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venerdì 27 settembre 2019

Zorro: La maledizione di capistrano parte1


Zorro:
la maledizione di Capistrano.
di Johnston McCulley
Traduzione e libero adattamento di Marco Pugacioff

Non revisionato

Parte 1



Capitolo 1: Pedro, il millantatore

La pioggia batte ancora una volta contro il tetto di tegole rosse spagnole, mentre il vento urla come
un'anima in pena, e il fumo soffiato nel grande camino inonda di scintille il pavimento sporco.
– Questa è una notte buona per le malvagità! – Dice il sergente Pedro Gonzales, allungando i suoi grandi
piedi avvolti negli stivali verso il fuoco scoppiettante, con l'elsa della spada in una mano e un bicchiere
colmo di buon vino nell'altra.
– I diavoli ululano nel vento, e i demoni sono nelle gocce della pioggia! Questa è una brutta notte, non
credi, Posadero?
– E sì! – Il grasso Posadero fu subito d'accordo, e si affretta a riempire la tazza di altro vino al sergente Pedro
Gonzales, il quale aveva un carattere terribile, quando non aveva il bicchiere pieno.
– Una brutta notte – Ripete il sergente, prosciugando la tazza senza riprendere fiato. Una capacità che a suo
tempo gli aveva procurato una fama notevole lungo tuttoil percorso de El Camino Real, la strada che
collegava le missioni dei frati in una lunga catena.
Gonzales è disteso vicino al fuoco e non si cura del fatto che in questo modo deruba gli altri avventori del
suo calore. Il sergente Pedro Gonzales aveva già espresso, e spesso, la propria convinzione che un uomo
doveva badare alla sua comodità prima di considerare quella degli altri, ed essendo egli di grandi
dimensioni e di gran forza, e con molto abilità nell’uso della spada, pochi ardivano affrontarlo.
Fuori il vento urla, e la pioggia precipita con gran forza sul terreno. È una tipica tempesta di febbraio della
California meridionale. Presso le missioni i frati hanno preparato il brodo e hanno chiuso gli edifici per la
notte. In ogni grande hacienda, o fattoria, grandi fuochi bruciano nei camini. I nativi sono nelle loro piccole
capanne, felici del loro piccolo riparo.
E qui, nel piccolo pueblo, o borgo di Reina de Los Angeles, che negli anni a venire sarebbe divenuta una grande
città, la taverna ad un lato della piazza ospita per la notte gli uomini che non volevano affrontare la pioggia
battente. Essi avrebbero riposato davanti al fuoco fino all'alba.
Il sergente Pedro Gonzales, in virtù del suo rango e della sua dimensione, ha però monopolizzato il
focolare, e in un tavolo poco dietro di lui, un caporale e tre soldati del presidio, bevono il loro buon vino
giocando a carte. Un domestico indiano sede sui calcagni in un angolo, questi non era un neofita che aveva
accettato la religione de los frailes, dei frati, ma semplicemente un rinnegato.
È ormai il tempo della decadenza delle missioni, e c'era poca armonia tra quei francescani che avevano
seguito le orme del santo Junipero Serra, che aveva fondato la prima missione di San Diego di Alcalà e reso
possibile un impero, e quelli che invece avevano allacciavano relazioni con i politici e le alte sfere
dell'esercito. Gli uomini che bevevano vino nella taverna di Reina de Los Angeles non volevano che un neofita
li spiasse.
Ora la conversazione languiva e per il Posadero la cosa andava bene, perché se l’argomento fosse stata la
grassezza del sergente Gonzalez, costui si sarebbe irritato e avrebbe iniziato una rissa.
Già due volte Gonzales aveva demolito un gran numero di mobili e le facce di diversi uomini. Il Posadero
aveva fatto appello al capitano Ramon, comandante del presidio, perché richiamasse all’ordine e alla
disciplina il sergente, ma Ramon gli aveva risposto che già una gran quantità di problemi lo opprimevano, e
quelli della locanda non erano di sua competenza.
Perciò il Posadero considera con cautela che forse era meglio avvicinarsi al tavolo ed iniziare da sé una
conversazione spicciola per evitar guai.
– Nel pueblo si dice – Inizia – che quel Señor Zorro è di nuovo all’opera.
Queste parole hanno un effetto terribile e talmente inaspettato da essere difficile da riferire. Il sergente
Gonzales butta il suo boccale di vino, pieno per metà, pesantemente a terra, si alza bruscamente dalla
panchina, e girandosi pianta un sonoro e pesante pugno sul tavolo, causando uno sconquasso alle tazze di
vino, alle carte e alle monete che si disperdono in tutte le direzioni.
Il caporale e i tre soldati, spaventati, arretrano di qualche metro, insieme al padrone della locanda, la cui
faccia diventa rossa. Il nativo seduto in un angolo, inizia a strisciare verso la porta, preferendo la furia della
tempesta alla furia del grosso sergente.
El señor Zorro, eh? – Grida Gonzales con voce terribile. – È scritto nel mio destino che devo stare sempre
a sentire quel nome. El señor Zorro, eh? Il signor Volpe, in altre parole! Quello si immagina di essere un furbo
di tre cotte. Per tutti i santi, mi puzza assai!
Gonzales ingoia veloce, e si volta verso di loro ad angolo retto, continuando la sua filippica.
– Corre su e giù per tutta la lunghezza del Camino Real come una capra di alta collina! Indossa una
maschera, e dicono che la sua spada sia molto lucente. Usa la punta di quell’arma per disegnare la sua odiata
lettera Z sulla guancia del suo nemico! Ha! Il segno di Zorro lo chiamano! Bella lama che ha, in verità! Ma
non ci posso giurare sopra questa spada, non l’ho mai vista. Lui non mi farà mai l'onore di farmela vedere!
Señor Zorro, le tue scorrerie non si verificano mai in prossimità del sergente Pedro Gonzáles! Forse questo
señor Zorro può dircene il motivo? He!
Poi fissa gli altri uomini, alza il labbro superiore, e si liscia le estremità dei sui grandi baffi neri.
– Ora lo vanno chiamando “La maldición de Capistrano”, la maledizione di Capistrano! – Il grasso Posadero,
poco osservato, si è chinato a raccogliere le tazze di vino e le carte, sperando anche di far sparire qualche
moneta.
– La maledizione della strada e dell'intera catena di missioni! – Il sergente Gonzales ruggisce. – Un ladro
spietato, ecco cos’è! Ha! Un tipaccio comune che ha la pretesa di farsi una reputazione di coraggio perché
deruba una hacienda e spaventa donne e nativi! El señor Zorro, eh? Questa è una volpe che mi piacere proprio
cacciare! La maldición de Capistrano, eh? so di avere condotto una vita cattiva, ma chiedo solo una cosa ai
santi, che mi perdonino i miei peccati abbastanza a lungo per concedermi il dono d’essere faccia a faccia con
questo bel brigante!
– È vero che c’è una ricompensa per la sua cattura? – Chiede il Posadero.
– Tu mi hai tolto le parole di bocca! – Protesta il sergente Gonzales.
– C'è una forte ricompensa per la cattura di quel ladrone, offerta da Sua Eccellenza il governatore. Ma
potrà mai la fortuna arrivare alla mia spada? Sono lontano in servizio a San Juan Capistrano, e quel tizio fa i
suoi lavoretti a Santa Barbara. Sono a Reina de Los Angeles, e lui ruba una borsa a San Luis Rey. Mentre
consumo la cena presso San Gabriel, lui ruba a San Diego de Alcala! E via così! Un parassita, ecco cos’è! Potessi
incontrarlo una sola volta.
Il sergente Gonzales soffoca il suo sdegno prendendo la tazza di vino, che il Posadero ha prontamente
riempito, ingozzando il contenuto in un attimo.
– Beh, almeno non ci ha ancora fatto visita qui. – Disse il Posadero con un sospiro di ringraziamento.
– Per un buon motivo, grassone! Abbiamo un presidio qui anche se con pochi soldati. El señor Zorro,
cavalca lontano da ogni presidio. È come un fugace raggio di sole, eccolo qui tutto il suo coraggio!
Il sergente Gonzales si distende di nuovo sulla panchina, e il Posadero gli dà uno sguardo pieno di sollievo,
cominciando a sperare che non ci sarebbe stata la temuta rottura di tazze , mobili e nasi in questa notte di
pioggia.
– Eppure questo señor Zorro dovrà riposare, ogni tanto, dovrà mangiare e dormire. – Fa il Posadero. –
Certamente avrà un posto per nascondersi e riposare. E un bel giorno i soldati troveranno il sentiero per
arrivare alla sua tana.
– Ah! – Risponde Gonzales – È naturale; l'uomo deve mangiare e dormire. Ma sai cosa si va sostenendo in
giro? Che lui non sarebbe un ladro. Egli sarebbe la punizione di coloro che maltrattano gli uomini della
missione. L’amico degli oppressi. Ha lasciato recentemente un messaggio a Santa Barbara affermando per
iscritto tutto ciò. Ha! E quale può essere la risposta? I frati delle missioni lo aiutano, nascondendolo,
dandogli la loro carne e dandogli da bere! Strizzate una tonaca e vi troverete un pezzo del suo vestito nero, e
se non è così allora sono un pigrone di civile!
– Non ho dubbi che tu dici il vero. – Risponde a sua volta il Posadero. – I frati potrebbero pure fare una cosa
del genere. Ma questo non spiega perché mai el señor Zorro non viene a trovarci qui!
– Che cosa vuoi dire con questo, grassone? – Grida con voce di tuono il sergente – Non sono forse io qui?
Con una spada al mio fianco? Per tutti i santi! Sei un gufaccio, ecco cosa sei. E non vedi oltre il tuo gracile
naso storto.
– Volevo solo dire – Dice in fretta il Posadero e con una certa preoccupazione – che non ho alcun desiderio
di essere derubato.
– Derubato di cosa, grassone? Di una brocca di vino e di un piatto di tortillas? Stolto, hai delle ricchezze
nascoste da qualche parte? Ma lasciate che questo audace e astuto señor Zorro entri da quella porta e passi
davanti a noi! Fategli un cortese inchino, com’è d’uso, lasciate far scintillare i suoi occhi attraverso la
maschera! Ma poi faccia il borsaiolo ed io avrò la generosa ricompensa offerta da sua eccellenza!
– Sì, forse ha davvero paura ad avventurarsi così vicino ad un presidio. – Fa il Posadero.
– Più vino! – Ulula Gonzales – Più vino e segna tutto sul mio conto! Quando avrò guadagnato il premio,
sarai pagato per intero. Lo prometto sulla mia parola di soldato! Ha! Se quel coraggioso e astuto Señor Zorro,
questa maledizione di Capistrano, facesse ingresso a quella porta ora.
E la porta si apre improvvisamente.

Capitolo 2: Sulla scia della tempesta

Una folata di vento e pioggia entra dalla porta e con essa un uomo. Le candele tremolano, e una si
estingue. Questo ingresso improvviso mentre il sergente si vantava sorprese tutti. Gonzales stava tirando
fuori la sua lama e si ferma a metà strada dal suo fodero, e nello stesso momento le sue parole gli muoiono in
gola. Il nativo intanto si affretta a chiudere la porta per tenere fuori il vento.
Il nuovo arrivato si volta facendo vedere il suo viso, e il posadero scoppia in un altro sospiro di sollievo. Non
era il Señor Zorro naturalmente. È Don Diego Vega, un bel giovane di sangue nobile, sui 24 anni, che aveva
appena preso atto della lunghezza del Camino Real. Uno dei suoi interessi in quelle piccole cose, secondo lui,
veramente importanti della vita.
– Ah! – Esclamò Gonzales, sbattendo nella sua dimora la spada.
– Perdonatemi se involontariamente vi ho spaventato un po', señores. – Don Diego parlò educatamente e
con un filo di voce, guardandosi intorno nella stanza grande agli uomini entrati prima di lui.
– Se lo avete fatto, signore, è perché siete entrato nella scia della tempesta. – Risponde il sergente. – Non è
certo la vostra energia che spaventerebbe qualcuno.
– H’mm! – Grugnì don Diego, mentre si toglie via il suo sombrero e il suo poncho bagnato. – Sono
osservazioni un po’ offensive, mio caro e rauco amico.
– Non crederete che vi abbia detto qualcosa di insolente?
– È vero – Continua Don Diego – che non ho una buona reputazione visto che cavalco come un pazzo a
rischio del mio collo, combatto come un idiota contro ogni nuovo arrivato, e che suono la chitarra sotto la
finestra di ogni donna come un sempliciotto. Ma non mi va che queste mie mancanze mi si sbandierino in
faccia.
– Ah! – Fa Gonzales e si ferma, soffocando per metà la rabbia.
– Abbiamo un accordo, io e te, sergente Gonzales, e che possiamo essere amici dimenticanto la grande
differenza nella nascita e nella educazione che c’è tra di noi. La tua millanteria mi diverte, e io ti pago il vino
di cui hai bisogno: è un buon accordo. Ma se mi ridicolizzi ancora una volta, sia in pubblico che in privato,
questo accordo giungerà al termine. Sai bene che ho questo piccolo potere.
– Il vostro perdono, Caballero e mio carissimo amico! – Il sergente Gonzales grida ora allarmato. – Voi siete
un assalto peggiore della tempesta qua fuori, e per un attimo mi è successo di scivolare con la mia lingua.
D’ora in poi, se qualcuno mi chiederà se c’è qualcuno agile di spirito e veloce con una lama, e sempre pronto
a combattere o a fare l’amore, indicherò un unico uomo di azione: voi, caballero! Ha! Chi oserà dubitarne?
Il sergente fissa i presenti nella stanza, tira di nuovo fuori per metà la sua spada, e poi la ributta di nuovo
nella sua dimora, gettando indietro la testa. Tutti gli avventori scoppiano a ridere e poi acclamano Don
Diego; il grasso posadero si affretta a portar altro vino, ben sapendo che avrebbe pagato don Diego Vega.
Questa singolare amicizia tra don Diego e il sergente Gonzales è l’argomento preferito del Camino Real. Don
Diego proviene da una famiglia di sangue nobile che governava da anni terreni di migliaia d’acri,
innumerevoli mandrie di cavalli e bovini, e enormi campi di grano. Don Diego, in proprio, ha una hacienda
che è in effetti un piccolo impero, ed anche una casa nello stesso pueblo, ed è destinato a ereditare dal padre
tre volte di più di quello che possedie ora.
Ma don Diego è differente dagli altri giovani purosangue dei suoi tempi. Sembra che non amasse l’azione.
Raramente cinge la sua spada, se non per una questione di stile e d’abbigliamento. È dannatamente gentile
con tutte le donne ma non fa la corte a nessuna.
Si sede sovente al sole ad ascoltare i racconti selvaggi di altri uomini e di tanto in tanto sorride. Egli in tutto è
l'esatto opposto del sergente Pedro Gonzales, eppure li si vede insieme frequentemente. È come aveva detto
don Diego, lui gode delle vanterie del sergente, e il sergente apprezza il vino gratis. Cosa si può chiedere di
più di un accordo onesto?
Don Diego si mette davanti al fuoco per asciugarsi, con un boccale di vino rosso in una mano. È un uomo di
medie dimensioni, ma possiede salute ed estetica, ed è la disperazione di tutte le madri, delle Dueñas, le
quali cercavano mariti di buon partito per le loro figlie. E Diego è orgoglioso del fatto che non si è mai vista
una señorita, due volte al suo fianco.
Gonzales, temendo di aver fatto arrabbiare il suo amico e che non gli avrebbe offerto più del vino, si sforza
adesso di fare la pace.
Caballero, abbiamo parlato di questo famigerato señor Zorro. – disse – Ci siamo lanciati in una
conversazione riguardo la maledizione di Capistrano, e abbiamo fantasticato, come fanno tutte le agili menti,
sui mezzi idonei per scacciare quel parassita dalla strada.
– Che mi dici di lui? – Chiede Diego, che posando il boccale di vino si nasconde uno sbadiglio con la mano.
Chi conosce quel nobile, sa bene che Diego sbadiglia almeno dieci volte al giorno.
– Come dicevo prima, caballero, – Fa il sergente, – che questo bel señor Zorro non appare mai nella mia zona,
e spero tutti i santi di buona volontà che mi concedano la possibilità di trovarmi faccia a faccia con lui un bel
giorno, in modo da poter guadagnarmi il premio offerto dal governatore. Señor Zorro, eh? Ha!
– Via! Non parliamo più di lui. – Prega Don Diego, trasferendosi dal focolare ad un tavolo e agita una
mano in segno di protesta. – Può essere che non debba sentir parlare d’altro che di atti di sangue e di
violenza? È possibile in questi tempi turbolenti per un onest’uomo, ascoltare parole colme di saggezza
riguardo musica o poesia?
– Roba da polenta e latte di capra! – Sbuffa il sergente Gonzales con disgusto enorme. – Se questo señor
Zorro vuole rischiare il suo collo, lo faccia. È il suo collo, per tutti i santi! Uno spietato! Un ladro! Ha!
– Però, ho sentito cose notevoli sul suo operato. – Continua Don Diego. – Il ragazzo, senza dubbio, è
sincero nel suo scopo. Non ha derubato nessuno, tranne i funzionari che ladroneggiavano sulle missioni e
sui poveri, e punito i bruti che maltrattano i nativi. Non ha ucciso nessuno, da quel che ho capito. Rispetto
agli occhi del popolo lo disprezzate parecchio, caro il mio sergente.
– Preferirei avere la ricompensa!
– Guadagnala. – Fa don Diego. – Cattura quell'uomo!
– Ah! Vivo o morto, dice l'annuncio del governatore. L’ho letto io stesso.
– Allora alzati e vallo a infilzare se la cosa ti va. – Risponde Diego. – E poi mi ricambierai dicendomi tutto.
– Sarà una bella storia! – Dice con voce lamentosa Gonzales – E voi saprete tutto, caballero, parola per
parola! Come ho giocato con lui, come gli ho riso in faccia, come abbiamo lottato insieme, come gli correrò
poi dietro, tutto.
– Più avanti, non ora! – Diego grida esasperato. – Posadero! Altro vino! L'unico modo per fermare questo
rauco millantatore è quello di rendergli la sua gola profonda, liscia con un po’ di vino, così che le parole non
possano uscire più.
Il posadero riempe rapidamente le tazze. Diego sorseggia il suo vino lentamente, come dovrebbe fare un vero
signore, mentre il sergente Gonzales beve il suo in due grandi sorsate. E poi il rampollo di casa Vega
raggiunge il banco per prendere il suo sombrero e il suo poncho.
– Cosa? – Grida il sergente. – Volete lasciarci così presto, caballero? Volete affrontare la furia della tempesta?
– Almeno per questo ho abbastanza coraggio. – Risponde Diego, sorridendo. – Sono uscito da casa mia per
un vaso di miele e la pioggia mi ha investito. Alla hacienda temevano troppo che la pioggia durasse giorni,
quindi non ne ho. Posadero, ne vorrei uno.
– Se volete una scorta sicura, vi accompagno io a casa Don Diego! – Piagnucola il sergente Gonzales, ben
sapendo che Diego ha le cantine piene di ottimo vino d’annata.
– Resta qui davanti al fuoco scoppiettante, – Gli fa Don Diego con fermezza. – Non ho bisogno di una
scorta di soldati del presidio per attraversare la piazza. Sto facendo i conti con il mio segretario, e forse
tornarò alla taverna dopo che avremo finito. Volevo il vaso di miele per poterlo mangiare mentre lavoriamo.
– Ah! Allora perché non avete inviato il vostro segretario per il miele, caballero? Perché essere ricchi e avere
dei servi, se un uomo non vuol mandarli a fare delle commissioni in una notte di tempesta?
– È un uomo vecchio e debole. – Spiega Don Diego – Egli fa anche da segretario al mio vecchio padre. La
tempesta lo avrebbe ucciso. Posadero! Servire tutti con del buon vino e mettete tutto sul mio conto. Tornerò
quando i miei libri saranno stati corretti.
Don Diego Vega prende il suo vaso di miele, si riveste per bene, apre la porta, e si immerge nella tempesta e
nelle tenebre.
– Quello è un uomo! – Grida Gonzales, facendo un ampio gesto con le braccia. – Ed è mio amico, che
caballero, e voglio che tutti gli uomini lo sappiano! Indossa raramente una spada, e dubito che sappia usarla,
ma è un mio amico! Gli occhi lampeggianti delle belle señoritas non lo disturbano, ma giuro che è un vero
modello di uomo!
– Musica e poeti, eh? Ha! E non ne avrebbe il diritto, se tale è il suo piacere? Non è egli Don Diego Vega?
Lui non ha sangue blu e ampie estensioni e grandi magazzini pieni di merce? Eppure non è generoso? Lui
potrebbe portar delle sottane, ma giuro che è un vero modello di uomo!
I soldati fanno eco ai suoi sentimenti visto che bevono il vino pagato da Diego e comunque non hanno il
coraggio di contraddire il loro sergente. Il grasso posadero li serve con un altro giro, tanto avrebbe pagato
Don Diego. Perché è così che un Vega salvaguarda il suo prestigio pubblico nella taverna, e il grasso posadero
aveva approfittato molte volte di questo fatto.
– Non può sopportare violenza o spargimento di sangue. – Continua il sergente Gonzales – È gentile come
una brezza di primavera. Eppure ha polso fermo e occhio profondo. È semplicemente il suo modo da
cavaliere di vedere la vita. Ha! Avere la sua giovinezza, la sua bellezza e la sua ricchezza. Ha! Quanti cuori
spezzati ci sarebbero da San Diego de Alcala a San Francisco de Asis!
– E le teste rotte! – Fa il caporale.
– Ah! E le teste rotte, bravo camerata! Vorrei governare così il paese! Nessun giovane avrebbe speranza
contro di me. Fuori la spada e via, contro di loro! C’è l’avete con Pedro Gonzales, eh? Ha! Prima la spalla!
Ha! E poi un polmone!
Gonzales si mitte in guardia, e sguaina la spada dal fodero. La agita avanti e indietro attraverso l’aria, para
un colpo immaginario, si avventa, avanza, e si ritira, grida ancora il suo giuramento, e ruggisce la sua risata,
dopo aver duellato contro le ombre.
– Così bisogna fare! – Strilla davanti al camino. – Che cosa abbiamo qui? Due contro uno? Tanto meglio
signori! Amiamo dar delle possibilità ai coraggiosi! Ha! Ecco a te, cane! Tiè, cane! Al lato, poltrone!
Annaspa contro il muro, senza fiato, il respiro quasi finito. La punta della lama appoggia al suolo, mentre il
suo viso è ora di color porpora per il grande sforzo e il vino che aveva consumato, mentre il corporale e i
soldati e il grasso posadero ridono a lungo e forte di questa battaglia senza spargimento di sangue da cui era
emerso indiscutibile vincitore il sergente Pedro Gonzales.
– Se… uff! Se solo questo bel señor Zorro fosse qui, e ora! – Ma detto questo il sergente rimane a bocca
aperta.
Di nuovo la porta si apre all'improvviso, e un uomo entra nella locanda come se fosse una raffica della
tempesta.

