Zorro:
la maledizione di Capistrano.
di Johnston McCulley
Traduzione e libero
adattamento di Marco Pugacioff
Non revisionato
Testo ripreso da: http://en.wikisource.org/wiki/The_Curse_of_Capistrano
Parte 1
Capitolo 1: Pedro, il
millantatore
La pioggia batte
ancora una volta contro il tetto di tegole rosse spagnole, mentre il vento urla
come
un'anima in pena, e il
fumo soffiato nel grande camino inonda di scintille il pavimento sporco.
– Questa è una notte
buona per le malvagità! – Dice il sergente Pedro Gonzales, allungando i suoi
grandi
piedi avvolti negli
stivali verso il fuoco scoppiettante, con l'elsa della spada in una mano e un
bicchiere
colmo di buon vino
nell'altra.
– I diavoli ululano
nel vento, e i demoni sono nelle gocce della pioggia! Questa è una brutta
notte, non
credi, Posadero?
– E sì! – Il grasso Posadero fu subito d'accordo, e si affretta a
riempire la tazza di altro vino al sergente Pedro
Gonzales, il quale
aveva un carattere terribile, quando non aveva il bicchiere pieno.
– Una brutta notte –
Ripete il sergente, prosciugando la tazza senza riprendere fiato. Una capacità
che a suo
tempo gli aveva
procurato una fama notevole lungo tuttoil percorso de El Camino Real, la strada che
collegava le missioni
dei frati in una lunga catena.
Gonzales è disteso
vicino al fuoco e non si cura del fatto che in questo modo deruba gli altri
avventori del
suo calore. Il
sergente Pedro Gonzales aveva già espresso, e spesso, la propria convinzione
che un uomo
doveva badare alla sua
comodità prima di considerare quella degli altri, ed essendo egli di grandi
dimensioni e di gran
forza, e con molto abilità nell’uso della spada, pochi ardivano affrontarlo.
Fuori il vento urla, e
la pioggia precipita con gran forza sul terreno. È una tipica tempesta di
febbraio della
California
meridionale. Presso le missioni i frati hanno preparato il brodo e hanno chiuso
gli edifici per la
notte. In ogni grande hacienda, o fattoria, grandi fuochi bruciano nei camini. I nativi sono
nelle loro piccole
capanne, felici del
loro piccolo riparo.
E qui, nel piccolo pueblo, o borgo di Reina
de Los Angeles, che negli anni a
venire sarebbe divenuta una grande
città, la taverna ad
un lato della piazza ospita per la notte gli uomini che non volevano affrontare
la pioggia
battente. Essi
avrebbero riposato davanti al fuoco fino all'alba.
Il sergente Pedro
Gonzales, in virtù del suo rango e della sua dimensione, ha però monopolizzato
il
focolare, e in un
tavolo poco dietro di lui, un caporale e tre soldati del presidio, bevono il
loro buon vino
giocando a carte. Un
domestico indiano sede sui calcagni in un angolo, questi non era un neofita che
aveva
accettato la religione
de los frailes, dei frati, ma semplicemente un rinnegato.
È ormai il tempo della
decadenza delle missioni, e c'era poca armonia tra quei francescani che avevano
seguito le orme del
santo Junipero Serra, che aveva fondato la prima missione di San Diego di
Alcalà e reso
possibile un impero, e
quelli che invece avevano allacciavano relazioni con i politici e le alte sfere
dell'esercito. Gli
uomini che bevevano vino nella taverna di Reina de Los Angeles non volevano che un neofita
li spiasse.
Ora la conversazione
languiva e per il Posadero la cosa andava bene, perché se l’argomento
fosse stata la
grassezza del sergente
Gonzalez, costui si sarebbe irritato e avrebbe iniziato una rissa.
Già due volte Gonzales
aveva demolito un gran numero di mobili e le facce di diversi uomini. Il Posadero
aveva fatto appello al
capitano Ramon, comandante del presidio, perché richiamasse all’ordine e alla
disciplina il
sergente, ma Ramon gli aveva risposto che già una gran quantità di problemi lo
opprimevano, e
quelli della locanda
non erano di sua competenza.
Perciò il Posadero considera con cautela che forse era meglio
avvicinarsi al tavolo ed iniziare da sé una
conversazione
spicciola per evitar guai.
– Nel pueblo si dice –
Inizia – che quel Señor Zorro è di nuovo all’opera.
Queste parole hanno un
effetto terribile e talmente inaspettato da essere difficile da riferire. Il
sergente
Gonzales butta il suo
boccale di vino, pieno per metà, pesantemente a terra, si alza bruscamente
dalla
panchina, e girandosi
pianta un sonoro e pesante pugno sul tavolo, causando uno sconquasso alle tazze
di
vino, alle carte e
alle monete che si disperdono in tutte le direzioni.
Il caporale e i tre
soldati, spaventati, arretrano di qualche metro, insieme al padrone della
locanda, la cui
faccia diventa rossa.
Il nativo seduto in un angolo, inizia a strisciare verso la porta, preferendo
la furia della
tempesta alla furia
del grosso sergente.
– El señor Zorro, eh? – Grida Gonzales con voce
terribile. – È scritto nel mio destino che devo stare sempre
a sentire quel nome. El señor Zorro, eh? Il signor Volpe, in altre
parole! Quello si immagina di essere un furbo
di tre cotte. Per
tutti i santi, mi puzza assai!
Gonzales ingoia
veloce, e si volta verso di loro ad angolo retto, continuando la sua filippica.
– Corre su e giù per
tutta la lunghezza del Camino
Real come una capra di alta
collina! Indossa una
maschera, e dicono che
la sua spada sia molto lucente. Usa la punta di quell’arma per disegnare la sua
odiata
lettera Z sulla
guancia del suo nemico! Ha! Il segno di Zorro lo chiamano! Bella lama che ha,
in verità! Ma
non ci posso giurare
sopra questa spada, non l’ho mai vista. Lui non mi farà mai l'onore di farmela
vedere!
Señor Zorro, le tue scorrerie non si verificano
mai in prossimità del sergente Pedro Gonzáles! Forse questo
señor Zorro può dircene il motivo? He!
Poi fissa gli altri
uomini, alza il labbro superiore, e si liscia le estremità dei sui grandi baffi
neri.
– Ora lo vanno
chiamando “La maldición de
Capistrano”, la maledizione di
Capistrano! – Il grasso Posadero,
poco osservato, si è
chinato a raccogliere le tazze di vino e le carte, sperando anche di far
sparire qualche
moneta.
– La maledizione della
strada e dell'intera catena di missioni! – Il sergente Gonzales ruggisce. – Un
ladro
spietato, ecco cos’è!
Ha! Un tipaccio comune che ha la pretesa di farsi una reputazione di coraggio
perché
deruba una hacienda e spaventa donne e nativi! El señor Zorro, eh? Questa è una volpe che mi
piacere proprio
cacciare! La maldición de Capistrano, eh? so di avere condotto una vita
cattiva, ma chiedo solo una cosa ai
santi, che mi
perdonino i miei peccati abbastanza a lungo per concedermi il dono d’essere
faccia a faccia con
questo bel brigante!
– È vero che c’è una
ricompensa per la sua cattura? – Chiede il Posadero.
– Tu mi hai tolto le
parole di bocca! – Protesta il sergente Gonzales.
– C'è una forte
ricompensa per la cattura di quel ladrone, offerta da Sua Eccellenza il governatore.
Ma
potrà mai la fortuna
arrivare alla mia spada? Sono lontano in servizio a San Juan Capistrano, e quel tizio fa i
suoi lavoretti a Santa
Barbara. Sono a Reina de Los Angeles, e lui ruba una borsa a San Luis Rey. Mentre
consumo la cena presso
San Gabriel, lui ruba a San Diego de Alcala! E via così! Un parassita, ecco cos’è!
Potessi
incontrarlo una sola
volta.
Il sergente Gonzales
soffoca il suo sdegno prendendo la tazza di vino, che il Posadero ha prontamente
riempito, ingozzando
il contenuto in un attimo.
– Beh, almeno non ci
ha ancora fatto visita qui. – Disse il Posadero con
un sospiro di ringraziamento.
– Per un buon motivo,
grassone! Abbiamo un presidio qui anche se con pochi soldati. El señor Zorro,
cavalca lontano da
ogni presidio. È come un fugace raggio di sole, eccolo qui tutto il suo
coraggio!
Il sergente Gonzales
si distende di nuovo sulla panchina, e il Posadero gli
dà uno sguardo pieno di sollievo,
cominciando a sperare
che non ci sarebbe stata la temuta rottura di tazze , mobili e nasi in questa
notte di
pioggia.
– Eppure questo señor Zorro dovrà riposare, ogni tanto, dovrà mangiare e dormire. – Fa
il Posadero. –
Certamente avrà un
posto per nascondersi e riposare. E un bel giorno i soldati troveranno il
sentiero per
arrivare alla sua tana.
– Ah! – Risponde
Gonzales – È naturale; l'uomo deve mangiare e dormire. Ma sai cosa si va
sostenendo in
giro? Che lui non
sarebbe un ladro. Egli sarebbe la punizione di coloro che maltrattano gli
uomini della
missione. L’amico
degli oppressi. Ha lasciato recentemente un messaggio a Santa Barbara affermando per
iscritto tutto ciò.
Ha! E quale può essere la risposta? I frati delle missioni lo aiutano,
nascondendolo,
dandogli la loro carne
e dandogli da bere! Strizzate una tonaca e vi troverete un pezzo del suo
vestito nero, e
se non è così allora
sono un pigrone di civile!
– Non ho dubbi che tu
dici il vero. – Risponde a sua volta il Posadero. – I frati potrebbero
pure fare una cosa
del genere. Ma questo
non spiega perché mai el señor Zorro non viene a trovarci qui!
– Che cosa vuoi dire
con questo, grassone? – Grida con voce di tuono il sergente – Non sono forse io
qui?
Con una spada al mio
fianco? Per tutti i santi! Sei un gufaccio, ecco cosa sei. E non vedi oltre il
tuo gracile
naso storto.
– Volevo solo dire –
Dice in fretta il Posadero e con una certa preoccupazione – che non ho
alcun desiderio
di essere derubato.
– Derubato di cosa,
grassone? Di una brocca di vino e di un piatto di tortillas? Stolto, hai delle ricchezze
nascoste da qualche
parte? Ma lasciate che questo audace e astuto señor Zorro entri da quella
porta e passi
davanti a noi! Fategli
un cortese inchino, com’è d’uso, lasciate far scintillare i suoi occhi
attraverso la
maschera! Ma poi
faccia il borsaiolo ed io avrò la generosa ricompensa offerta da sua
eccellenza!
– Sì, forse ha davvero
paura ad avventurarsi così vicino ad un presidio. – Fa il Posadero.
– Più vino! – Ulula
Gonzales – Più vino e segna tutto sul mio conto! Quando avrò guadagnato il
premio,
sarai pagato per
intero. Lo prometto sulla mia parola di soldato! Ha! Se quel coraggioso e
astuto Señor Zorro,
questa maledizione di
Capistrano, facesse ingresso a quella porta ora.
E la porta si apre
improvvisamente.
Capitolo 2: Sulla scia
della tempesta
Una folata di vento e
pioggia entra dalla porta e con essa un uomo. Le candele tremolano, e una si
estingue. Questo
ingresso improvviso mentre il sergente si vantava sorprese tutti. Gonzales
stava tirando
fuori la sua lama e si
ferma a metà strada dal suo fodero, e nello stesso momento le sue parole gli
muoiono in
gola. Il nativo
intanto si affretta a chiudere la porta per tenere fuori il vento.
Il nuovo arrivato si
volta facendo vedere il suo viso, e il posadero scoppia
in un altro sospiro di sollievo. Non
era il Señor Zorro naturalmente. È Don Diego Vega, un bel giovane di sangue
nobile, sui 24 anni, che aveva
appena preso atto
della lunghezza del Camino Real. Uno dei suoi interessi in quelle piccole
cose, secondo lui,
veramente importanti
della vita.
– Ah! – Esclamò
Gonzales, sbattendo nella sua dimora la spada.
– Perdonatemi se
involontariamente vi ho spaventato un po', señores. – Don Diego parlò
educatamente e
con un filo di voce,
guardandosi intorno nella stanza grande agli uomini entrati prima di lui.
– Se lo avete fatto,
signore, è perché siete entrato nella scia della tempesta. – Risponde il
sergente. – Non è
certo la vostra
energia che spaventerebbe qualcuno.
– H’mm! – Grugnì don
Diego, mentre si toglie via il suo sombrero e il suo poncho bagnato. – Sono
osservazioni un po’
offensive, mio caro e rauco amico.
– Non crederete che vi
abbia detto qualcosa di insolente?
– È vero – Continua
Don Diego – che non ho una buona reputazione visto che cavalco come un pazzo a
rischio del mio collo,
combatto come un idiota contro ogni nuovo arrivato, e che suono la chitarra
sotto la
finestra di ogni donna
come un sempliciotto. Ma non mi va che queste mie mancanze mi si sbandierino in
faccia.
– Ah! – Fa Gonzales e
si ferma, soffocando per metà la rabbia.
– Abbiamo un accordo,
io e te, sergente Gonzales, e che possiamo essere amici dimenticanto la grande
differenza nella
nascita e nella educazione che c’è tra di noi. La tua millanteria mi diverte, e
io ti pago il vino
di cui hai bisogno: è
un buon accordo. Ma se mi ridicolizzi ancora una volta, sia in pubblico che in
privato,
questo accordo
giungerà al termine. Sai bene che ho questo piccolo potere.
– Il vostro perdono, Caballero e mio carissimo amico! – Il sergente
Gonzales grida ora allarmato. – Voi siete
un assalto peggiore
della tempesta qua fuori, e per un attimo mi è successo di scivolare con la mia
lingua.
D’ora in poi, se
qualcuno mi chiederà se c’è qualcuno agile di spirito e veloce con una lama, e
sempre pronto
a combattere o a fare
l’amore, indicherò un unico uomo di azione: voi, caballero! Ha! Chi oserà dubitarne?
Il sergente fissa i
presenti nella stanza, tira di nuovo fuori per metà la sua spada, e poi la
ributta di nuovo
nella sua dimora,
gettando indietro la testa. Tutti gli avventori scoppiano a ridere e poi
acclamano Don
Diego; il grasso posadero si affretta a portar altro vino, ben
sapendo che avrebbe pagato don Diego Vega.
Questa singolare
amicizia tra don Diego e il sergente Gonzales è l’argomento preferito del Camino Real. Don
Diego proviene da una
famiglia di sangue nobile che governava da anni terreni di migliaia d’acri,
innumerevoli mandrie
di cavalli e bovini, e enormi campi di grano. Don Diego, in proprio, ha una hacienda
che è in effetti un
piccolo impero, ed anche una casa nello stesso pueblo, ed è destinato a ereditare dal padre
tre volte di più di
quello che possedie ora.
Ma don Diego è
differente dagli altri giovani purosangue dei suoi tempi. Sembra che non amasse
l’azione.
Raramente cinge la sua
spada, se non per una questione di stile e d’abbigliamento. È dannatamente
gentile
con tutte le donne ma
non fa la corte a nessuna.
Si sede sovente al
sole ad ascoltare i racconti selvaggi di altri uomini e di tanto in tanto
sorride. Egli in tutto è
l'esatto opposto del
sergente Pedro Gonzales, eppure li si vede insieme frequentemente. È come aveva
detto
don Diego, lui gode
delle vanterie del sergente, e il sergente apprezza il vino gratis. Cosa si può
chiedere di
più di un accordo
onesto?
Don Diego si mette
davanti al fuoco per asciugarsi, con un boccale di vino rosso in una mano. È un
uomo di
medie dimensioni, ma
possiede salute ed estetica, ed è la disperazione di tutte le madri, delle Dueñas, le
quali cercavano mariti
di buon partito per le loro figlie. E Diego è orgoglioso del fatto che non si è
mai vista
una señorita, due volte al suo fianco.
Gonzales, temendo di
aver fatto arrabbiare il suo amico e che non gli avrebbe offerto più del vino,
si sforza
adesso di fare la
pace.
– Caballero, abbiamo parlato di questo famigerato señor Zorro. – disse – Ci siamo lanciati in una
conversazione riguardo
la maledizione di Capistrano, e abbiamo fantasticato, come fanno tutte le agili
menti,
sui mezzi idonei per
scacciare quel parassita dalla strada.
– Che mi dici di lui?
– Chiede Diego, che posando il boccale di vino si nasconde uno sbadiglio con la
mano.
Chi conosce quel
nobile, sa bene che Diego sbadiglia almeno dieci volte al giorno.
– Come dicevo prima, caballero, – Fa il sergente, – che questo bel señor Zorro non appare mai nella mia zona,
e spero tutti i santi
di buona volontà che mi concedano la possibilità di trovarmi faccia a faccia
con lui un bel
giorno, in modo da
poter guadagnarmi il premio offerto dal governatore. Señor Zorro, eh? Ha!
– Via! Non parliamo
più di lui. – Prega Don Diego, trasferendosi dal focolare ad un tavolo e agita
una
mano in segno di
protesta. – Può essere che non debba sentir parlare d’altro che di atti di
sangue e di
violenza? È possibile
in questi tempi turbolenti per un onest’uomo, ascoltare parole colme di
saggezza
riguardo musica o
poesia?
– Roba da polenta e latte
di capra! – Sbuffa il sergente Gonzales con disgusto enorme. – Se questo señor
Zorro vuole rischiare il suo collo, lo faccia. È
il suo collo, per tutti i santi! Uno spietato! Un ladro! Ha!
– Però, ho sentito
cose notevoli sul suo operato. – Continua Don Diego. – Il ragazzo, senza
dubbio, è
sincero nel suo scopo.
