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lunedì 5 agosto 2024

Jean Feuga, un moderno avventuriero di Galileo Ferraresi

 

Jean Feuga, un moderno avventuriero

 

Le sorti di un uomo dipendono dagli incontri che fa durante la sua vita. La navigazione permette di conoscere gli esseri più straordinari del proprio tempo. Serviranno degli anni ma ci si riesce sempre.

Così scriveva Jean Feuga, un signore dei mari, un pirata in tempo di pace quando la guerra non gli permetteva di essere corsaro.

 

Nato nel villaggio di Saint-Clar nel 1906, con del sangue basco nelle vene, fin da piccolo non sente altro che parlare del mare e dell’Africa. All’epoca tutti i giovani francesi sognavano di andare in Marocco con Lyautey e Jean non è da meno e ammira i pantaloni alla zuava e le uniformi dei militari in permesso. Sua madre, la signora Feuga, è rimasta vedova a 26 anni e da indomita madre coraggio alleva quattro figli dei quali uno diventerà ussaro e gli altri tre marinai.

 

Dopo essersi diplomato, a 17 anni Jean prende servizio nella marina militare come apprendista marinaio. All’epoca l’Ammiragliato francese era ancora terrorizzato da alcuni ammutinamenti avvenuti nel Mar Nero alla fine della Prima Guerra Mondiale e imponeva agli equipaggi una disciplina severissima: uno schiaffo ad un quartiermastro costava dieci anni di bagno penale in Guyana con Papillon.

            All’Arsenale di Rochefort Jean si innamora dei velieri e inizia a sognare la navigazione a vela in alto mare e i mari della Cina. Dopo alcuni mesi al largo della Sicilia scompare il Dixmude, il più grande dirigibile del mondo, e Jean viene imbarcato su una nave inviata a cercare il relitto. Poco dopo la nave fa scalo a Bizerte dove sono ormeggiate 70 navi russe, tra le quali lo yacht imperiale, tutte in fuga dal regime comunista e che hanno trovato rifugio in territorio francese. Mentre sono in porto il governo francese riconosce il nuovo regime sovietico e ordina agli equipaggi russi di abbandonare le navi; alcuni marinai tentano di sabotare la propria nave ma poi tutti sono comunque costretti a sbarcare.

            A questo punto l’Ammiragliato si appropria dell’intera squadra russa e al diciottenne Jean viene affidata una squadra di 5 uomini coi quali prende possesso dell’Alexeiev, una moderna corazzata di 25.000 ton col chiaro ordine di proibire a chiunque di salire a bordo. La notte del Natale Ortodosso una lancia si avvicina allo scalandrone, a bordo ci sono alcuni ufficiali, un aiutante del principe e un barbuto pope che chiedono il permesso di salire a bordo per dare un ultimo saluto alla loro nave. Li lascia salire a bordo e scriverà: “Quella notte ho visto bere e ballare dei fantasmi. Ho visto la fine di un mondo. Quella notte hanno sepolto gloriosamente la vecchia Russia”. Stranamente gli perdonano questo Natale clandestino ma quando poco dopo pubblica il suo primo romanzo, Les envoutes, senza avere chiesto il permesso, è condannato a 8 giorni di prigione. Dopo cinque anni Jean, stanco della Marina Militare, si sbarca per diventare padrone di sé stesso.

I russi tornano sulla loro nave per il Natale Ortodosso

 

            A terra Jean pubblica un’inchiesta sul Fezzan per Paris-Midi e inizia a scrivere anche per Paris-Soir. Poi parte per una spedizione al Rio de Oro e al ritorno vende agli americani la sceneggiatura per un film. Quest’ultimo lavoro gli permette di comprare la sua prima imbarcazione, la Mado-erra, una goletta col motore e 7 uomini d’equipaggio. È il 1930 e Jean parte per vivere di cabotaggio con la sua nave nel sud est asiatico. Le cose però non vanno come sperato: inizia la rivolta di Sukarno e spesso i trasporti da isola a isola non si limitano alle merci ma anche ad armi, munizioni e uomini armati. Se sotto costa la vita del trafficante è pericolosa, il largo è battuto dai pirati malesi, i raja del mare, e Jean diventa loro amico. Un giorno un colpo di vento e di mare disalbera la nave, tutti sono indenni ma la nave non è più in condizioni di navigare e viene abbandonata. Jean torna allora in Europa, in Corsica, dove in due anni di totale solitudine costruisce con le sue mani una casa e una barca.

 

            Nel 1936 va in Spagna come corrispondente di guerra, poi partecipa alla seconda guerra mondiale e nel 1946 diventa trafficante di uomini portando in Palestina centinaia di clandestini che combatteranno contro la Gran Bretagna per realizzare lo stato di Israele. Il colpo più grosso lo effettua col Lideros, un’imbarcazione di 22 metri sulla quale imbarca ben 182 pellegrini/terroristi. Il carico è tale che solo per miracolo nessuno muore asfissiato nella stiva.

Da Tel Aviv degli agenti segreti sionisti che conoscono i codici dell’Ammiragliato britannico mandano un messaggio falso alle navi che pattugliano le coste permettendo a Jean Feuga di sbarcare i pellegrini/terroristi nel porto di Cesarea. Sbarcato l’ultimo l’imbarcazione esce a tutta velocità ma un incrociatore sta già tornando, l’avvista e tenta di speronarla. Jean riesce ad evitare il colpo mortale e si rifugia in acque libanesi dove finalmente può riposare dopo 168 ore senza sonno.

 

            Nel 1953 Jean si da al contrabbando di tabacco e alcolici e naviga lungo le coste del Mediterraneo sotto false bandiere con la goletta Solitario. Un giorno per un’avaria è costretto ad entrare nel porto di Genova: la dogana gli sequestra il carico e gli impedisce di riparare la nave e di salire a bordo. A Jean non resta altro che guardare la sua nave immergersi sempre più nell’acqua del porto assieme ai suoi libri rari, i documenti preziosi e le tonnellate di ricordi tra i quali l’incontro con Lertkner, il corsaro tedesco che durante la prima guerra mondiale con una nave a vela affondò 18 navi a motore senza provocare morti o feriti.

 

Solitario

 

Illustrazioni dal n°62 della rivista francese Antares

 

© Galileo Ferraresi 2024

 

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(Sempre Preti Qua Magneranno)

05/08/’24

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