Capitolo 3: La visitina del señor Zorro

Il nativo si affretta a chiudere la porta lottando contro la forza del vento, e poi si ritira di nuovo al suo
angolino. Il nuovo arrivato volta la schiena verso gli avventori. Si vede che aveva calzato il suo sombrero
sulla testa, come per impedire al vento di farlo volar via, inoltre il suo corpo è avvolto in un lungo mantello
completamente bagnato.
Con la schiena ancora rivolta verso di loro, apre il mantello e ne scuote le gocce di pioggia, poi lo ripiega sul
petto di nuovo. Intanto il grasso posadero si fa avanti sfregandosi le mani, credendo sia un viaggiatore
sorpreso dalla tempesta, in cerca di cibo e di un buon letto e di un ricovero per il suo cavallo.
Ma quando il posadero arriva a pochi passi dal nuovo venuto lo straniero si gira di scatto, e a quella visione
dà un piccolo grido di paura e fugge velocemente. Il caporale gorgoglia in fondo alla gola, i soldati
rimangono senza fiato; il sergente Pedro Gonzales permette alla sua mascella inferiore di scendere e lascia
che i suoi occhi si spalancano dalla sorpresa.
L'uomo che sta dritto davanti a loro ha una maschera nera sul volto che nascondeva la sua fisionomia, e i
suoi occhi brillavano minacciosamente attraverso due fessure.
– Ah! Chi abbiamo davanti? – Gonzales se pur a bocca aperta, ha infine la presenza di spirito di ritornare in
sé.
L'uomo si inchaa davanti a loro.
Señor Zorro, al vostro servizio. – Esclama il nuovo venuto.
– Per tutti i santi il señor Zorro, eh? – Piagnucola Gonzales.
– Ne dubitate, signore?
– Se sei davvero il señor Zorro, allora hai perso il tuo spirito! – Dichiara il sergente.
– Che significato dovrei dare a questo discorso?
– Siete qui, non è vero? Sei entrato nella locanda, no? Bè, per tutti i santi, sei caduto in trappola, caro il mio
bel bandito!
– Siete il signor “so tutto io”? – Chiede il señor Zorro. La sua voce è profonda e con un tono particolare.
– Sei cieco? Sei senza ragione? – Chiede Gonzales. – Non ci sono io qui?
– E che vorresti dire con ciò?
– Non sono forse un soldato?
– Insomma…! Bè. Almeno ne indossi gli abiti, señor.
– Per tutti i santi, e non vedi il mio caporale e tre dei nostri commilitoni? Sei venuto a consegnare la tua
spada malvagia, señor Zorro? Hai finito di giocare alla canaglia?
Il señor Zorro ridee, non in modo fastidioso, ma non toglie gli occhi da Gonzales.
– In verità io non sono venuto per arrendermi. – Fa. – Ho solo degli affari da sbrigare, señor.
– Degli affari? – Esclama Gonzales meravigliato.
– Quattro giorni fa, señor, hai brutalmente picchiato un nativo che aveva suscitato la tua antipatia. Il brutto
affare è accaduto sulla strada tra qui e la missione di San Gabriel.
– Era un cane burbero e stava sulla mia strada! Cosa te ne importa, mio bel brigante?
– Sono l'amico degli oppressi, señor, e sono venuto per punirti.
– Venire a punirmi, stolto? Tu mi punirai? Oh! Morirò di risate prima che potrai toccarmi. Tu sei già morto,
señor Zorro! Sua Eccellenza ha offerto un prezzo eccezionale per la tua carcassa! Se sei un buon credente,
recita le tue preghiere, non sia mai detto che io uccida un uomo senza dargli il tempo di pentirsi dei suoi
crimini. Io ti do lo spazio di un centinaio di battiti cardiaci.
– Sei molto generoso, señor, ma non c'è bisogno che io dica le mie preghiere.
– Allora devo fare il mio dovere. – Dice Gonzales, e solleva la punta della lama. – Caporale, rimanete al
tavolo con gli uomini. La ricompensa deve essere mia!
Gonzales si liscia le estremità dei baffi e avanza con attenzione, per non fare l’errore di sottovalutare il suo
antagonista, ha infatti sentito troppi racconti sull’abilità da spadaccino di quell’uomo. Ma quando arriva alla
giusta distanza si ritrasse all'improvviso, come un serpente quando avverte un pericolo.
Il señor Zorro ha estratto da sotto il suo mantello nero una mano munita di pistola.
– Indietro, señor! – Avverte il señor Zorro.
– Ah! È così che funziona! – Piagnucola Gonzales. – Voi portate un’arma del diavolo e con essa minacciate
gli uomini! Queste cose si fanno solo a lunga distanza e contro avversari inferiori. I veri signori preferiscono
le loro fidate lame.
– Indietro, señor! C'è la morte in questa che chiamate arma del diavolo. Non avvertirò di nuovo.
– Qualcuno mi aveva detto che eravate un uomo coraggioso. – Schernisce Gonzales, che si ritira di pochi
metri. – Mi era stato riferito che affrontavate ogni uomo con la vostra spada. E ci avevo creduto. Ed ora vedo
che ricorrete ad un’arma che non si usa altro che contro i nativi rossi. Può essere, signor mio, che vi manca
quel coraggio di cui godevi?
Il señor Zorro ride di nuovo.
– Quanto a questo si vedrà al momento giusto. – Dice Zorro. – L'utilizzo di questa pistola è cosa necessaria
in questo momento. Ho grosse probabilità di finir male in questa taverna, señor. Incrocerò le spade con voi
volentieri dopo aver terminato il mio lavoretto.
– Aspetterò con ansia. – Sogghigna Gonzales.
– Il caporale e i soldati si ritirino in quell'angolo lontano. – Ordina Zorro. –Accompagnati dal posadero,
grazie. Così anche il nativo. Rapidamente, señores, prego. Non vorrei che qualcuno di voi mi disturbi mentre
sto punendo questo sergente qui.
– Ah! – Gonzales strilla in furia. – Vedremo tra poco come sarà questa punizione, mia bella volpe!
– Terrò la pistola nella mano sinistra. – Continua Zorro. – Affronterò il sergente con la destra, nella maniera
giusta, e mentre lotterò terrò d’occhio l'angolo. Il primo di voi che farà una mossa sbagliata mi vedrà aprire il
fuoco. Io sono un esperto con quella che avete or ora definito arma del diavolo, e se farò fuoco qualcuno di
voi domani non vedrà il sole. Intesi?
Il caporale, i soldati e il posadero non rispondono nemmeno. Zorro guarda Gonzales dritto negli occhi, e una
risata viene da dietro la sua maschera.
– Sergente, vi farò girare la schiena in modo che da poterci disegnare con la mia spada. – Dice poi – Vi do
la mia parola di caballero che non fallirò i miei attacchi.
– Come un cavaliere? – Gonzales sogghignò.
– L'ho detto, señor! – Risponde Zorro con la sua voce squillante e minacciosa.
Gonzales si stringe nelle spalle e gli volta la schiena. Un istante dopo sente di nuovo la voce di Zorro.
– In guardia, señor!