Non ha derubato nessuno, tranne i funzionari che ladroneggiavano sulle missioni
e
sui poveri, e punito i
bruti che maltrattano i nativi. Non ha ucciso nessuno, da quel che ho capito.
Rispetto
agli occhi del popolo
lo disprezzate parecchio, caro il mio sergente.
– Preferirei avere la
ricompensa!
– Guadagnala. – Fa don
Diego. – Cattura quell'uomo!
– Ah! Vivo o morto,
dice l'annuncio del governatore. L’ho letto io stesso.
– Allora alzati e
vallo a infilzare se la cosa ti va. – Risponde Diego. – E poi mi ricambierai
dicendomi tutto.
– Sarà una bella
storia! – Dice con voce lamentosa Gonzales – E voi saprete tutto, caballero, parola per
parola! Come ho
giocato con lui, come gli ho riso in faccia, come abbiamo lottato insieme, come
gli correrò
poi dietro, tutto.
– Più avanti, non ora!
– Diego grida esasperato. – Posadero! Altro vino! L'unico modo per fermare
questo
rauco millantatore è
quello di rendergli la sua gola profonda, liscia con un po’ di vino, così che
le parole non
possano uscire più.
Il posadero riempe rapidamente le tazze. Diego
sorseggia il suo vino lentamente, come dovrebbe fare un vero
signore, mentre il
sergente Gonzales beve il suo in due grandi sorsate. E poi il rampollo di casa
Vega
raggiunge il banco per
prendere il suo sombrero e il suo poncho.
– Cosa? – Grida il
sergente. – Volete lasciarci così presto, caballero?
Volete affrontare la furia della tempesta?
– Almeno per questo ho
abbastanza coraggio. – Risponde Diego, sorridendo. – Sono uscito da casa mia
per
un vaso di miele e la
pioggia mi ha investito. Alla hacienda temevano
troppo che la pioggia durasse giorni,
quindi non ne ho. Posadero, ne vorrei uno.
– Se volete una scorta
sicura, vi accompagno io a casa Don Diego! – Piagnucola il sergente Gonzales,
ben
sapendo che Diego ha
le cantine piene di ottimo vino d’annata.
– Resta qui davanti al
fuoco scoppiettante, – Gli fa Don Diego con fermezza. – Non ho bisogno di una
scorta di soldati del
presidio per attraversare la piazza. Sto facendo i conti con il mio segretario,
e forse
tornarò alla taverna
dopo che avremo finito. Volevo il vaso di miele per poterlo mangiare mentre
lavoriamo.
– Ah! Allora perché
non avete inviato il vostro segretario per il miele, caballero? Perché essere ricchi e avere
dei servi, se un uomo
non vuol mandarli a fare delle commissioni in una notte di tempesta?
– È un uomo vecchio e
debole. – Spiega Don Diego – Egli fa anche da segretario al mio vecchio padre.
La
tempesta lo avrebbe
ucciso. Posadero! Servire tutti con del buon vino e mettete
tutto sul mio conto. Tornerò
quando i miei libri
saranno stati corretti.
Don Diego Vega prende
il suo vaso di miele, si riveste per bene, apre la porta, e si immerge nella
tempesta e
nelle tenebre.
– Quello è un uomo! –
Grida Gonzales, facendo un ampio gesto con le braccia. – Ed è mio amico, che
caballero, e voglio che tutti gli uomini lo
sappiano! Indossa raramente una spada, e dubito che sappia usarla,
ma è un mio amico! Gli
occhi lampeggianti delle belle señoritas non
lo disturbano, ma giuro che è un vero
modello di uomo!
– Musica e poeti, eh?
Ha! E non ne avrebbe il diritto, se tale è il suo piacere? Non è egli Don Diego
Vega?
Lui non ha sangue blu
e ampie estensioni e grandi magazzini pieni di merce? Eppure non è generoso? Lui
potrebbe portar delle
sottane, ma giuro che è un vero modello di uomo!
I soldati fanno eco ai
suoi sentimenti visto che bevono il vino pagato da Diego e comunque non hanno
il
coraggio di
contraddire il loro sergente. Il grasso posadero li
serve con un altro giro, tanto avrebbe pagato
Don Diego. Perché è
così che un Vega salvaguarda il suo prestigio pubblico nella taverna, e il
grasso posadero
aveva approfittato
molte volte di questo fatto.
– Non può sopportare
violenza o spargimento di sangue. – Continua il sergente Gonzales – È gentile
come
una brezza di
primavera. Eppure ha polso fermo e occhio profondo. È semplicemente il suo modo
da
cavaliere di vedere la
vita. Ha! Avere la sua giovinezza, la sua bellezza e la sua ricchezza. Ha!
Quanti cuori
spezzati ci sarebbero
da San Diego de Alcala a San Francisco de Asis!
– E le teste rotte! –
Fa il caporale.
– Ah! E le teste
rotte, bravo camerata! Vorrei governare così il paese! Nessun giovane avrebbe
speranza
contro di me. Fuori la
spada e via, contro di loro! C’è l’avete con Pedro Gonzales, eh? Ha! Prima la
spalla!
Ha! E poi un polmone!
Gonzales si mitte in
guardia, e sguaina la spada dal fodero. La agita avanti e indietro attraverso
l’aria, para
un colpo immaginario,
si avventa, avanza, e si ritira, grida ancora il suo giuramento, e ruggisce la
sua risata,
dopo aver duellato
contro le ombre.
– Così bisogna fare! –
Strilla davanti al camino. – Che cosa abbiamo qui? Due contro uno? Tanto meglio
signori! Amiamo dar
delle possibilità ai coraggiosi! Ha! Ecco a te, cane! Tiè, cane! Al lato,
poltrone!
Annaspa contro il
muro, senza fiato, il respiro quasi finito. La punta della lama appoggia al
suolo, mentre il
suo viso è ora di
color porpora per il grande sforzo e il vino che aveva consumato, mentre il
corporale e i
soldati e il grasso posadero ridono a lungo e forte di questa battaglia
senza spargimento di sangue da cui era
emerso indiscutibile
vincitore il sergente Pedro Gonzales.
– Se… uff! Se solo
questo bel señor Zorro fosse qui, e ora! – Ma detto questo
il sergente rimane a bocca
aperta.
Di nuovo la porta si
apre all'improvviso, e un uomo entra nella locanda come se fosse una raffica
della
tempesta.
Capitolo 3: La visitina
del señor Zorro
Il nativo si affretta
a chiudere la porta lottando contro la forza del vento, e poi si ritira di
nuovo al suo
angolino. Il nuovo
arrivato volta la schiena verso gli avventori. Si vede che aveva calzato il suo
sombrero
sulla testa, come per
impedire al vento di farlo volar via, inoltre il suo corpo è avvolto in un
lungo mantello
completamente bagnato.
Con la schiena ancora
rivolta verso di loro, apre il mantello e ne scuote le gocce di pioggia, poi lo
ripiega sul
petto di nuovo.
Intanto il grasso posadero si fa avanti sfregandosi le mani, credendo
sia un viaggiatore
sorpreso dalla tempesta,
in cerca di cibo e di un buon letto e di un ricovero per il suo cavallo.
Ma quando il posadero arriva a pochi passi dal nuovo venuto lo
straniero si gira di scatto, e a quella visione
dà un piccolo grido di
paura e fugge velocemente. Il caporale gorgoglia in fondo alla gola, i soldati
rimangono senza fiato;
il sergente Pedro Gonzales permette alla sua mascella inferiore di scendere e
lascia
che i suoi occhi si
spalancano dalla sorpresa.
L'uomo che sta dritto
davanti a loro ha una maschera nera sul volto che nascondeva la sua fisionomia,
e i
suoi occhi brillavano
minacciosamente attraverso due fessure.
– Ah! Chi abbiamo
davanti? – Gonzales se pur a bocca aperta, ha infine la presenza di spirito di
ritornare in
sé.
L'uomo si inchaa
davanti a loro.
– Señor Zorro, al vostro servizio. – Esclama il nuovo venuto.
– Per tutti i santi il
señor Zorro, eh? – Piagnucola Gonzales.
– Ne dubitate,
signore?
– Se sei davvero il señor Zorro, allora hai perso il tuo spirito! – Dichiara il sergente.
– Che significato dovrei
dare a questo discorso?
– Siete qui, non è
vero? Sei entrato nella locanda, no? Bè, per tutti i santi, sei caduto in
trappola, caro il mio
bel bandito!
– Siete il signor “so
tutto io”? – Chiede il señor
Zorro. La sua voce è
profonda e con un tono particolare.
– Sei cieco? Sei senza
ragione? – Chiede Gonzales. – Non ci sono io qui?
– E che vorresti dire
con ciò?
– Non sono forse un
soldato?
– Insomma…! Bè. Almeno
ne indossi gli abiti, señor.
– Per tutti i santi, e
non vedi il mio caporale e tre dei nostri commilitoni? Sei venuto a consegnare
la tua
spada malvagia, señor Zorro? Hai finito di giocare alla canaglia?
Il señor Zorro ridee, non in modo fastidioso, ma non toglie gli occhi da
Gonzales.
– In verità io non
sono venuto per arrendermi. – Fa. – Ho solo degli affari da sbrigare, señor.
– Degli affari? –
Esclama Gonzales meravigliato.
– Quattro giorni fa, señor, hai brutalmente picchiato un nativo che aveva suscitato la tua
antipatia. Il brutto
affare è accaduto
sulla strada tra qui e la missione di San Gabriel.
– Era un cane burbero
e stava sulla mia strada! Cosa te ne importa, mio bel brigante?
– Sono l'amico degli
oppressi, señor, e sono venuto per punirti.
– Venire a punirmi,
stolto? Tu mi punirai? Oh! Morirò di risate prima che potrai toccarmi. Tu sei
già morto,
señor Zorro! Sua Eccellenza ha offerto un prezzo
eccezionale per la tua carcassa! Se sei un buon credente,
recita le tue
preghiere, non sia mai detto che io uccida un uomo senza dargli il tempo di
pentirsi dei suoi
crimini. Io ti do lo
spazio di un centinaio di battiti cardiaci.
– Sei molto generoso, señor, ma non c'è bisogno che io dica le mie preghiere.
– Allora devo fare il
mio dovere. – Dice Gonzales, e solleva la punta della lama. – Caporale,
rimanete al
tavolo con gli uomini.
La ricompensa deve essere mia!
Gonzales si liscia le
estremità dei baffi e avanza con attenzione, per non fare l’errore di
sottovalutare il suo
antagonista, ha
infatti sentito troppi racconti sull’abilità da spadaccino di quell’uomo. Ma
quando arriva alla
giusta distanza si
ritrasse all'improvviso, come un serpente quando avverte un pericolo.
Il señor Zorro ha estratto da sotto il suo mantello nero una mano munita di
pistola.
– Indietro, señor! – Avverte il señor
Zorro.
– Ah! È così che
funziona! – Piagnucola Gonzales. – Voi portate un’arma del diavolo e con essa
minacciate
gli uomini! Queste
cose si fanno solo a lunga distanza e contro avversari inferiori. I veri
signori preferiscono
le loro fidate lame.
– Indietro, señor! C'è la morte in questa che chiamate arma del diavolo. Non
avvertirò di nuovo.
– Qualcuno mi aveva
detto che eravate un uomo coraggioso. – Schernisce Gonzales, che si ritira di
pochi
metri. – Mi era stato
riferito che affrontavate ogni uomo con la vostra spada. E ci avevo creduto. Ed
ora vedo
che ricorrete ad
un’arma che non si usa altro che contro i nativi rossi. Può essere, signor mio,
che vi manca
quel coraggio di cui
godevi?
Il señor Zorro ride di nuovo.
– Quanto a questo si
vedrà al momento giusto. – Dice Zorro. – L'utilizzo di questa pistola è cosa
necessaria
in questo momento. Ho
grosse probabilità di finir male in questa taverna, señor. Incrocerò le spade con voi
volentieri dopo aver
terminato il mio lavoretto.
– Aspetterò con ansia.
– Sogghigna Gonzales.
– Il caporale e i
soldati si ritirino in quell'angolo lontano. – Ordina Zorro. –Accompagnati dal posadero,
grazie. Così anche il
nativo. Rapidamente, señores, prego. Non vorrei che qualcuno di voi mi
disturbi mentre
sto punendo questo
sergente qui.
– Ah! – Gonzales
strilla in furia. – Vedremo tra poco come sarà questa punizione, mia bella
volpe!
– Terrò la pistola
nella mano sinistra. – Continua Zorro. – Affronterò il sergente con la destra,
nella maniera
giusta, e mentre
lotterò terrò d’occhio l'angolo. Il primo di voi che farà una mossa sbagliata
mi vedrà aprire il
fuoco. Io sono un
esperto con quella che avete or ora definito arma del diavolo, e se farò fuoco
qualcuno di
voi domani non vedrà
il sole. Intesi?
Il caporale, i soldati
e il posadero non rispondono nemmeno. Zorro guarda
Gonzales dritto negli occhi, e una
risata viene da dietro
la sua maschera.
– Sergente, vi farò
girare la schiena in modo che da poterci disegnare con la mia spada. – Dice poi
– Vi do
la mia parola di caballero che non fallirò i miei attacchi.
– Come un cavaliere? –
Gonzales sogghignò.
– L'ho detto, señor! – Risponde Zorro con la sua voce squillante e minacciosa.
Gonzales si stringe
nelle spalle e gli volta la schiena. Un istante dopo sente di nuovo la voce di
Zorro.
– In guardia, señor!
Capitolo 4: Scontro di
spade - E Pedro spiega
Gonzales a quelle
parole si gira, e si avvicina con la sua lama. Vede che Zorro è ancora armato
della sua
spada, ma tiene la
pistola in alto sopra la sua testa. Inoltre, Zorro sta ancora ridacchiando, e
questo fa
infuriare il sergente.
Le lame si incrociano.
Il sergente Gonzales è
abituato a duellare contro i suoi avversari su un certo tipo di terreno dove
può avere
un po’ di vantaggio,
ora avanzando, ora ritirandosi, ora oscillando a destra ora a sinistra a
seconda della loro
abilità.
Ma qui si trova di
fronte un uomo che combatte in modo assai diverso. Zorro, sembra piantato in
quel punto
e non dà possibilità
di scampo da nessun’altro lato. Simultaneamente è in grado di girare il suo
volto in
qualsiasi altra
direzione.
Gonzales attacca
furiosamente, come è sua abitudine, ma trova una difesa insormontabile. Allora
usa più
cautela cercando
d’usare tutti i trucchi che conosce, ma senza ottener risultato. Cerca di
passare attorno
all’uomo mascherato
che ha di fronte, ma la formidabile spada di costui lo riporta al suo posto.
Cerca un
rifugio più sicuro, ma
Zorro, con la sua abile scherma, costringe Gonzales ad attaccar di nuovo. E
dire che, il
bandito, non fa altro
che tenersi in difesa.
La rabbia ha allora la
meglio su Gonzales, perché sa che il caporale è geloso di lui e l’indomani la
storia di
questa lotta sarà di
dominio pubblico nel pueblo, e da lì, su e giù per tutta la lunghezza del Camino Real.
Attacca furiosamente,
sperando di portare Zorro ai suoi piedi, cercando di finirlo, ma si accorge quasi
subito
che il suo attacco
cozza come contro un muro di pietra. La sua lama viene spinta da parte e il suo
corpo si
trova premuto contro
quello del suo antagonista. Zorro semplicemente buttando fuori il petto, lo
scaraventa
indietro di una mezza
dozzina di passi.
– Lottate, señor! – Dice Zorro.
– Lotta contro te
stesso, ladro spietato! – Grida esasperato il sergente. – Non restare in piedi
come se fossi
un pezzo di collina,
sciocco! È contro la tua religione non fare un passo?
– Non potete
schernirmi se non lo faccio. – Risponde Zorro, ridacchiando di nuovo.
Il sergente Gonzales
comprende allora che la sua rabbia lo ha offuscato, e non può combattere contro
un
uomo dalla simile
personalità. Così diviene improvvisamente freddo, socchiude gli occhi, e tutte
le sue
vanterie svaniscono.
Attacca di nuovo, ma
con più accortezza, alla ricerca di un varco nella difesa del mascherato. Si
trincea come
mai aveva fatto nella
sua vita precedente. Maledice se stesso per aver permesso al vino e al cibo
d’aver
offuscato la sua
mente. Attacca di fronte, su entrambi i lati, ma attacca solo per essere
buttato di nuovo
indietro, tutti i suoi
trucchi non servono a niente.
Ha fissato gli occhi
del suo avversario fino allora, e infine vede un cambiamento. Gli occhi di
Zorro
sembrano ridere
attraverso la maschera, ma ora si sono ristretti e sembrano emettere lampi di
fuoco.
– Ne ho abbastanza di
giocare. – Dice Zorro. – È tempo di punirti!
E improvvisamente
comincia ad incalzare il combattimento, passo su passo, lentamente e metodicamente,
costringendo così
Gonzales ad andare avanti e indietro. La punta della sua lama sembra essere la
testa di un
serpente dalle mille
lingue. Gonzales si sente alla sua mercé, ma stringe i denti e cerca di
controllare se stesso
per continuare il duello.
Adesso è con le spalle
contro il muro, ma in una posizione tale che Zorro può continuare a lottare e
guardare
ancor meglio gli
uomini in un angolo. Gonzales sa che il bandito sta giocando con lui. È pronto
ad ingoiare il
suo orgoglio ed
invocare il caporale e i soldati di correre in suo aiuto.
Ma dalla porta che il
nativo aveva serrato arrivano delle improvvise percosse. Il cuore di Gonzales
dà un
gran balzo. Qualcuno è
lì, che desidera entrare. Chiunque fosse, può trovar strano che la porta non si
sia
spalancata
immediatamente per mano del grasso posadero o
dal suo servo. Forse l’aiuto per Gonzales è a
portata di mano.
