le
stelle ci sarebbero e pure i prodigi. Per restar in tema scrive sempre Svetonio
di Ottaviano dei “Prodigi avvenutigli dopo la morte di Giulio
Cesare”«Ritornando da Apollonia dopo la morte del suo padre Cesare nello
entrare in Roma, essendo il cielo chiaro e sereno, si vide un cerchio a
similitudine dell’arcobaleno, il quale in un subito circondò la sfera del sole;
e in quell’istante il sepolcro di Giulia, figluola del detto Cesare fu percosso
da una saetta. [pag. 129 del libro già citato]». E della morte di Giulio
Cesare? «in que’ giorni che Augusto suo erede faceva celebrare le feste in suo
onore, per sette dì continui apparse una cometa, che nasceva intorno alle
ventitre ore, e si credete ch’ella fusse l’anima di Cesare, che fusse stata
ricevuta in cielo. E per questa cagione in testa della sua immagine si pose una
stella. [pag. 59]» Episodio che avevo già citato alla nota 2 del Piccolo campionario dell’Insolito. Oggi
sarebbero miracoli, ma essendo avvenuti in tempi pagani, son solo prodigi.
Certo che li romani antichi erano parecchio legati…
alle stelle. In una nota trovata in rete vi è scritto che «Nell'iscrizione del fanum di Regilla lungo la via
Appia a Roma (cfr. G. Kaibel, Epigrammata graeca, Berlin I878, n. 1403.23) sono
ricordati come segno di nobiltà i «sandali stellati».» Non ci credete? Vedete un po’ nella nota 19
della pagina: https://www.caffarella.it/SitoMario/artlet/let_EA.htm
Certo, che li nobili romani se credevano tutti
dei viaggiatori... stellari. ovnilogia (o ufologia) d'altri tempi?
Per
restar in tema de mantelli e de Cesare… Perché il sor Giulio ci teneva tanto a tener
«il mantello stretto tra i denti, per non lasciarlo come un trofeo in mano ai
nemici.» quando si buttò in mare in Egitto? Non è che anche questa veste era…
stellata? Bò, oramai…
E per
tornare a tempi più recenti, se Caccioli a Signa parlò di un astrologa… bè,
dovrei pensar alla prima testimonianza della pastorella Heidi… no, della
piccola Lucia che nel 1917, insieme ad altri bambini descrisse così la visione
avuta a Fatima in Portogallo «una signora molto luminosa, alta circa un metro e
dieci centimetri, dall’apparente età di 10 – 15 anni, che indossava un abito
molto aderente: una gonna stretta, una giacca ed un mantello, tutti decorati da
cordoncini cuciti sopra, sul capo portava qualcosa che le nascondeva i capelli
e le orecchie, gli occhi erano neri, aveva, inoltre, dei cerchietti ai lati del
collo. Veniva dall’altro e svaniva gradualmente nella direzione opposta, non
eseguiva movimenti facciali e non muoveva le labbra ma solo le mani di tanto in
tanto. Aveva una sfera luminosa nella mano sinistra tenuta all’altezza della
vita e voltava le spalle ai testimoni quando se ne andava.». Una sfera nella mano come le maghe, le cartomanti,
le astrologhe… però in Portogallo era alta come una ragazzina sui 10 – 15 anni
e a Signa era un sacco alta…. Vuoi veder che era cresciuta d’età e d’altezza?
Disegno tratto dal libro di Malanga
Ma chi c’è l’aveva portata in quei posti?