Capitolo 4: Scontro di spade - E Pedro spiega

Gonzales a quelle parole si gira, e si avvicina con la sua lama. Vede che Zorro è ancora armato della sua
spada, ma tiene la pistola in alto sopra la sua testa. Inoltre, Zorro sta ancora ridacchiando, e questo fa
infuriare il sergente. Le lame si incrociano.
Il sergente Gonzales è abituato a duellare contro i suoi avversari su un certo tipo di terreno dove può avere
un po’ di vantaggio, ora avanzando, ora ritirandosi, ora oscillando a destra ora a sinistra a seconda della loro
abilità.
Ma qui si trova di fronte un uomo che combatte in modo assai diverso. Zorro, sembra piantato in quel punto
e non dà possibilità di scampo da nessun’altro lato. Simultaneamente è in grado di girare il suo volto in
qualsiasi altra direzione.
Gonzales attacca furiosamente, come è sua abitudine, ma trova una difesa insormontabile. Allora usa più
cautela cercando d’usare tutti i trucchi che conosce, ma senza ottener risultato. Cerca di passare attorno
all’uomo mascherato che ha di fronte, ma la formidabile spada di costui lo riporta al suo posto. Cerca un
rifugio più sicuro, ma Zorro, con la sua abile scherma, costringe Gonzales ad attaccar di nuovo. E dire che, il
bandito, non fa altro che tenersi in difesa.
La rabbia ha allora la meglio su Gonzales, perché sa che il caporale è geloso di lui e l’indomani la storia di
questa lotta sarà di dominio pubblico nel pueblo, e da lì, su e giù per tutta la lunghezza del Camino Real.
Attacca furiosamente, sperando di portare Zorro ai suoi piedi, cercando di finirlo, ma si accorge quasi subito
che il suo attacco cozza come contro un muro di pietra. La sua lama viene spinta da parte e il suo corpo si
trova premuto contro quello del suo antagonista. Zorro semplicemente buttando fuori il petto, lo scaraventa
indietro di una mezza dozzina di passi.
– Lottate, señor! – Dice Zorro.
– Lotta contro te stesso, ladro spietato! – Grida esasperato il sergente. – Non restare in piedi come se fossi
un pezzo di collina, sciocco! È contro la tua religione non fare un passo?
– Non potete schernirmi se non lo faccio. – Risponde Zorro, ridacchiando di nuovo.
Il sergente Gonzales comprende allora che la sua rabbia lo ha offuscato, e non può combattere contro un
uomo dalla simile personalità. Così diviene improvvisamente freddo, socchiude gli occhi, e tutte le sue
vanterie svaniscono.
Attacca di nuovo, ma con più accortezza, alla ricerca di un varco nella difesa del mascherato. Si trincea come
mai aveva fatto nella sua vita precedente. Maledice se stesso per aver permesso al vino e al cibo d’aver
offuscato la sua mente. Attacca di fronte, su entrambi i lati, ma attacca solo per essere buttato di nuovo
indietro, tutti i suoi trucchi non servono a niente.
Ha fissato gli occhi del suo avversario fino allora, e infine vede un cambiamento. Gli occhi di Zorro
sembrano ridere attraverso la maschera, ma ora si sono ristretti e sembrano emettere lampi di fuoco.
– Ne ho abbastanza di giocare. – Dice Zorro. – È tempo di punirti!
E improvvisamente comincia ad incalzare il combattimento, passo su passo, lentamente e metodicamente,
costringendo così Gonzales ad andare avanti e indietro. La punta della sua lama sembra essere la testa di un
serpente dalle mille lingue. Gonzales si sente alla sua mercé, ma stringe i denti e cerca di controllare se stesso
per continuare il duello.
Adesso è con le spalle contro il muro, ma in una posizione tale che Zorro può continuare a lottare e guardare
ancor meglio gli uomini in un angolo. Gonzales sa che il bandito sta giocando con lui. È pronto ad ingoiare il
suo orgoglio ed invocare il caporale e i soldati di correre in suo aiuto.
Ma dalla porta che il nativo aveva serrato arrivano delle improvvise percosse. Il cuore di Gonzales dà un
gran balzo. Qualcuno è lì, che desidera entrare. Chiunque fosse, può trovar strano che la porta non si sia
spalancata immediatamente per mano del grasso posadero o dal suo servo. Forse l’aiuto per Gonzales è a
portata di mano.
– Ci stanno interrompendo, señor! – Fa Zorro. – Mi dispiace, ma non ho il tempo di darvi la punizione che
meritate, e dovrò organizzare una seconda visitina. Ve la meritate.
Il bussare alla porta è ora più forte e Gonzales alza la voce: – C’è Zorro qui!
– Che razza di poltrone! – Grida Zorro.
La sua lama sembra assumere nuova vita. Si precipita avanti e indietro con una velocità sconcertante. È
come vedere mille fasci di luce delle candele tremolanti saettare come fulmini.
E improvvisamente, senza che se ne rese conto, il sergente Gonzales si sente strappare di mano la sua spada
e la vide volare in aria.
– Così! – Fa Zorro.
Gonzales attende la fine. Un singhiozzo gli entra in gola. Questa non è la fine degna di un soldato, su un
campo di battaglia. Ma nessun acciaio trapassa il suo petto per portargli via il suo sangue e con esso la vita.
No. È ben peggio. Zorro mise la sua lama nella sua mano sinistra, accanto al calcio della sua pistola, e con la
destra schiaffeggia sonoramente Pedro Gonzales sulla guancia.
– Questo è ciò che si merita chi maltratta nativi impotenti! – Grida.
Gonzales ruggisce di rabbia e vergogna. Ora qualcuno cerca di sfondare la porta. Ma Zorro sembra darsene
poco pensiero. Fa un balzo indietro, e in un lampo mise la sua lama nel fodero. Agita pronto davanti a sé la
pistola minacciando tutti gli avventori, e subito, con un’agilità felina salta su una panchina e il suo lancio lo
porta verso una finestra.
– Alla prossima volta, señor! – Grida col sorriso sulle labbra e con occhi decisi.
Poi passa attraverso la finestra, con un salto che ricorda agli avventori quelli delle capre di montagna sulle
rupi, sventolando il suo nero mantello tra il vento e la pioggia, mentre tutte le candele si spegnono.
– Inseguitelo! – Strilla Gonzales, saltando dall’altra parte della stanza e recuperando la sua spada. –
Disserrate la porta! Fuori e inseguitelo! Ricordate, c'è una ricompensa generosa.
Il caporale raggiunge la porta e la spalanca, inciampando in due uomini del pueblo, desiderosi di vino e una
spiegazione sul perché la porta era chiusa. Il sergente Gonzales e i suoi compagni li spingono via,
lasciandoli tentacolare, e si precipitano nella tempesta.
Ma è tutto inutile. È così buio che un uomo non riuscirebbe a vedere più della lunghezza di un cavallo. La
pioggia battente fu poi sufficiente a cancellare le tracce quasi istantaneamente. Zorro è sparito, e nessuno
poteva dire in quale direzione.
Ci fu un tumulto, ovviamente, in cui si trovarono coinvolti tutti gli uomini del pueblo. Il sergente Gonzales e
i soldati tornarono alla locanda per trovarla piena di uomini che conoscevano. E il sergente Gonzales sa ora
che la sua reputazione è in gioco.
– Nessun bandito ci avrebbe provato, nessuno salvo un ladro spietato come lui! – Grida ad alta voce.
– Come è che ha avuto questo coraggio? – Grida un uomo nella folla vicino alla porta.
– Questo bel señor Zorro deve averlo saputo, naturalmente! Qualche giorno fa mi sono rotto il pollice della
mia mano, mentre schermavo a San Juan Capistrano. Non c'è dubbio che la voce sia arrivata a questo señor
Zorro. E mi ha sfidato in modo da poter dire in seguito d’aver avuto una facile vittoria.
Il caporale, i soldati e il posadero lo guardano, ma nessuno ha il coraggio di dire una parola.
– Quelli che erano qui ve lo possono dire, señores...! – Continua Gonzales. – Questo señor Zorro si attesta
davanti la porta e subito spiana una vera pistola del diavolo tirandola fuori da sotto il mantello. C’è la punta
addosso, e ci ordina di ritirarci in quell'angolo. Ma io mi sono rifiutato.
– «Allora è la lotta.» dice questo bel brigante, e io tiro fuori la mia lama, pensando di dargli la fine che si
merita. E cosa mi dice poi?
– «Duelleremo.» mi disse quel brigante «E io vi terrò d’occhio, e attento, nella mia mano sinistra tengo la
mia pistola. Se il tuo attacco non è di mio gradimento, io farò fuoco e ti trafiggerò come un pollo, così
avremo la fine certa di un sergente».
Il caporale rimane a bocca aperta, e il grasso posadero sta quasi per aprir bocca, ma un’occhiata del sergente
Gonzales gli fa cambiare idea.
– Ci può essere niente di più diabolico? – Chiese Gonzales. – Mi sono messo a duellare, ma mi sarei preso
quel piombo del diavolo nella mia carcassa se avessi accentuato l'attacco. Si è mai vista una simile farsa?
Questo mostra bene la stoffa di cui è fatto questo brigante. Un giorno io lo incontrerò quando non avrà
nessuna pistola e poi…
– Ma come ha fatto a scappare? – Qualcuno chiede tra la folla.
– Ha sentito quelli che sbattevano alla porta. Mi ha minacciato con quella pistola del diavolo e mi ha
costretto a gettare laggiù nell’angolo la mia spada. Ci minacciò ancora tutti, corse alla finestra, e vi saltò
attraverso. E come lo troviamo nella oscurità con tutta questa pioggia? Ma ora sono deciso a prenderlo!
Domani mattina vado dal capitano Ramon e chiedergli il permesso di essere assolto da ogni altro compito,
per ricercare, con alcuni camerati, questo bel señor Zorro. ah! Andremo a caccia della volpe!
La porta si apre improvvisamente e la folla fa passare subito nella taverna Don Diego Vega.
– È vero ciò che ho sentito? – Fa egli. – Che per fare economia, il señor Zorro ha fatto qui una sua visitina.
– Non siete lontano dal vero, caballero! – Risponde Gonzales. – Parlavamo di quel tagliagole qui questa sera,
no? Bè, se invece di andare a casa vostra a lavorare con il vostro segretario, sareste rimasto qui, avreste
potuto vedere l'intera vicenda.
– Era qui? Puoi parlarmene? – Chiede Diego. – Ma vi prego non rendere la storia troppo cruenta. Non
riesco a capire perché gli uomini devono essere violenti. Dove si trova il cadavere del brigante?
Gonzales quasi soffoca, il grasso posadero si volta per nascondere il suo sorriso, il caporale e i soldati
incominciano a prendere i bicchieri di vino per tenersi occupati in questo momento pericoloso.
– Egli… cioè, non c’è il corpo. – Riesce infine a dire Gonzales.
– Non fare il modesto, sergente! – Fa Diego. – Non sono forse io tuo amico? Non hai promesso di
raccontarmi tutta la storia se incontravi questo violento? So che, ben sapendo che io non amo la violenza,
non avresti turbato i miei sentimenti, eppure io sono ansioso di conoscere i fatti perché tu, amico mio, me
l’hai promesso. È così che mi ricompensi?
– Per tutti i santi!
– Dai, sergente! Sotto con il racconto! Posadero, vino per tutti, che dobbiamo celebrare questo affare! Il tuo
racconto, sergente! Allora, lascerai l'esercito, ora che ti sei sono guadagnato il premio, e ti deciderai ad
acquistare una fattoria e a prendere una moglie?
Il sergente Gonzales soffoca ancora di più e cerca di raggiungere a tentoni una tazza di vino.
– Me l’avevi promesso… – Continua Diego. – …che tu mi dicessi tutto, parola per parola. E tu, posadero
perché non mi dici come ha giocato con Zorro? Come gli rideva contro mentre combatteva, di come lo
attaccava e di come poi lo ha finito.
– Per tutti i santi! – Ruggisce il Sergente Gonzales, le sue parole scaturiscono dalle labbra come tuoni. – È
al di là di ogni sopportazione per qualsiasi uomo! Voi, Don Diego, mio amico.
– La tua modestia ti ammala in un momento così. – Dice Don Diego. – Hai promesso di narrarmi i fatti, e io
sono qui. Chi era questo señor Zorro? Avrete pure scrutato il morto sotto la maschera? È, forse, un uomo che
tutti conosciamo? Non c’è qualcuno di voi che mi dica come è andata? Perché di tanti uomini, nessuno parla?
– Vino! Oppure soffoco! – Ulula Gonzales. – Don Diego, io incrocio le spade con qualsiasi uomo che mi
sminuisce, e voi sei un mio buon amico! Ma stasera non restatemi troppo vicino.
– Non riesco a capire. – Dice Diego. – Io vi solo chiesto di narrarmi la storia della lotta, come lo schernivi
mentre duellavate, e di come lo attaccavi, e di come lo hai finito.
– Basta! Devo essere insultato? – Piagnucola il grande sergente, poi ingoia il vino e lancia la tazza lontano
da lui.
– È mai possibile che non hai vinto il duello? – Chiede Diego. – Ma sicuramente questo bel bandito non
poteva stare in piedi davanti a te, il mio sergente. Come è andata a finire?
– Aveva una pistola!
– Perché non glie l’hai tolta di mano, allora, e ficcata in gola? Ma forse è questo quello che hai fatto. Qui più
vino, per il mio sergente. Bevi!
Ma il sergente Gonzales si fa ora strada tra la folla per arrivare alla porta.
– Non devo dimenticare il mio dovere! – Dice. – Devo affrettarmi al presidio e segnalare i fatti al
comandante!
– Ma, sergente?
– E questo señor Zorro, sarà presto carne per la mia spada! – Promette Gonzales.
E poi, maledicendo orribilmente, si precipita al di fuori sotto la pioggia. Per la prima volta nella sua vita
permette al suo dovere di ostacolare il suo piacere e di correr via da un buon vino. E Don Diego Vega sorride
sotto i baffi mentre si gira verso il camino.

Capitolo 5: Un giretto di prima mattina

Alla mattina la tempesta è finita, e non c'è una nuvola ad abbruttire l'azzurro del cielo, il sole è luminoso, e
le foglie di palma brillano al sole, mentre l'aria frizzante soffia giù verso le valli fino al mare.
A metà mattinata, Don Diego Vega esce dalla sua casa nel pueblo, con i suoi guanti di pelle di pecora sulle
mani, e si ferma un attimo a guardare verso la taverna attraverso la piazza con lo sguardo. Dal retro della
casa un indiano gli porta un cavallo.
Diego non va al galoppo sulle colline e su e giù per il Camino Real solo per fare l’idiota, ma per stare insieme
al suo cavallo biondastro. Un animale superbo dotato di spirito, di velocità e di resistenza, e molti giovani
nobili pagherebbero parecchio pur di averlo, ma Diego non è certo il tipo che ha bisogno di soldi.
La pesante sella mostra più argento che pelle in tutta la sua superficie. Perfino le briglie sono piene
d’argento, e dove finiscono vicino al morso vi sono due pietre dure che brillano al sole quasi come per
dichiare a tutto il mondo la ricchezza e il prestigio di Diego.
Mentre Diego ha davanti il suo bel cavallo, viene osservato da una decina di uomini che vagabondano
intorno alla piazza e che fanno sforzi enormi per nascondere i loro sorrisi. È abbastanza normale in quei
giorni di primavera vedere un giovane montare in sella con grandi speroni, e scomparire poi in una nuvola
di polvere.
Ma Diego si erge sul suo cavallo, come del resto fa sempre, senza fretta. Il nativo gli tiene una staffa, e don
Diego infila la punta dello stivale nella staffa. Poi raccoglie le redini in mano, e si mette in sella con infinita
eleganza.
Il nativo tiene la staffa ancora per un po’, poi si ritira e Diego si avvia col suo cavallo, a passo lento, lungo il
bordo della piazza verso il sentiero che corre a nord.
Raggiunto il sentiero, Diego mette l'animale al trotto, e dopo aver percorso un chilometro e mezzo in questo
modo, esorta la bestia in un galoppo lento, e lo guida lungo la strada.
Gli uomini sono impegnati nei campi e nei frutteti, e i nativi tengono d’occhio le mandrie. Di tanto in tanto
Don Diego incrocia un carro pesante, e saluta chiunque vi è sopra. Una volta un giovane che conosceva gli
passò davanti al galoppo, andando verso il pueblo, e don Diego dovete fermare il proprio cavallo per
spazzolarsi la polvere dai suoi abiti.
Già! I suoi abiti che sono più splendidi del solito in questa mattina luminosa. Uno sguardo su quei capi è
sufficiente per capire la ricchezza e la posizione di chi li indossa. Diego si è vestito con molta cura,
ammonendo i suoi servi, perché il suo nuovo poncho deve essere premuto correttamente, e spendeva una
grande quantità di tempo durante la lucidatura dei suoi stivali.
Viaggia per una distanza di quattro miglia e poi lascia la strada maestra e si infila in una stretta pista
polverosa che porta a un gruppo di edifici contro il fianco di una collina in lontananza. Diego vuol fare una
visita alla fattoria di Don Carlos Pulido.
Don Carlos aveva avuto diversi rovesci nel corso degli ultimi anni. Una volta non era secondo a nessuno,
tranne che al padre di Diego, nella ricchezza e nell’allevamento. Ma aveva fatto l’eterno errore di appoggiare
la parte sbagliata in politica, e si trovò spogliato di gran parte dei sui ampi terreni. Il fisco lo aveva
disturbato continuamente in nome del governatore, fino a che non rimase con un misero residuo della sua
fortuna. Tutto ciò che gli rimase intera fu solo la sua dignità ereditata dalla nascita.
Questa mattina Don Carlos è seduto sulla veranda della sua hacienda meditando sui tempi niente affatto
piacevoli. Sua moglie, Dona Catalina, già sua fidanzata dai tempi della loro giovinezza, è all’interno della
casa, a dirigere i servitori. La sua unica figlia, la signorina Lolita, è anch’essa in casa, pizzicando le corde di
una chitarra e con i sogni tipici di una ragazza di soli diciotto anni. Don Carlos alza la testa argentata
guardando il lungo percorso tortuoso, e in lontananza vede una piccola nuvola di polvere. La nuvola di
polvere gli dice che un cavaliere si sta avvicinando, e Don Carlos teme subito l’arrivo di un altro agente delle
tasse. Si ripara gli occhi con una mano e guarda il cavaliere che si avvicina con calma. Egli osserva il modo
piacevole con cui guida la sua cavalcatura, e all'improvviso una speranza gli si accese nel petto. Ha notato
alla luce del sole lampeggiare la sella argento e le ricche briglie, e sa di certo che gli uomini dell’esercito non
possono ostentare tale ricca bardatura durante il servizio.
Il cavaliere ha fatto l'ultima svolta, ed è ormai in vista dalla veranda della casa, e Don Carlos si strofina gli
occhi di nuovo per verificare il sospetto che gli è nato. Anche a quella distanza l'anziano nobile può stabilire
l’identità del cavaliere.
– Ma è Don Diego Vega. – Dice. – Siano ringraziati tutti i santi. Finalmente la fortuna torna a baciarmi.
Diego, lo sa, può fermarsi solo a fare una visita amichevole, ma servirà comunque a qualcosa, infatti quando
anche all’estero si è saputo che la famiglia Vega è in ottimi rapporti con i Pulido, anche i politici ora ci
pensano due volte prima di molestare Don Carlos. I Vega sono una vera potenza in tutto il regno.
Così Don Carlos batte le mani, e un nativo corre fuori dalla casa, Don Carlos gli ordina di mettere un tavolo
in un angolo all’ombra della veranda, con alcune sedie, e di allestire in fretta un rinfresco.
Fa anche sapere alle donne in casa che Don Diego Vega si sta avvicinando. A quella notizia il cuore di Dona
Catalina inizia a esultare, e così lei stessa comincia a canticchiare una canzoncina e la Señorita Lolita corre a
una finestra per guardar fuori la pista. Quando Don Diego si ferma a pochi passi dalla veranda, vi è un
nativo in attesa di accudire al suo cavallo, mentre Don Carlos scende giù per le scale, fermandosi a metà
strada in attesa con la mano tesa in segno di benvenuto.
– Sono contento di vedere un visitatore alla mia povera hacienda, Diego. Esclama, come il giovane si
avvicina. Diego intanto si leva i guanti.
– È una strada lunga e polverosa. – Fa Diego. – Mi stanca, e molto, a cavalcare così a lungo.
Don Carlos fa uno sforzo per non sorridere, una distanza di quattro miglia sono una vera sciocchezza. Ma
ricorda bene la mancanza di vitalità di Diego e non sorride, per non provocare la suscettibilità del
giovanotto.
Gli apre, anzi, la strada verso l’angolo più fresco della veranda per offrirgli vino e dolci, e aspetta che sia il
suo ospite a parlare per primo. Le donne rimangono all'interno della casa, com’era abitudine in quei tempi,
pronte a mostrarsi solo quando è il visitatore ha chiedere di loro, oppure se è il padrone di casa ha chiamarle.
– Come vanno le cose nel pueblo di Reina de Los Angeles? – Gli chiede Don Carlos. – È da molti giorni che
non scendo nel borgo.
– È sempre tutto uguale! – Risponde Diego. – Salvo che quel misterioso Señor Zorro ha invaso la taverna
ieri sera e ha avuto un grande duello con il sergente Gonzales.
– Ah! Il Señor Zorro, eh? E qual è stato il risultato dei combattimenti?
– Anche se il sergente ha tenuto la lingua stretta di quel fatto – Dice Diego – sono venuto a sapere
attraverso un caporale che era presente, che questo Señor Zorro ha giocato con il sergente e infine lo ha
disarmato e poi è saltato da una finestra per mettersi in fuga sotto la pioggia. Non riuscivano a trovare le sue
tracce.
– Un ladro astuto, – Fa Don Carlos. – Almeno, non ho nulla da temere da lui. È generalmente conosciuto
su e giù per il Camino Real, dal quel che so, per privare di tutto ciò che hanno gli uomini del governatore. E
so bene che ora quei gentiluomini saranno in cerca della prossima hacienda da depredare.
– H’mm. Una cosa del genere deve essere fermata! – Dice Diego, con un trasporto non usuale per lui.
Gli occhi del Don Carlos si illuminano. Se Don Diego Vega sente una certa simpatia per la sua famiglia, se
qualcuno di della sua illustre casata sussurrase la parolina giusta all’orecchio del governatore, allora la
persecuzione cessebbe all'istante. I comandi di un Vega sono fatti per imporsi a tutti gli uomini di qualsiasi
rango.