– Ci stanno
interrompendo, señor! – Fa Zorro. – Mi dispiace, ma non ho il
tempo di darvi la punizione che
meritate, e dovrò
organizzare una seconda visitina. Ve la meritate.
Il bussare alla porta
è ora più forte e Gonzales alza la voce: – C’è Zorro qui!
– Che razza di
poltrone! – Grida Zorro.
La sua lama sembra
assumere nuova vita. Si precipita avanti e indietro con una velocità sconcertante.
È
come vedere mille
fasci di luce delle candele tremolanti saettare come fulmini.
E improvvisamente,
senza che se ne rese conto, il sergente Gonzales si sente strappare di mano la
sua spada
e la vide volare in
aria.
– Così! – Fa Zorro.
Gonzales attende la
fine. Un singhiozzo gli entra in gola. Questa non è la fine degna di un
soldato, su un
campo di battaglia. Ma
nessun acciaio trapassa il suo petto per portargli via il suo sangue e con esso
la vita.
No. È ben peggio.
Zorro mise la sua lama nella sua mano sinistra, accanto al calcio della sua
pistola, e con la
destra schiaffeggia
sonoramente Pedro Gonzales sulla guancia.
– Questo è ciò che si
merita chi maltratta nativi impotenti! – Grida.
Gonzales ruggisce di
rabbia e vergogna. Ora qualcuno cerca di sfondare la porta. Ma Zorro sembra
darsene
poco pensiero. Fa un
balzo indietro, e in un lampo mise la sua lama nel fodero. Agita pronto davanti
a sé la
pistola minacciando
tutti gli avventori, e subito, con un’agilità felina salta su una panchina e il
suo lancio lo
porta verso una
finestra.
– Alla prossima volta,
señor! – Grida col sorriso sulle labbra e con
occhi decisi.
Poi passa attraverso
la finestra, con un salto che ricorda agli avventori quelli delle capre di
montagna sulle
rupi, sventolando il
suo nero mantello tra il vento e la pioggia, mentre tutte le candele si
spegnono.
– Inseguitelo! –
Strilla Gonzales, saltando dall’altra parte della stanza e recuperando la sua
spada. –
Disserrate la porta!
Fuori e inseguitelo! Ricordate, c'è una ricompensa generosa.
Il caporale raggiunge
la porta e la spalanca, inciampando in due uomini del pueblo, desiderosi di
vino e una
spiegazione sul perché
la porta era chiusa. Il sergente Gonzales e i suoi compagni li spingono via,
lasciandoli
tentacolare, e si precipitano nella tempesta.
Ma è tutto inutile. È
così buio che un uomo non riuscirebbe a vedere più della lunghezza di un
cavallo. La
pioggia battente fu
poi sufficiente a cancellare le tracce quasi istantaneamente. Zorro è sparito,
e nessuno
poteva dire in quale
direzione.
Ci fu un tumulto,
ovviamente, in cui si trovarono coinvolti tutti gli uomini del pueblo. Il
sergente Gonzales e
i soldati tornarono
alla locanda per trovarla piena di uomini che conoscevano. E il sergente
Gonzales sa ora
che la sua reputazione
è in gioco.
– Nessun bandito ci
avrebbe provato, nessuno salvo un ladro spietato come lui! – Grida ad alta
voce.
– Come è che ha avuto
questo coraggio? – Grida un uomo nella folla vicino alla porta.
– Questo bel señor Zorro deve averlo saputo, naturalmente! Qualche giorno fa mi sono
rotto il pollice della
mia mano, mentre
schermavo a San Juan Capistrano. Non c'è dubbio che la voce sia arrivata a
questo señor
Zorro. E mi ha sfidato
in modo da poter dire in seguito d’aver avuto una facile vittoria.
Il caporale, i soldati
e il posadero lo guardano, ma nessuno ha il coraggio di
dire una parola.
– Quelli che erano qui
ve lo possono dire, señores...! – Continua Gonzales. – Questo señor Zorro si attesta
davanti la porta e
subito spiana una vera pistola del diavolo tirandola fuori da sotto il
mantello. C’è la punta
addosso, e ci ordina
di ritirarci in quell'angolo. Ma io mi sono rifiutato.
– «Allora è la lotta.»
dice questo bel brigante, e io tiro fuori la mia lama, pensando di dargli la
fine che si
merita. E cosa mi dice
poi?
– «Duelleremo.» mi
disse quel brigante «E io vi terrò d’occhio, e attento, nella mia mano sinistra
tengo la
mia pistola. Se il tuo
attacco non è di mio gradimento, io farò fuoco e ti trafiggerò come un pollo,
così
avremo la fine certa
di un sergente».
Il caporale rimane a
bocca aperta, e il grasso posadero
sta quasi per aprir
bocca, ma un’occhiata del sergente
Gonzales gli fa
cambiare idea.
– Ci può essere niente
di più diabolico? – Chiese Gonzales. – Mi sono messo a duellare, ma mi sarei
preso
quel piombo del
diavolo nella mia carcassa se avessi accentuato l'attacco. Si è mai vista una
simile farsa?
Questo mostra bene la
stoffa di cui è fatto questo brigante. Un giorno io lo incontrerò quando non
avrà
nessuna pistola e poi…
– Ma come ha fatto a
scappare? – Qualcuno chiede tra la folla.
– Ha sentito quelli
che sbattevano alla porta. Mi ha minacciato con quella pistola del diavolo e mi
ha
costretto a gettare
laggiù nell’angolo la mia spada. Ci minacciò ancora tutti, corse alla finestra,
e vi saltò
attraverso. E come lo
troviamo nella oscurità con tutta questa pioggia? Ma ora sono deciso a
prenderlo!
Domani mattina vado
dal capitano Ramon e chiedergli il permesso di essere assolto da ogni altro
compito,
per ricercare, con
alcuni camerati, questo bel señor
Zorro. ah! Andremo a
caccia della volpe!
La porta si apre
improvvisamente e la folla fa passare subito nella taverna Don Diego Vega.
– È vero ciò che ho
sentito? – Fa egli. – Che per fare economia, il señor Zorro ha fatto qui una sua visitina.
– Non siete lontano
dal vero, caballero! – Risponde Gonzales. – Parlavamo di quel
tagliagole qui questa sera,
no? Bè, se invece di
andare a casa vostra a lavorare con il vostro segretario, sareste rimasto qui,
avreste
potuto vedere l'intera
vicenda.
– Era qui? Puoi parlarmene?
– Chiede Diego. – Ma vi prego non rendere la storia troppo cruenta. Non
riesco a capire perché
gli uomini devono essere violenti. Dove si trova il cadavere del brigante?
Gonzales quasi
soffoca, il grasso posadero si volta per nascondere il suo sorriso, il
caporale e i soldati
incominciano a
prendere i bicchieri di vino per tenersi occupati in questo momento pericoloso.
– Egli… cioè, non c’è
il corpo. – Riesce infine a dire Gonzales.
– Non fare il modesto,
sergente! – Fa Diego. – Non sono forse io tuo amico? Non hai promesso di
raccontarmi tutta la
storia se incontravi questo violento? So che, ben sapendo che io non amo la
violenza,
non avresti turbato i
miei sentimenti, eppure io sono ansioso di conoscere i fatti perché tu, amico
mio, me
l’hai promesso. È così
che mi ricompensi?
– Per tutti i santi!
– Dai, sergente! Sotto
con il racconto! Posadero, vino per tutti, che dobbiamo celebrare
questo affare! Il tuo
racconto, sergente!
Allora, lascerai l'esercito, ora che ti sei sono guadagnato il premio, e ti
deciderai ad
acquistare una
fattoria e a prendere una moglie?
Il sergente Gonzales
soffoca ancora di più e cerca di raggiungere a tentoni una tazza di vino.
– Me l’avevi promesso…
– Continua Diego. – …che tu mi dicessi tutto, parola per parola. E tu, posadero
perché non mi dici
come ha giocato con Zorro? Come gli rideva contro mentre combatteva, di come lo
attaccava e di come
poi lo ha finito.
– Per tutti i santi! –
Ruggisce il Sergente Gonzales, le sue parole scaturiscono dalle labbra come
tuoni. – È
al di là di ogni
sopportazione per qualsiasi uomo! Voi, Don Diego, mio amico.
– La tua modestia ti
ammala in un momento così. – Dice Don Diego. – Hai promesso di narrarmi i
fatti, e io
sono qui. Chi era
questo señor Zorro? Avrete pure scrutato il morto sotto
la maschera? È, forse, un uomo che
tutti conosciamo? Non
c’è qualcuno di voi che mi dica come è andata? Perché di tanti uomini, nessuno
parla?
– Vino! Oppure
soffoco! – Ulula Gonzales. – Don Diego, io incrocio le spade con qualsiasi uomo
che mi
sminuisce, e voi sei
un mio buon amico! Ma stasera non restatemi troppo vicino.
– Non riesco a capire.
– Dice Diego. – Io vi solo chiesto di narrarmi la storia della lotta, come lo
schernivi
mentre duellavate, e
di come lo attaccavi, e di come lo hai finito.
– Basta! Devo essere
insultato? – Piagnucola il grande sergente, poi ingoia il vino e lancia la
tazza lontano
da lui.
– È mai possibile che
non hai vinto il duello? – Chiede Diego. – Ma sicuramente questo bel bandito
non
poteva stare in piedi
davanti a te, il mio sergente. Come è andata a finire?
– Aveva una pistola!
– Perché non glie
l’hai tolta di mano, allora, e ficcata in gola? Ma forse è questo quello che
hai fatto. Qui più
vino, per il mio
sergente. Bevi!
Ma il sergente
Gonzales si fa ora strada tra la folla per arrivare alla porta.
– Non devo dimenticare
il mio dovere! – Dice. – Devo affrettarmi al presidio e segnalare i fatti al
comandante!
– Ma, sergente?
– E questo señor Zorro, sarà presto carne per la mia spada! – Promette Gonzales.
E poi, maledicendo orribilmente,
si precipita al di fuori sotto la pioggia. Per la prima volta nella sua vita
permette al suo dovere
di ostacolare il suo piacere e di correr via da un buon vino. E Don Diego Vega
sorride
sotto i baffi mentre
si gira verso il camino.
Capitolo 5: Un giretto
di prima mattina
Alla mattina la
tempesta è finita, e non c'è una nuvola ad abbruttire l'azzurro del cielo, il
sole è luminoso, e
le foglie di palma
brillano al sole, mentre l'aria frizzante soffia giù verso le valli fino al
mare.
A metà mattinata, Don
Diego Vega esce dalla sua casa nel pueblo, con i suoi guanti di pelle di pecora
sulle
mani, e si ferma un
attimo a guardare verso la taverna attraverso la piazza con lo sguardo. Dal
retro della
casa un indiano gli
porta un cavallo.
Diego non va al
galoppo sulle colline e su e giù per il Camino Real solo
per fare l’idiota, ma per stare insieme
al suo cavallo
biondastro. Un animale superbo dotato di spirito, di velocità e di resistenza,
e molti giovani
nobili pagherebbero
parecchio pur di averlo, ma Diego non è certo il tipo che ha bisogno di soldi.
La pesante sella
mostra più argento che pelle in tutta la sua superficie. Perfino le briglie
sono piene
d’argento, e dove
finiscono vicino al morso vi sono due pietre dure che brillano al sole quasi come
per
dichiare a tutto il
mondo la ricchezza e il prestigio di Diego.
Mentre Diego ha
davanti il suo bel cavallo, viene osservato da una decina di uomini che
vagabondano
intorno alla piazza e
che fanno sforzi enormi per nascondere i loro sorrisi. È abbastanza normale in
quei
giorni di primavera
vedere un giovane montare in sella con grandi speroni, e scomparire poi in una
nuvola
di polvere.
Ma Diego si erge sul
suo cavallo, come del resto fa sempre, senza fretta. Il nativo gli tiene una
staffa, e don
Diego infila la punta
dello stivale nella staffa. Poi raccoglie le redini in mano, e si mette in
sella con infinita
eleganza.
Il nativo tiene la
staffa ancora per un po’, poi si ritira e Diego si avvia col suo cavallo, a
passo lento, lungo il
bordo della piazza
verso il sentiero che corre a nord.
Raggiunto il sentiero,
Diego mette l'animale al trotto, e dopo aver percorso un chilometro e mezzo in
questo
modo, esorta la bestia
in un galoppo lento, e lo guida lungo la strada.
Gli uomini sono
impegnati nei campi e nei frutteti, e i nativi tengono d’occhio le mandrie. Di
tanto in tanto
Don Diego incrocia un
carro pesante, e saluta chiunque vi è sopra. Una volta un giovane che conosceva
gli
passò davanti al
galoppo, andando verso il pueblo, e don Diego dovete fermare il proprio cavallo
per
spazzolarsi la polvere
dai suoi abiti.
Già! I suoi abiti che
sono più splendidi del solito in questa mattina luminosa. Uno sguardo su quei
capi è
sufficiente per capire
la ricchezza e la posizione di chi li indossa. Diego si è vestito con molta
cura,
ammonendo i suoi
servi, perché il suo nuovo poncho deve essere premuto correttamente, e spendeva
una
grande quantità di
tempo durante la lucidatura dei suoi stivali.
Viaggia per una
distanza di quattro miglia e poi lascia la strada maestra e si infila in una
stretta pista
polverosa che porta a
un gruppo di edifici contro il fianco di una collina in lontananza. Diego vuol
fare una
visita alla fattoria
di Don Carlos Pulido.
Don Carlos aveva avuto
diversi rovesci nel corso degli ultimi anni. Una volta non era secondo a
nessuno,
tranne che al padre di
Diego, nella ricchezza e nell’allevamento. Ma aveva fatto l’eterno errore di
appoggiare
la parte sbagliata in
politica, e si trovò spogliato di gran parte dei sui ampi terreni. Il fisco lo
aveva
disturbato
continuamente in nome del governatore, fino a che non rimase con un misero
residuo della sua
fortuna. Tutto ciò che
gli rimase intera fu solo la sua dignità ereditata dalla nascita.
Questa mattina Don
Carlos è seduto sulla veranda della sua hacienda meditando
sui tempi niente affatto
piacevoli. Sua moglie,
Dona Catalina, già sua fidanzata dai tempi della loro giovinezza, è all’interno
della
casa, a dirigere i
servitori. La sua unica figlia, la signorina Lolita, è anch’essa in casa,
pizzicando le corde di
una chitarra e con i
sogni tipici di una ragazza di soli diciotto anni. Don Carlos alza la testa
argentata
guardando il lungo
percorso tortuoso, e in lontananza vede una piccola nuvola di polvere. La
nuvola di
polvere gli dice che
un cavaliere si sta avvicinando, e Don Carlos teme subito l’arrivo di un altro
agente delle
tasse. Si ripara gli
occhi con una mano e guarda il cavaliere che si avvicina con calma. Egli
osserva il modo
piacevole con cui
guida la sua cavalcatura, e all'improvviso una speranza gli si accese nel
petto. Ha notato
alla luce del sole
lampeggiare la sella argento e le ricche briglie, e sa di certo che gli uomini
dell’esercito non
possono ostentare tale
ricca bardatura durante il servizio.
Il cavaliere ha fatto
l'ultima svolta, ed è ormai in vista dalla veranda della casa, e Don Carlos si
strofina gli
occhi di nuovo per
verificare il sospetto che gli è nato. Anche a quella distanza l'anziano nobile
può stabilire
l’identità del
cavaliere.
– Ma è Don Diego Vega.
– Dice. – Siano ringraziati tutti i santi. Finalmente la fortuna torna a
baciarmi.
Diego, lo sa, può
fermarsi solo a fare una visita amichevole, ma servirà comunque a qualcosa,
infatti quando
anche all’estero si è
saputo che la famiglia Vega è in ottimi rapporti con i Pulido, anche i politici
ora ci
pensano due volte
prima di molestare Don Carlos. I Vega sono una vera potenza in tutto il regno.
Così Don Carlos batte
le mani, e un nativo corre fuori dalla casa, Don Carlos gli ordina di mettere
un tavolo
in un angolo all’ombra
della veranda, con alcune sedie, e di allestire in fretta un rinfresco.
Fa anche sapere alle
donne in casa che Don Diego Vega si sta avvicinando. A quella notizia il cuore
di Dona
Catalina inizia a
esultare, e così lei stessa comincia a canticchiare una canzoncina e la Señorita Lolita corre a
una finestra per
guardar fuori la pista. Quando Don Diego si ferma a pochi passi dalla veranda,
vi è un
nativo in attesa di
accudire al suo cavallo, mentre Don Carlos scende giù per le scale, fermandosi
a metà
strada in attesa con
la mano tesa in segno di benvenuto.
– Sono contento di
vedere un visitatore alla mia povera hacienda, Diego. Esclama, come
il giovane si
avvicina. Diego
intanto si leva i guanti.
– È una strada lunga e
polverosa. – Fa Diego. – Mi stanca, e molto, a cavalcare così a lungo.
Don Carlos fa uno
sforzo per non sorridere, una distanza di quattro miglia sono una vera
sciocchezza. Ma
ricorda bene la
mancanza di vitalità di Diego e non sorride, per non provocare la
suscettibilità del
giovanotto.
Gli apre, anzi, la
strada verso l’angolo più fresco della veranda per offrirgli vino e dolci, e
aspetta che sia il
suo ospite a parlare
per primo. Le donne rimangono all'interno della casa, com’era abitudine in quei
tempi,
pronte a mostrarsi
solo quando è il visitatore ha chiedere di loro, oppure se è il padrone di casa
ha chiamarle.
– Come vanno le cose
nel pueblo di Reina de Los Angeles? – Gli chiede Don Carlos. – È da molti
giorni che
non scendo nel borgo.
