L’origine bretone dei Vidoni
Una bella illustrazione da
Archives curieuses de la ville de Nantes et des départements de l’Ouest, 1837 Volumi 1-3
Prima di iniziare, vorrei prender per buona – che devo fa’, ragazzi, a me gusta così – la distinzione che fece il bibliotecario di Rennes (l’antica Condate che viene spesso citata su Asterix; per forza, lui, Obelix e il cagnolino Ercolino [Idefix] abitano in Bretagna) D. Maillet e E. Ducrest de Villeneuve della Società reale accademica di Nantes che nel loro libro Historie de Rennes, del 1845 scrivevano…
«L'impero romano latino, dice Châteaubriand, non lo era più del barbaro impero romano: sembrava un "enorme campo che gli eserciti stranieri avevano preso passando per una specie di patria comune e transitoria”. In mezzo a tutti questi disordini dell’Occidente, le Province dell’Armorica si costituirono in Repubbliche federative. Il Conan che governava la penisola [e che non era Conan il barbaro, ma Conan Mériadec [1] ], doveva prendere parte a questo movimento, poiché era un passo più verso la realizzazione dei suoi progetti. Le truppe romane abbandonate da Roma (409), entrarono in questa federazione e così completarono la loro naturalizzazione nel paese la cui custodia era stata loro affidata.» e ancora «Il nome di Franks dato a questi Létes […] ci sembra provare che questa popolazione germanica, differente da quella di Clovis, che era apparsa nel nostro paese, come ausiliaria dei Romani…[2]». Ovvio Clovis è quello che da noi chiamiamo Clodoveo il Re e non certo il pappagallo che Paolo Piffarerio disegnava sui fumetti di Alan Ford.
Perciò i franks saranno d’ora in poi nel mio scritto le popolazioni oltralpe (le Alpi, non i Sibillini, o più in generale gli Appennini) e franchi saranno i profughi che nel 680, per l’oppressione dei Saraceni dovettero abbandonare la loro terra nel sud dell’attuale France, ed emigrare nel Piceno[3]. Queste genti in poco tempo si sentirono affrancati da fame e paura ed erano soprattutto senza alcun Re di sorta. Infatti il loro “Re” era la Chiesa, che chiedeva loro solo di lavorare la terra e di rispettare le leggi del clero. Si sentirono liberi a tutti gli effetti e chiamarono loro stessi franchi e questa nuova loro casa “Francia”.
Quindi la “Francia” non era uno di quelli che in France chiamano "les royaumes Francs" [i regni franchi], una sorta di confederazione dei territori franchi conquistati in Gallia e più in particolare la France occidentale che andava dal nord dell’attuale France ai Pirenei (e certamente anche oltre). A ovest c’era la Bretagna; così come pensa il mio amico e collega fumettista (disegnatore di fumetti) Frederic.
Un opinione più che legittima e ragionevole, tanto che sarebbe condivisa da tutte le università italiane, francesi e germaniche.
Ma come ho detto non c’era Re di sorta… ovvio c’era la Chiesa che comandava e comanda tutt’oggi; siano totalmente al di fuori dei royaumes Francs detti su sopra.
La musica cambiò quando arrivò sub scorta, un certo giovanotto, lui sì, un frank sul serio, un certo Charles Martel [Carlo Martello], figlio di un certo Pepin III de Heristal (Pipino, non Peppino De Filippo), per governare quei sozzoni nel Piceno senza Re o Signore che sia.
Perché dico che fu portato nelle Marche e non in Germania?
Aix-la-Chapelle è un nome viene Aix da Aqua (acqua in latino) e la Chapelle per la Cappella costruita da Carlo Magno tra 794 e 798 e ad Aachen, ci sono le acque termali, oh sì! Però… non c’è l’ara o altare del dio Apollo Granno, per cui quelle acque termali si dicevano in latino Aquisgrana!
Purtroppo nel territorio della Francia delle origini, nel sud della regione Marche, vi era in mezzo a un bosco, un pianoro chiamato «planu de Ara Grani». Certo poteva essere un luogo dove si batteva il grano, per la presenza di tante fattorie o Grange, nome derivato dal latino Granica cioè cella adibita al deposito di grano[4].
Ma primo: non si va a battere il grano in mezzo ad una selva dove oltre alle piccole creature della foresta come per esempio le lepri (sul tipo del primo Bugs Bunny che non era grigio ma marrone chiaro) c’erano pure lupi, volpi e perfino orsi[5]; secondo, su un luogo dove si batte il grano non ci si costruisce una chiesa. Le chiese venivano erette dove vi erano i luoghi di culto delle antiche religioni, perciò venne costruita Santa Maria in Selva[6].