Capitolo 6: Diego cerca una sposa

Diego mentre beve lentamente un sorso di vino, osserva fuori attraverso la mesa. Don Carlos lo guarda in
modo perplesso, rendendosi conto che il giovane è venuto per un motivo preciso, e sa cosa aspettarsi.
– Non ho cavalcato sotto il sole e inghiottito della polvere maledetta per parlare con voi di questo Señor
Zorro, o di qualsiasi altro bandito – Spiega Diego dopo un certo tempo.
– Qualunque sia la ragione per cui siete venuto, sono lieto di accogliere un rappresentante della vostra
famiglia, caballero. – Esclama Don Carlos.
– Ho avuto un lungo colloquio con mio padre ieri mattina. – Don Diego sta parlando velocemente. – Mi ha
informato che mi sto avvicinando all’età di 25, e non in mente di accettare i miei doveri e le mie
responsabilità nel modo corretto.
– Ma certamente.
– Oh, senza dubbio come lei sa, mio padre è un uomo saggio.
– E nessuno può contestarlo, don Diego.
– Egli mi ha esortato a svegliarmi come dovrei. Finora, sembra, non fatto altro che sognare. Un uomo della
mia ricchezza e la mia posizione, perdonatemi se vi parlo di ciò, deve fare certe cose.
– È la vostra posizione, señor.
– Quando mio padre morirà io avrò la sua fortuna, naturalmente, essendo l'unico figlio. Ma cosa succederà
quando morirò io? Questo è quello che si chiede mio padre.
– Capisco.
– Un giovane della mia età, mi ha detto, dovrebbe avere una moglie, un’amante della sua casa, e
dovrebbero metter su prole che ereditati e preservi un nome illustre.
– Non ci potrebbe essere niente più vero di questo. – Dice Don Carlos.
– Così ho deciso di trovar moglie.
– Ah! È qualcosa che ogni uomo dovrebbe fare, don Diego. Beh, mi ricordo quando ho corteggiato Dona
Catalina. Eravamo pazzi per abbracciarci l’uno all’altra, ma suo padre la teneva lontana ben da me per
qualche tempo. Avevo solo diciassette anni, però, così forse ha fatto bene. Ma voi ne avete quasi 25. Dovete
farvi una sposa, a tutti i costi.
– E così sono venuto a trovarvi con questo scopo. – Dice infine Diego.
– A trovarmi per questo scopo? – Ansima Don Carlos, con un pò di paura e una grande speranza nel petto.
– Sarà piuttosto un peso, mi aspetto. L'amore e il matrimonio, e tutto quel genere di cose, è piuttosto un
fastidio necessario, a suo modo. L'idea che un uomo di buon senso faccia la corte ad una donna, che suoni la
chitarra per lei, che faccia il matto quando tutti conoscono la sua intenzione! E poi la cerimonia! Essendo un
uomo di ricchezza e di posizione, suppongo che il matrimonio deve essere ben elaborato, e gli abitanti
dovranno partecipare alla festa, e tutto ciò che, semplicemente perché un uomo che sta prendendo una
sposa, la padrona della sua casa.
– La maggior parte dei giovani… – Osserva Don Carlos – …hanno il piacere di conquistare una donna e
sono poi molto orgogliosi se hanno un matrimonio grande e alla moda.
– Senza dubbio. Ma è un fastidio terribile. Comunque, andrò fino in fondo, señor. È il desiderio di mio
padre, come vedete. Mi perdoni di nuovo, sono brutti giorni, questi. È il risultato di una brutta politica,
naturalmente. Ma lei è di sangue nobile, signore, tra i migliori del nostro paese.
– Vi ringrazio per avermi ricordato la verità. – Fa Don Carlos, alzandosi graziosamente per mettere una
mano ad arco sul cuore.
– Lo sanno tutti, señor. E un Vega, naturalmente, quando si prende una compagna, deve cercare una donna
di sangue nobile.
– Per essere sicuri! – Esclama Don Carlos.
– Avete una sola figlia, la señorita Lolita.
– Ah! Sì, certo, señor. Lolita ha diciotto anni, ed è una ragazza bella e realizzata, se un padre è l'uomo giusto
per dirlo.
– L'ho osservata alla missione e al pueblo. – Dice Diego. – È effettivamente bella, e ho sentito dire che è
molto aggraziata. Della sua nascita e della sua educazione non ci può essere alcun dubbio. Penso che sarebbe
la donna giusta con cui formarmi una mia famiglia.
Señor?
– Questo è lo scopo della mia visita di oggi, signore.
– Lei, lei mi sta chiedendo la mano di mia figlia giusto?
– È così, signore. – Il volto di Don Carlos trasale a vista, e salta letteralmente dalla sedia, questa volta per
piegarsi in avanti a prendere per mano Don Diego.
– Lei è un fiore giusto. – Dice il padre. – Sono stato in ansia per maritare la mia bambina, perché non
volevo sposarla ad una famiglia che non avesse un rango come la mia. Ma non ci può essere alcun dubbio
per quanto riguarda un Vega. Avete il mio permesso, señor.
Don Carlos ha ora un piacere enorme. Un’unione tra sua figlia e Don Diego Vega! Le sue fortune sarebbero
subito interamente recuperate. Sarebbe stato di nuovo importante e potente!
Don Carlos chiama un nativo per far venire la moglie, e nel giro di pochi minuti Dona Catalina appare sulla
veranda per salutare il visitatore, con un viso raggiante, perché aveva ascoltato tutto.
– Don Diego ci ha fatto l'onore di chiedere il permesso di onorare la nostra figlia. – spiegò Don Carlos.
– Tu hai dato il consenso? – Chiede Dona Catalina, per non far torto, naturalmente, al marito.
– Ho dato il mio consenso, – Risponde Don Carlos.
Dona Catalina tende la mano, e Don Diego gli diede una stretta languida prima di lasciarla.
– Chiunque sarebbe fiero di una simile unione. – Dice Dona Catalina. – Mi auguro che possa vincere il suo
cuore, señor.
– Quanto a questo. – Dice Diego – So che non sarà una sciocchezza. O la signorina mi vuole, e allora va
bene. Oppure, se no, dovrei farle cambiare idea strimpellando una chitarra sotto la sua finestra, o tenendogli
la mano quando possibile, oppure dovrei mettere la mano sul mio cuore e sospirare? io la voglio per moglie,
altrimenti non avrei cavalcato fin qui per chiederne la mano a suo padre.
– N… naturalmente. – Dice Don Carlos.
– Ah, señor, ma una fanciulla deliziosa deve essere vinta, señor. – Dice Dona Catalina. – È suo privilegio,
señor. Le ore di corteggiamento resteranno nella memoria per tutta la vita. Ricorderà le cose belle che il suo
amante ha detto, e il primo bacio, quando si fermarono accanto al torrente e si guardarono negli occhi. E la
sua improvvisa paura mostrata mentre sono al galoppo sui cavalli. queste cose sono importanti, señor.
– È come un piccolo gioco, ed è stato fatto così fin dall’inizio dei tempi. Folle, señor? Forse quando una
persona guarda tutto con attraverso una fredda ragione. Ma delizioso, infine.
– Io non ne so nulla. – Protesta Diego. – Non sono mai andato in giro a caccia di donne.
– La donna che prenderete in moglie non sarà dispiaciuta di questo, señor.
– Pensate sia necessario per me fare queste cose?
– Oh! – Dichiara subito Don Carlos, per paura di perdere un influente partito per la figlia. – un po’ non
sarebbe male. Ad una fanciulla piace essere corteggiata, e questo, anche se ha già preso la sua decisione.
– Ho un servo che è una meraviglia alla chitarra. – Fa Diego. – Stasera avrà il compito di uscire per
corteggiare la señorita sotto alla sua finestra.
– E voi non verrete? – Dona Catalina è stupefatta!
– Ritornare qui di nuovo stasera, quando soffia il vento freddo dal mare? –risponde a sua volta Diego a
bocca aperta. – Una cosa del genere mi ucciderebbe. E poi l’indigeno suona la chitarra meglio di me.
– Non ho mai sentito una cosa del genere! – Dona Catalina è lei stessa a bocca aperta. Sente oltraggiata la
sua educazione.
– Lascia fare Don Diego come vuole. – Esorta Don Carlos.
– Pensavo… – Dice Diego, – …che avreste organizzato tutto voi. Avrei messo la mia casa in ordine,
naturalmente, e fatto venire più servi. Forse dovrei acquistare un calesse e guidare con la mia sposa fino a
Santa Barbara e là visitare un amico. Non è possibile per voi organizzare tutto il resto? Basta semplicemente
mi diciate quando sarebbe pronto il matrimonio.
Questa volta Don Carlos Pulido si irrita un po’.
– Caballero! – Esclama. – quando corteggiavo Dona Catalina, lei mi tenne continuamente su aghi e spilli.
Un giorno mi teneva il muso, e il giorno successivo il sorriso. Lei aggiungeva delle spezie a tutta la vicenda.
Io non avrei voluto diversamente. Ve ne pentirete, señor, se non farete il vostro corteggiamento. Vi
piacerebbe vedere la signorina adesso?
– Suppongo che dovrei. – Dice Diego.
Dona Catalina alza la testa ed entra in casa a prendere la ragazza, per ritornare subito con una bambolina
delicata dagli occhi neri, con capelli anch’essi neri, avvolti intorno alla testa in una gran massa, e con delicati
piedini che fanno capolino da sotto delle gonne di tonalità luminose.
– Sono felice di rivedervi, Don Diego. – Dice la bambolina. Diego si inchina sulla sua mano e l’aiuta a
sedersi su una delle sedie.
– Sei rimasta bella come ti vidi l’ultima volta. – Esclama Diego con sincerità.
– Bisogna sempre dire che una signorina è più bella da quando la si è vista l’ultima volta. – Gemette don
Carlos. – Ah, poter esser ancora giovane e poter di nuovo giocare al corteggiamento!
Si scusa e rientra nella casa, e Dona Catalina si sposta verso l’altra estremità della veranda, in modo che la
giovane coppia può parlare senza far sentire le parole, ma da dove li può guardare, come una buona madre
sempre deve fare.
Señorita! – Fa Diego. – Questa mattina ho chiesto a vostro padre la vostra mano.
– Oh, signore! – La ragazza rimane a bocca aperta.
– Pensate forse che non sarei un marito giusto?
– Perché, io… cioè…!
– Basta che mi dite di sì, signorina, e lo dirò a mio padre, e la vostra famiglia prenderebbe accordi per la
nostra cerimonia. Per la mia parola farò venire alcuni nativi. Dovete sapere che sono ancora affaticato dal
mio ritorno dall'estero, e non mi muovo più del necessario.
Ora gli occhi della bella Señorita Lolita iniziano a lampeggiare in veri e propri segnali d’allarme, ma Diego, è
evidente che non li vede, e così va avanti nella sua distruzione.
– Accettate di diventare mia moglie, señorita? – Gli chiede Diego, piegando la testa leggermente verso di lei.
La faccia della Señorita Lolita mandano dei lampi rossi, e balza su dalla sua sedia, con i piccoli pugni serrati
al suo fianco.
– Don Diego Vega! – Rispose. – Sei di una famiglia nobile e con molta ricchezza ed una grande erediterà
per di più. Ma sei senza sangue, Señor! È questa la tua romantica idea del corteggiamento? Semplicemente
cavalcando quattro miglia su una strada liscia per vedere la ragazza che vorresti sposare? Che tipo di sangue
hai nelle vene, Señor?
Dona Catalina sentendo tutto, si precipita attraverso la veranda verso di loro, facendo segnali a sua figlia,
che la Señorita Lolita rifiuta di vedere.
– L'uomo che mi sposerà mi dovrà corteggiare per conquistare il mio amore. – Continua la ragazza. – Egli
dovrà toccare il mio cuore. Pensi che io sia la semplice figlia di un nativo per darmi al primo uomo che mi
chiede? L'uomo che diventerà mio marito deve essere un uomo con il sangue abbastanza caldo da volermi.
Tu invece vorresti inviarmi il tuo servo a suonarmi la chitarra sotto le mie finestre? Oh, ho sentito tutto,
Señor! Fatelo venire, Señor, e io gli getterò dell’acqua bollente con candeggina sulla sua pelle rossa! Buenos
dias, Señor!
La bambolina alza fieramente la testa, alza anche la gonna di seta da una parte, e passa davanti a Diego con
un muso lungo per entrare in casa, ignorando anche la madre. Dona Catalina sente dentro di sè tutte le sue
speranze perdute. Don Diego Vega stupito della scomparsa della señorita, si gratta la testa pensieroso e
guarda verso il suo cavallo.
– Em… credo che sia arrabbiata con me. – Fece con voce timida.