– È sempre tutto
uguale! – Risponde Diego. – Salvo che quel misterioso Señor Zorro ha invaso la taverna
ieri sera e ha avuto
un grande duello con il sergente Gonzales.
– Ah! Il Señor Zorro, eh? E qual è stato il risultato dei combattimenti?
– Anche se il sergente
ha tenuto la lingua stretta di quel fatto – Dice Diego – sono venuto a sapere
attraverso un caporale
che era presente, che questo Señor Zorro ha giocato con
il sergente e infine lo ha
disarmato e poi è
saltato da una finestra per mettersi in fuga sotto la pioggia. Non riuscivano a
trovare le sue
tracce.
– Un ladro astuto, –
Fa Don Carlos. – Almeno, non ho nulla da temere da lui. È generalmente
conosciuto
su e giù per il Camino Real, dal quel che so, per privare di tutto ciò
che hanno gli uomini del governatore. E
so bene che ora quei
gentiluomini saranno in cerca della prossima hacienda da
depredare.
– H’mm. Una cosa del
genere deve essere fermata! – Dice Diego, con un trasporto non usuale per lui.
Gli occhi del Don
Carlos si illuminano. Se Don Diego Vega sente una certa simpatia per la sua
famiglia, se
qualcuno di della sua
illustre casata sussurrase la parolina giusta all’orecchio del governatore,
allora la
persecuzione cessebbe
all'istante. I comandi di un Vega sono fatti per imporsi a tutti gli uomini di
qualsiasi
rango.
Capitolo 6: Diego cerca
una sposa
Diego mentre beve
lentamente un sorso di vino, osserva fuori attraverso la mesa. Don Carlos lo guarda in
modo perplesso,
rendendosi conto che il giovane è venuto per un motivo preciso, e sa cosa
aspettarsi.
– Non ho cavalcato
sotto il sole e inghiottito della polvere maledetta per parlare con voi di
questo Señor
Zorro, o di qualsiasi
altro bandito – Spiega Diego dopo un certo tempo.
– Qualunque sia la
ragione per cui siete venuto, sono lieto di accogliere un rappresentante della
vostra
famiglia, caballero. – Esclama Don Carlos.
– Ho avuto un lungo
colloquio con mio padre ieri mattina. – Don Diego sta parlando velocemente. –
Mi ha
informato che mi sto
avvicinando all’età di 25, e non in mente di accettare i miei doveri e le mie
responsabilità nel
modo corretto.
– Ma certamente.
– Oh, senza dubbio
come lei sa, mio padre è un uomo saggio.
– E nessuno può
contestarlo, don Diego.
– Egli mi ha esortato
a svegliarmi come dovrei. Finora, sembra, non fatto altro che sognare. Un uomo
della
mia ricchezza e la mia
posizione, perdonatemi se vi parlo di ciò, deve fare certe cose.
– È la vostra
posizione, señor.
– Quando mio padre
morirà io avrò la sua fortuna, naturalmente, essendo l'unico figlio. Ma cosa
succederà
quando morirò io?
Questo è quello che si chiede mio padre.
– Capisco.
– Un giovane della mia
età, mi ha detto, dovrebbe avere una moglie, un’amante della sua casa, e
dovrebbero metter su
prole che ereditati e preservi un nome illustre.
– Non ci potrebbe
essere niente più vero di questo. – Dice Don Carlos.
– Così ho deciso di
trovar moglie.
– Ah! È qualcosa che
ogni uomo dovrebbe fare, don Diego. Beh, mi ricordo quando ho corteggiato Dona
Catalina. Eravamo
pazzi per abbracciarci l’uno all’altra, ma suo padre la teneva lontana ben da
me per
qualche tempo. Avevo
solo diciassette anni, però, così forse ha fatto bene. Ma voi ne avete quasi
25. Dovete
farvi una sposa, a
tutti i costi.
– E così sono venuto a
trovarvi con questo scopo. – Dice infine Diego.
– A trovarmi per
questo scopo? – Ansima Don Carlos, con un pò di paura e una grande speranza nel
petto.
– Sarà piuttosto un
peso, mi aspetto. L'amore e il matrimonio, e tutto quel genere di cose, è
piuttosto un
fastidio necessario, a
suo modo. L'idea che un uomo di buon senso faccia la corte ad una donna, che
suoni la
chitarra per lei, che
faccia il matto quando tutti conoscono la sua intenzione! E poi la cerimonia!
Essendo un
uomo di ricchezza e di
posizione, suppongo che il matrimonio deve essere ben elaborato, e gli abitanti
dovranno partecipare
alla festa, e tutto ciò che, semplicemente perché un uomo che sta prendendo una
sposa, la padrona
della sua casa.
– La maggior parte dei
giovani… – Osserva Don Carlos – …hanno il piacere di conquistare una donna e
sono poi molto
orgogliosi se hanno un matrimonio grande e alla moda.
– Senza dubbio. Ma è
un fastidio terribile. Comunque, andrò fino in fondo, señor. È il desiderio di mio
padre, come vedete. Mi
perdoni di nuovo, sono brutti giorni, questi. È il risultato di una brutta
politica,
naturalmente. Ma lei è
di sangue nobile, signore, tra i migliori del nostro paese.
– Vi ringrazio per
avermi ricordato la verità. – Fa Don Carlos, alzandosi graziosamente per
mettere una
mano ad arco sul
cuore.
– Lo sanno tutti, señor. E un Vega, naturalmente, quando si prende una compagna, deve
cercare una donna
di sangue nobile.
– Per essere sicuri! –
Esclama Don Carlos.
– Avete una sola
figlia, la señorita Lolita.
– Ah! Sì, certo, señor. Lolita ha diciotto anni, ed è una ragazza bella e realizzata, se
un padre è l'uomo giusto
per dirlo.
– L'ho osservata alla
missione e al pueblo. – Dice Diego. – È effettivamente bella, e ho sentito dire
che è
molto aggraziata.
Della sua nascita e della sua educazione non ci può essere alcun dubbio. Penso
che sarebbe
la donna giusta con
cui formarmi una mia famiglia.
– Señor?
– Questo è lo scopo
della mia visita di oggi, signore.
– Lei, lei mi sta
chiedendo la mano di mia figlia giusto?
– È così, signore. –
Il volto di Don Carlos trasale a vista, e salta letteralmente dalla sedia,
questa volta per
piegarsi in avanti a
prendere per mano Don Diego.
– Lei è un fiore
giusto. – Dice il padre. – Sono stato in ansia per maritare la mia bambina,
perché non
volevo sposarla ad una
famiglia che non avesse un rango come la mia. Ma non ci può essere alcun dubbio
per quanto riguarda un
Vega. Avete il mio permesso, señor.
Don Carlos ha ora un
piacere enorme. Un’unione tra sua figlia e Don Diego Vega! Le sue fortune
sarebbero
subito interamente
recuperate. Sarebbe stato di nuovo importante e potente!
Don Carlos chiama un
nativo per far venire la moglie, e nel giro di pochi minuti Dona Catalina
appare sulla
veranda per salutare
il visitatore, con un viso raggiante, perché aveva ascoltato tutto.
– Don Diego ci ha
fatto l'onore di chiedere il permesso di onorare la nostra figlia. – spiegò Don
Carlos.
– Tu hai dato il
consenso? – Chiede Dona Catalina, per non far torto, naturalmente, al marito.
– Ho dato il mio
consenso, – Risponde Don Carlos.
Dona Catalina tende la
mano, e Don Diego gli diede una stretta languida prima di lasciarla.
– Chiunque sarebbe
fiero di una simile unione. – Dice Dona Catalina. – Mi auguro che possa vincere
il suo
cuore, señor.
– Quanto a questo. –
Dice Diego – So che non sarà una sciocchezza. O la signorina mi vuole, e allora
va
bene. Oppure, se no,
dovrei farle cambiare idea strimpellando una chitarra sotto la sua finestra, o
tenendogli
la mano quando
possibile, oppure dovrei mettere la mano sul mio cuore e sospirare? io la
voglio per moglie,
altrimenti non avrei
cavalcato fin qui per chiederne la mano a suo padre.
– N… naturalmente. –
Dice Don Carlos.
– Ah, señor, ma una fanciulla deliziosa deve essere vinta, señor. – Dice Dona Catalina. – È suo privilegio,
señor. Le ore di corteggiamento resteranno nella
memoria per tutta la vita. Ricorderà le cose belle che il suo
amante ha detto, e il
primo bacio, quando si fermarono accanto al torrente e si guardarono negli
occhi. E la
sua improvvisa paura
mostrata mentre sono al galoppo sui cavalli. queste cose sono importanti, señor.
– È come un piccolo
gioco, ed è stato fatto così fin dall’inizio dei tempi. Folle, señor? Forse quando una
persona guarda tutto
con attraverso una fredda ragione. Ma delizioso, infine.
– Io non ne so nulla.
– Protesta Diego. – Non sono mai andato in giro a caccia di donne.
– La donna che
prenderete in moglie non sarà dispiaciuta di questo, señor.
– Pensate sia
necessario per me fare queste cose?
– Oh! – Dichiara
subito Don Carlos, per paura di perdere un influente partito per la figlia. –
un po’ non
sarebbe male. Ad una
fanciulla piace essere corteggiata, e questo, anche se ha già preso la sua
decisione.
– Ho un servo che è
una meraviglia alla chitarra. – Fa Diego. – Stasera avrà il compito di uscire
per
corteggiare la señorita sotto alla sua finestra.
– E voi non verrete? –
Dona Catalina è stupefatta!
– Ritornare qui di
nuovo stasera, quando soffia il vento freddo dal mare? –risponde a sua volta
Diego a
bocca aperta. – Una
cosa del genere mi ucciderebbe. E poi l’indigeno suona la chitarra meglio di
me.
– Non ho mai sentito
una cosa del genere! – Dona Catalina è lei stessa a bocca aperta. Sente
oltraggiata la
sua educazione.
– Lascia fare Don
Diego come vuole. – Esorta Don Carlos.
– Pensavo… – Dice
Diego, – …che avreste organizzato tutto voi. Avrei messo la mia casa in ordine,
naturalmente, e fatto
venire più servi. Forse dovrei acquistare un calesse e guidare con la mia sposa
fino a
Santa Barbara e là
visitare un amico. Non è possibile per voi organizzare tutto il resto? Basta
semplicemente
mi diciate quando
sarebbe pronto il matrimonio.
Questa volta Don
Carlos Pulido si irrita un po’.
– Caballero! –
Esclama. – quando corteggiavo Dona Catalina, lei mi tenne continuamente su aghi
e spilli.
Un giorno mi teneva il
muso, e il giorno successivo il sorriso. Lei aggiungeva delle spezie a tutta la
vicenda.
Io non avrei voluto
diversamente. Ve ne pentirete, señor, se non farete il
vostro corteggiamento. Vi
piacerebbe vedere la
signorina adesso?
– Suppongo che dovrei.
– Dice Diego.
Dona Catalina alza la
testa ed entra in casa a prendere la ragazza, per ritornare subito con una
bambolina
delicata dagli occhi
neri, con capelli anch’essi neri, avvolti intorno alla testa in una gran massa,
e con delicati
piedini che fanno
capolino da sotto delle gonne di tonalità luminose.
– Sono felice di
rivedervi, Don Diego. – Dice la bambolina. Diego si inchina sulla sua mano e
l’aiuta a
sedersi su una delle
sedie.
– Sei rimasta bella
come ti vidi l’ultima volta. – Esclama Diego con sincerità.
– Bisogna sempre dire
che una signorina è più bella da quando la si è vista l’ultima volta. – Gemette
don
Carlos. – Ah, poter
esser ancora giovane e poter di nuovo giocare al corteggiamento!
Si scusa e rientra
nella casa, e Dona Catalina si sposta verso l’altra estremità della veranda, in
modo che la
giovane coppia può
parlare senza far sentire le parole, ma da dove li può guardare, come una buona
madre
sempre deve fare.
– Señorita! – Fa Diego. – Questa mattina ho chiesto a vostro padre la vostra
mano.
– Oh, signore! – La
ragazza rimane a bocca aperta.
– Pensate forse che
non sarei un marito giusto?
– Perché, io… cioè…!
– Basta che mi dite di
sì, signorina, e lo dirò a mio padre, e la vostra famiglia prenderebbe accordi
per la
nostra cerimonia. Per
la mia parola farò venire alcuni nativi. Dovete sapere che sono ancora
affaticato dal
mio ritorno
dall'estero, e non mi muovo più del necessario.
Ora gli occhi della
bella Señorita Lolita iniziano a lampeggiare in veri e
propri segnali d’allarme, ma Diego, è
evidente che non li
vede, e così va avanti nella sua distruzione.
– Accettate di
diventare mia moglie, señorita? – Gli chiede Diego, piegando la testa
leggermente verso di lei.
La faccia della Señorita Lolita mandano dei lampi rossi, e balza su
dalla sua sedia, con i piccoli pugni serrati
al suo fianco.
– Don Diego Vega! –
Rispose. – Sei di una famiglia nobile e con molta ricchezza ed una grande
erediterà
per di più. Ma sei
senza sangue, Señor! È questa la tua romantica idea del
corteggiamento? Semplicemente
cavalcando quattro
miglia su una strada liscia per vedere la ragazza che vorresti sposare? Che
tipo di sangue
hai nelle vene, Señor?
Dona Catalina sentendo
tutto, si precipita attraverso la veranda verso di loro, facendo segnali a sua
figlia,
che la Señorita Lolita rifiuta di vedere.
– L'uomo che mi
sposerà mi dovrà corteggiare per conquistare il mio amore. – Continua la
ragazza. – Egli
dovrà toccare il mio
cuore. Pensi che io sia la semplice figlia di un nativo per darmi al primo uomo
che mi
chiede? L'uomo che
diventerà mio marito deve essere un uomo con il sangue abbastanza caldo da
volermi.
Tu invece vorresti
inviarmi il tuo servo a suonarmi la chitarra sotto le mie finestre? Oh, ho
sentito tutto,
Señor! Fatelo venire, Señor, e io gli getterò dell’acqua bollente con candeggina sulla sua
pelle rossa! Buenos
dias, Señor!
La bambolina alza
fieramente la testa, alza anche la gonna di seta da una parte, e passa davanti
a Diego con
un muso lungo per
entrare in casa, ignorando anche la madre. Dona Catalina sente dentro di sè
tutte le sue
speranze perdute. Don
Diego Vega stupito della scomparsa della señorita, si gratta la testa
pensieroso e
guarda verso il suo
cavallo.
– Em… credo che sia
arrabbiata con me. – Fece con voce timida.
Capitolo 7: un diverso
tipo di uomo
Don Carlos, visto che
aveva ascoltato tutto, non perde tempo e in tutta fretta ritorna verso la
veranda per
cercar di calmare
l’imbarazzo di Diego. Anche se con il cuore scoraggiato, riesce a sorridere e
cerca di
rimediare alla
situazione.
– Le donne sono spesso
irascibili e pieno di fantasie, señor. – disse. – A volte
si allontanano da coloro che in
realtà adorano. Non si
può capire il funzionamento della mente di una donna, a volte esse stesse
rifiutano di
capirsi.
– Ma non capisco. –
Diego rimane sempre a bocca aperta. – Ho usato le mie parole con cura.
Sicuramente
non ho detto niente
che abbia insultato o fatto arrabbiare la signorina.
– Se fosse stata
corteggiata alla maniera giusta, non ci sarebbero stati problemi. Ma non
disperate, señor.
Sia la madre che io
abbiamo convenuto che siete l’uomo giusto per lei. È consuetudine che una ragazza
combatta un uomo fino
ad un certo punto, e poi si arrenda. Lo fa per far apparir più dolce la resa.
Forse la
prossima volta che ci
visitarà lei sarà più piacevole. Ne sono quasi sicuro.
Così Don Diego stringe
la mano a Don Carlos Pulido e rimonta a cavallo per dirigersi lentamente lungo
il
sentiero. Don Carlos
si volta e entra nella sua casa di nuovo mettendosi di fronte la moglie e la
figlia, e
guardando la seconda
con le mani sui fianchi e con qualcosa di simile al dispiacere.
– Lui è il miglior
partito di tutto il paese! – Si lamenta intanto Dona Catalina, asciugandosi gli
occhi con un
delicato fazzolettino
quadrato di pizzo.
– Ha la ricchezza e la
posizione giusta per potrebbe riparare la mia fortuna, ma solo se sarà il
marito di mia
figlia. – Esclama Don
Carlos, senza distogliere gli occhi dal volto della sua creatura.
– Ha una magnifica
casa e una fattoria, oltre che i migliori cavalli di tutta Reina de Los Angeles, ed è unico
erede del suo ricco
padre. – aggiunse Dona Catalina.
– Un sussurro dalle sue
labbra all'orecchio di Sua Eccellenza, il governatore, può determinare il
destino di
un uomo. – conclude
Don Carlos.
– Ed è bello.
– Lo ammetto, mamma! –
Esclama la señorita Lolita, alzando il suo bel visino, e
fissandoli con coraggio. – È
questo è ciò che mi fa
arrabbiare! Che uomo meraviglioso da amare sarebbe, se fosse un uomo! Un uomo
così renderebbe
orgogliosa qualsiasi ragazza specialmodo se non la selezionata dopo aver
ballato e
corteggiato con altre
ragazze.
– E lui ti ha
preferito a tutte gli altre, altrimenti non avrebbe cavalcato fin qui oggi. –
Dice Don Carlos.
– Certo che deve
essersi affaticato molto! – Fa la ragazza. – Ma perché si riduce ad essere lo
zimbello del
paese? È bello e ricco
di talento. Ha salute, e potrebbe rivaleggiare su tutti gli altri giovani.
Invece, non ho
dubbi che ha l’energia
sufficiente solo per vestirsi.
– Non pensarci! – Si
lamenta Dona Catalina. – Quando ero una ragazza, non ho mai visto nulla di
simile.