Embé, la risposta è semplice: un oggetto volante non identificato a forma di
disco, appunto un disco volante. Ah! M’invento le cose, eh? Che successe nella sesta
e ultima apparizione del 13 ottobre 1917? «le nuvole si aprirono, lasciando
vedere il sole come un immenso disco d’argento […] Come una gigantesca ruota di
fuoco, il sole girava velocemente. Si arrestò per un certo tempo, per poi
ricominciare a girare su se stesso vertiginosamente. Quindi […] il globo di
fuoco parve tremare, scuotersi e precipitare zigzagando sulla folla
terrorizzata. […] dopo circa dieci minuti, il sole tornò al punto da cui era
precipitato, restando di nuovo tranquillo e splendente, con lo stesso fulgore
di tutti i giorni.» Eggià. Ma secondo Corrado
Malanga, da cui ho tratto queste righe nel suo libro i fenomeni delle apparizioni mariane [al capitolo Fatima: apparizioni mariane o IR4?] continuano
in questa maniera «in realtà le testimonianze di un medico che si trovava sul posto disse che il sole era
rimasto al suo posto dietro le nuvole e che il solito disco metallico, roteante
sul suo asse aveva fatto alcune “cabrate” sulla folla terrorizzata. Non c’era
dubbio: si trattava di un’altra cosa, il sole era rimasto al suo posto e quella
cosa che aveva dato spettacolo era un altro oggetto luminoso.». Non basta,
scrivono anche prima nel capitolo Profeti
e profezie varie (non v’inc… ho scaricato il libro in pdf dal mulo, non mi
andava di comprare il libro firmato da quello del cun il cui nome ricorda
Pinocchio) «Durante la prima apparizione dell’angelo annunciatore a Medjugorie
i tre pastorelli che avevano visto la strana forma luminosa che ancora non si
era presentata loro, scapperanno al villaggio, dicendo di aver visto un ufo.
[Avranno pensato di aver visto il disco di Goldrake, che doveva esser trasmesso
nel 1981 anche in Yugoslavia. Puga]
Solo il giorno dopo la visione si ripeterà e si presenterà come la Beata
Vergine.».
Perché
ci deve essere una concatenazione così stretta tra apparizioni mariane e dischi
volanti, di cui qui ho dato in un solo esempio. L’unica spiegazione possibile
ci viene da un antico manuale il Vymanika-Shastra
o «Aeronautica del Maharashi Bharadwaja» in cui si parla dei Vimana, e oramai
in molti sanno di ciò che parlo. Vimana ovvero, qualcosa che vola come gli
uccelli e con quel termine si indica «un veicolo costruito per volare non
soltanto nell’atmosfera terrestre ma capace di collegare mondi diversi.» come
scrivono Ettore Vincenti e David Davenport a pag. 124 nel loro 2000 a.C.:
distruzione atomica del ’79. proseguono nel descrivere un antico
manoscritto di circa 400 anni d’età scritto su foglie di palma dopo essere
trasmesso oralmente da generazione e generazioni di uomini.
Anche se in versi è un pedante manuale tecnico
e descrive questi veicoli artificiali e delle loro funzioni e dei suoi segreti
di funzionamento e il 14° descritto a pag. 138 dà la risposta cercata. «Suuroopa: Attraendo i 13 tipi della
forza Karaka menzionata nel “Karaka-Parakana”,
applicando aria sovraccarica di neve e
proiettandola attraverso il tubo convettore d’aria verso gli specchi
pushpinee-pinjula nel lato interiore destro del Vimana, e focalizzandoli sopra
il raggio Suragha, apparirà a chi guarda il Vimana una donzella celeste coperta di
fiori e gioielli.» [non c’è bisogno di dire di dire chi è questa fanciulla, a
meno di volerla identificare con la proiezione olografica della sorella
(scaturita dal robottino) che vide, Luke Skiwalker su Guerre Stellari nel ’77.
Dal fumetto edito dalla Mondadori nel
‘77
E Vincenti e Davenport devono scrivere di non
avere nessuna spiegazione… o forse furono costretti a scrivere così e l’unico e
ha avuto il coraggio di parlane è stato solo Malanga.
Ma l’apparizione
di questi ordigni, oggetti volanti, ha altri esiti terrificanti. Avrete sentito
parlare dell’incendio di Chicago che avvenne l’8 ottobre 1871, no?
Dalla rivista francese l’intrepide
Come scrivevano sull’Intrépide del ’58, «Gli storici
non sono ancora d’accordo su questo fatto, in America, si ammette in generale
che fu la mucca della signora O’Leary, facendo cadere il lume a petrolio, a provocare
l’enorme incendio di Chicago. Quando dopo 27 terribili ore, una pioggia
torrenziale estingua l’oceano di fiamme,
si aveva già 250 morti e i danni ammontarono a 200.000.000 dollari.»