Terzo ed ultimo, che taglia la testa al toro: per diventare Imperatore di quel impero romano rifondato da Leone III e Carlo Magno, bisognava avere, sì un papa che ti dava la corona (ancora non si poteva fare come Napoleone, che se la ficcò sulla capoccia da solo e guai a chi gliela toccava), ma poi dovevi essere acclamato sopra la tomba del “primo” imperatore ad Aquisgrana! Ecco perché Guido del Piceno è un falso imperatore: non è mai stato ad Aachen… Sfido! Manco c’era a quell’epoca.
Arnold Böcklin, (Bâle in Svizzera, 1827 - Fiesole 1901 ), dà un idea dei culti antichi nel suo dipinto "Il bosco sacro".
Il più ampio concentrate di notizie storiche su Santa Maria in Selva si trova, da pag. 78 a pag. 82 dello studio pubblicato da Otello Gentili sull’abbazia di Fiastra; un libro a cui diede il suo contributo – me lo riferì lui stesso – anche il professor Carnevale.
E va bene, sono tutte assurdità anzi fesserie e mi scuso delle mie ricerche inutili e assurde. Ci stanno pensando molto seriamente a smontarle le mediocri università marchigiane, distruggendo un bel sogno; anzi trasformandolo in incubo. Grazie signori docenti! Grazie del vostro lavoro di catalogazione e risistemazione degli archivi, per cui tanti documenti non si trovano più, perciò non sono mai esistiti; Grazie sinceramente.
Dopo aver ringraziato del loro lavoro i saccenti, passiamo all’origine d’Oltralpe dei Vidoni o Lambertingi, con un lavoretto svolto stando rinchiuso in casa da quell’ignorante che dicono che sia e semplice disegnatore dilettante di fumetti.
Carlo Martello ebbe un nipotino piuttosto famoso che un papa coronò Imperatore Romano, un certo Carlo Magno. Suo figlio Ludovico il Pio, ebbe grosse rogne con i Bretoni, infatti sotto il suo regno la nazione bretone designa, elegge e corona Re il conte di Léon, Morvan che non riconosce la sovranità del carolingio. Si arriva alla guerra e Ludovico stesso guida i suoi guerrieri e i due eserciti si ritrovano presso la foresta di Brisiac.
Morvan visto dal pittore ottocentesco
Morvan volle spiare da vicino l’accampamento nemico e viene sorpreso e fatto fuori da delle guardie in avanscoperta; così almeno riferisce Prudence Guillaume baron De Roujoux a pag. 305 del suo Histoire des rois et des ducs de Bretagne, Volume 1, 1839. Sembra addirittura che lo decollarono con un colpo di lancia[7].
In quel bell’anno, l’818, ci fu pure un eclissi di sole l’otto di luglio «Eclipsis solis contigit VIII id. julii.» e a Ludovico gli morì pure la moglie[8].
Comunque per la Bretagna fu il disastro. La morte del loro capo sgomentò i Bretoni, che si separarono e tornarono alle loro case. Era diventato impossibile per loro difendersi. Ludovico il Pio penetrò fino a Vannes. Qui radunò alcuni baroni e il clero sempre pronto a ricevere la legge del vincitore. Là egli ordinava ciò che voleva (mi sembra di sentir il marchese Del Grillo “io so io e voi non siete un c…!”) ma, siccome era più religioso che uomo di guerra, diede grandi vantaggi allo stato ecclesiastico.
Tanto che ricevette subito dopo, nel suo accampamento sul fiume Ellé, Padre Matmonoc, Superiore dell’Abbazia di Landevenech. La forma della tonsura di questo abate, quello della sua veste, sorprese l’imperatore, che gli domandò quale regola seguivano nel suo monastero. L’abate rispose che i suoi monaci tenevano le usanze e riti degli antichi bretoni insulari, e principalmente di San Wingaloc, scozzese, fondatore della sua abbazia, sotto il re Grallon. Ludovico non approvava nulla di questi costumi e gli ordinò di adottare la regola di San Benedetto. E l’abate si piega e diventa benedettino.
In questo periodo dice Guépin “si narra, che [Ludovico] ordinò la costruzione, sulla sponda destra della Loira, di un argine destinato a contenere il fiume e a porre le valli a ripararsi dai suoi straripamenti.” Una notiziola in più.