Un uomo d’onore che ti
vuole come moglie.
– Se fosse meno onorevole
e più uomo, potrei guardarlo una seconda volta. – Dice la giovane.
– È necessario
guardarlo più di una volta, – Gli fa Don Carlos, con una certa autorità nel suo
parlare. – Non
si può buttare via una
bella occasione. Pensaci, figlia mia. E cerca di essere più gentile quando don
Diego
ritornerà.
Poi si affretta a
lasciare il patio con la scusa di voler parlare con un servo, ma in realtà per
allontanarsi dalla
scena. Don Carlos ha
dimostrato di essere un uomo coraggioso nella sua gioventù, e oggi è talmente
saggio,
che sa bene che è
meglio non partecipare a una discussione tra donne.
Presto sarebbe
arrivata l’ora della siesta, e la señorita Lolita
se ne và in cortile e si sistema su una panchina
vicino alla fontana.
Suo padre si assopisce sulla veranda, e sua madre nella sua stanza, e i servi
si
disseminano
dappertutto, alcuni mettendosi a dormire. Ma la señorita Lolita non riesce ad appisolarsi, ha la
mente occupata.
Conosce ovviamente
bene le brutte vicende del padre, perché da tempo non riesce a nasconderle, e
vuole,
naturalmente, vederlo
di nuovo tranquillo. Sa anche che la ragazza che avrebbe sposato Don Diego
Vega,
avrebbe avuto in suo
padre un uomo potente come suocero. I Vega non avrebbe lasciato i parenti delle
proprie mogli in
difficoltà.
Richiama alla sua
mente una visione del bel viso di don Diego, e si chiese come sarebbe se
illuminato con
amore e passione. È un
peccato, disse tra sè, che quell’uomo sia così senza vita. Ma come sposare un
uomo
che vuole inviare un
servo nativo per far eseguire una serenata al suo posto!
Lo zampillio della
fontana la fa delicatamente appisolare, e la fanciulla si ripiega sulla
panchina, con la
guancia appoggiata da
una parte e i suoi capelli sciolti verso terra.
All’improvviso viene
svegliata da un tocco sul braccio, e si alza in fretta, e poi una mano serra le
sue labbra
perché non gridi.
Davanti a lei vi è un
uomo avvolto in un lungo mantello nero, e con il volto coperto da una maschera
nera
che nasconde i
lineamenti, tranne gli occhi scintillanti. Ha già sentito parlare di Zorro, il
bandito, e capisce
che è lui, il suo
cuore quasi smette di battere, tanta è la paura.
– Silenzio, vi prego.
Non vi farò niente, signorina, – Sussurra Zorro con voce bassa.
– Tu… sei… – Chiede la
fanciulla con voce rotta dalla paura.
Zorro fa un passo
indietro, si toglie il sombrero, e si prostra davanti a lei.
– Avete indovinato,
mia incantevole signorina. – Dice. – Vengo chiamato Zorro, o se preferite, la
maledizione di
Capistrano.
– Cosa… fate qui.
– Non voglio farvi
nulla di male, ne arrecar nessun danno a questa hacienda, señorita. Voglio solo punire
coloro che sono
ingiusti, e tuo padre non è certo un personaggio di tal genere. Lo ammiro
molto. Piuttosto
vorrei punire coloro
che gli fanno male, che lo stanno rovinando.
– Io… vi ringrazio, señor.
– Sono un po’ stanco,
e la fattoria è un ottimo posto per riposare. Sapevo che era l’ora della
siesta, anche, e
ho pensato tutti
sarebbero addormentati. Sì, mi vergogno per avervi risvegliata, señorita, ma sentivo che
dovevo parlare. La vostra
bellezza è tale che dovrebbe essere cantata dalle labbra di ogni uomo.
La señororita Lolita ha la grazia di arrossire.
– Vorrei che la mia
bellezza colpisca ben altri uomini. – Fa la fanciulla.
– Non ci credo? Può
essere che alla señorita Lolita mancano dei pretendenti? Ma non è
possibile!
– Tuttavia, Signore è
così. Pochi hanno il coraggio di allearsi con la famiglia Pulido, dal momento
che è in
disgrazia con il
potere. A dir la verità c’è un pretendente. – Continua. – Ma sembra non mettere
molta foga
nel suo
corteggiamento.
– Costui avrebbe poca
voglia di amarvi? Ma che problemi affliggono quest’uomo? È forse malato?
– Lui è così ricco che
credo pensa basti fare una richiesta a una fanciulla per farsi sposare.
– Che imbecille! È il
corteggiamento che dà il sapore alla storia d'amore.
– Ma voi, signore!
Qualcuno potrebbe venire qui e vederti! Potreste essere catturato!
– E non si vuole
vedere un bandito catturato? Forse basterebbe catturarmi per riparare la
fortuna di tuo
padre. Il governatore
è molto irritato, da quel che so, riguardo la mia attività.
– Voi… voi fareste
meglio ad andarvene.
– Così parla la pietà
che è nel tuo cuore. Tu sai che la cattura può significare la mia morte. Ma
devo
rischiare, e aspettare
ancora un po’.
Zorro si siede sulla
panchina, e la señorita Lolita si sposta più lontano che può.
Ma Zorro la anticipa.
Afferra una sua mano e, prima che possa intuire le sue intenzioni, si piega in
avanti, e
la bacia.
– Señor! – Grida la fanciulla tirando via la mano.
– So che è molto
audace, ma un uomo deve esprimere i suoi sentimenti. Non vi ho offeso tanto da
dovervi
chiedere perdono,
spero.
– Andatevene, signore,
altrimenti griderò!
– E farmi così
giustiziare?
– Siete solo un ladro
di strada!
– Ma io amo la vita
come qualsiasi altro uomo.
– Chiamerò aiuto,
signore! C'è una ricompensa offerta per la vostra cattura.
– Queste manine non
sono abbastanza grandi da gestire il denaro venuto dal mio sangue.
– Andatevene!
– Ah, signorina, come
siamo crudeli. La vostra sola vista manda in ebollizione il sangue nelle vene
di un
uomo. Un uomo
combatterebbe una orda di soldati su ordine di quelle dolci labbra.
– Signore!
– Un uomo morirebbe
per difendervi, signorina. Per difendere la vostra fresca bellezza.
– Per l'ultima volta,
signore! Ora griderò, e il vostro destino sarà segnato!
– Fatemi ancora
baciare la vostra mano e me ne vado.
– Non posso
permettervelo!
– Allora mi siedo qui
fino a quando non verranno a prendermi. E non dovrò aspettare a lungo. Quel
gran
sergente di Gonzales è
sulle mie tracce, lo so, e potrebbe averle già trovate. Avrà molti soldati con
lui.
– Signore, per amore
dei santi!
– La Vostra mano.
La ragazza dà le
spalle a Zorro, ma non toglie la mano quando lui glie la bacia. E poi si volta
lentamente, e i
suoi occhi neri si
persero in quelli davanti ad essa. Un lungo brivido la scuote tutta. Poi si
rende conto che
tiene ancora la sua
mano, e la allontana. Infine si volta e corre velocemente lungo il patio per
entrare in casa.
Con il cuore che batte
forte, si ferma dietro le tende di una finestra a guardare. Zorro cammina
lentamente
verso la fontana e si
china a bere. Poi si rimette il capello, guarda un attimo verso la casa e si
allontana. Lolita
sente il galoppo di un
cavallo morire in lontananza.
– Un ladro, sì, ma che
uomo! – La fanciulla respira forte. – Se solo don Diego avesse la metà di tanto
coraggio!
Capitolo 8: Don Carlos
gioca un brutto tiro
Lolita volta le spalle
alla finestra, grata alla sorte che nessuno della famiglia aveva visto Zorro.
Il resto della
giornata la trascorre
in veranda, metà del tempo lavorando su alcuni merletti, e l'altra metà con lo
sguardo
lungo il sentiero
polveroso che corre verso la strada.
E viene la sera,
grandi fuochi sono accesi nelle capanne degli indigeni, dove sono riuniti
intorno alla loro
tavola intenti a
cucinare e mangiare e a parlare degli avvenimenti della giornata. All'interno
di casa Pulido il
pasto serale è già
preparato, e la famiglia stava per sedersi a tavola quando qualcuno bussa alla
porta.
Un indiano corre ad
aprire, e Zorro entra nella stanza. Si toglie il cappello, si inchina, e poi
alza la testa e
guarda Don Carlos e la
mezza terrorizzata Dona Catalina.
– Sono certo che
perdonerete questa intrusione, – dice. – Io sono l'uomo che chiamano Zorro. Ma
non
abbiate paura, perché
non sono venuto a rubare.
Don Carlos si alza
lentamente, mentre Lolita trattiene il fiato a questa dimostrazione del
coraggio di
quest’uomo, e teme di
parlare della visita del pomeriggio, di cui non aveva detto niente neanche a
sua
madre.
– Mascalzone! –
ruggisce Don Carlos. – Hai il coraggio di entrare in una casa onesta?
– Io non sono tuo
nemico, Don Carlos. – risponde Zorro. – In effetti, ho fatto delle cose che
dovrebbe far
appello al cuore di
ogni uomo perseguitato.
È vero, e Don Carlos
lo sa, ma è troppo saggio per ammetterlo, altrimenti sarebbe stato tradimento
verso il
Re. Ma il Cielo sa
bene quanto lui poco gode delle grazie del governatore senza offenderlo ora
ancor di più
trattando con cortesia
questo uomo per la cui carcassa il governatore ha offerto una grossa
ricompensa.
– Che vuoi qui? –
chiese.
– Vi chiedo
ospitalità, Signore. In altre parole, vorrei mangiare e bere. Io sono un
cavaliere, da qui la mia
pretesa di giustizia.
– Qualunque buon
sangue scorra nelle vostre vene è stata sporcata dalle vostre azioni. – dice
Don Carlos. –
Un ladro e bandito non
ha diritto di rivolgersi alla ospitalità di questa hacienda.
– Suppongo che si tema
di ospitarmi, dal momento che il governatore potrebbe esserne informato. –
risponde Zorro. –
Potrete dire che siete stati costretti a farlo. E questa sarà la verità.
Poi, da sotto il
mantello, sbuca una pistola. Dona Catalina urla e sviene, e Lolita si
rannicchia sulla sua sedia.
– Due volte
mascalzone, dal momento che spaventate le donne! – esclama con rabbia Don
Carlos. – Dal
momento che sarebbe la
morte rifiutare, vi farò portare carne e bevande. Ma io vi chiedo di essere
abbastanza caballero per permettermi di chiamare una domestica
per portare mia moglie in un'altra stanza e
di prendersi cura di
lei.
– Ma certo, però – Fa
Zorro. – Ma la signorina rimane qui come ostaggio per la vostra buona condotta
e
ritorno.
Don Carlos guarda
l'uomo mascherato, e poi la ragazza, nei suoi occhi non c’è paura. Perciò
prende la
moglie in braccio e la
conduce oltre la porta, urlando per far venire i suoi domestici.
Zorro cammina intorno
al tavolo, si inchina di nuovo davanti a Lolita, e si siede su una sedia
accanto a lei.
– So di rischiar
molto, ma dovevo rivedere il tuo viso. – Dice
– Senor!
– La visita di questo
pomeriggio ha prodotto un violento incendio nel mio cuore, signorina. Il tocco
della
tua mano mi ha donato
una nuova vita.
Lolita diviene
completamente rossa, e Zorro sposta la sua sedia il più vicino ad essa vicino
per raggiungere
la sua mano, ma lei
cerca di sfuggire.
– Il desiderio di
riascoltare la tua voce argentina, signorina, mi può attrarre qui spesso.
– Signore! Non deve
ritornare! Sono stata indulgente con voi questo pomeriggio, ma non posso
esserlo di
nuovo. La prossima
volta urlerò, e sarete preso.
– Non potete essere
così crudele.
– Il vostro destino è
appeso ad un filo, signore.
Poi Don Carlos rientra
nella stanza, e Zorro si alza e si inchina ancora una volta.
– Spero che vostra
moglie si sia ripreso dal suo svenimento, – Chiede Zorro – Mi dispiace che la
vista della
mia povera pistola
l’abbia spaventata.
– Si è ripresa. – Fa
Don Carlos – Credo abbiate detto che volevate mangiare e bere. Devo dire,
signore,
avete davvero fatto
delle azioni che ho ammirato, e sono felice di concedervi ospitalità per un po’
di tempo.
Un mio domestico vi
darà da mangiare subito.
Don Carlos si dirige
verso la porta, e chiama un nativo. Don Carlos è ben contento di se stesso.
Portando
sua moglie nella
stanza accanto ha avuto la possibilità di chiedere aiuto. Quattro servi di sua
fiducia hanno
risposto alla sua
chiamata. Ha dato a uno di loro l’ordine di prendere un cavallo e di percorrere
con la
velocità del vento le
quattro miglia che li separano dal pueblo, per dare l'allarme ai soldati che
Zorro è alla
hacienda Pulido.
Il suo scopo ora è
quello di trattenere il più possibile Zorro. I soldati sarebbero venuti, forse
ci sarebbero
stati morti e feriti,
ma il governatore avrebbe poi avuto una certa considerazione per la sua
informazione.
– Deve aver avuto
delle pericolose avventure, signore. – Fa Don Carlos tornando al tavolo.
– Sì, alcune. –
ammette l’uomo mascherato.
– Ha avuto dei
problemi a Santa Barbara, ho sentito, è vero?
– Mi perdoni, ma non
amo parlare di ciò che faccio.
– Per favore. – Prega
Lolita e Zorro non sa resistere ai suoi occhi.
– E va bene. Sono
arrivato nei pressi di Santa Barbara al tramonto. C'è un tipo lì che gestisce
un negozio,
che stava malmenando
dei nativi e rubava ai frati. Costoro gli vendevano merci della missione, ma
rubando
sul peso reale e gli
uomini del governatore, naturalmente, erano dalla sua parte. Dovevo punire quel
disonesto.
– Prego continuate,
signore. – Dice Don Carlos, piegandosi in avanti come se fosse profondamente
interessato.
– Sono entrato dalla
porta del suo palazzo. Vi erano molte candele accese, e con lui c’erano una
mezza
dozzina di suoi amici.
Mostrando loro la mia pistola li ho cacciati in un angolo e ho ordinato a quel
impaurito negoziante
di venire da me. L’ho costretto a vomitare i soldi che aveva in un nascondiglio
segreto.
E poi l'ho percosso
con una frusta presa dal suo muro, e spiegandogli perché lo punivo.
– Eccellente! – Fa Don
Carlos.
– Poi sono saltato sul
mio cavallo e mi sono precipitato fuori del paese. Alla capanna di un nativo ho
fatto
un cartello, dicendo
che ero un amico degli oppressi. Sentendosi particolarmente audace, quella
sera, ho
galoppato fino alla
porta del presidio, messo da parte la sentinella che mi aveva preso all’inizio
per un
corriere ed ho
inchiodato il cartello alla porta del presidio con il mio coltello. Proprio in
quel momento i
soldati si
precipitarono fuori. Ho sparato sopra le loro teste, e mentre loro erano
sconcertati ho spronato la
mia cavalcatura verso
le colline.
– Lei è fuggito! –
Esclama Don Carlos.
– Ed ora sono qui!
Questo è per rispondervi.
– Ma perché il
governatore c’è la tanto a morte con voi? – fa Don Carlos – Non ci sono altri
banditi che lo
turbano.
– Eh! Sapete ho avuto
uno scontro personale con Sua Eccellenza. Lui era in missione ufficiale da San
Francisco de Asis a
Santa Barbara, con una scorta di soldati. Si fermarono ad un ruscello per
rinfrescarsi, coi
soldati disseminati,
mentre il governatore parlava con i suoi amici. Ero nascosto nella foresta e
improvvisamente vengo
fuori. Mi precipito versi il governatore che era sulla porta aperta della
diligenza. Ho
puntato la mia pistola
alla sua testa e gli ho ordinato di consegnarmi la sua borsa, cosa che il
grasso ha fatto.
Poi sono corso
attraverso i suoi soldati, mettendo un gran disordine tra di loro.
– Lei è scappato! –
Esclama Don Carlos.
– Sono qui. –
Acconsente Zorro.
Il servo intanto porta
un vassoio di cibo e lo mette davanti all’uomo mascherato di nero, ritirandosi
poi il
più presto possibile,
con occhi pieni di paura e con mani tremanti, vi sono troppe storie strane su
questo
demonio chiamato Zorro
e sulla sua brutalità, nessuna delle quali vera.
– Sono sicuro che voi
mi perdonerete, – Fa Zorro – se vi chiedo di sedervi in fondo alla stanza. La
mia
maschera mi protegge
abbastanza, ma non voglio per farsi riconoscere ulteriormente. ho messo la
pistola
davanti a me sul
tavolo, così, per scoraggiare qualsivoglia tradimento. Ed ora, Don Carlos
Pulido, farò
giustizia per il pasto
che avete così gentilmente offerto.
Don Carlos e sua
figlia siedono così in fondo al tavolo, e Zorro si mette a mangiare con un
gusto evidente.
Di tanto in tanto si
ferma a parlare con loro, e chiedendo un po’ più di vino, il migliore che a suo
dire ha
assaggiato da un anno
a questa parte.
Don Carlos è fin
troppo felice di ubbidirgli. Sta cercando di guadagnar tempo. Sa quale velocità
ha il
cavallo del nativo,
spera anzi che abbia già raggiunto da tempo il presidio a Reina de Los Angeles, e che i
soldati siano ormai
per strada. Ah! Se fosse riuscito a tener lì Zorro fino a quando fossero
arrivati!
– Vi sto facendo
preparare qualcosa da mangiare da portare con voi, signore, – Fa Don Carlos –
Mi
perdonerete, spero, se
vado a vedere se è pronto? Mia figlia vi intratterrà.