Capitolo 7: un diverso tipo di uomo

Don Carlos, visto che aveva ascoltato tutto, non perde tempo e in tutta fretta ritorna verso la veranda per
cercar di calmare l’imbarazzo di Diego. Anche se con il cuore scoraggiato, riesce a sorridere e cerca di
rimediare alla situazione.
– Le donne sono spesso irascibili e pieno di fantasie, señor. – disse. – A volte si allontanano da coloro che in
realtà adorano. Non si può capire il funzionamento della mente di una donna, a volte esse stesse rifiutano di
capirsi.
– Ma non capisco. – Diego rimane sempre a bocca aperta. – Ho usato le mie parole con cura. Sicuramente
non ho detto niente che abbia insultato o fatto arrabbiare la signorina.
– Se fosse stata corteggiata alla maniera giusta, non ci sarebbero stati problemi. Ma non disperate, señor.
Sia la madre che io abbiamo convenuto che siete l’uomo giusto per lei. È consuetudine che una ragazza
combatta un uomo fino ad un certo punto, e poi si arrenda. Lo fa per far apparir più dolce la resa. Forse la
prossima volta che ci visitarà lei sarà più piacevole. Ne sono quasi sicuro.
Così Don Diego stringe la mano a Don Carlos Pulido e rimonta a cavallo per dirigersi lentamente lungo il
sentiero. Don Carlos si volta e entra nella sua casa di nuovo mettendosi di fronte la moglie e la figlia, e
guardando la seconda con le mani sui fianchi e con qualcosa di simile al dispiacere.
– Lui è il miglior partito di tutto il paese! – Si lamenta intanto Dona Catalina, asciugandosi gli occhi con un
delicato fazzolettino quadrato di pizzo.
– Ha la ricchezza e la posizione giusta per potrebbe riparare la mia fortuna, ma solo se sarà il marito di mia
figlia. – Esclama Don Carlos, senza distogliere gli occhi dal volto della sua creatura.
– Ha una magnifica casa e una fattoria, oltre che i migliori cavalli di tutta Reina de Los Angeles, ed è unico
erede del suo ricco padre. – aggiunse Dona Catalina.
– Un sussurro dalle sue labbra all'orecchio di Sua Eccellenza, il governatore, può determinare il destino di
un uomo. – conclude Don Carlos.
– Ed è bello.
– Lo ammetto, mamma! – Esclama la señorita Lolita, alzando il suo bel visino, e fissandoli con coraggio. – È
questo è ciò che mi fa arrabbiare! Che uomo meraviglioso da amare sarebbe, se fosse un uomo! Un uomo
così renderebbe orgogliosa qualsiasi ragazza specialmodo se non la selezionata dopo aver ballato e
corteggiato con altre ragazze.
– E lui ti ha preferito a tutte gli altre, altrimenti non avrebbe cavalcato fin qui oggi. – Dice Don Carlos.
– Certo che deve essersi affaticato molto! – Fa la ragazza. – Ma perché si riduce ad essere lo zimbello del
paese? È bello e ricco di talento. Ha salute, e potrebbe rivaleggiare su tutti gli altri giovani. Invece, non ho
dubbi che ha l’energia sufficiente solo per vestirsi.
– Non pensarci! – Si lamenta Dona Catalina. – Quando ero una ragazza, non ho mai visto nulla di simile.
Un uomo d’onore che ti vuole come moglie.
– Se fosse meno onorevole e più uomo, potrei guardarlo una seconda volta. – Dice la giovane.
– È necessario guardarlo più di una volta, – Gli fa Don Carlos, con una certa autorità nel suo parlare. – Non
si può buttare via una bella occasione. Pensaci, figlia mia. E cerca di essere più gentile quando don Diego
ritornerà.
Poi si affretta a lasciare il patio con la scusa di voler parlare con un servo, ma in realtà per allontanarsi dalla
scena. Don Carlos ha dimostrato di essere un uomo coraggioso nella sua gioventù, e oggi è talmente saggio,
che sa bene che è meglio non partecipare a una discussione tra donne.
Presto sarebbe arrivata l’ora della siesta, e la señorita Lolita se ne và in cortile e si sistema su una panchina
vicino alla fontana. Suo padre si assopisce sulla veranda, e sua madre nella sua stanza, e i servi si
disseminano dappertutto, alcuni mettendosi a dormire. Ma la señorita Lolita non riesce ad appisolarsi, ha la
mente occupata.
Conosce ovviamente bene le brutte vicende del padre, perché da tempo non riesce a nasconderle, e vuole,
naturalmente, vederlo di nuovo tranquillo. Sa anche che la ragazza che avrebbe sposato Don Diego Vega,
avrebbe avuto in suo padre un uomo potente come suocero. I Vega non avrebbe lasciato i parenti delle
proprie mogli in difficoltà.
Richiama alla sua mente una visione del bel viso di don Diego, e si chiese come sarebbe se illuminato con
amore e passione. È un peccato, disse tra sè, che quell’uomo sia così senza vita. Ma come sposare un uomo
che vuole inviare un servo nativo per far eseguire una serenata al suo posto!
Lo zampillio della fontana la fa delicatamente appisolare, e la fanciulla si ripiega sulla panchina, con la
guancia appoggiata da una parte e i suoi capelli sciolti verso terra.
All’improvviso viene svegliata da un tocco sul braccio, e si alza in fretta, e poi una mano serra le sue labbra
perché non gridi.
Davanti a lei vi è un uomo avvolto in un lungo mantello nero, e con il volto coperto da una maschera nera
che nasconde i lineamenti, tranne gli occhi scintillanti. Ha già sentito parlare di Zorro, il bandito, e capisce
che è lui, il suo cuore quasi smette di battere, tanta è la paura.
– Silenzio, vi prego. Non vi farò niente, signorina, – Sussurra Zorro con voce bassa.
– Tu… sei… – Chiede la fanciulla con voce rotta dalla paura.
Zorro fa un passo indietro, si toglie il sombrero, e si prostra davanti a lei.
– Avete indovinato, mia incantevole signorina. – Dice. – Vengo chiamato Zorro, o se preferite, la
maledizione di Capistrano.
– Cosa… fate qui.
– Non voglio farvi nulla di male, ne arrecar nessun danno a questa hacienda, señorita. Voglio solo punire
coloro che sono ingiusti, e tuo padre non è certo un personaggio di tal genere. Lo ammiro molto. Piuttosto
vorrei punire coloro che gli fanno male, che lo stanno rovinando.
– Io… vi ringrazio, señor.
– Sono un po’ stanco, e la fattoria è un ottimo posto per riposare. Sapevo che era l’ora della siesta, anche, e
ho pensato tutti sarebbero addormentati. Sì, mi vergogno per avervi risvegliata, señorita, ma sentivo che
dovevo parlare. La vostra bellezza è tale che dovrebbe essere cantata dalle labbra di ogni uomo.
La señororita Lolita ha la grazia di arrossire.
– Vorrei che la mia bellezza colpisca ben altri uomini. – Fa la fanciulla.
– Non ci credo? Può essere che alla señorita Lolita mancano dei pretendenti? Ma non è possibile!
– Tuttavia, Signore è così. Pochi hanno il coraggio di allearsi con la famiglia Pulido, dal momento che è in
disgrazia con il potere. A dir la verità c’è un pretendente. – Continua. – Ma sembra non mettere molta foga
nel suo corteggiamento.
– Costui avrebbe poca voglia di amarvi? Ma che problemi affliggono quest’uomo? È forse malato?
– Lui è così ricco che credo pensa basti fare una richiesta a una fanciulla per farsi sposare.
– Che imbecille! È il corteggiamento che dà il sapore alla storia d'amore.
– Ma voi, signore! Qualcuno potrebbe venire qui e vederti! Potreste essere catturato!
– E non si vuole vedere un bandito catturato? Forse basterebbe catturarmi per riparare la fortuna di tuo
padre. Il governatore è molto irritato, da quel che so, riguardo la mia attività.
– Voi… voi fareste meglio ad andarvene.
– Così parla la pietà che è nel tuo cuore. Tu sai che la cattura può significare la mia morte. Ma devo
rischiare, e aspettare ancora un po’.
Zorro si siede sulla panchina, e la señorita Lolita si sposta più lontano che può.
Ma Zorro la anticipa. Afferra una sua mano e, prima che possa intuire le sue intenzioni, si piega in avanti, e
la bacia.
Señor! – Grida la fanciulla tirando via la mano.
– So che è molto audace, ma un uomo deve esprimere i suoi sentimenti. Non vi ho offeso tanto da dovervi
chiedere perdono, spero.
– Andatevene, signore, altrimenti griderò!
– E farmi così giustiziare?
– Siete solo un ladro di strada!
– Ma io amo la vita come qualsiasi altro uomo.
– Chiamerò aiuto, signore! C'è una ricompensa offerta per la vostra cattura.
– Queste manine non sono abbastanza grandi da gestire il denaro venuto dal mio sangue.
– Andatevene!
– Ah, signorina, come siamo crudeli. La vostra sola vista manda in ebollizione il sangue nelle vene di un
uomo. Un uomo combatterebbe una orda di soldati su ordine di quelle dolci labbra.
– Signore!
– Un uomo morirebbe per difendervi, signorina. Per difendere la vostra fresca bellezza.
– Per l'ultima volta, signore! Ora griderò, e il vostro destino sarà segnato!
– Fatemi ancora baciare la vostra mano e me ne vado.
– Non posso permettervelo!
– Allora mi siedo qui fino a quando non verranno a prendermi. E non dovrò aspettare a lungo. Quel gran
sergente di Gonzales è sulle mie tracce, lo so, e potrebbe averle già trovate. Avrà molti soldati con lui.
– Signore, per amore dei santi!
– La Vostra mano.
La ragazza dà le spalle a Zorro, ma non toglie la mano quando lui glie la bacia. E poi si volta lentamente, e i
suoi occhi neri si persero in quelli davanti ad essa. Un lungo brivido la scuote tutta. Poi si rende conto che
tiene ancora la sua mano, e la allontana. Infine si volta e corre velocemente lungo il patio per entrare in casa.
Con il cuore che batte forte, si ferma dietro le tende di una finestra a guardare. Zorro cammina lentamente
verso la fontana e si china a bere. Poi si rimette il capello, guarda un attimo verso la casa e si allontana. Lolita
sente il galoppo di un cavallo morire in lontananza.
– Un ladro, sì, ma che uomo! – La fanciulla respira forte. – Se solo don Diego avesse la metà di tanto
coraggio!

Capitolo 8: Don Carlos gioca un brutto tiro

Lolita volta le spalle alla finestra, grata alla sorte che nessuno della famiglia aveva visto Zorro. Il resto della
giornata la trascorre in veranda, metà del tempo lavorando su alcuni merletti, e l'altra metà con lo sguardo
lungo il sentiero polveroso che corre verso la strada.
E viene la sera, grandi fuochi sono accesi nelle capanne degli indigeni, dove sono riuniti intorno alla loro
tavola intenti a cucinare e mangiare e a parlare degli avvenimenti della giornata. All'interno di casa Pulido il
pasto serale è già preparato, e la famiglia stava per sedersi a tavola quando qualcuno bussa alla porta.
Un indiano corre ad aprire, e Zorro entra nella stanza. Si toglie il cappello, si inchina, e poi alza la testa e
guarda Don Carlos e la mezza terrorizzata Dona Catalina.
– Sono certo che perdonerete questa intrusione, – dice. – Io sono l'uomo che chiamano Zorro. Ma non
abbiate paura, perché non sono venuto a rubare.
Don Carlos si alza lentamente, mentre Lolita trattiene il fiato a questa dimostrazione del coraggio di
quest’uomo, e teme di parlare della visita del pomeriggio, di cui non aveva detto niente neanche a sua
madre.
– Mascalzone! – ruggisce Don Carlos. – Hai il coraggio di entrare in una casa onesta?
– Io non sono tuo nemico, Don Carlos. – risponde Zorro. – In effetti, ho fatto delle cose che dovrebbe far
appello al cuore di ogni uomo perseguitato.
È vero, e Don Carlos lo sa, ma è troppo saggio per ammetterlo, altrimenti sarebbe stato tradimento verso il
Re. Ma il Cielo sa bene quanto lui poco gode delle grazie del governatore senza offenderlo ora ancor di più
trattando con cortesia questo uomo per la cui carcassa il governatore ha offerto una grossa ricompensa.
– Che vuoi qui? – chiese.
– Vi chiedo ospitalità, Signore. In altre parole, vorrei mangiare e bere. Io sono un cavaliere, da qui la mia
pretesa di giustizia.
– Qualunque buon sangue scorra nelle vostre vene è stata sporcata dalle vostre azioni. – dice Don Carlos. –
Un ladro e bandito non ha diritto di rivolgersi alla ospitalità di questa hacienda.
– Suppongo che si tema di ospitarmi, dal momento che il governatore potrebbe esserne informato. –
risponde Zorro. – Potrete dire che siete stati costretti a farlo. E questa sarà la verità.
Poi, da sotto il mantello, sbuca una pistola. Dona Catalina urla e sviene, e Lolita si rannicchia sulla sua sedia.
– Due volte mascalzone, dal momento che spaventate le donne! – esclama con rabbia Don Carlos. – Dal
momento che sarebbe la morte rifiutare, vi farò portare carne e bevande. Ma io vi chiedo di essere
abbastanza caballero per permettermi di chiamare una domestica per portare mia moglie in un'altra stanza e
di prendersi cura di lei.
– Ma certo, però – Fa Zorro. – Ma la signorina rimane qui come ostaggio per la vostra buona condotta e
ritorno.
Don Carlos guarda l'uomo mascherato, e poi la ragazza, nei suoi occhi non c’è paura. Perciò prende la
moglie in braccio e la conduce oltre la porta, urlando per far venire i suoi domestici.
Zorro cammina intorno al tavolo, si inchina di nuovo davanti a Lolita, e si siede su una sedia accanto a lei.
– So di rischiar molto, ma dovevo rivedere il tuo viso. – Dice
– Senor!
– La visita di questo pomeriggio ha prodotto un violento incendio nel mio cuore, signorina. Il tocco della
tua mano mi ha donato una nuova vita.
Lolita diviene completamente rossa, e Zorro sposta la sua sedia il più vicino ad essa vicino per raggiungere
la sua mano, ma lei cerca di sfuggire.
– Il desiderio di riascoltare la tua voce argentina, signorina, mi può attrarre qui spesso.
– Signore! Non deve ritornare! Sono stata indulgente con voi questo pomeriggio, ma non posso esserlo di
nuovo. La prossima volta urlerò, e sarete preso.
– Non potete essere così crudele.
– Il vostro destino è appeso ad un filo, signore.
Poi Don Carlos rientra nella stanza, e Zorro si alza e si inchina ancora una volta.
– Spero che vostra moglie si sia ripreso dal suo svenimento, – Chiede Zorro – Mi dispiace che la vista della
mia povera pistola l’abbia spaventata.
– Si è ripresa. – Fa Don Carlos – Credo abbiate detto che volevate mangiare e bere. Devo dire, signore,
avete davvero fatto delle azioni che ho ammirato, e sono felice di concedervi ospitalità per un po’ di tempo.
Un mio domestico vi darà da mangiare subito.
Don Carlos si dirige verso la porta, e chiama un nativo. Don Carlos è ben contento di se stesso. Portando
sua moglie nella stanza accanto ha avuto la possibilità di chiedere aiuto. Quattro servi di sua fiducia hanno
risposto alla sua chiamata. Ha dato a uno di loro l’ordine di prendere un cavallo e di percorrere con la
velocità del vento le quattro miglia che li separano dal pueblo, per dare l'allarme ai soldati che Zorro è alla
hacienda Pulido.
Il suo scopo ora è quello di trattenere il più possibile Zorro. I soldati sarebbero venuti, forse ci sarebbero
stati morti e feriti, ma il governatore avrebbe poi avuto una certa considerazione per la sua informazione.
– Deve aver avuto delle pericolose avventure, signore. – Fa Don Carlos tornando al tavolo.
– Sì, alcune. – ammette l’uomo mascherato.
– Ha avuto dei problemi a Santa Barbara, ho sentito, è vero?
– Mi perdoni, ma non amo parlare di ciò che faccio.
– Per favore. – Prega Lolita e Zorro non sa resistere ai suoi occhi.
– E va bene. Sono arrivato nei pressi di Santa Barbara al tramonto. C'è un tipo lì che gestisce un negozio,
che stava malmenando dei nativi e rubava ai frati. Costoro gli vendevano merci della missione, ma rubando
sul peso reale e gli uomini del governatore, naturalmente, erano dalla sua parte. Dovevo punire quel
disonesto.
– Prego continuate, signore. – Dice Don Carlos, piegandosi in avanti come se fosse profondamente
interessato.
– Sono entrato dalla porta del suo palazzo. Vi erano molte candele accese, e con lui c’erano una mezza
dozzina di suoi amici. Mostrando loro la mia pistola li ho cacciati in un angolo e ho ordinato a quel
impaurito negoziante di venire da me. L’ho costretto a vomitare i soldi che aveva in un nascondiglio segreto.
E poi l'ho percosso con una frusta presa dal suo muro, e spiegandogli perché lo punivo.
– Eccellente! – Fa Don Carlos.
– Poi sono saltato sul mio cavallo e mi sono precipitato fuori del paese. Alla capanna di un nativo ho fatto
un cartello, dicendo che ero un amico degli oppressi. Sentendosi particolarmente audace, quella sera, ho
galoppato fino alla porta del presidio, messo da parte la sentinella che mi aveva preso all’inizio per un
corriere ed ho inchiodato il cartello alla porta del presidio con il mio coltello. Proprio in quel momento i
soldati si precipitarono fuori. Ho sparato sopra le loro teste, e mentre loro erano sconcertati ho spronato la
mia cavalcatura verso le colline.
– Lei è fuggito! – Esclama Don Carlos.
– Ed ora sono qui! Questo è per rispondervi.
– Ma perché il governatore c’è la tanto a morte con voi? – fa Don Carlos – Non ci sono altri banditi che lo
turbano.
– Eh! Sapete ho avuto uno scontro personale con Sua Eccellenza. Lui era in missione ufficiale da San
Francisco de Asis a Santa Barbara, con una scorta di soldati. Si fermarono ad un ruscello per rinfrescarsi, coi
soldati disseminati, mentre il governatore parlava con i suoi amici. Ero nascosto nella foresta e
improvvisamente vengo fuori. Mi precipito versi il governatore che era sulla porta aperta della diligenza. Ho
puntato la mia pistola alla sua testa e gli ho ordinato di consegnarmi la sua borsa, cosa che il grasso ha fatto.
Poi sono corso attraverso i suoi soldati, mettendo un gran disordine tra di loro.
– Lei è scappato! – Esclama Don Carlos.
– Sono qui. – Acconsente Zorro.
Il servo intanto porta un vassoio di cibo e lo mette davanti all’uomo mascherato di nero, ritirandosi poi il
più presto possibile, con occhi pieni di paura e con mani tremanti, vi sono troppe storie strane su questo
demonio chiamato Zorro e sulla sua brutalità, nessuna delle quali vera.
– Sono sicuro che voi mi perdonerete, – Fa Zorro – se vi chiedo di sedervi in fondo alla stanza. La mia
maschera mi protegge abbastanza, ma non voglio per farsi riconoscere ulteriormente. ho messo la pistola
davanti a me sul tavolo, così, per scoraggiare qualsivoglia tradimento. Ed ora, Don Carlos Pulido, farò
giustizia per il pasto che avete così gentilmente offerto.
Don Carlos e sua figlia siedono così in fondo al tavolo, e Zorro si mette a mangiare con un gusto evidente.
Di tanto in tanto si ferma a parlare con loro, e chiedendo un po’ più di vino, il migliore che a suo dire ha
assaggiato da un anno a questa parte.
Don Carlos è fin troppo felice di ubbidirgli. Sta cercando di guadagnar tempo. Sa quale velocità ha il
cavallo del nativo, spera anzi che abbia già raggiunto da tempo il presidio a Reina de Los Angeles, e che i
soldati siano ormai per strada. Ah! Se fosse riuscito a tener lì Zorro fino a quando fossero arrivati!
– Vi sto facendo preparare qualcosa da mangiare da portare con voi, signore, – Fa Don Carlos – Mi
perdonerete, spero, se vado a vedere se è pronto? Mia figlia vi intratterrà.
Zorro si inchina, e Don Carlos usce in fretta dalla stanza. Ma così facendo commette un errore. È una cosa
insolita per una ragazza essere lasciata sola in compagnia di un uomo, in particolare in un uomo conosciuto
per essere un fuorilegge. Zorro lo capisce subito che è stato trattenuto di proposito. Perché, ancora una volta,
è una cosa insolita per un uomo come Don Carlos andare a veder se è pronto un pacchetto di cibo quando,
con un semplice battito delle mani può mandare dei servi. Don Carlos, infatti, è nell'altra stanza solo per
sentire da una finestra dei cavalli al galoppo.
– Signore! – Sussurra Lolita attraverso la stanza.
– Che cosa c'è, mia dolce signorina?
– Dovete andartene e subito. Ho paura che mio padre abbia fatto chiamare i soldati.
– E tu sei così gentile da avvertirmi?
– Non voglio vedervi catturato, qui per di più. Non mi piacciono i combattimenti e gli spargimenti di
sangue. – Dice Lolita.
– Questa è l'unica ragione, signorina? – Fa Zorro fissandola nei suoi occhi al di là del tavolo.
– Non vuoi andartene, signore?
– Non mi va di correre via da una tale affascinante presenza, signorina. Posso venire di nuovo alla siesta,
domani?
– Oh Santi numi, no! Tutto ciò deve finire, Signor Zorro. Avete fatto delle cose che ammiro, quindi non
vorrei vederti catturato. Andate a nord fino a San Francisco de Asis e ridiventate onesto. È meglio così,
signore.
– Devo proprio andare…
– La prego, signore.
– Ma tuo padre è andato a prendere del cibo per me. Non potrei partire senza ringraziandolo per questo
pasto.
Don Carlos torna proprio in quell’attimo nella stanza posando un pacchetto sul tavolo, e Zorro comprende
dall'espressione del suo volto che i soldati stanno arrivando.
– Ecco alcuni cibi da portare con voi, signore, intanto volete donarci qualche altro vostro ricordo prima di
ripartire.
– Ho già parlato troppo, signore, ed è una brutta malattia per un cavaliere. Sarà meglio che vi ringrazio e vi
saluto.
– Almeno, signor mio, bevete un altro bicchiere di vino.
– Ho paura – Fa Zorro – che i soldati siano troppo vicini, Don Carlos.
Don Carlos diviene bianco in viso vedendo Zorro che riprende la sua pistola. Teme di star per pagare ad
alto prezzo la sua ospitalità tradita. Ma Zorro la ripone subito nella cintura con un sorriso.
– Vi perdono questa violazione di ospitalità, Don Carlos, perché io sono un fuorilegge ed è stata messa una
taglia sulla mia testa. E non vi porto rancore per questo. Buenos noches, signorina! Senor, adios!
Poi un servo terrorizzato che poco sa riguardo agli eventi della serata, entra precipitando attraverso la
porta.
– Padrone! I soldati sono qui! – Grida. – Hanno circondato la casa!