Due principi, discendenti dell’antica razza di Conan, esistevano allora in Bretagna; si chiamavano Riwallo e Nominoë. Erano due fratelli. Riwallo, il maggiore, morì e lasciò, sotto la tutela di Nominoë, un erede chiamato Salomone, che lo zio alleva come un proprio figlio.
Nominoë dans L'Histoire de Notre Bretagne (1922) dell’illustratrice Jeanne Malivel.
Nominoë si era mostrato come il più temibile avversario di Ludovico; ma stavolta preferì sottomettersi all’imperatore.
Ma i Bretoni non gli perdonando di aver accettato il suo comando dalle mani di un sovrano straniero; perciò si radunarono e, di comune accordo, elessero un nuovo re, di nome Guy-Ô-Marc'h" [Guyomar, Guysô-marc'h, Guy le grand chevalier. Cioè Guido il grande cavaliere], figlio o nipote di Morvan e visconte di Léon.
La perdita di questo Re fu presto decisa e scoppiò una bella (per modo di dire) guerra civile.
Gli uomini di Nominoë entrarono in armi nelle terre di Guy-Ó-Marc'h, che devastarono a ferro e a fuoco. Poi entrarono nelle proprietà dei grandi che lo avevano eletto.
Ludovico in persona decide di guidare una sua spedizione. Dovete aspettare l’autunno, a causa di una carestia, ma poi entrò in Bretagna, e conquistò e bruciò Rennes. Divise il suo esercito in tre parti; una parte la diede al comando di Carlo, un’altra a Luigi, i suoi due figli, e riservò per se la terza. Per quaranta giorni queste tre divisioni ne fecero di cotte e di crude. I bretoni si videro ridotti alla disperazione; ma la loro sottomissione fu solo parziale e momentanea. Intanto Ludovico si ritirò ricco di bottino e ostaggi.
Guy-Ô-Marc'h e molti altri devono recarsi di fronte all’imperatore ad Aquisgrana. L’imperatore li perdonò e concesse loro di tornare alle loro case; ma appena ritornati in patria, ripresero le armi. Guy-Ô-Marc'h smise di combattere i fedeli di Ludovico solo con la sua morte. Guillaume scrive che avvenne nel suo castello per mano di Lambert, governatore delle Marches della Bretagna. Era l’anno 825.
Eccolo qua, è arrivato il primo Vidone; no. Non proprio il primo, ma adesso ci arriviamo.
Fin qui abbiamo seguito Guillaume nel suo racconto fino a pag. 309.
Eginardo scrive (pag. 376-377) «donec ab hominibus Lantberti comitis in domo propria circumventus atque interfectus est. finché non fu circondato e ucciso nella sua stessa casa dagli uomini del conte Lambert.» Quindi non fu fatto fuori dallo stesso Lamberto…
Lambert era il figlio di Guy de Nantes detto anche Wido. La cronologia (sempre da prendere con le molle) parla di questo Wido come nato verso il 750 da Lambert e da Teutberge. Questo Wido sembra che aveva origini nell’Austrasia, insomma all’incirca nei dintorni di Treves o nel corso della Mosella, sembra infatti che in quelle zone la famiglia aveva dei possessi.
Del padre di questo Lambert di certo si sa qualcosa da Eginardo. Nell’anno del pestaggio del papa da parte dei cittadini di Roma (tanto morto un papa se ne fa un altro) il 799, «Rebus itaque Saxonum pro rerum opportunitate dispositis, rex in Franciam revertitur. Et cum Aquisgrani hiemaret, Wido comes ac præfectus Brittanici limitis…» “regolate le questioni dei Sassoni come esigevano le circostanze (poveracci loro) il Re ritorna in Francia[9]. Mentre passava l’inverno ad Aquisgrana (bello caldo davanti al caminetto e servito da qualche bella fanciulla) arrivò il conte e prefetto della Bretagna Guido, il quale aveva percorso questa provincia con vari suoi colleghi conti, per presentare le armi dei bretoni che si erano a loro arresi. Su ogni trofeo era inscritto il nome del capo a cui era appartenuto. La Bretagna sembrava allora interamente sottomessa, se in effetti l’incostanza di questa perfida nazione non avrebbe, come loro costume, cambiato le cose.” Difatti il messer conte Guy o Guido che dir si voglia, dieci anni dopo sicuramente dovette riavvolgersi le maniche perché Carlo Magno deve marciare contro i Bretoni “al fine di punire la loro perfidia.”