Zorro si inchina, e
Don Carlos usce in fretta dalla stanza. Ma così facendo commette un errore. È
una cosa
insolita per una
ragazza essere lasciata sola in compagnia di un uomo, in particolare in un uomo
conosciuto
per essere un
fuorilegge. Zorro lo capisce subito che è stato trattenuto di proposito.
Perché, ancora una volta,
è una cosa insolita
per un uomo come Don Carlos andare a veder se è pronto un pacchetto di cibo
quando,
con un semplice
battito delle mani può mandare dei servi. Don Carlos, infatti, è nell'altra
stanza solo per
sentire da una
finestra dei cavalli al galoppo.
– Signore! – Sussurra
Lolita attraverso la stanza.
– Che cosa c'è, mia
dolce signorina?
– Dovete andartene e
subito. Ho paura che mio padre abbia fatto chiamare i soldati.
– E tu sei così
gentile da avvertirmi?
– Non voglio vedervi
catturato, qui per di più. Non mi piacciono i combattimenti e gli spargimenti
di
sangue. – Dice Lolita.
– Questa è l'unica
ragione, signorina? – Fa Zorro fissandola nei suoi occhi al di là del tavolo.
– Non vuoi andartene,
signore?
– Non mi va di correre
via da una tale affascinante presenza, signorina. Posso venire di nuovo alla
siesta,
domani?
– Oh Santi numi, no!
Tutto ciò deve finire, Signor Zorro. Avete fatto delle cose che ammiro, quindi
non
vorrei vederti
catturato. Andate a nord fino a San Francisco de Asis e ridiventate onesto. È
meglio così,
signore.
– Devo proprio andare…
– La prego, signore.
– Ma tuo padre è
andato a prendere del cibo per me. Non potrei partire senza ringraziandolo per
questo
pasto.
Don Carlos torna proprio
in quell’attimo nella stanza posando un pacchetto sul tavolo, e Zorro comprende
dall'espressione del
suo volto che i soldati stanno arrivando.
– Ecco alcuni cibi da
portare con voi, signore, intanto volete donarci qualche altro vostro ricordo
prima di
ripartire.
– Ho già parlato
troppo, signore, ed è una brutta malattia per un cavaliere. Sarà meglio che vi
ringrazio e vi
saluto.
– Almeno, signor mio,
bevete un altro bicchiere di vino.
– Ho paura – Fa Zorro
– che i soldati siano troppo vicini, Don Carlos.
Don Carlos diviene
bianco in viso vedendo Zorro che riprende la sua pistola. Teme di star per
pagare ad
alto prezzo la sua
ospitalità tradita. Ma Zorro la ripone subito nella cintura con un sorriso.
– Vi perdono questa
violazione di ospitalità, Don Carlos, perché io sono un fuorilegge ed è stata
messa una
taglia sulla mia testa.
E non vi porto rancore per questo. Buenos noches,
signorina! Senor, adios!
Poi un servo
terrorizzato che poco sa riguardo agli eventi della serata, entra precipitando
attraverso la
porta.
– Padrone! I soldati
sono qui! – Grida. – Hanno circondato la casa!
Capitolo 9: Scontro di
Lame
In mezzo al tavolo, vi
è un imponente candelabro in cui bruciano vivacemente una decina di candele.
Zorro salta verso di
esso, e con un colpo di mano lo butta a terra. L’istante dopo tutta la stanza è
al buio.
Don Carlos corre
selvaggiamente per tutta la stanza, ma gli stivali morbidi di Zorro non davano
il minimo
rumore. Pochi istanti
dopo Lolita sente un braccio muscoloso intorno alla sua vita che la strinse
delicatamente, insieme
al respiro di un uomo sulla sua calda guancia, che gli sussurra:
– A più tardi, mia
dolce signorina.
Don Carlos urla come
un toro ferito, e questo guidava i soldati, alcuni dei quali, stanno già per
bussare alla
porta di casa. Zorro
si precipita nella stanza adiacente che è talaltro la cucina. I nativi
domestici fuggono
davanti a lui come se
fosse stato un fantasma che rapidamente spegne al suo passaggio tutte le
candele
accese.
Poi corre alla porta
che si apre sul patio e alza la voce per dare un richiamo che per metà è un
lamento e
per l’altra metà un
grido, un richiamo mai sentito prima da nessuno dei residenti dell’hacienda Pulido.
Appena i soldati
irrompono dalla porta di casa, e Don Carlos chiama qualcuno per riaccendere le
candele,
si sente il rumore di
zoccoli al galoppo dalla parte posteriore del patio. I militari capiscono
subito che è un
cavallo potente quello
che sta fuggendo.
Il suono degli zoccoli
si spegne in lontananza, ma i soldati hanno notato la direzione del cavallo in
fuga.
– Il demonio fugge! –
Urla il sergente Gonzales, a capo della squadra. – A cavallo dietro di lui! A
chi lo
cattura darò un terzo
del premio!
Il sergente fa una
grande corsa attraverso la casa con gli uomini alle calcagna, per buttarsi in
sella e
cavalcare furiosamente
attraverso le tenebre, seguendo il rumore degli zoccoli del cavallo di Zorro.
– Luci! Luci! – Urla
intanto Don Carlos dall'interno della casa.
Un domestico arriva
con un tizzone ardente e riaccende le candele. Don Carlos è in mezzo la stanza,
agitando i pugni dalla
rabbia. Sua figlia Lolita accovacciata in un angolo, ha gli occhi spalancati
dalla paura.
Dona Catalina, ormai
pienamente ripresa dal suo semisvenimento, arriva dalla sua camera per capire
il
motivo di tanto
trambusto.
– Il furfante è
scappato! – Dice Don Carlos. – Speriamo che i soldati lo catturino.
– Almeno lui è furbo e
coraggioso, – Dice Lolita.
– Sia pure, ma è
sempre un bandito e un ladro! – Ruggisce il padre. – Perché mi ha tormentato
con questa
visita?
Lolita sa bene il
perché, ma è l'ultima persona che lo avrebbe spiegato ai suoi genitori. Ha un
debole
rossore sul suo viso
al ricordo del braccio che aveva stretto la sua vita e delle parole che Zorro
gli aveva
sussurrato in un
orecchio.
Don Carlos và alla
porta d'ingresso ancora spalancata e lì si ferma in ascolto. Alle sue orecchie
arriva il suono
di zoccoli al galoppo
che si avvicinano.
– La mia spada! –
Grida a un domestico. – Potrebbe essere il furfante di ritorno! Per tutti i
santi, è un solo
cavaliere!
Il galoppo si ferma e
un uomo si fa strada attraverso la veranda precipitandosi poi attraverso la
porta nella
stanza.
– Siano ringraziati
tutti i santi! – Don Carlos rimane a bocca aperta.
Non è Zorro, ma il
capitano Ramon, comandante del presidio di Reina de Los Angeles.
– Dove sono i miei
uomini, Don Carlos? – Grida il capitano.
– Andati, signore!
Andati dietro a quel cane di un bandito! – Lo informa Don Carlos.
– Volete dire che è
fuggito?
– Subito che i vostri
uomini circondarono la casa. Si è precipitato sulle candele gettandole a terra,
ed è
fuggito dalla cucina.
– Gli uomini lo hanno
inseguito?
– Sono sulle sue
calcagna, signore.
– Ah! È da sperare che
raggiungano questo uccel di bosco abbastanza in fretta. E' una spina nel fianco
per
la nostra truppa. Il
governatore, attraverso il suo corriere, ci manda sempre delle lettere
sarcastiche perché
non lo catturiamo. Ma
per quando questo signor Zorro sia intelligente, prima o poi cadrà nella rete!
Poi il capitano Ramon
entra nella stanza e viste le dame si tolse via il cappello e si inchina
davanti a loro.
– Perdonatemi la mia entrata
poco onorevole, – Dice il capitano rivolto alle dame. – ma quando un ufficiale
è in servizio…
– Lei è perfettamente
scusato, – Fa Dona Catalina. – Capitano, ha mai conosciuto mia figlia?
– Non ho avuto questo
onore.
La signora li
presenta, e Lolita si ritira poi al suo angolo osservando il soldato. Non era
male da guardare,
alto e diritto, in una
graziosa uniforme, con la spada a penzoloni al suo fianco. Quanto al capitano,
lui non
aveva mai visto la
Senorita Lolita, perché è stato trasferito da Santa Barbara e messo al comando
di Reina de
Los Angeles, da appena
un mese.
Ma ora la osserva una
seconda volta ed anche una terza. C'è una luce improvvisa nei suoi occhi che
piacque molto a Dona
Catalina. Se Lolita non guarda con simpatia a don Diego Vega, forse potrebbe
posare
gli occhi su questo
capitano Ramon, e se Lolita andasse sposata a un ufficiale dell’esercito, la
famiglia Pulido
avrebbe poi una certa
protezione.
– Non potrei trovare i
miei uomini al buio. – Dice il capitano – potrei chiedervi di aspettar qui il
loro
ritorno.
– Ma prego, capitano.
– Risponde Don Carlos. – Accomodatevi, intanto manderò un servo a prendere del
vino.
– Questo Zorro ha il
suo periodo di fortuna, – Dice il capitano, dopo aver assaggiato il vino,
trovandolo
eccellente. – ma non
può certo durare a lungo. Alla fine troverà il castigo che merita.
– Ne sono convinto. –
Fa Don Carlos. – quel ragazzo si vantava un po’ troppo delle sue azioni davanti
a
noi, stasera.
– Ero comandante a
Santa Barbara, quando fece la sua prima apparizione – Spiega il capitano. – Ma
io quel
giorno ero in visita a
una delle famigli del luogo, sennò la storia sarebbe potuto essere ben diversa.
Come
questa sera, quando è
arrivato l'allarme, non ero al presidio, ma presso la residenza di un amico.
Ecco perché
non ero con i miei
soldati. Sono stato avvertito al mio ritorno e mi sono messo subito a cavallo.
Sembra che
questo Zorro sappia i
miei movimenti, per questo non posso scontrarmi con lui. Spero che un giorno
d’averlo davanti.
– Crede di poterlo
catturare? – Chiede Dona Catalina.
– Senza alcun dubbio!
Ho capito che non ha molta capacità nella scherma. Ha preso in giro il mio
sergente,
perché Zorro aveva una
pistola in mano con cui costrinse i suoi camerati all’angolo e lo intimorì.
Vi è in un angolo della
stanza un guardaroba e la sua porta si apre leggermente.
– Quel ribaldo deve
morire di una brutta morte. – Continua il capitano Ramon. – È un hombre brutale.
Dicono che uccide
arbitrariamente. Ho sentito che ha causato un vero regno di terrore al nord, nei
pressi di
San Francisco de Asis.
Uccide gli uomini e insulta le donne.
La porta del
guardaroba si apre di botto e un Zorro infuriato entra nella stanza.
– Ti contesto tutto
ciò che hai detto, signor mio, dal momento che è una solenne menzogna! – Grida.
Don Carlos si gira e
rimane a bocca aperta per la sorpresa. Dona Catalina sente mancargli
d’improvviso le
ginocchia e crolla su
di una sedia. Lolita ode con enorme piacere la dichiarazione dell'uomo
mascherato, e al
contempo patisce una
gran paura per lui.
– M- ma io pensato che
fosse fuggito. – Don Carlos rimane a bocca aperta.
– Un semplice trucco.
È il mio cavallo che è scappato, non io.
– Non avrai scampo,
ora! – Grida il capitano Ramon, sguainando la lama.
– Indietro, capitano!
– Grida Zorro gridò, spianandogli la sua pistola davanti. – Lotteremo
volentieri, ma la
lotta deve essere
equa. Don Carlos, raccogliete vostra moglie e vostra figlia fra le vostre
braccia e ritiratevi in
un angolo mentre io
incrociato le lame con questo bugiardo in divisa. E non avvertite nessuno che
sono
ancora qui!
– M- ma io pensato che
fosse fuggito. – Ripete sempre Don Carlos a bocca aperta, apparentemente
incapace di pensare ad
altro, se non far ciò che Zorro ha ordinato.
– Un semplice trucco!
– Il fuorilegge ripete, ridendo. – È un nobile destriero il mio. Forse avrete
sentito un
grido particolare che
uscì dalle mie labbra? Il mio cavallo è addestrato a muoversi con quel grido.
Galoppa
via selvaggiamente,
facendo un rumore considerevole, e così i soldati lo inseguono. E quando è
arrivato ad
una distanza, devia e
si ferma, e dopo che gli inseguitori son passati ritorna ad attendere la mia
chiamata.
Non c'è dubbio che ora
sia dietro al patio. Punirò questo capitano menzognero e poi monterò e
cavalcherò
via.
– Con una pistola in
mano! – Piagnucola Ramon, che già inizia a sudare dalla rabbia e dalla paura.
– Metto la mia pistola
sul tavolo, così. Ed ora che Don Carlos resti in quell’angolo con le signore,
all’erta,
capitano dei miei
stivali!
Zorro estrae la sua
lama, e con un grido felice capitano Ramon estrasse la sua. Il capitano Ramon
ha una
certa notorietà come
buon maestro di scherma, cosa saputa indubbiamente da Zorro, perché egli è
cauto fin
dall'inizio, senza
lasciare nessuna apertura all’avversario, restando sulla difesa senza
attaccare.
Il capitano lo
incalza, la sua lama lampeggia come le striature di un fulmine in un cielo
agitato. Zorro è
retrocesso quasi fin
contro il muro vicino alla porta della cucina, e negli occhi del capitano la
luce del trionfo
già comincia a bruciare.
Egli monta rapidamente all’attacco, senza dare all’uomo mascherato un attimo di
tregua, mantenendo il
suo antagonista contro il muro.
Ma poi Zorro
ridacchia. Per ora ha lasciato l’attacco all’avversario, ma non è per niente
preoccupato.
Lascia la sua difesa
per lanciare un affondo che lascia il capitano perplesso. Zorro ride con
leggerezza.
– Sarebbe un peccato
ucciderti – Dice. – Ho sentito dire che sei un buon ufficiale, e l'esercito ne
pochi di
uomini come te. Ma tu
hai detto delle menzogne sul mio conto, e dovrai pagare. Però non ti toglierò
la vita.
– Millantatore! –
Ringhia il capitano.
– Quanto a questo
vedremo. Ah! Quasi ti toccavo, mio bravo capitano. Sei più bravo del tuo grande
sergente, ma non sei
tanto più furbo di lui. Dove preferisci essere toccato a sinistra o destra?
– Se sei così certo di
riuscirci, attraversami la spalla destra, sbruffone. – Dice il capitano.
– Hai una buona
guardia, mio bravo capitano, ma farò come dici tu.
Il capitano si gira,
cercando di portare la luce delle candele agli occhi dell’uomo mascherato, ma
Zorro,
come recita il suo
nome, è una volpe e dal pelo vecchio. Fa si che il capitano si gira
ulteriormente di schiena,
costringendolo poi a
ritirarsi, per duellare in un angolo della sala.
– Ora, mio bravo
capitano! – Grida.
E così lo trafigge
alla spalla destra, come il capitano gli ha detto di fare, e poi fa uscire la
lama. Zorro ha
colpito un po’ troppo
in basso, e il capitano Ramon sente una debolezza improvvisa e si lascia cadere
per
terra.
Zorro fa un passo indietro
e, dopo averla pulita, rinfodera la sua lama.
– Chiedo il vostro
perdono, signore per questa disgustosa scena di violenza, – Dice. – E io vi
assicuro che
questa volta me ne
vado via sul serio. Vedrete Don Carlos, che il capitano non è ferito gravemente.
Egli potrà
tornare al suo
presidio in giornata.
Si toglie il sombrero
e si prostra davanti a loro, mentre Don Carlos non sa più che dire. Gli occhi
di Diego
dietro la maschera,
per un attimo, si incrociarono con quelli di Lolita, e fu felice di non leggervi
della
ripugnanza.
– Buenos noches. –
Dice sorridendo.
Poi esce veloce dalla
stanza e attraversando la cucina passa nel patio. Qui vi trova il suo fedele
cavallo, che
lo attende come aveva
detto. Con un balzo salta in sella e s’allontana galoppando.
Capitolo 10: Una punta
di gelosia
Nello spazio di
mezz'ora, la spalla ferita del capitano Ramon è stata ripulita del sangue e
bendata, e il
capitano è ora seduto
ad una estremità della tavola, sorseggiando vino e guardando in giro con una
faccia
pallida, molto stanco.
Dona Catalina e sua
figlia Lolita ha avuto modo di mostrare per lui molta simpatia, anche se
quest'ultima
evita con difficoltà
di sorridere quando si ricorda la vanteria del capitano riguardo a ciò che si
propone di
fare a Zorro, in
confronto a ciò che era successo. Don Carlos fa di tutto per far sentire il
capitano come se
fosse in casa sua,
anzi prega il funzionaio di rimanere alcuni giorni alla hacienda fin quando la
ferita non
fosse guarita.
Dopo aver guardato gli
occhi di Lolita, il capitano ha risposto che sarebbe stato felice di rimanere
almeno
per un giorno e,
nonostante la sua ferita, tenta, miseramente, una conversazione gentile e
spiritosa.
Ancora una volta si
udì il battito degli zoccoli di un cavallo, e Don Carlos invia un servo alla
porta per
aprirla in modo da far
uscire la luce, pensando che fosse uno dei soldati di ritorno.
Il cavaliere si ferma
davanti alla casa, e il servo corre a prendersi cura della bestia.
Ci fu un momento in
cui dall'interno della casa non si ode nulla, e poi si sentono dei passi in
veranda, ed
ecco apparire Don
Diego Vega che attraversa in fretta la porta.
– Ah! – Fa con un
grosso sorriso. – Sono rallegrato che tutti siate vivi e vegeti!