Capitolo 9: Scontro di Lame

In mezzo al tavolo, vi è un imponente candelabro in cui bruciano vivacemente una decina di candele.
Zorro salta verso di esso, e con un colpo di mano lo butta a terra. L’istante dopo tutta la stanza è al buio.
Don Carlos corre selvaggiamente per tutta la stanza, ma gli stivali morbidi di Zorro non davano il minimo
rumore. Pochi istanti dopo Lolita sente un braccio muscoloso intorno alla sua vita che la strinse
delicatamente, insieme al respiro di un uomo sulla sua calda guancia, che gli sussurra:
– A più tardi, mia dolce signorina.
Don Carlos urla come un toro ferito, e questo guidava i soldati, alcuni dei quali, stanno già per bussare alla
porta di casa. Zorro si precipita nella stanza adiacente che è talaltro la cucina. I nativi domestici fuggono
davanti a lui come se fosse stato un fantasma che rapidamente spegne al suo passaggio tutte le candele
accese.
Poi corre alla porta che si apre sul patio e alza la voce per dare un richiamo che per metà è un lamento e
per l’altra metà un grido, un richiamo mai sentito prima da nessuno dei residenti dell’hacienda Pulido.
Appena i soldati irrompono dalla porta di casa, e Don Carlos chiama qualcuno per riaccendere le candele,
si sente il rumore di zoccoli al galoppo dalla parte posteriore del patio. I militari capiscono subito che è un
cavallo potente quello che sta fuggendo.
Il suono degli zoccoli si spegne in lontananza, ma i soldati hanno notato la direzione del cavallo in fuga.
– Il demonio fugge! – Urla il sergente Gonzales, a capo della squadra. – A cavallo dietro di lui! A chi lo
cattura darò un terzo del premio!
Il sergente fa una grande corsa attraverso la casa con gli uomini alle calcagna, per buttarsi in sella e
cavalcare furiosamente attraverso le tenebre, seguendo il rumore degli zoccoli del cavallo di Zorro.
– Luci! Luci! – Urla intanto Don Carlos dall'interno della casa.
Un domestico arriva con un tizzone ardente e riaccende le candele. Don Carlos è in mezzo la stanza,
agitando i pugni dalla rabbia. Sua figlia Lolita accovacciata in un angolo, ha gli occhi spalancati dalla paura.
Dona Catalina, ormai pienamente ripresa dal suo semisvenimento, arriva dalla sua camera per capire il
motivo di tanto trambusto.
– Il furfante è scappato! – Dice Don Carlos. – Speriamo che i soldati lo catturino.
– Almeno lui è furbo e coraggioso, – Dice Lolita.
– Sia pure, ma è sempre un bandito e un ladro! – Ruggisce il padre. – Perché mi ha tormentato con questa
visita?
Lolita sa bene il perché, ma è l'ultima persona che lo avrebbe spiegato ai suoi genitori. Ha un debole
rossore sul suo viso al ricordo del braccio che aveva stretto la sua vita e delle parole che Zorro gli aveva
sussurrato in un orecchio.
Don Carlos và alla porta d'ingresso ancora spalancata e lì si ferma in ascolto. Alle sue orecchie arriva il suono
di zoccoli al galoppo che si avvicinano.
– La mia spada! – Grida a un domestico. – Potrebbe essere il furfante di ritorno! Per tutti i santi, è un solo
cavaliere!
Il galoppo si ferma e un uomo si fa strada attraverso la veranda precipitandosi poi attraverso la porta nella
stanza.
– Siano ringraziati tutti i santi! – Don Carlos rimane a bocca aperta.
Non è Zorro, ma il capitano Ramon, comandante del presidio di Reina de Los Angeles.
– Dove sono i miei uomini, Don Carlos? – Grida il capitano.
– Andati, signore! Andati dietro a quel cane di un bandito! – Lo informa Don Carlos.
– Volete dire che è fuggito?
– Subito che i vostri uomini circondarono la casa. Si è precipitato sulle candele gettandole a terra, ed è
fuggito dalla cucina.
– Gli uomini lo hanno inseguito?
– Sono sulle sue calcagna, signore.
– Ah! È da sperare che raggiungano questo uccel di bosco abbastanza in fretta. E' una spina nel fianco per
la nostra truppa. Il governatore, attraverso il suo corriere, ci manda sempre delle lettere sarcastiche perché
non lo catturiamo. Ma per quando questo signor Zorro sia intelligente, prima o poi cadrà nella rete!
Poi il capitano Ramon entra nella stanza e viste le dame si tolse via il cappello e si inchina davanti a loro.
– Perdonatemi la mia entrata poco onorevole, – Dice il capitano rivolto alle dame. – ma quando un ufficiale
è in servizio…
– Lei è perfettamente scusato, – Fa Dona Catalina. – Capitano, ha mai conosciuto mia figlia?
– Non ho avuto questo onore.
La signora li presenta, e Lolita si ritira poi al suo angolo osservando il soldato. Non era male da guardare,
alto e diritto, in una graziosa uniforme, con la spada a penzoloni al suo fianco. Quanto al capitano, lui non
aveva mai visto la Senorita Lolita, perché è stato trasferito da Santa Barbara e messo al comando di Reina de
Los Angeles, da appena un mese.
Ma ora la osserva una seconda volta ed anche una terza. C'è una luce improvvisa nei suoi occhi che
piacque molto a Dona Catalina. Se Lolita non guarda con simpatia a don Diego Vega, forse potrebbe posare
gli occhi su questo capitano Ramon, e se Lolita andasse sposata a un ufficiale dell’esercito, la famiglia Pulido
avrebbe poi una certa protezione.
– Non potrei trovare i miei uomini al buio. – Dice il capitano – potrei chiedervi di aspettar qui il loro
ritorno.
– Ma prego, capitano. – Risponde Don Carlos. – Accomodatevi, intanto manderò un servo a prendere del
vino.
– Questo Zorro ha il suo periodo di fortuna, – Dice il capitano, dopo aver assaggiato il vino, trovandolo
eccellente. – ma non può certo durare a lungo. Alla fine troverà il castigo che merita.
– Ne sono convinto. – Fa Don Carlos. – quel ragazzo si vantava un po’ troppo delle sue azioni davanti a
noi, stasera.
– Ero comandante a Santa Barbara, quando fece la sua prima apparizione – Spiega il capitano. – Ma io quel
giorno ero in visita a una delle famigli del luogo, sennò la storia sarebbe potuto essere ben diversa. Come
questa sera, quando è arrivato l'allarme, non ero al presidio, ma presso la residenza di un amico. Ecco perché
non ero con i miei soldati. Sono stato avvertito al mio ritorno e mi sono messo subito a cavallo. Sembra che
questo Zorro sappia i miei movimenti, per questo non posso scontrarmi con lui. Spero che un giorno
d’averlo davanti.
– Crede di poterlo catturare? – Chiede Dona Catalina.
– Senza alcun dubbio! Ho capito che non ha molta capacità nella scherma. Ha preso in giro il mio sergente,
perché Zorro aveva una pistola in mano con cui costrinse i suoi camerati all’angolo e lo intimorì.
Vi è in un angolo della stanza un guardaroba e la sua porta si apre leggermente.
– Quel ribaldo deve morire di una brutta morte. – Continua il capitano Ramon. – È un hombre brutale.
Dicono che uccide arbitrariamente. Ho sentito che ha causato un vero regno di terrore al nord, nei pressi di
San Francisco de Asis. Uccide gli uomini e insulta le donne.
La porta del guardaroba si apre di botto e un Zorro infuriato entra nella stanza.
– Ti contesto tutto ciò che hai detto, signor mio, dal momento che è una solenne menzogna! – Grida.
Don Carlos si gira e rimane a bocca aperta per la sorpresa. Dona Catalina sente mancargli d’improvviso le
ginocchia e crolla su di una sedia. Lolita ode con enorme piacere la dichiarazione dell'uomo mascherato, e al
contempo patisce una gran paura per lui.
– M- ma io pensato che fosse fuggito. – Don Carlos rimane a bocca aperta.
– Un semplice trucco. È il mio cavallo che è scappato, non io.
– Non avrai scampo, ora! – Grida il capitano Ramon, sguainando la lama.
– Indietro, capitano! – Grida Zorro gridò, spianandogli la sua pistola davanti. – Lotteremo volentieri, ma la
lotta deve essere equa. Don Carlos, raccogliete vostra moglie e vostra figlia fra le vostre braccia e ritiratevi in
un angolo mentre io incrociato le lame con questo bugiardo in divisa. E non avvertite nessuno che sono
ancora qui!
– M- ma io pensato che fosse fuggito. – Ripete sempre Don Carlos a bocca aperta, apparentemente
incapace di pensare ad altro, se non far ciò che Zorro ha ordinato.
– Un semplice trucco! – Il fuorilegge ripete, ridendo. – È un nobile destriero il mio. Forse avrete sentito un
grido particolare che uscì dalle mie labbra? Il mio cavallo è addestrato a muoversi con quel grido. Galoppa
via selvaggiamente, facendo un rumore considerevole, e così i soldati lo inseguono. E quando è arrivato ad
una distanza, devia e si ferma, e dopo che gli inseguitori son passati ritorna ad attendere la mia chiamata.
Non c'è dubbio che ora sia dietro al patio. Punirò questo capitano menzognero e poi monterò e cavalcherò
via.
– Con una pistola in mano! – Piagnucola Ramon, che già inizia a sudare dalla rabbia e dalla paura.
– Metto la mia pistola sul tavolo, così. Ed ora che Don Carlos resti in quell’angolo con le signore, all’erta,
capitano dei miei stivali!
Zorro estrae la sua lama, e con un grido felice capitano Ramon estrasse la sua. Il capitano Ramon ha una
certa notorietà come buon maestro di scherma, cosa saputa indubbiamente da Zorro, perché egli è cauto fin
dall'inizio, senza lasciare nessuna apertura all’avversario, restando sulla difesa senza attaccare.
Il capitano lo incalza, la sua lama lampeggia come le striature di un fulmine in un cielo agitato. Zorro è
retrocesso quasi fin contro il muro vicino alla porta della cucina, e negli occhi del capitano la luce del trionfo
già comincia a bruciare. Egli monta rapidamente all’attacco, senza dare all’uomo mascherato un attimo di
tregua, mantenendo il suo antagonista contro il muro.
Ma poi Zorro ridacchia. Per ora ha lasciato l’attacco all’avversario, ma non è per niente preoccupato.
Lascia la sua difesa per lanciare un affondo che lascia il capitano perplesso. Zorro ride con leggerezza.
– Sarebbe un peccato ucciderti – Dice. – Ho sentito dire che sei un buon ufficiale, e l'esercito ne pochi di
uomini come te. Ma tu hai detto delle menzogne sul mio conto, e dovrai pagare. Però non ti toglierò la vita.
– Millantatore! – Ringhia il capitano.
– Quanto a questo vedremo. Ah! Quasi ti toccavo, mio bravo capitano. Sei più bravo del tuo grande
sergente, ma non sei tanto più furbo di lui. Dove preferisci essere toccato a sinistra o destra?
– Se sei così certo di riuscirci, attraversami la spalla destra, sbruffone. – Dice il capitano.
– Hai una buona guardia, mio bravo capitano, ma farò come dici tu.
Il capitano si gira, cercando di portare la luce delle candele agli occhi dell’uomo mascherato, ma Zorro,
come recita il suo nome, è una volpe e dal pelo vecchio. Fa si che il capitano si gira ulteriormente di schiena,
costringendolo poi a ritirarsi, per duellare in un angolo della sala.
– Ora, mio bravo capitano! – Grida.
E così lo trafigge alla spalla destra, come il capitano gli ha detto di fare, e poi fa uscire la lama. Zorro ha
colpito un po’ troppo in basso, e il capitano Ramon sente una debolezza improvvisa e si lascia cadere per
terra.
Zorro fa un passo indietro e, dopo averla pulita, rinfodera la sua lama.
– Chiedo il vostro perdono, signore per questa disgustosa scena di violenza, – Dice. – E io vi assicuro che
questa volta me ne vado via sul serio. Vedrete Don Carlos, che il capitano non è ferito gravemente. Egli potrà
tornare al suo presidio in giornata.
Si toglie il sombrero e si prostra davanti a loro, mentre Don Carlos non sa più che dire. Gli occhi di Diego
dietro la maschera, per un attimo, si incrociarono con quelli di Lolita, e fu felice di non leggervi della
ripugnanza.
– Buenos noches. – Dice sorridendo.
Poi esce veloce dalla stanza e attraversando la cucina passa nel patio. Qui vi trova il suo fedele cavallo, che
lo attende come aveva detto. Con un balzo salta in sella e s’allontana galoppando.