Sembra che il messer conte Guy lasciò questa valle di lacrime nell‘818 lasciando come successore suo figlio, il conte Lambert I di Nantes, che secondo la wiki francese (sicuramente più affidabile di quella italiana) era anche marchese de la Marche [10].
Ora mi viene in mente un sospetto – che qui nasce e qui muore, e mica sono il commissario Maigret – Lambert fa fuori Guy-Ó-Marc'h che Eginardo trascrive come Wihomarchus [11] dato il nome particolare che aveva questo Re di Bretagna, anche in latino abbastanza simile a Wido, non poteva essere un suo parente? Ciò spiegherebbe il fatto che Lambert, o comunque i suoi uomini lo abbiano potuto uccidere a casa sua, in genere si apre ai cugini… Vabbè, non si può dimostrare, per questo il mio sospetto nasce e muore qui.
Anche se in un romanzo a fumetti potrei immaginare che l’anima di quel condottiero che guidò una rivolta tale che dovete richiedere l’intervento dello stesso Ludovico il Pio e dei suoi due figli, si sia poi reincarnato in altro Re o meglio Imperatore nato su territorio italico… Bà, solo fantasie.
Intanto nell’830, Lotario si rivolta contro il padre e Lambert, prende le sue parti. Invece Nominoë nel maggio 831 viene nominato da Ludovico il Pio conte di Vannes e missus imperatoris, cioè inviato dell’imperatore in Bretagna[12]. Nel 833 i fratelli di Lotario si schierano a fianco del padre e Ludovico il Pio se la prende con i partigiani di Lotario. Lambert era tra di essi e si ritira nei suoi possedimenti ben risoluto a lottare ancora per la Bretagna. Cerca di far passare dalla sua parte Nominoë, ma è un tentativo inutile. Allora si sposta nel Maine e ci prova con Odon, conte di Orléans, ma questi teme Nominoë. Intanto Lotario, visto gli sforzi di Lambert, lo vorrebbe andare a trovare nel Maine, invece cambia proposito e và dal padre per gettarsi ai suoi piedi e chiedergli perdono. Ludovico gli concede il perdono, a patto però che lui e i suoi sostenitori se ne vadano.
Lotario prende la via d’Italia e Lambert, scrive Hyacinthe Morice [pagg. 30-31], quella di Nantes. A Thionville Ludovico convoca un assemblea per riprende la sua dignità imperiale; mentre Lambert e i suoi partigiani tentano un ultimo sforzo contro Nominoë che ormai è il capo incontrastato della Bretagna. Ma è un tentativo senza successo.
Dopodiché Lambert e i suoi partigiani prendono definitivamente la via italica, e tutto questo perché scrive Noël-Yves Tonnerre «Nell’831 Ludovico il Pio aveva tolto a Lambert l’onore di Nantes, detenuto dalla sua famiglia per quasi mezzo secolo. Lambert, infatti, aveva svolto un ruolo essenziale nelle rivolte che avevano scosso l’autorità dell’imperatore[13].»
In pratica Lambert ha fatto come Arsené Lupin (quello interpretato da Robert Lamoureux) che nella bella pellicola Il ritorno di Arsenio Lupin (Signé Arsène Lupin), regia di Yves Robert (1959), dopo aver fregato il tesoro ai finanzieri se ne và in Italia e diventa… Arsenio Lupino. Appunto, da Widones a Vidoni.
Ma Lotario non dimentica il suo principale sostenitore e lo nomina Duca di Spoleto, una posizione importantissima nell’ambito della primitiva Aquisgrana. Ma non durerà a lungo… Una epidemia di peste avvenuta tra l’836 e l’837, ammazza l’origine bretone dei Vidoni italici.
Nominoë viceversa muore improvvisamente durante una spedizione nelle profondità della regione di Beauce vicino a Vendômen il 7 marzo 851.
Comunque queste notizie mi hanno dato la risposta sul perché dei Longobardi che odiavano a morte i Franchi, si siano alleati, anzi si siano fusi insieme, come la principessa di Benevento e il marchese di Camerino. Non erano dei veri e propri franks, ma dei bretoni, bretoni di Nantes…
Già, Nantes. C’è ancora il fratello di Guido Senior (doveva esser lui che da bambino fu sicuramente tra gli allievi di Alcuino alla Scuola Palatina), Lambert II che rivuole Nantes. Vediamo la sua storia...