– Diego! – Esclama il
padrone di casa. – Hai cavalcato fuori dal pueblo una seconda volta in un solo
giorno?
– Senza dubbio mi
ammalerò per questo, – Dice Diego. – Già mi sento ritornare il mio mal di
schiena.
Eppure ho capito che
dovevo venire. C'è stato un allarme nel pueblo, ed è stato detto che questo il
Senor
Zorro, il bandito,
aveva fatto una visita alla fattoria. Ho visto i soldati cavalcare furiosamente
in questa
direzione, e la paura
è entrata nel mio cuore. Capite, don Carlos, mi dovevo sentire tranquillo.
– Capisco, caballero,
capisco – Risponde Don Carlos, sorridendo e guardando sua figlia Lolita.
– Ho sentito il dovere
di rifare il viaggio. E ora scopro che è stato inutile, tutti sono vivi e
vegeti. Come è
successo?
Lolita sta per
rispondere in maniera spiacevole, ma Don Carlos si affretta a rispondere a sua
volta.
– Quell'uomo è stato
qui, ma è fuggito dopo aver ferito alla spalla il capitano Ramon.
– Ah! – Fa Don Diego
disse, crollando su una sedia. – Così avete sentito il suo acciaio, eh,
capitano? Questo
dovrebbe nutrire il
vostro desiderio di vendetta. I vostri soldati sono dietro al ladro?
– Infatti. – Risponde
subito il capitano, perché non gli piace che si dicesse che era stato sconfitto
in
combattimento. – E
continueranno ad esserlo fino a quando non lo cattureranno. Ho un buon
sergente,
Gonzales, che credo
sia un suo amico don Diego, che ha il forte desiderio di farlo prigioniero e
guadagnar
così la ricompensa del
governatore. Incaricherò Lui, quando torna, di prendere il comando e di
proseguire la
caccia a questo
bandito.
– Lasciami esprimere
la speranza che i soldati abbiano successo, Senor. Il ladro ha infastidito Don
Carlos e
la sua famiglia e Don
Carlos è un mio amico. Vorrei che tutti lo sappiano.
Don Carlos spirava
felicità da tutti i pori, e Dona Catalina sfoggia un sorriso seducente, ma
Lolita lotta
parecchio per
mantenere sul viso il disprezzo.
– Prego, una tazza del
vostro vino fresco, Don Carlos, – Continua Diego. –Sono stanco. Due volte oggi
ho
galoppato qui da Reina de Los Angeles, e più di ciò che un uomo possa
sopportare.
– Via! Si tratta solo
di un viaggio di appena quattro miglia, – Dice il capitano.
– Forse non è nulla
per un rude soldato, – Risponde Diego – ma è molto per un caballero.
– Non può un soldato
essere un caballero? – Chiede Ramon, un po’ irritato dalle
parole di Diego.
– È accaduto prima
d'ora, ma è cosa molto rara. – Fa Diego. Poi guarda Lolita mentre parla, con la
speranza
che prenda atto delle
sue parole. Ha visto il modo in cui il capitano la guarda, e la gelosia
comincia a
bruciare nel suo
cuore.
– Vuoi dire insinuare,
signore, che io non sono di buon sangue? – Chiede il capitano Ramon.
– Non posso
rispondere, signore, non avendo visto niente di ciò che successo stasera. Non
c'è dubbio che
questo Senor Zorro me
lo potrebbe ben dire. Lui il colore del vostro sangue, lo ha visto.
– Per tutti i santi! –
Piagnucola il capitano Ramon. – Vorreste schernirmi?
– Mai si è scherniti
dalla verità. – Osserva Diego – Egli vi ha colpito attraversando la spalla, eh?
È un
semplice graffio, non
ho dubbi. Non dovreste essere al presidio ad istruire i vostri soldati?
– Aspetto qui il loro
ritorno. – Risponde il capitano. – Inoltre, da qui al presidio è un viaggio
faticoso, in
base alle vostre idee,
senor.
– Ma un soldato è
assuefatto al disagio, senor.
– È vero, infatti si
possono incontrare ci sono molti parassiti. – Fa il capitano, guardando negli
occhi Diego.
– Mi definite un
parassita, signore?
– Ho detto tanto?
Il discorso sta
prendendo una piega pericolosa, e Don Carlos è già in brutte acque e non ha lo
spirito di
lasciare che un
ufficiale dell'esercito e Don Diego Vega continuassero ad affrontarsi nella sua
fattoria.
– Altro vino, signori?
– Esclama a gran voce, e si mise in mezzo ai due. – Bevi, mio buon capitano,
che tua
ferita ti ha reso
debole. E anche tu Diego, dopo la tua cavalcata selvaggia.
– Dubito che sia stata
selvaggia. – Osserva maligno il capitano.
Diego accetta il
bicchiere di vino offertogli e volta le spalle al capitano. Lancia un'occhiata
a Lolita e
sorride mostrando i
suoi denti bianchi. Si alza e deliberatamente prende la sedia e la porta
dall'altra parte
della stanza per
sedersi accanto a lei.
– Vi ha spaventato
molto quel bandito, signorina? – Gli chiede.
– Supponiamo che lo
abbia fatto, signor mio? Vorreste vendicare il problema? Vi mettereste una lama
al
fianco e andreste a
cercarlo per poi punirlo come merita?
– Oh, santi numi, se
fosse necessario, lo farei. Ma posso trovare una serie di compagni forti che
correrebbero per me
contro quella canaglia. Perché dovrei rischiare la pelle proprio io?
– Oh! – Esclama
Lolita, esasperata.
– Ma non parliamo più
di questo Senor Zorro assetato di sangue, – Prega Diego. – Ci sono altre forme
di
conversazione. Hai
pensato, mia dolce signorina, all'oggetto della mia visita nel corso della
giornata?
Lolita ci pensa su.
Ricorda ancora una volta ciò che questo matrimonio avrebbe significato per i
suoi
genitori e le loro
fortune, e poi ricorda il bandito di strada, la sua foga e lo spirito, e
avrebbe voluto che don
Diego, fosse un uomo
come lui. E non riesce a dire la parola che avrebbe fatto di lei la promessa
sposa di
Don Diego Vega.
– Ho - Ho appena avuto
il tempo di pensarci, caballero. – Risponde.
– Sono certo che la
vostra mente deciderò entro breve. – Fa Diego.
– Siete così ansioso?
– Mio padre mi ha
parlato ancora questo pomeriggio. Insiste che dovrei prendere una moglie il
prima
possibile. È piuttosto
un fastidio, certo, ma un uomo deve compiacere suo padre.
Lolita si morde le
labbra a causa della sua rabbia repressa. È mai stata corteggiata così una
ragazza si
chiede fra se?
– Farò in modo che la
mia mente ci pensi il prima possibile, signore. – Dice alla fine.
– Questo capitano
Ramon rimarrà a lungo presso l’hacienda?
Un po’ di speranza
entra in cuore a Lolita. Può essere possibile che Don Diego Vega sia geloso? Se
fosse
così, forse ha cuore
di uomo dopo tutto. Forse si sarebbe svegliato, e l'amore e la passione sarebbe
entrato in
lui, e lui sarebbe
stato come gli altri giovani.
– Mio padre gli ha
chiesto di restare fino a quando non è in grado di raggiungere il presidio –
Rispose.
– Eppure è ancora in
grado di viaggiare, è un semplice graffio.
– Non tornerà al
pueblo stasera?
– Probabilmente starò
male, ma devo ritornare. Ci sono certe cose di cui mi devo interessare domani
mattino presto. Gli
affari sono una seccatura.
– Forse mio padre vi
offrirà di inviarvici in carrozza.
– Ah! Sarebbe una vera
gentilezza se lo facesse. Un uomo può sonnecchiare un po’ in carrozza.
– Ma, se il bandito vi
dovesse fermare?
– Non temete, mia
dolce signorina. Non sono forse ricco? Non potrei comperare la mia liberazione?
– Vorreste pagare il
riscatto piuttosto che lottare per la vostra libertà, signore?
– Ho un sacco di
soldi, ma una sola vita, signorina. Non sarei un uomo saggio nel rischiare che
scorra il
mio sangue.
– Sarebbe una cosa
virile, però? – Fa Lolita.
– Qualsiasi maschio
può essere virile, a volte, ma ci vuole un uomo intelligente per essere così
sagace.
Diego si mette a
ridere con leggerezza, come se gli costasse un bello sforzo, e si piega in
avanti a parlare in
toni più bassi.
Dall'altro lato della
stanza, Don Carlos sta facendo del suo meglio per rendere il soggiorno del
capitano
Ramon il più
confortevole possibile, ed è contento che per il momento lui e don Diego
avessero smesso di
beccarsi.
– Don Carlos, – Dice
il capitano – Vengo da una buona famiglia, e il governatore è molto amichevole
con
me, come senza dubbio
avrete udito. Ma io ormai 23 anni di età, altrimenti avrei esercitare un
incarico
superiore. Ma il mio
futuro è comunque ben assicurato.
– Sono rallegrato di
saperlo, capitano.
– Non ho mai posato
gli occhi su vostra figlia fino a questa sera, ma lei mi ha conquistato,
signore. Non ho
mai visto tanta grazia
e bellezza, come quegli occhi stupendi! Chiedo il vostro permesso per farle la
corte.
Capitolo 11: tre
pretendenti
Un bel problema. Don
Carlos non ha alcun desiderio di astio verso Diego, un uomo ben ammanicato col
governatore. Però non
è simpatico a Lolita, allora forse lei potrebbe imparare ad amare il capitano
Ramon.
Dopo Diego, il
capitano è il miglior partito dei dintorni.
– La vostra risposta,
signore? – Chiede impaziente il capitano.
– Ho fiducia che non
mi fraintendere, signore, – Fa Don Carlos a bassa voce. – Devo dirvi una cosa.
– Dica, senor.
– Questa mattina Don
Diego Vega mi ha fatto la stessa richiesta.
– Ah!
– Conoscete il suo
sangue e la sua famiglia, senor. Potevo rifiutare? Non potevo. Ma posso dirvi
questo: la
signorina non sposerà
nessun uomo se quello che desidera. Così Don Diego ha il mio permesso di farle
la
corte, ma se non
riesce a toccare il suo cuore…
– Allora posso
provare? – Chiede il capitano.
– Avete il mio
permesso, senor. Certo, Don Diego ha una grande ricchezza, gli piace mia figlia
però non…
ecco non so se mi può
capire.
– Capisco
perfettamente, don Carlos. – Dice il capitano, ridendo. – Non è esattamente un
cavaliere
coraggioso e audace.
Ma forse vostra figlia preferisce la ricchezza all’amore?
– Capitano! Mia figlia
seguirà i dettami del suo cuore! – Esclama Don Carlos con orgoglio.
– Allora la questione
è tra Don Diego Vega e me?
– Sì, capitano. Ma con
discrezione. Non vorrei che accadese qualcosa da far fiorire inimicizia tra la
famiglia
Vega e la mia.
– I vostri interessi
saranno protetti, Don Carlos. – Dichiara il capitano Ramon.
Mentre Don Diego
parla, Lolita osserva il padre e il capitano Ramon, e indoviva quello che si
dicono. Le
piace, naturalmente,
che un ufficiale aspirasse alla sua mano, ma non ha sentito alcun brivido
quando prima
l’aveva guardata negli
occhi.
È Zorro, ora, che
l’emoziona fino alla punta dei suoi piedini, e solo perché ha parlato con lei,
e per aver
toccato il palmo della
mano con le sue labbra. Se solo Don Diego Vega avesse del sangue ardito come il
bandito! Un ladro con
slancio e coraggio!
Un improvviso tumulto
avviene al di fuori, e nella stanza entrano i soldati, col sergente Gonzales
alla loro
testa. Essi salutano
il loro capitano, e il grande sergente guarda con meraviglia la sua ferita alla
spalla.
– La canaglia ci è
sfuggita. – Riferisce Gonzales. – Lo abbiamo seguito per una distanza di tre
miglia verso
le colline, ma è
svanito nel nulla.
– Beh? – Fa Ramon.
– Ha degli alleati.
– Che cosa vuol dire
questo?
– Sicuramente una
diecina di uomini lo stavano aspettando, mio capitano. Sulle colline abbiamo
sentito i
loro occhi sopra di
noi, prima della lotta. Li abbiamo combattuti bene, e tre di loro li abbiamo
feriti, ma li
abbiamo messi in fuga.
Sono fuggiti portandosi dietro i loro compagni. Temendo un’imboscata ho
preferito
non inseguirli.
– Allora dobbiamo fare
i conti con una banda di ladri! – Esclama Ramon. – Sergente, dovete selezionare
una ventina di uomini
in mattinata, di cui avrete il comando. Imboccate il sentiero dove questo
signor Zorro
è scomparso, e non
ritornerete fino a quando non li avrete o catturati o uccisi. In caso di
successo offrirò il
quarto del mio salario
alla ricompensa di Sua Eccellenza, il governatore.
– Ah! È quello che
faremo! – Piagnucola il Sergente Gonzales. – Dovunque si nasconda questo coyote
lo
scoverò in breve tempo
e vedremo così il colore del suo sangue!
– Ne avete il diritto,
visto che Zorro ha visto il colore del sangue del vostro superiore. – Fa Diego.
– Che cosa mi dite,
Don Diego, amico mio? Capitano, avete incrociato le lame con il ladro?
– Ho, si! – Annuisce
il capitano. – Mentre voi seguivate un cavallo ammaestrato con cura, mio bravo
sergente. L'uomo
mascherato era qui, in un armadio, e venne fuori dopo che ero entrato. Così
deve essere
stato qualcun altro
che si è incontrato con i suoi compagni nelle colline. Questo signor Zorro mi
trattato alla
stessa stregua di come
trattò te nella taverna, aveva una pistola a portata di mano nel caso vossi
stato troppo
esperto con la lama.
Capitano e sergente si
guardano dritto, chiedendosi quanto l'altro aveva mentito, mentre Diego sorride
sotto i baffi e cerca
di premere la mano di Lolita ma fallisce.
– Questa faccenda può
essere risolta solo col sangue! – Dichiara Gonzales. – Cercheranno quel
furfante
fino a quando non
morderà la terra. Ho il vostro permesso di scegliere i miei uomini?
– Li scelga al
presidio. – Dice il capitano.
– Sergente Gonzales,
vorrei venire con te. – Fa Diego all'improvviso.
– Per tutti i santi!
Sarebbe come ucciderti, caballero. Giorno e notte in sella, in salita e in
discesa, nella
polvere e calore, e
con la possibilità di combattere.
– Beh, forse è meglio
per me rimanere nel pueblo – Ammette Diego. – Ma ha infastidito fin troppo
questa
famiglia, di cui sono
un vero amico. Almeno mi terrà informato? Lei mi dirà come vi sfugge? In modo
che io
posso essere con voi
in spirito?
– Certo, cavaliere
certamente. – Risponde il sergente Gonzales. – Vi darò la possibilità di
guardare la faccia
morta del ladro. Ve lo
giuro!
– Questo è un
giuramento terribile, caro sergente. Supponiamo che ve lo troverete davanti?
– Vorrà dire, che
ucciderò il furfante, caballero! Mio capitano, farete ritorno questa notte al
presidio?
– Sì. – Risponde
Ramon. – Nonostante la mia ferita, posso andare a cavallo.
Guarda verso Don Diego
mentre parla, e ci fu quasi un ghigno sulle labbra.
– Che grinta
magnifica! – Dice Diego. – Anch'io, ritornerò a Reina de Los Angeles, se Don Carlos sarà tanto
gentile da prestarmi
la sua carrozza. Posso legare il mio cavallo dietro di essa. Rifarmi di nuovo
tutto il
tragitto sarebbe la
morte di me.
Gonzales si mette a
ridere e apre la strada verso la porta. Il capitano Ramon rende omaggio alle
signore,
guarda in cagnesco Don
Diego, e lo segue. Il caballero si trova di nuovo di fronte a Lolita mentre i
suoi
genitori scortano il
capitano alla porta.
– Penserai alla mia
richiesta? – Gli chiede. – Mio padre tornerà da me fra pochi giorni, e io
vorrei dirgli che
tutto è risolto. Se
decidete di sposarmi, tuo padre mi informerà attraverso un vostro domestico.
Poi metterò
l’avviso davanti casa
con il giorno del matrimonio.
– Ci penserò. – Fa la
ragazza.
– Potremmo essere sposati
alla missione di San Gabriel, anche se il viaggio è troppo faticoso. Frate
Felipe,
alla missione, è un
mio buon amico da quando eravamo fanciulli. Potrebbe anche venire a Reina de Los
Angeles e leggere la cerimonia nella chiesetta
sulla piazza.
– Ci penserò. – Fa di
nuovo la ragazza.
– Forse dovrei uscire
di nuovo per vedere se posso sopravvivere a un’altra notte come questa. Buenos
noches, Lolita.
Suppongo che dovrei baciarti la mano?
– Non c'è bisogno che
ti prendi questo fastidio. – Risponde Lolita – Potresti affaticarti.
– Ah si, grazie. Sarò
davvero fortunato se ti avrò in moglie.
Diego si incammina
verso la porta. Lolita si precipita nella sua stanza e si mette a battere con
le mani i suoi
seni, troppo
arrabbiata per piangere. Chiederle di baciarle la mano! Zorro non l'ha chiesto,
l'ha fatto. Zorro
ha sfidato la sorte
per farle visita. Zorro ride mentre duella, e poi è fuggito con un trucco! Ah,
se don Diego
Vega fosse la metà
dell'uomo mascherato!
Sente il galoppo dei
soldati che si allontanano, e dopo un pò sente Diego partire con la carrozza di
suo
padre. E ritorna in
sala dai suoi genitori.
– Padre, è impossibile
che io sposi Don Diego Vega! – Dice.
– Cosa ha causato la
tua decisione, mia figlia?