Capitolo 10: Una punta di gelosia

Nello spazio di mezz'ora, la spalla ferita del capitano Ramon è stata ripulita del sangue e bendata, e il
capitano è ora seduto ad una estremità della tavola, sorseggiando vino e guardando in giro con una faccia
pallida, molto stanco.
Dona Catalina e sua figlia Lolita ha avuto modo di mostrare per lui molta simpatia, anche se quest'ultima
evita con difficoltà di sorridere quando si ricorda la vanteria del capitano riguardo a ciò che si propone di
fare a Zorro, in confronto a ciò che era successo. Don Carlos fa di tutto per far sentire il capitano come se
fosse in casa sua, anzi prega il funzionaio di rimanere alcuni giorni alla hacienda fin quando la ferita non
fosse guarita.
Dopo aver guardato gli occhi di Lolita, il capitano ha risposto che sarebbe stato felice di rimanere almeno
per un giorno e, nonostante la sua ferita, tenta, miseramente, una conversazione gentile e spiritosa.
Ancora una volta si udì il battito degli zoccoli di un cavallo, e Don Carlos invia un servo alla porta per
aprirla in modo da far uscire la luce, pensando che fosse uno dei soldati di ritorno.
Il cavaliere si ferma davanti alla casa, e il servo corre a prendersi cura della bestia.
Ci fu un momento in cui dall'interno della casa non si ode nulla, e poi si sentono dei passi in veranda, ed
ecco apparire Don Diego Vega che attraversa in fretta la porta.
– Ah! – Fa con un grosso sorriso. – Sono rallegrato che tutti siate vivi e vegeti!
– Diego! – Esclama il padrone di casa. – Hai cavalcato fuori dal pueblo una seconda volta in un solo
giorno?
– Senza dubbio mi ammalerò per questo, – Dice Diego. – Già mi sento ritornare il mio mal di schiena.
Eppure ho capito che dovevo venire. C'è stato un allarme nel pueblo, ed è stato detto che questo il Senor
Zorro, il bandito, aveva fatto una visita alla fattoria. Ho visto i soldati cavalcare furiosamente in questa
direzione, e la paura è entrata nel mio cuore. Capite, don Carlos, mi dovevo sentire tranquillo.
– Capisco, caballero, capisco – Risponde Don Carlos, sorridendo e guardando sua figlia Lolita.
– Ho sentito il dovere di rifare il viaggio. E ora scopro che è stato inutile, tutti sono vivi e vegeti. Come è
successo?
Lolita sta per rispondere in maniera spiacevole, ma Don Carlos si affretta a rispondere a sua volta.
– Quell'uomo è stato qui, ma è fuggito dopo aver ferito alla spalla il capitano Ramon.
– Ah! – Fa Don Diego disse, crollando su una sedia. – Così avete sentito il suo acciaio, eh, capitano? Questo
dovrebbe nutrire il vostro desiderio di vendetta. I vostri soldati sono dietro al ladro?
– Infatti. – Risponde subito il capitano, perché non gli piace che si dicesse che era stato sconfitto in
combattimento. – E continueranno ad esserlo fino a quando non lo cattureranno. Ho un buon sergente,
Gonzales, che credo sia un suo amico don Diego, che ha il forte desiderio di farlo prigioniero e guadagnar
così la ricompensa del governatore. Incaricherò Lui, quando torna, di prendere il comando e di proseguire la
caccia a questo bandito.
– Lasciami esprimere la speranza che i soldati abbiano successo, Senor. Il ladro ha infastidito Don Carlos e
la sua famiglia e Don Carlos è un mio amico. Vorrei che tutti lo sappiano.
Don Carlos spirava felicità da tutti i pori, e Dona Catalina sfoggia un sorriso seducente, ma Lolita lotta
parecchio per mantenere sul viso il disprezzo.
– Prego, una tazza del vostro vino fresco, Don Carlos, – Continua Diego. –Sono stanco. Due volte oggi ho
galoppato qui da Reina de Los Angeles, e più di ciò che un uomo possa sopportare.
– Via! Si tratta solo di un viaggio di appena quattro miglia, – Dice il capitano.
– Forse non è nulla per un rude soldato, – Risponde Diego – ma è molto per un caballero.
– Non può un soldato essere un caballero? – Chiede Ramon, un po’ irritato dalle parole di Diego.
– È accaduto prima d'ora, ma è cosa molto rara. – Fa Diego. Poi guarda Lolita mentre parla, con la speranza
che prenda atto delle sue parole. Ha visto il modo in cui il capitano la guarda, e la gelosia comincia a
bruciare nel suo cuore.
– Vuoi dire insinuare, signore, che io non sono di buon sangue? – Chiede il capitano Ramon.
– Non posso rispondere, signore, non avendo visto niente di ciò che successo stasera. Non c'è dubbio che
questo Senor Zorro me lo potrebbe ben dire. Lui il colore del vostro sangue, lo ha visto.
– Per tutti i santi! – Piagnucola il capitano Ramon. – Vorreste schernirmi?
– Mai si è scherniti dalla verità. – Osserva Diego – Egli vi ha colpito attraversando la spalla, eh? È un
semplice graffio, non ho dubbi. Non dovreste essere al presidio ad istruire i vostri soldati?
– Aspetto qui il loro ritorno. – Risponde il capitano. – Inoltre, da qui al presidio è un viaggio faticoso, in
base alle vostre idee, senor.
– Ma un soldato è assuefatto al disagio, senor.
– È vero, infatti si possono incontrare ci sono molti parassiti. – Fa il capitano, guardando negli occhi Diego.
– Mi definite un parassita, signore?
– Ho detto tanto?
Il discorso sta prendendo una piega pericolosa, e Don Carlos è già in brutte acque e non ha lo spirito di
lasciare che un ufficiale dell'esercito e Don Diego Vega continuassero ad affrontarsi nella sua fattoria.
– Altro vino, signori? – Esclama a gran voce, e si mise in mezzo ai due. – Bevi, mio buon capitano, che tua
ferita ti ha reso debole. E anche tu Diego, dopo la tua cavalcata selvaggia.
– Dubito che sia stata selvaggia. – Osserva maligno il capitano.
Diego accetta il bicchiere di vino offertogli e volta le spalle al capitano. Lancia un'occhiata a Lolita e
sorride mostrando i suoi denti bianchi. Si alza e deliberatamente prende la sedia e la porta dall'altra parte
della stanza per sedersi accanto a lei.
– Vi ha spaventato molto quel bandito, signorina? – Gli chiede.
– Supponiamo che lo abbia fatto, signor mio? Vorreste vendicare il problema? Vi mettereste una lama al
fianco e andreste a cercarlo per poi punirlo come merita?
– Oh, santi numi, se fosse necessario, lo farei. Ma posso trovare una serie di compagni forti che
correrebbero per me contro quella canaglia. Perché dovrei rischiare la pelle proprio io?
– Oh! – Esclama Lolita, esasperata.
– Ma non parliamo più di questo Senor Zorro assetato di sangue, – Prega Diego. – Ci sono altre forme di
conversazione. Hai pensato, mia dolce signorina, all'oggetto della mia visita nel corso della giornata?
Lolita ci pensa su. Ricorda ancora una volta ciò che questo matrimonio avrebbe significato per i suoi
genitori e le loro fortune, e poi ricorda il bandito di strada, la sua foga e lo spirito, e avrebbe voluto che don
Diego, fosse un uomo come lui. E non riesce a dire la parola che avrebbe fatto di lei la promessa sposa di
Don Diego Vega.
– Ho - Ho appena avuto il tempo di pensarci, caballero. – Risponde.
– Sono certo che la vostra mente deciderò entro breve. – Fa Diego.
– Siete così ansioso?
– Mio padre mi ha parlato ancora questo pomeriggio. Insiste che dovrei prendere una moglie il prima
possibile. È piuttosto un fastidio, certo, ma un uomo deve compiacere suo padre.
Lolita si morde le labbra a causa della sua rabbia repressa. È mai stata corteggiata così una ragazza si
chiede fra se?
– Farò in modo che la mia mente ci pensi il prima possibile, signore. – Dice alla fine.
– Questo capitano Ramon rimarrà a lungo presso l’hacienda?
Un po’ di speranza entra in cuore a Lolita. Può essere possibile che Don Diego Vega sia geloso? Se fosse
così, forse ha cuore di uomo dopo tutto. Forse si sarebbe svegliato, e l'amore e la passione sarebbe entrato in
lui, e lui sarebbe stato come gli altri giovani.
– Mio padre gli ha chiesto di restare fino a quando non è in grado di raggiungere il presidio – Rispose.
– Eppure è ancora in grado di viaggiare, è un semplice graffio.
– Non tornerà al pueblo stasera?
– Probabilmente starò male, ma devo ritornare. Ci sono certe cose di cui mi devo interessare domani
mattino presto. Gli affari sono una seccatura.
– Forse mio padre vi offrirà di inviarvici in carrozza.
– Ah! Sarebbe una vera gentilezza se lo facesse. Un uomo può sonnecchiare un po’ in carrozza.
– Ma, se il bandito vi dovesse fermare?
– Non temete, mia dolce signorina. Non sono forse ricco? Non potrei comperare la mia liberazione?
– Vorreste pagare il riscatto piuttosto che lottare per la vostra libertà, signore?
– Ho un sacco di soldi, ma una sola vita, signorina. Non sarei un uomo saggio nel rischiare che scorra il
mio sangue.
– Sarebbe una cosa virile, però? – Fa Lolita.
– Qualsiasi maschio può essere virile, a volte, ma ci vuole un uomo intelligente per essere così sagace.
Diego si mette a ridere con leggerezza, come se gli costasse un bello sforzo, e si piega in avanti a parlare in
toni più bassi.
Dall'altro lato della stanza, Don Carlos sta facendo del suo meglio per rendere il soggiorno del capitano
Ramon il più confortevole possibile, ed è contento che per il momento lui e don Diego avessero smesso di
beccarsi.
– Don Carlos, – Dice il capitano – Vengo da una buona famiglia, e il governatore è molto amichevole con
me, come senza dubbio avrete udito. Ma io ormai 23 anni di età, altrimenti avrei esercitare un incarico
superiore. Ma il mio futuro è comunque ben assicurato.
– Sono rallegrato di saperlo, capitano.
– Non ho mai posato gli occhi su vostra figlia fino a questa sera, ma lei mi ha conquistato, signore. Non ho
mai visto tanta grazia e bellezza, come quegli occhi stupendi! Chiedo il vostro permesso per farle la corte.

Capitolo 11: tre pretendenti

Un bel problema. Don Carlos non ha alcun desiderio di astio verso Diego, un uomo ben ammanicato col
governatore. Però non è simpatico a Lolita, allora forse lei potrebbe imparare ad amare il capitano Ramon.
Dopo Diego, il capitano è il miglior partito dei dintorni.
– La vostra risposta, signore? – Chiede impaziente il capitano.
– Ho fiducia che non mi fraintendere, signore, – Fa Don Carlos a bassa voce. – Devo dirvi una cosa.
– Dica, senor.
– Questa mattina Don Diego Vega mi ha fatto la stessa richiesta.
– Ah!
– Conoscete il suo sangue e la sua famiglia, senor. Potevo rifiutare? Non potevo. Ma posso dirvi questo: la
signorina non sposerà nessun uomo se quello che desidera. Così Don Diego ha il mio permesso di farle la
corte, ma se non riesce a toccare il suo cuore…
– Allora posso provare? – Chiede il capitano.
– Avete il mio permesso, senor. Certo, Don Diego ha una grande ricchezza, gli piace mia figlia però non…
ecco non so se mi può capire.
– Capisco perfettamente, don Carlos. – Dice il capitano, ridendo. – Non è esattamente un cavaliere
coraggioso e audace. Ma forse vostra figlia preferisce la ricchezza all’amore?
– Capitano! Mia figlia seguirà i dettami del suo cuore! – Esclama Don Carlos con orgoglio.
– Allora la questione è tra Don Diego Vega e me?
– Sì, capitano. Ma con discrezione. Non vorrei che accadese qualcosa da far fiorire inimicizia tra la famiglia
Vega e la mia.
– I vostri interessi saranno protetti, Don Carlos. – Dichiara il capitano Ramon.
Mentre Don Diego parla, Lolita osserva il padre e il capitano Ramon, e indoviva quello che si dicono. Le
piace, naturalmente, che un ufficiale aspirasse alla sua mano, ma non ha sentito alcun brivido quando prima
l’aveva guardata negli occhi.
È Zorro, ora, che l’emoziona fino alla punta dei suoi piedini, e solo perché ha parlato con lei, e per aver
toccato il palmo della mano con le sue labbra. Se solo Don Diego Vega avesse del sangue ardito come il
bandito! Un ladro con slancio e coraggio!
Un improvviso tumulto avviene al di fuori, e nella stanza entrano i soldati, col sergente Gonzales alla loro
testa. Essi salutano il loro capitano, e il grande sergente guarda con meraviglia la sua ferita alla spalla.
– La canaglia ci è sfuggita. – Riferisce Gonzales. – Lo abbiamo seguito per una distanza di tre miglia verso
le colline, ma è svanito nel nulla.
– Beh? – Fa Ramon.
– Ha degli alleati.
– Che cosa vuol dire questo?
– Sicuramente una diecina di uomini lo stavano aspettando, mio capitano. Sulle colline abbiamo sentito i
loro occhi sopra di noi, prima della lotta. Li abbiamo combattuti bene, e tre di loro li abbiamo feriti, ma li
abbiamo messi in fuga. Sono fuggiti portandosi dietro i loro compagni. Temendo un’imboscata ho preferito
non inseguirli.
– Allora dobbiamo fare i conti con una banda di ladri! – Esclama Ramon. – Sergente, dovete selezionare
una ventina di uomini in mattinata, di cui avrete il comando. Imboccate il sentiero dove questo signor Zorro
è scomparso, e non ritornerete fino a quando non li avrete o catturati o uccisi. In caso di successo offrirò il
quarto del mio salario alla ricompensa di Sua Eccellenza, il governatore.
– Ah! È quello che faremo! – Piagnucola il Sergente Gonzales. – Dovunque si nasconda questo coyote lo
scoverò in breve tempo e vedremo così il colore del suo sangue!
– Ne avete il diritto, visto che Zorro ha visto il colore del sangue del vostro superiore. – Fa Diego.
– Che cosa mi dite, Don Diego, amico mio? Capitano, avete incrociato le lame con il ladro?
– Ho, si! – Annuisce il capitano. – Mentre voi seguivate un cavallo ammaestrato con cura, mio bravo
sergente. L'uomo mascherato era qui, in un armadio, e venne fuori dopo che ero entrato. Così deve essere
stato qualcun altro che si è incontrato con i suoi compagni nelle colline. Questo signor Zorro mi trattato alla
stessa stregua di come trattò te nella taverna, aveva una pistola a portata di mano nel caso vossi stato troppo
esperto con la lama.
Capitano e sergente si guardano dritto, chiedendosi quanto l'altro aveva mentito, mentre Diego sorride
sotto i baffi e cerca di premere la mano di Lolita ma fallisce.
– Questa faccenda può essere risolta solo col sangue! – Dichiara Gonzales. – Cercheranno quel furfante
fino a quando non morderà la terra. Ho il vostro permesso di scegliere i miei uomini?
– Li scelga al presidio. – Dice il capitano.
– Sergente Gonzales, vorrei venire con te. – Fa Diego all'improvviso.
– Per tutti i santi! Sarebbe come ucciderti, caballero. Giorno e notte in sella, in salita e in discesa, nella
polvere e calore, e con la possibilità di combattere.
– Beh, forse è meglio per me rimanere nel pueblo – Ammette Diego. – Ma ha infastidito fin troppo questa
famiglia, di cui sono un vero amico. Almeno mi terrà informato? Lei mi dirà come vi sfugge? In modo che io
posso essere con voi in spirito?
– Certo, cavaliere certamente. – Risponde il sergente Gonzales. – Vi darò la possibilità di guardare la faccia
morta del ladro. Ve lo giuro!
– Questo è un giuramento terribile, caro sergente. Supponiamo che ve lo troverete davanti?
– Vorrà dire, che ucciderò il furfante, caballero! Mio capitano, farete ritorno questa notte al presidio?
– Sì. – Risponde Ramon. – Nonostante la mia ferita, posso andare a cavallo.
Guarda verso Don Diego mentre parla, e ci fu quasi un ghigno sulle labbra.
– Che grinta magnifica! – Dice Diego. – Anch'io, ritornerò a Reina de Los Angeles, se Don Carlos sarà tanto
gentile da prestarmi la sua carrozza. Posso legare il mio cavallo dietro di essa. Rifarmi di nuovo tutto il
tragitto sarebbe la morte di me.
Gonzales si mette a ridere e apre la strada verso la porta. Il capitano Ramon rende omaggio alle signore,
guarda in cagnesco Don Diego, e lo segue. Il caballero si trova di nuovo di fronte a Lolita mentre i suoi
genitori scortano il capitano alla porta.
– Penserai alla mia richiesta? – Gli chiede. – Mio padre tornerà da me fra pochi giorni, e io vorrei dirgli che
tutto è risolto. Se decidete di sposarmi, tuo padre mi informerà attraverso un vostro domestico. Poi metterò
l’avviso davanti casa con il giorno del matrimonio.
– Ci penserò. – Fa la ragazza.
– Potremmo essere sposati alla missione di San Gabriel, anche se il viaggio è troppo faticoso. Frate Felipe,
alla missione, è un mio buon amico da quando eravamo fanciulli. Potrebbe anche venire a Reina de Los
Angeles e leggere la cerimonia nella chiesetta sulla piazza.
– Ci penserò. – Fa di nuovo la ragazza.
– Forse dovrei uscire di nuovo per vedere se posso sopravvivere a un’altra notte come questa. Buenos
noches, Lolita. Suppongo che dovrei baciarti la mano?
– Non c'è bisogno che ti prendi questo fastidio. – Risponde Lolita – Potresti affaticarti.
– Ah si, grazie. Sarò davvero fortunato se ti avrò in moglie.
Diego si incammina verso la porta. Lolita si precipita nella sua stanza e si mette a battere con le mani i suoi
seni, troppo arrabbiata per piangere. Chiederle di baciarle la mano! Zorro non l'ha chiesto, l'ha fatto. Zorro
ha sfidato la sorte per farle visita. Zorro ride mentre duella, e poi è fuggito con un trucco! Ah, se don Diego
Vega fosse la metà dell'uomo mascherato!
Sente il galoppo dei soldati che si allontanano, e dopo un pò sente Diego partire con la carrozza di suo
padre. E ritorna in sala dai suoi genitori.
– Padre, è impossibile che io sposi Don Diego Vega! – Dice.
– Cosa ha causato la tua decisione, mia figlia?
– Diego non è il tipo di uomo che voglio per marito. Diego è senza vita. La mia vita con lui sarebbe un
tormento continuo.
– Il capitano Ramon ha anche chiesto il permesso di poterti fare la corte, – Dice sua madre.
– Quello è anche peggio! Non mi piace lo sguardo nei suoi occhi. È maligno. – Risponde la ragazza.
– Tu stai chiedendo troppo, figlia mia. – Le fa il padre. – Cerca di capire, che se la persecuzione continua un
altro anno, noi saremo mendicanti. Oggi è il miglior partito del paese è venuto a chiederti la mano, e l’hai
rifiutato. Poi non ti piace un alto ufficiale dell'esercito, perché ha lo sguardo maligno. Pensaci su, ragazza
mia! Un'alleanza con i Vega sarebbe la benvenuta. Forse quando lo conoscerai meglio, ti piacerà ancora di
più. E quell'uomo si può svegliare. Credo che sia stato geloso stasera nel vedere il capitano qui. Se tu si riesce
a suscitare la sua gelosia…!
Lolita scoppia in lacrime, ma ben presto la tempesta passa, e si asciuga gli occhi.
– Farò del mio meglio con diego, padre. Ma non so ancora se sarò sua moglie.
Corre nella sua stanza, e chiama la donna nativa che la curava. Ben presto tutta la casa fu al buio, salvo che
per i fuochi dalle vicine capanne, dove gli indigeni si raccontano l'un l'altro i tristi eventi della notte, ognuno
cercando di ampliarli più che poteva. Un dolce russare giunge dalla camera di Don Carlos Pulido e della sua
compagna.
Ma Lolita non ha sonno. Ha la testa appoggiata su un lato del cuscino, e sta guardando attraverso la
finestra i fuochi in lontananza, e la sua mente è piena di pensieri su Zorro.
Ricorda la grazia del suo abbraccio, la musica della sua voce profonda, il tocco delle sue labbra sul palmo
della mano.
– Vorrei che non fosse una canaglia. – Sospira. – Come può una donna amare un uomo così?