Altra bella illustrazione da
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Entra in scena Carlo il Calvo. Carlo aveva con sé due signori ambiziosi, Lambert II e Renaud, che avevano servito potentemente la sua causa; entrambi gli chiesero come compenso la contea di Nantes, sulla quale Lambert, conte delle Marche di Nantes, credeva soprattutto di possedere diritti più consolidati. Carlo pensò di cavarsela meglio cedendo questa contea a Renaud, e confermandogli inoltre quella di Poitiers. Lambert, esasperato, lasciò la corte del nuovo imperatore e si recò da Nominoë.
Nominoë abbracciò la causa di Lambert e immediatamente radunò truppe il cui comando diede a Érispoé, suo figlio, per impadronirsi della contea di Nantes, che Carlo aveva dato a Renaud. Vi fu una sanguinosa battaglia sulle rive della Vilaine, tra Renaud, alla testa di un esercito composto da franks, e da bretoni, comandati da Erispoé e Lambert. Renaud ebbe la vittoria in un primo attacco; ma Lambert, in un secondo scontro sconfisse a sua volta Renaud, e lo uccise in combattimento. Dopo questa vittoria, Nominoë assunse con orgoglio il titolo di re di Bretagna e Lambert marciò verso Nantes con il suo esercito vittorioso. Il popolo di Nantes, che non era in condizione di resistergli, gli aprì le porte ed egli prese possesso di un governo che aveva tanto ardentemente desiderato. Ma qualche tempo dopo, congedate le sue truppe, si vide maltrattato dalla gente di Nantes e lo costringe vergognosamente a fuggire. Questo affronto gli causò un furore omicida e lo spinse alla fatale risoluzione di introdurre i Normanni in Bretagna. Andò a trovarli sulle coste della Neustria, e infiammò la loro cupidigia, dicendo loro che vi erano immense ricchezze nella mal difesa città di Nantes. Animati dalla speranza del bottino, si imbarcarono subito sotto la condotta di Lambert, e in breve tempo la loro flotta, composta di ben sessantasette navi, apparve in vista di Nantes. La città debolmente difesa, fu presto presa d’assalto. La maggior parte degli abitanti si rifugiò nella grande chiesa e vi si rinchiuse. I Barbari, dopo aver riempito di carneficina e di orrore l’intera città, assalirono la chiesa, della quale ruppero le finestre e le porte. La loro furia si rivolse principalmente contro i chierici, i monaci e il vescovo, e li passarono tutti a fil di spada. Saccheggiarono poi i tesori e gli ornamenti della chiesa, e la sera stessa risalirono sulle navi, avendo impiegato un solo giorno in questa fatale spedizione[14].
Lambert, che si era così spietatamente vendicato degli abitanti di Nantes, non ebbe difficoltà a prendere una seconda volta una città saccheggiata e ridotta allo stato più deplorevole; ma era ben lungi dal riconoscersi l’autore di questo disastro. Provò grande compassione per gli abitanti e disse loro che, cacciandolo fuori, erano rimasti inermi e si erano procurati questa disgrazia[15]. Mentre i Normanni devastavano il paese di Nantes, Nominoë, entrò nel territorio di Rennes e si fece padrone della maggior parte della città. L’anno successivo, Nominoë devastò i territori fino a Le Mans e Lambert arrivò fino ad Angers. Invano Carlo minacciò di piombare su di loro con tutte le sue forze. Noménoé, poco spaventato dalle sue minacce, attraversò la Loira, entrò nel Poitou e devastò l’intero paese di Maulges[16].
La vita di Lambert II continua, secondo le linee che ne dà la wiki; accompagna Nominoë nell’851 nella sua offensiva in Neustria. Dopo la morte improvvisa del condottiero bretone a Vendôme il 7 marzo 851, Lambert prese il comando dell’esercito bretone in ritirata. Partecipa in seguito al fianco di Erispoë, figlio di Nominoë e nuovo capo dei Bretoni, alla battaglia di Jengland nei pressi del Grand-Fougeray, dove le truppe di Carlo il Calvo vengono sconfitte il 22 agosto. Prima della fine dell’anno viene concluso un accordo tra Carlo il Calvo ed Erispoë; quest’ultimo ottiene il titolo regio e la definitiva cessione delle antiche Marche di Bretagna a Rennes e Nantes. Lambert perde ogni speranza di stabilirsi nella regione.
Lambert, la cui sorella Dova era badessa di Saint-Clément a Craon, cerca di ritagliarsi un dominio tra il Maine inferiore e l’Angiou ma viene ucciso il 1 maggio 852 in un’imboscata.