Ma l’ex gesuita e ovnilogo (sarebbe a dire
ufologo) Salvador Freixedo ha dire la sua [Difendiamoci
dagli dei, Risveglio edizioni Pisa 2015, pag. 145] «Molta gente non sa che
la stessa notte in cui Chicago andò a fuoco arsero molti paesi e perfino delle
città, come l’oggi popolosa Greenbay, dove morirono bruciate circa 3000 persone
e quella stessa notte arsero enormi estensioni di terreno in almeno sette stati
degli stati uniti» dell’America settentrionale, scriveva giustamente Salgari,
ma Freixedo continua e scrive «la causa di questo incendio? Né più né meno che
quello che oggi chiamiamo un OVNI; una palla di fuoco che passò a nord-est
degli stati uniti dallo stato del Nebraska fino a quello della Pennsylvania,
seguendo una linea retta di non meno di 2000 chilometri e causando al suo
passaggio enormi conflagrazioni in migliaia di chilometri quadrati. Secondo i
testimoni oculari, un calore opprimente scese improvvisamente dal cielo,
soffocando chiunque si trovasse in una spianata priva di un posto nel quale
ripararsi.»
L’ultima follia su
Giulio Cesare
Cesare alla testa delle sue legioni.
Questo pazzoide, questo mentecatto ha colmato
la misura? No! C’è ancora qualcos’altro… Non sarei un folle se, fin dall’inizio
non avessi creduto alla falsa, falsissima idea che Carlomagno era
marchigiano e non tedesco, e che è falsissima
lo hanno ormai dimostrato le due università di Camerino [in origine l’Universitate Parisius, sò pazzo, eh?]
e quella ben MENO antica di macerata, che con fondi provenienti dall’europa
(scritta in piccolo perché non merita altro) e quindi franco-tedeschi, hanno
avuto i mezzi per poterla screditare ufficialmente.
Dagli
scritti del professor Carnevale seppi che lo storico Widukind all’epoca
dell’incoronazione de Ottone ad Aquisgrana scrisse che [vedi a pag. 29 de La scoperta di Aquisgrana in Val di Chienti,
queen 1999.] questa città era nei pressi di Julum.
Anzi scriveva che il Palatium Aquisgrani
era proximun Julo, a conditore Julio
Caesare cognominatum. Ci sarebbe un Jülich, nei pressi Aachen, ma… fermi
là! Ve siete fregati tutto a cominciare da Carletto magno, ma Giulio Cesare NO!
L’antico Julum non poteva che essere il
piccolo centro di Giulo nel camerinese. Ricordavo da sempre che di Giulio
Cesare non si è mai saputo il luogo della sua nascita. Qualcuno diceva a Velletri,
ma senza nessuna certezza, chissà poteva
essere Boville sui Colli Albani… e allora perché non poteva… L’ipotesi che
immaginai era talmente pazzesca che me ne innamorai subito.
Giulio NON fondatore,
ma NATO a Giulo!
Perché no? Il vero problema è che un paio di
volte ne parlai in giro e quest’idea suggestionò talmente che qualcuno la sposò
e la fece sua. Già, ma non ci era arrivato come ci era arrivata la mia pazzia.
Il primo elemento era appunto Widukind o Viduchindo
o come se chiamava, ma avevo altri due semplici elementi che mi hanno spinto
definitivamente verso questa pazzia.
Il secondo elemento è che a Cingoli, patria di
Tito Labieno, vi è poco al di fuori della città la fonte Giulia, così chiamata
perché quando Cesare arrivava a Cingoli a trovare Labieno, fermava i cavalli a
questa fonte per abbeverarli. Già, ma da dove veniva? Da Roma oppure da… Giulo?
Del terzo ed ultimo elemento ne ho già parlato
nel Campionario dell'insolito 4 quando
un torcia celeste che fece la notte come il giorno e passò sopra la villa e
luogo di svaghi di Livia, moglie di Cesare (Augusto) nell'Appennino, percorso
pure da un terremoto, tutto questo nell’anno 15 a. E. V.
Essendo la villa sull’Appennino, e non al mare
a Cattolica, a Senigallia, a Civitanova, oppure a Giulianova ho ragione di ritenere che fosse a Giulo, lì dove per la mie mente malata era nato Giulio.
Evvabbé.
Non è vero niente, ma quanto sono incantati questi Sibillini.
Marco
Pugacioff
Macerata
Granne
(da Apollo
Granno)
S.P.Q.M.
(Sempre
Preti Qua Magneranno)
13/11/'20
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