Capitolo 12: Una visita

È da poco sorta l'alba e un notevole movimento movimenta la piazza a Reina de Los Angeles. Il sergente
Pedro Gonzales è lì con un manipolo di soldati, quasi tutti quelli che sono di stanza presso il locale presidio,
e si stanno preparando per dar la caccia a Zorro.
La voce del grosso sergente urla sopra il frastuono degli uomini che allaciavano selle e briglie e controllano
acqua e cibo insieme alle munizioni. Gonzales ha preso i comandi del suo capitano molto sul serio riguardo
la cattura di Zorro e non vuole ritornare fino a che non sia riuscito nell’impresa, o sia morto nel tentativo.
– Allora amico mio, questa volta metteremo la pelle della volpe attaccata alla porta del presidio. – Fa il
sergente al grasso posadero – Così il governatore mi pagherà il premio e salderò tutti I tuoi debiti.
– Speriamo che i santi lo permettano. – Risponde il posadero.
– Hey, razza di … Hai forse paura di perdere i tuoi soldarelli?
– Volevo dire che pregherò che riusciate a catturare l'uomo, – Fa il padrone di casa, snocciolando la sua
menzogna con disinvoltura.
Il capitano Ramon non è presente, avendo la febbre a causa della sua piccola ferita, e la gente del pueblo si
affolla intorno al sergente Gonzales e ai suoi uomini, facendo una moltitudine di domande, e il sergente si
trova al centro dell'interesse.
– Questa maledizione di Capistrano cesserà presto di esistere! – Si vanta a gran voce. – Pedro Gonzales è
sulle sue tracce. Ah! Aspetto con ansia al momento in cui mi troverò faccia a faccia con quei banditi.
La porta d'ingresso della casa di Don Diego Vega si apre proprio in quel momento, e compare don Diego,
sorprendendo i concittadini, dato che non si è mai alzato così di buon mattino. Al sergente Gonzales cade un
pacco per la sorpresa, poi si mette le mani sui fianchi, e guarda l'amico con improvviso interesse.
– Non siamo andati a dormire? – Fa poi.
– Ma certo! – Dichiara Diego.
– E ci siamo alzati così presto? Ecco un bel mistero diabolico che ha bisogno di spiegazione.
– Hai fatto tanto rumore da risvegliare i morti. – Risponde Diego.
– Non c’era altro da fare, caballero, dal momento che rispondono ai miei ordini.
– In genere vi preparate al presidio, cos’è, oggi hai cambiato sede, per darti più importanza davanti a tutti,
qui in piazza?
– Ora, siete… – Sta per dire Gonzales in tono irritato ma Diego lo ferma subito.
– Non dirlo! È un dato di fatto, io mi sono alzato presto perché devo fare un fastidioso viaggio per gli affari
della mia hacienda, un viaggio di ben dieci miglia, per ispezionare le greggi e gli armenti. Non diventare mai
un uomo ricco, sergente Gonzales, la ricchezza chiede troppo a un uomo.
– Qualcosa mi dice che non devo soffrire per questo motivo. – Dice il sergente, ridendo. – Non andrete da
solo, amico mio?
– Con un paio di nativi, tutto qui.
– Se doveste incontrare questo Zorro, probabilmente dovrette pagare un bel riscatto.
– Perchè, Zorro potrebbe trovarsi tra il borgo e la mia hacienda? – Chiede Diego.
– Un nativo è arrivato poco fa dicendo che era stato visto sulla strada che porta da Pala e San Luis Rey.
Cavalcheremo in quella direzione. E poiché la vostra hacienda è al lato opposto, senza dubbio non incontrerà
quel mascalzone.
– Mi tranquillizza sentirlo dire. Così si và verso Pala, bravo sergente?
– È quello che faremo, cercando di trovare più tracce possibili che ci portino a stanare la volpe dalla sua
tana.
– Attenderò con ansia buone notizie. – Fa Diego. – Suerte!
Gonzales e i suoi uomini montano a cavallo, il sergente grida un ordine, e attraversano la piazza al galoppo
sollevando grandi nubi di polvere, dirigendosi verso la strada che porta verso Pala e verso San Luis Rey.
Diego li osserva finchè non rimane di loro che una piccola nuvola di polvere in lontananza, allora si fa
portare il suo cavallo. Monta anche lui in sella e si dirige verso San Gabriel, mentre due servitori indigeni
con dei muli lo seguono a breve distanza.
Ma prima di partire, Diego scrive un messaggio e lo fa inviare da un nativo alla hacienda Pulido. È
indirizzata a don Carlos, e vi è scritto:
I soldati hanno iniziato questa mattina la caccia a Zorro, sembra sia stato segnalato che questo bandito abbia una banda
di ladri sotto il suo comando e potrebbe offrire battaglia. Non si può dire, amico mio, che ciò non possa accadere. Devo
essere sincero, non mi piace che ci sia qualcuno di cui mi preme la sorte che possa essere in pericolo, parlo soprattutto
per tua figlia, per sua madre, ma anche per te stesso. Non solo. Il bandito ha visto tua figlia ieri sera, e ha di certo
apprezzato la sua bellezza, e potrebbe cercare di rivederla.
Ti prego perciò di venire subito a casa mia a Reina de Los Angeles, e di prendere possesso della mia abitazione fino a
quando tutto non si sarà risolto. Lascio la mia casa questa mattina per dei problemi alla mia hacienda, ma i miei
domestici hanno ordine di servirvi in tutto e per tutto. Spero di vedervi al mio ritorno, tra due o tre giorni.
Diego.
Don Carlos legge la lettera ad alta voce alla moglie e alla figlia, e poi alza lo sguardo su di loro. Ha sempre
deriso i pericoli, da vecchio soldato, ma non può mettere in così serio pericolo la sua famiglia.
– Cosa ne pensi? – Chiede alla moglie.
– È da molto tempo che non visitiamo il pueblo – Dice Dona Catalina. – Ho lasciato alcuni amicizie con
delle signore. Penso che sarà un'ottima cosa da fare.
– È certamente una fortuna di essere ospiti nella casa di Don Diego Vega, e non dobbiamo sciuparla. – Fa
Don Carlos. – Cosa ne pensi Lolita?
È una cosa insolita chiederle qualcosa, e Lolita se ne rese conto subito che il motivo è la corte di Diego.
Esita qualche tempo prima di rispondere.
– Credo che vada bene. – Risponde poi. – Mi piacerebbe visitare il pueblo, perché non vediamo quasi
nessuno qui alla hacienda. Ma le persone potrebbero spettegolare su don Diego e me.
– Sciocchezze! – Esplode Don Carlos. – Potrebbe esserci qualcosa di più naturale che volessimo visitare il
Vega, poiché il nostro sangue è quasi buono come loro e meglio di quello altrui?
– Ma è la casa di don Diego, e non quella di suo padre. Però lui non sarà lì per due o tre giorni… e potremo
tornare a casa nostra al suo ritorno.
– Bene! Allora è deciso. – Dichiara Don Carlos. – Darò le istruzioni al sovrintendente.
Si affretta nel patio e suona la grande campana per chiamare il sovrintendente, con allegria. Perchè pensa
che quando Lolita avrà visto i ricchi arredi nella casa di Don Diego Vega, forse lo accetterà più volentieri
come marito. Quando avrà visto le sete e gli arazzi eleganti, i mobili intarsiati d'oro e tempestati di pietre
preziose, quando si renderà conto che potrebbe essere padrona di tutto ciò e di molto altro ancora, si sarebbe
forse sicuramente decisa. Don Carlos si lusinga di conoscere il cuore femminile.
Poco dopo l'ora della siesta, una carrozzina viene portata davanti alla porta, tirata da dei muli e guidati da
un nativo. Dona Catalina e Lolita vi prendono posto, mentre Don Carlos cavalcava il suo miglior cavallo al
loro fianco. E così prendono il sentiero per la strada, e da lì si spostano verso Reina de Los Angeles.
Sulla strada molta persone si meravigliano di vedere la famiglia Pulido che usce dalla loro fattoria, è
risaputo infatti che ormai sono in disgrazia e non vanno da nessuna parte. Si è anche spettegolato che le
signore non tengono il passo con la moda, e che i servi sono scarsamente nutriti, e rimangono rimasti alla
hacienda solo perché il loro padrone è molto gentile.
Ma Dona Catalina e la figlia tenevano la testa con orgoglio, come fa Don Carlos, e salutano le persone che
conosceno, e così continuano lungo tutta la strada.
Poi ad una svolta possono vedere il pueblo in lontananza, la sua piazza e la sua chiesa con la sua grande
croce su un lato e la locanda e i magazzini e con le residenze al suo fianco, alcune delle quali più pretenziose,
come quella di Diego, e sparse all’intorno le capanne dei nativi e della povera gente.
La carrozzina si ferma davanti alla porta di Diego, e i domestici si precipitano fuori per render omaggio ai
graditi ospiti, stendendo un tappeto dalla carrozzina fino alla porta, di modo che le signore non sporcassero
con la polvere della strada. Don Carlos apre la strada in casa, dopo aver ordinato che i cavalli e i muli siano
curati e la carrozzina messa via, e poi si riposano per un pò di tempo, mentre i servi portato loro cibo e vino.
Visitano in seguito la ricca casa, e anche gli occhi di Dona Catalina, che ha visto molte case ricche, si
allargano a quello che vede nella casa di Diego.
– E pensare che nostra figlia potrebbe essere padrona di tutto questo con una sola parola! – Esclama a bocca
aperta.
Lolita non dice nulla, ma incomincia a pensare che forse non sarebbe stato così male essere la moglie di
Don Diego. È una vera battaglia mentale per Lolita. Da una parte la ricchezza e la posizione, e il ritorno della
fortuna per i suoi genitori, con un uomo senza vita come marito, ma dall'altro lato vi è ancora la speranza del
romanticismo e dell'amore ideale che ha sempre desiderato.
Don Carlos lascia la casa e attraversa la piazza fino ad arrivare alla locanda, lì incontra alcuni gentiluomini
di una certa età, e rinnova così la loro conoscenza, anche se nota come nessuno di loro fosse espansivo nel
suo saluto. Colpa della cattiva influenza del governatore, sicuramente.
– Sei nel pueblo per affari? – Gli chiese uno di loro.
– Non è così, signore, – Risponde Don Carlos ben volentieri, dal momento che vi è la possibilità di riavere
in parte il suo prestigio. – Sapete che Zorro è ancora libero e i soldati sono alla sua caccia.
– Certo! Siamo informati di questa spedizione.
– Ciò potrebbe portare ad una battaglia, o una serie di pericolose incursioni, in quanto si vocifera che ora
Zorro abbia una banda di tagliagole con lui, e la mia hacienda è molto isolata e sarebbe in loro balia.
– Ah! È così avete deciso di portare la vostra famiglia al sicuro nel pueblo fino a quando non sarà ristabilita
la calma?
– Devo dire la verità. Non ci avevo nemmeno pensato, ma questa mattina Don Diego Vega mi ha inviato
un messaggio in cui mi chiedeva di portare la mia famiglia al sicuro nel pueblo e di far uso della sua casa in
questi tragici momenti. Don Diego ora è alla sua fattoria, ma sarà di ritorno entro breve tempo.
A sentire questo molti occhi si aprono per la sorpresa, ma Don Carlos fece finta di niente, e continua a
sorseggiare il suo vino.
– Il giovane Vega era venuto a farmi visita ieri mattina. – Continua. – Per rinnovare l’antica amicizia che vi
era tra le nostre due famiglie. E la sera stessa la mia hacienda ebbe una visita da parte di Zorro, come senza
dubbio avrete udito. Don Diego, al sentire questa notizia, si mise di nuovo al galoppo, temendo il peggio.
– Cosa? Due volte nello stesso giorno! – Ansima uno di quelli che stanno ascoltato.
– Proprio così, signore.
– Bisogna dire che tua figlia è molto bella, non è così, Don Carlos? Ha diciassette anni, è che vero?
– Diciotto, Signori. Si dice che sia bella, credo… – Ammette Don Carlos.
Quelli intorno a lui si guardano l'un l'altro. E comprendono subito. Il giovane Vega sta cercando di sposare
la signorina Lolita Pulido. Questo significa che la fortuna dei Pulido sarà presto di nuovo al suo apice, e che
lui vedrà poi con sospetto chi non gli è rimasto amico.
Così ora, si affollano in avanti, attenti a fargli onore, e incominciano ad informarsi sulle questioni di cui è
esperto, se le sue mandrie e le sue greggi sono aumentate, e se le api stanno facendo bene il loro lavoro, e se
le olive fossero eccellenti in quell'anno.
Don Carlos prende in mano subito la discussione, come una volta. Parla del prezzo del suo vino, ben
conosciuto nei dintorni e questo fa schizzar fuori il posadero che fa subito la sua offerta, cercando di calcolare
i profitti, un compito senza speranza per la sua poca fantasia.
Quando Don Carlos lascia la locanda al tramonto, molti di loro lo seguono fino al giardinetto Vega, e due
dei più influenti camminano con lui per tutta la piazza fino alla porta della casa di Diego. Uno di questi gli
prega anzi, che lui e sua moglie vengano a visitare la sua casa quella sera per ascoltare della buona musica e
parlare, invitto che Don Carlos gentilmente accetta.
Dona Catalina osserva tutto dalla finestra, ed è con un viso raggiante che accoglie il marito alla porta.
– Tutto va bene, cara. – Dice Don Carlos. – Mi hanno accolto a braccia aperte. E io ho anche accettato un
invito per questa sera.
– Ma Lolita?
– Dovrà rimanere qui, naturalmente. Che problemi vuoi ci siano? Ci sono all’incirca una cinquantina di
servi. E ho accettato l'invito.
Una tale possibilità di riaprire la fortuna dei Pulido, non può essere ignorata, perciò Lolita accetta di buon
grado di rimanere in casa. Leggerà un buon volume di versi in biblioteca, e quando sentirà sonno si ritirerà
in camera. I domestici gli faranno la guardia e si prenderanno cura personalmente dei suoi desideri.
Don Carlos e la moglie vanno così a far la loro visita serale, mentre la piazza viene tutta illuminata da una
mezza dozzina di nativi con delle torce in mano, visto che la notte senza luna, e che minaccia di nuovo
pioggia.
Lolita è rannicchiata su un divano, pronta a leggere il volume di versi che ha in grembo. Ogni versetto
tratta d'amore, romanticismo e passione. Si meraviglia che Diego abbia tali letture, lui, un tipo così privo di
vita, ma il volume si mostra molto manipolato. Balza allora dal divano a osservare curiosa altri libri su una
panchina poco distante. E il suo stupore aumenta.
Volumi e volumi di poeti che cantava l'amore; volumi che hanno a che fare con l’equitazione, libri scritti
sotto dettatura dei maestri di scherma, libri con racconti di grandi generali e di guerrieri.
Sicuramente questi volumi non sono per un nobiluomo come Diego. Chissà forse lui si crogiola nella loro
lettura, anche se poi ha una regola di vita ben diverso. Don Diego è qualcosa di simile ad un rompicapo, si
dice fra sé per la centesima volta, e torna così a leggere la poesia di nuovo.
Poi qualcuno bussa forte alla porta d’ingresso. È il capitano Ramon.

 

Marco Pugacioff
  

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