Secondo gli Annali di Saint-Bertin: 852 d.C. "Lambert e Garnier, fratelli, principali autori delle discordie, perirono l’uno in una trappola, l’altro per un giudizio", e nella Cronaca di Saint-Maixent è scritto « Et sequenti anno [852] Lambertus, comes Namnetensium, a Gauberto comite Cenomannensium in bello occiditur (E l’anno successivo Lambert, conte di Nantes, fu ucciso in guerra da Gausbert, conte del Maine).»
Di certo però non andò meglio a Carlo il Calvo. Visse più a lungo, ma si dice che quando è morto nel 877, durante un viaggio verso la regione francese della Moriana, il suo seguito non potendo sopportare il fetore del suo corpo in decomposizione, lo mise in una botte rivestita di pelle e così lo seppellì. Vero o no, non c’è male come storia.
Bien! Se Aquisgrana in Val di Chienti è una bufala, questa dei Vidoni, ragazzi, non lo è, anzi non è nemmeno una mozzarella di bufala, con cui farci una bella pizza Margherita, che bonaaaa!
Altra bella illustrazione da
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[1] “Sarebbe nato in Gran Bretagna alla fine del IV secolo, e si recò in Gallia intorno al 384, con un parente, il tiranno Magno Massimo, di cui serviva gli interessi, sarebbe diventato duca d’Armorica (dux bellorum, cioè signore della guerra) e avrebbe governato per 26 anni, sotto la dipendenza dei Romani, la parte dell’Armorica conosciuta da allora con il nome di Bretagna.
Secondo Charles Nodier, Justin Taylor e Alphonse de Cailleux, Conan Mériadec sbarcò in Bretagna sulle rive dell’Aber-Ildut dove costruì una residenza conosciuta come "Castel Mériadec", situata tra Plouarzel e Brélès (nella zona di Bel-Air secondo il Chevalier de Fréminville (1787-1848), ma nessuna traccia archeologica conferma questa affermazione), le cui rovine erano ancora visibili all'inizio del XIX secolo; i resti delle mura sarebbero serviti per costruire un mulino.
Nel 409 gli abitanti dell’Armorica, risorti, avrebbero conferito a Conan l’autorità sovrana che avrebbe conservato fino alla sua morte nel 421 per lasciarla in eredità ai suoi discendenti, poi principi poi re e infine duchi di Bretagna. Secondo la leggenda, avrebbe preso il titolo di re e avrebbe risieduto a Nantes, diventando il primo re di Bretagna. Per Alain Bouchart, storico del XV secolo, sarebbe morto nel 392 e quindi non avrebbe potuto essere nominato re nel 409. Un’altra versione è presentata nel Breuddwyd Macsen Wledig, uno dei racconti di Mabinogion: sarebbe stato incaricato da Magnus Clemens Maximus Magno Clemente Massimo di governare la Bretagna. […] Secondo il Chevalier de Fréminville, la tomba che dovrebbe essere quella di Conan Mériadec si trovava sulla piazza della cattedrale di Saint-Pol-de-Léon, «ma fu violata e spostata più volte (...) in tempi diversi». Il cavaliere di Fréminville crede di aver trovato il sarcofago addossato al muro di una delle navate laterali della cattedrale; lo descrive ornato sulle pareti di arcate bassissime sostenute da basse lesene; in testa a questi portici è rappresentato un albero spogliato delle sue foglie, che è simbolo di morte.”
V. https://fr.wikipedia.org/wiki/Conan_M%C3%A9riadec
Cattedrale Saint-Paul-Aurelien di Saint-Pol-de-Léon: il presunto sarcofago di Conan Mériadec.
[2] “Le nom de Franks donné à ces Létes par la même notice, nous semble prouver que cette peuplade germanique, différente de celle de Clovis, avait paru dans notre pays , comme auxiliaire des Romains […]”, V. Historie de Rennes, rennes 1845, p. 35. In seguito per distinguere le popolazioni, gli autori davano la minuscola a quelli di Clodoveo.