– Diego non è il tipo
di uomo che voglio per marito. Diego è senza vita. La mia vita con lui sarebbe
un
tormento continuo.
– Il capitano Ramon ha
anche chiesto il permesso di poterti fare la corte, – Dice sua madre.
– Quello è anche
peggio! Non mi piace lo sguardo nei suoi occhi. È maligno. – Risponde la
ragazza.
– Tu stai chiedendo
troppo, figlia mia. – Le fa il padre. – Cerca di capire, che se la persecuzione
continua un
altro anno, noi saremo
mendicanti. Oggi è il miglior partito del paese è venuto a chiederti la mano, e
l’hai
rifiutato. Poi non ti
piace un alto ufficiale dell'esercito, perché ha lo sguardo maligno. Pensaci
su, ragazza
mia! Un'alleanza con i
Vega sarebbe la benvenuta. Forse quando lo conoscerai meglio, ti piacerà ancora
di
più. E quell'uomo si
può svegliare. Credo che sia stato geloso stasera nel vedere il capitano qui.
Se tu si riesce
a suscitare la sua
gelosia…!
Lolita scoppia in
lacrime, ma ben presto la tempesta passa, e si asciuga gli occhi.
– Farò del mio meglio
con diego, padre. Ma non so ancora se sarò sua moglie.
Corre nella sua
stanza, e chiama la donna nativa che la curava. Ben presto tutta la casa fu al
buio, salvo che
per i fuochi dalle
vicine capanne, dove gli indigeni si raccontano l'un l'altro i tristi eventi
della notte, ognuno
cercando di ampliarli
più che poteva. Un dolce russare giunge dalla camera di Don Carlos Pulido e
della sua
compagna.
Ma Lolita non ha
sonno. Ha la testa appoggiata su un lato del cuscino, e sta guardando
attraverso la
finestra i fuochi in
lontananza, e la sua mente è piena di pensieri su Zorro.
Ricorda la grazia del
suo abbraccio, la musica della sua voce profonda, il tocco delle sue labbra sul
palmo
della mano.
– Vorrei che non fosse
una canaglia. – Sospira. – Come può una donna amare un uomo così?
Capitolo 12: Una visita
È da poco sorta l'alba
e un notevole movimento movimenta la piazza a Reina de Los Angeles. Il sergente
Pedro Gonzales è lì
con un manipolo di soldati, quasi tutti quelli che sono di stanza presso il
locale presidio,
e si stanno preparando
per dar la caccia a Zorro.
La voce del grosso
sergente urla sopra il frastuono degli uomini che allaciavano selle e briglie e
controllano
acqua e cibo insieme
alle munizioni. Gonzales ha preso i comandi del suo capitano molto sul serio
riguardo
la cattura di Zorro e
non vuole ritornare fino a che non sia riuscito nell’impresa, o sia morto nel
tentativo.
– Allora amico mio,
questa volta metteremo la pelle della volpe attaccata alla porta del presidio.
– Fa il
sergente al grasso posadero – Così il governatore mi pagherà il premio
e salderò tutti I tuoi debiti.
– Speriamo che i santi
lo permettano. – Risponde il posadero.
– Hey, razza di … Hai
forse paura di perdere i tuoi soldarelli?
– Volevo dire che
pregherò che riusciate a catturare l'uomo, – Fa il padrone di casa,
snocciolando la sua
menzogna con
disinvoltura.
Il capitano Ramon non
è presente, avendo la febbre a causa della sua piccola ferita, e la gente del
pueblo si
affolla intorno al
sergente Gonzales e ai suoi uomini, facendo una moltitudine di domande, e il
sergente si
trova al centro
dell'interesse.
– Questa maledizione
di Capistrano cesserà presto di esistere! – Si vanta a gran voce. – Pedro
Gonzales è
sulle sue tracce. Ah!
Aspetto con ansia al momento in cui mi troverò faccia a faccia con quei
banditi.
La porta d'ingresso
della casa di Don Diego Vega si apre proprio in quel momento, e compare don
Diego,
sorprendendo i
concittadini, dato che non si è mai alzato così di buon mattino. Al sergente
Gonzales cade un
pacco per la sorpresa,
poi si mette le mani sui fianchi, e guarda l'amico con improvviso interesse.
– Non siamo andati a
dormire? – Fa poi.
– Ma certo! – Dichiara
Diego.
– E ci siamo alzati
così presto? Ecco un bel mistero diabolico che ha bisogno di spiegazione.
– Hai fatto tanto
rumore da risvegliare i morti. – Risponde Diego.
– Non c’era altro da
fare, caballero, dal momento che rispondono ai miei ordini.
– In genere vi
preparate al presidio, cos’è, oggi hai cambiato sede, per darti più importanza
davanti a tutti,
qui in piazza?
– Ora, siete… – Sta
per dire Gonzales in tono irritato ma Diego lo ferma subito.
– Non dirlo! È un dato
di fatto, io mi sono alzato presto perché devo fare un fastidioso viaggio per
gli affari
della mia hacienda, un
viaggio di ben dieci miglia, per ispezionare le greggi e gli armenti. Non
diventare mai
un uomo ricco,
sergente Gonzales, la ricchezza chiede troppo a un uomo.
– Qualcosa mi dice che
non devo soffrire per questo motivo. – Dice il sergente, ridendo. – Non andrete
da
solo, amico mio?
– Con un paio di
nativi, tutto qui.
– Se doveste
incontrare questo Zorro, probabilmente dovrette pagare un bel riscatto.
– Perchè, Zorro
potrebbe trovarsi tra il borgo e la mia hacienda? – Chiede Diego.
– Un nativo è arrivato
poco fa dicendo che era stato visto sulla strada che porta da Pala e San Luis
Rey.
Cavalcheremo in quella
direzione. E poiché la vostra hacienda è al lato opposto, senza dubbio non
incontrerà
quel mascalzone.
– Mi tranquillizza
sentirlo dire. Così si và verso Pala, bravo sergente?
– È quello che faremo,
cercando di trovare più tracce possibili che ci portino a stanare la volpe
dalla sua
tana.
– Attenderò con ansia
buone notizie. – Fa Diego. – Suerte!
Gonzales e i suoi
uomini montano a cavallo, il sergente grida un ordine, e attraversano la piazza
al galoppo
sollevando grandi nubi
di polvere, dirigendosi verso la strada che porta verso Pala e verso San Luis
Rey.
Diego li osserva
finchè non rimane di loro che una piccola nuvola di polvere in lontananza,
allora si fa
portare il suo
cavallo. Monta anche lui in sella e si dirige verso San Gabriel, mentre due servitori
indigeni
con dei muli lo
seguono a breve distanza.
Ma prima di partire,
Diego scrive un messaggio e lo fa inviare da un nativo alla hacienda Pulido. È
indirizzata a don
Carlos, e vi è scritto:
I soldati hanno
iniziato questa mattina la caccia a Zorro, sembra sia stato segnalato che
questo bandito abbia una banda
di ladri sotto il suo
comando e potrebbe offrire battaglia. Non si può dire, amico mio, che ciò non
possa accadere. Devo
essere sincero, non
mi piace che ci sia qualcuno di cui mi preme la sorte che possa essere in
pericolo, parlo soprattutto
per tua figlia, per
sua madre, ma anche per te stesso. Non solo. Il bandito ha visto tua figlia
ieri sera, e ha di certo
apprezzato la sua
bellezza, e potrebbe cercare di rivederla.
Ti prego perciò di venire
subito a casa mia a Reina de Los Angeles, e di prendere possesso della mia
abitazione fino a
quando tutto non si
sarà risolto. Lascio la mia casa questa mattina per dei problemi alla mia
hacienda, ma i miei
domestici hanno
ordine di servirvi in tutto e per tutto. Spero di vedervi al mio ritorno, tra
due o tre giorni.
Diego.
Don Carlos legge la
lettera ad alta voce alla moglie e alla figlia, e poi alza lo sguardo su di
loro. Ha sempre
deriso i pericoli, da
vecchio soldato, ma non può mettere in così serio pericolo la sua famiglia.
– Cosa ne pensi? –
Chiede alla moglie.
– È da molto tempo che
non visitiamo il pueblo – Dice Dona Catalina. – Ho lasciato alcuni amicizie con
delle signore. Penso
che sarà un'ottima cosa da fare.
– È certamente una
fortuna di essere ospiti nella casa di Don Diego Vega, e non dobbiamo
sciuparla. – Fa
Don Carlos. – Cosa ne
pensi Lolita?
È una cosa insolita
chiederle qualcosa, e Lolita se ne rese conto subito che il motivo è la corte
di Diego.
Esita qualche tempo
prima di rispondere.
– Credo che vada bene.
– Risponde poi. – Mi piacerebbe visitare il pueblo, perché non vediamo quasi
nessuno qui alla
hacienda. Ma le persone potrebbero spettegolare su don Diego e me.
– Sciocchezze! –
Esplode Don Carlos. – Potrebbe esserci qualcosa di più naturale che volessimo
visitare il
Vega, poiché il nostro
sangue è quasi buono come loro e meglio di quello altrui?
– Ma è la casa di don
Diego, e non quella di suo padre. Però lui non sarà lì per due o tre giorni… e
potremo
tornare a casa nostra
al suo ritorno.
– Bene! Allora è
deciso. – Dichiara Don Carlos. – Darò le istruzioni al sovrintendente.
Si affretta nel patio
e suona la grande campana per chiamare il sovrintendente, con allegria. Perchè
pensa
che quando Lolita avrà
visto i ricchi arredi nella casa di Don Diego Vega, forse lo accetterà più
volentieri
come marito. Quando
avrà visto le sete e gli arazzi eleganti, i mobili intarsiati d'oro e
tempestati di pietre
preziose, quando si
renderà conto che potrebbe essere padrona di tutto ciò e di molto altro ancora,
si sarebbe
forse sicuramente
decisa. Don Carlos si lusinga di conoscere il cuore femminile.
Poco dopo l'ora della
siesta, una carrozzina viene portata davanti alla porta, tirata da dei muli e
guidati da
un nativo. Dona
Catalina e Lolita vi prendono posto, mentre Don Carlos cavalcava il suo miglior
cavallo al
loro fianco. E così
prendono il sentiero per la strada, e da lì si spostano verso Reina de Los Angeles.
Sulla strada molta
persone si meravigliano di vedere la famiglia Pulido che usce dalla loro
fattoria, è
risaputo infatti che
ormai sono in disgrazia e non vanno da nessuna parte. Si è anche spettegolato
che le
signore non tengono il
passo con la moda, e che i servi sono scarsamente nutriti, e rimangono rimasti
alla
hacienda solo perché
il loro padrone è molto gentile.
Ma Dona Catalina e la
figlia tenevano la testa con orgoglio, come fa Don Carlos, e salutano le
persone che
conosceno, e così
continuano lungo tutta la strada.
Poi ad una svolta
possono vedere il pueblo in lontananza, la sua piazza e la sua chiesa con la
sua grande
croce su un lato e la
locanda e i magazzini e con le residenze al suo fianco, alcune delle quali più
pretenziose,
come quella di Diego,
e sparse all’intorno le capanne dei nativi e della povera gente.
La carrozzina si ferma
davanti alla porta di Diego, e i domestici si precipitano fuori per render
omaggio ai
graditi ospiti,
stendendo un tappeto dalla carrozzina fino alla porta, di modo che le signore
non sporcassero
con la polvere della
strada. Don Carlos apre la strada in casa, dopo aver ordinato che i cavalli e i
muli siano
curati e la carrozzina
messa via, e poi si riposano per un pò di tempo, mentre i servi portato loro
cibo e vino.
Visitano in seguito la
ricca casa, e anche gli occhi di Dona Catalina, che ha visto molte case ricche,
si
allargano a quello che
vede nella casa di Diego.
– E pensare che nostra
figlia potrebbe essere padrona di tutto questo con una sola parola! – Esclama a
bocca
aperta.
Lolita non dice nulla,
ma incomincia a pensare che forse non sarebbe stato così male essere la moglie
di
Don Diego. È una vera
battaglia mentale per Lolita. Da una parte la ricchezza e la posizione, e il
ritorno della
fortuna per i suoi
genitori, con un uomo senza vita come marito, ma dall'altro lato vi è ancora la
speranza del
romanticismo e
dell'amore ideale che ha sempre desiderato.
Don Carlos lascia la
casa e attraversa la piazza fino ad arrivare alla locanda, lì incontra alcuni
gentiluomini
di una certa età, e
rinnova così la loro conoscenza, anche se nota come nessuno di loro fosse
espansivo nel
suo saluto. Colpa
della cattiva influenza del governatore, sicuramente.
– Sei nel pueblo per
affari? – Gli chiese uno di loro.
– Non è così, signore,
– Risponde Don Carlos ben volentieri, dal momento che vi è la possibilità di
riavere
in parte il suo
prestigio. – Sapete che Zorro è ancora libero e i soldati sono alla sua caccia.
– Certo! Siamo
informati di questa spedizione.
– Ciò potrebbe portare
ad una battaglia, o una serie di pericolose incursioni, in quanto si vocifera
che ora
Zorro abbia una banda
di tagliagole con lui, e la mia hacienda è molto isolata e sarebbe in loro
balia.
– Ah! È così avete
deciso di portare la vostra famiglia al sicuro nel pueblo fino a quando non
sarà ristabilita
la calma?
– Devo dire la verità.
Non ci avevo nemmeno pensato, ma questa mattina Don Diego Vega mi ha inviato
un messaggio in cui mi
chiedeva di portare la mia famiglia al sicuro nel pueblo e di far uso della sua
casa in
questi tragici
momenti. Don Diego ora è alla sua fattoria, ma sarà di ritorno entro breve
tempo.
A sentire questo molti
occhi si aprono per la sorpresa, ma Don Carlos fece finta di niente, e continua
a
sorseggiare il suo
vino.
– Il giovane Vega era
venuto a farmi visita ieri mattina. – Continua. – Per rinnovare l’antica amicizia
che vi
era tra le nostre due
famiglie. E la sera stessa la mia hacienda ebbe una visita da parte di Zorro,
come senza
dubbio avrete udito.
Don Diego, al sentire questa notizia, si mise di nuovo al galoppo, temendo il
peggio.
– Cosa? Due volte
nello stesso giorno! – Ansima uno di quelli che stanno ascoltato.
– Proprio così,
signore.
– Bisogna dire che tua
figlia è molto bella, non è così, Don Carlos? Ha diciassette anni, è che vero?
– Diciotto, Signori.
Si dice che sia bella, credo… – Ammette Don Carlos.
Quelli intorno a lui
si guardano l'un l'altro. E comprendono subito. Il giovane Vega sta cercando di
sposare
la signorina Lolita
Pulido. Questo significa che la fortuna dei Pulido sarà presto di nuovo al suo
apice, e che
lui vedrà poi con
sospetto chi non gli è rimasto amico.
Così ora, si affollano
in avanti, attenti a fargli onore, e incominciano ad informarsi sulle questioni
di cui è
esperto, se le sue
mandrie e le sue greggi sono aumentate, e se le api stanno facendo bene il loro
lavoro, e se
le olive fossero
eccellenti in quell'anno.
Don Carlos prende in
mano subito la discussione, come una volta. Parla del prezzo del suo vino, ben
conosciuto nei
dintorni e questo fa schizzar fuori il posadero che
fa subito la sua offerta, cercando di calcolare
i profitti, un compito
senza speranza per la sua poca fantasia.
Quando Don Carlos
lascia la locanda al tramonto, molti di loro lo seguono fino al giardinetto
Vega, e due
dei più influenti
camminano con lui per tutta la piazza fino alla porta della casa di Diego. Uno
di questi gli
prega anzi, che lui e
sua moglie vengano a visitare la sua casa quella sera per ascoltare della buona
musica e
parlare, invitto che
Don Carlos gentilmente accetta.
Dona Catalina osserva
tutto dalla finestra, ed è con un viso raggiante che accoglie il marito alla
porta.
– Tutto va bene, cara.
– Dice Don Carlos. – Mi hanno accolto a braccia aperte. E io ho anche accettato
un
invito per questa
sera.
– Ma Lolita?
– Dovrà rimanere qui,
naturalmente. Che problemi vuoi ci siano? Ci sono all’incirca una cinquantina
di
servi. E ho accettato
l'invito.
Una tale possibilità
di riaprire la fortuna dei Pulido, non può essere ignorata, perciò Lolita
accetta di buon
grado di rimanere in
casa. Leggerà un buon volume di versi in biblioteca, e quando sentirà sonno si
ritirerà
in camera. I domestici
gli faranno la guardia e si prenderanno cura personalmente dei suoi desideri.
Don Carlos e la moglie
vanno così a far la loro visita serale, mentre la piazza viene tutta illuminata
da una
mezza dozzina di
nativi con delle torce in mano, visto che la notte senza luna, e che minaccia
di nuovo
pioggia.
Lolita è rannicchiata
su un divano, pronta a leggere il volume di versi che ha in grembo. Ogni
versetto
tratta d'amore,
romanticismo e passione. Si meraviglia che Diego abbia tali letture, lui, un
tipo così privo di
vita, ma il volume si
mostra molto manipolato. Balza allora dal divano a osservare curiosa altri
libri su una
panchina poco
distante. E il suo stupore aumenta.
Volumi e volumi di
poeti che cantava l'amore; volumi che hanno a che fare con l’equitazione, libri
scritti
sotto dettatura dei
maestri di scherma, libri con racconti di grandi generali e di guerrieri.
Sicuramente questi
volumi non sono per un nobiluomo come Diego. Chissà forse lui si crogiola nella
loro
lettura, anche se poi
ha una regola di vita ben diverso. Don Diego è qualcosa di simile ad un
rompicapo, si
dice fra sé per la
centesima volta, e torna così a leggere la poesia di nuovo.
Marco Pugacioff
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