[3] Come scrissi sotto dettatura del professor Carnevale «a partire dai primi anni del secolo VIII, allorché si verificarono infiltrazioni arabe a nord dei Pirenei che portarono alla fuga in Italia di gruppi di esuli Aquitani. Già nel il 680 il franco Tommaso di Morienna, di ritorno da un viaggio-pellegrinaggio a Gerusalemme, si era portato nella Sabina e aveva posto mano alla ricostruzione dell’antico monastero di Farfa, andato in rovina. Tommaso era un personaggio abile, dinamico, a cui non solo era nota la situazione della nativa Gallia ma era anche in grado di stabilire rapporti di buon vicinato sia con il Papa di Roma, posta nelle immediate vicinanze, sia con Spoleto, il cui Duca aveva diritti di sovranità sopra il territorio di Farfa. E verso l’inizio del secolo VIII, Faroaldo donò alla rinata abbazia ben dodici curtes, ciascuna di undicimila moggi. Di queste, tutte dislocate tra la Sabina e il Piceno, ove si snodava l’antica via Salaria col prolungamento della Salaria gallica, almeno quattro erano sicuramente nel Piceno stesso. La generosa offerta era dettata anche dalla finalità pratica di ripopolare e riportare a coltura una vasta zona del ducato di Spoleto che risentiva ancora delle devastazioni della guerra gotica, ivi aspramente combattuta nel secolo VI e mai risorta a nuova vita anche per il successivo locale insediarsi di nuclei longobardi. Sappiamo, inoltre, da Paolo Diacono che nel 680, lo stesso anno in cui fu fondata Farfa, una terribile pestilenza aveva spopolato numerose località d'Italia, da Pavia in giù.»
Unico problema, se al tempo del
fratello di Guido senior, duca di Spoleto, ancora i bretoni si sentivano diversi dai franks, come possiamo ancora chiamare
questi profughi aquitani dei franchi? Vedete ora perché dò una definizione diversa per questo popolo arrivato sul Piceno italico... i Franchi della Francia picena, non i franks della France gallica.
[4] V. Otello Gentili, L’abbazia di S. M. di Chiaravalle di Fiastra, Ed. Herder Roma 1978, pag. 68.
[5] La “Brancorsina” è un area che comprendeva tutta la zona fra il Chienti e il Fiastra, e prima della loro confluenza vi è un vasto colle con questo nome; nome che risale agli agrimensori romani, che per di più dettero a questo luogo – una volta tutto ricoperto da fitta selva – come emblema, il piede di un orso. V. lo scritto di O. Gentili, a pag. 73.
[6] Scriveva il professor Carnevale, in uno suo studio su Santa Maria in Selva, che da quel che so è ancora inedito: «Ara Grani non significa in latino, come qualcuno ha tradotto, “aia del grano”. Intanto grano si diceva in latino frumentum. La parola granum esisteva, ma significava chicco, granello; ancor oggi, riferendoci alla corona del Rosario, diciamo grani del Rosario. Sul documento Ara Grani è scritto a lettere maiuscole, e sarebbe perciò strano che si adoperassero le maiuscole per indicare un’aia del grano. […] Come sul versante destro del Potenza i "pagani", cioè i contadini dei “pagi” (villaggi) avevano perpetuato, anche dopo il trionfo del Cristianesimo, il culto della loro antica Dea Bona, cosi i pagani del versante sinistro avevano perpetuato il culto del Dio Granno in un bosco (lucus) a lui sacro. Il dio Granno, in epoca romana, aveva avuto un celebre santuario sul territorio dell’attuale Urbisaglia. Per convertire al Cristianesimo gli abitanti dei pagi, ancora pagani, il monachesimo medioevale attuò in genere la seguente strategia: trasformò in luoghi di culto cristiano i luoghi di culto pagani, mantenendo però intatte le locali tradizioni di pellegrinaggio, di ritrovo per festività religiose, di mercato.»
[7] “In una sortita fu ucciso da un colpo di lancia partito da un Signore Franco, di nome Cosse. Questo Signore tagliò la testa di Morvan, con l’intenzione di portarla all’imperatore: ma non la portò lontano, essendo stato ucciso lui stesso da uno scudiero di Morvan. Altri francesi annunciarono all’imperatore la morte del re dei Bretoni e gli presentarono la sua testa. L'abate Witchar aveva riconosciuto la testa di Morvan e l’imperatore ordinò che fossero tributati al principe e a tutti coloro che erano morti in questa occasione gli onori della sepoltura.” V. Histoire ecclésiastique et civile de Bretagne, Volume 1, Parigi 1750, pag. 27 Di Hyacinthe Morice.
[8] Ouvres completes d'Eginhard, Volume 1, Parigi 1840, pag. 330
[9] La nota 12 a pag. 243 di A. Teulet, ouvres completes d’Eginhard, Parigi 1840, sul vocabolo Francia spiega “Le mot France, que nous employons quelquefois dans notre traduction comme équivalent du mot latin Francia, afin d'éviter une périphrase, doit s'entendre du pays occupé parles Francs, principalement vers le Rhin, et non pas des pays composant la Francé, actuelle, qui était encore désignée sous le nom de Gallia.” Ovverosia “Il vocabolo Francie, che talvolta usiamo nella nostra traduzione come equivalente del vocabolo latino Francia, per evitare la perifrasi, va inteso come dei paesi occupati dai Francs, principalmente verso il Rhin [il fiume Reno in Germania, non quello preso Bologna], e non dai paesi componenti la France attuale, che veniva ancora chiamata Gallia”.
[11] Altrove trascritto, come dice Teulet a pag. 374, come Wiomarcus, Wihomarcus. Ma anche Judul secondo Hyacinthe Morice sempre a pag. 27 del suo libro.
[12] Notizia tratta dalla wiki francese.
[13] In Naissance de la Bretagne : géographie historique et structures sociales de la Bretagne méridionale, Angers, Presses de l’Université d’Angers, 1994, p. 82. citato in https://fr.wikipedia.org/wiki/Lambert_Ier_de_Nantes
[14] In mezzo a tutta questa carneficina c’è posto anche per un avvenimento degno del Re-animatore di Lovecraft. Secondo Albert-de-Morlaix citato dal dottor M. A. Guépin nel suo libro Historie de Nantes, 1839 dove vine scritto che il vescovo “San Gohard era sull’altare […] esclamava il sursum corda all’inizio della messa, venne brutalmente strappato dall’altare da uno di questi barbari, che avendolo gettato a terra, gli staccò la testa dalle spalle, tutto rivestito con le sue vesti pontificie com’era.
I barbari normanni dopo aver massacrato Saint-Gohard, lasciarono il suo corpo separato dalla testa in mezzo agli altri morti, per farli bruciare nel fuoco della sua chiesa, ma nostro Signore provvede di onorata sepoltura al suo Santo Martirio per uno strano miracolo, perché mentre i Normanni stavano per dar fuoco al mucchio di fascine e mobili che avevano eretto in mezzo alla chiesa, il corpo del santo pontefice Gohard si levò in piedi e tenendo la testa nella sua mani, uscì dalla chiesa con grande stupore degli infedeli, e andò direttamente al sobborgo chiamato Riche-Bourg, situato su il confine della Loira, seguito da un gran numero di Normanni curiosi di vedere che seguito avrebbe avuto questa meraviglia. Arrivato al limite dell’acqua, salì su una barca che aspettava lì miracolosamente, con due torce accese accostate l’una dall'altra, e risalì la Loira, senza l'aiuto di vele o remi, ed quando arrivò a La Pointe, lasciò il canale della Loyre sulla destra, entrò sul fiume di Mayne, e venne ad arrestarsi al porto di Angers, senza che le torce si fossero ne spente ne consumate, durante un così grande percorso, che dista diciassette leghe dalla Bretagna.”
[15] Nel libro La chronique de Nantes (570 environ-1049) di René Merlet, Parigi 1896 si legge alla nota 1 di pag. 13 “Questo resoconto dell’intervento di Lambert con i Normanni non è plausibile ed è contraddetto da un passo tratto dagli annali contemporanei (vedi cap. VII più sotto). Il cronista di Nantes ha qui ripreso una leggenda che sembra essere il risultato dell’odio concepito da alcuni cittadini di Nantes contro Lambert.” E prosegue al cap. VII a pag. 20 è scritto «Captivos vero qui inde fugerant, Dei virtute e timore Lamberti, minime ausi fuerunt persequi per grazia di Dio e per timore di Lambert (i vichinghi) non provarono nemmeno ad inseguire i prigionieri fuggiti da lì» [ringrazio il professor Enzo Mancini per l’esatta traduzione]. La nota 1 spiega “Questa paura, ispirata da Lambert ai Normanni, dimostra che questo conte non aveva alleanze con i pirati danesi e contraddice il resoconto leggendario sopra riportato.”
[16] V. Charles Barthélemy, Histoire de la Bretagne ancienne et moderne, Nouvelle édition. Paris. 1863, pagg. 29-33.
Marco Pugacioff
[Disegnatore di fumetti dilettante
e Ricercatore storico dilettante, ma non blogger
(Questo è un sito!)]
Macerata Granne
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S.P.Q.M.
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24/09/'22
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