Apollo a Horbourg (Francia)
La piccola cittadina
di Hourbourg, nel dipartimento dell’Alto Reno, in Alsazia, conta poco più di
5500 abitanti[1].
Si alza su una
collinetta di ghiaia d’origine naturale e questa ubicazione spiega (scrive
l’associazione di archeologia e di storia di Horbourg-Wihr) l’onnipresenza
dell’acqua, con la frequente necessità di proteggersi contro le inondazioni.
Non per niente il paese si trova alla confluenza del corso antico dell’Ill e del Thur ai quali si
aggiungevano il Lauch
e il Fecht in
epoca romana.
Tutta questa confluenza d’acqua dava un
aspetto paludoso alla zona. L’etimologia medievale di Horbourg, «Horoburc», si può tradurre infatti in “Il castello delle paludi”
["château des marécages"].
Infatti i sedimenti alluvionali sono stati
propizi allo sviluppo agricolo della zona, attestati dalla presenza dai
numerosi centri rurali gallo-romani del luogo. Grazie alla carpologia[2]
si è messo in evidenza una larga policoltura[3]
abbondante di cereali, anzi dopo il ritrovamento nel 1782 di un bassorilievo
con due geni alati e dei grappoli d’uva, si è visto che vi erano anche delle
vigne.
Grazie all’epigrafia[4] e
in particolare di un’iscrizione conosciuta fin dal 1816, si sa che Horbourg-Wihr
aveva la qualifica di vicus, un
villaggio, un grande agglomerato del territorio dei Rauraci[5],
la cui capitale era situata non lontana da Bâle, ad Augusta Raurica.
Si può situare
l’impianto romano a Horbourg-Wihr, grazie all’attività archeologica, all’inizio
dell’Era Volgare, ovvero all’epoca di Augusto. Sempre secondo gli studi
dell’associazione archeologica, l’occupazione del sito è più da attribuire a
dei civili che a dei militari, come lascia supporre una posizione
di questa importanza.
Il municipio [La mairie] di Horbourg
Fondamenta del tempio gallo-romano di
Horburg al n° 6, di rue des Ecoles.
Gli strati più antichi si trovano al centro
della città, trovati nel 1993, nella zona del municipio dove erano abitazioni e
una fonderia, i cui scarti – risalenti appunto agli anni ’20 dell’Era Volgare –
furono datati nel 2009. Le abitazioni erano per la maggior parte di legno e
fango, però sempre al centro della città (Jardin Ittel - rue des Ecoles) vi era
un edificio pubblico, forse un tempio, costruito in bella opera muraria
regolare e probabilmente circondata da un colonnato. A poca distanza, nel 1972
l’archeologo Charles Bonnet scoprì un ulteriore edificio in pietra rimaneggiato
nel III secolo, provvisto di un sistema di riscaldamento (hypocauste) che
poteva benissimo appartenere a un complesso termale.
Il centro del paese. Si può notare dietro il municipio la zona archeologica
Il vicus aveva anche attività legate alla
ceramica e al bronzo, ma le inondazioni, un cambiamento climatico e le nefaste
invasioni barbariche segnano la fine del fiorente paese.
Tra il 259 e il 260 e. V. la frontiera
dell’impero romano ripiega sul Reno e questo dà un ruolo strategico importante
al sito al cui centro vi era l’antico vicus.
Si edificò infatti un accampamento militare o castellum, che bloccò questo crocevia strategico delle vie di
comunicazione.
La
presenza dei militari romani in zona è data grazie al fatto che la I legione
Martia era stanziata nella regione e suoi distaccamenti sono presenti anche a
Eguisheim, a Kaiseraugst e soprattutto a Biesheim.
In più due bolle della VIII legione sono
conservate al Museo di Unterliden a Colmar e la cui attribuzione a Horbourg fu
data recentemente dalle ricerche d’archivio che davano il loro ritrovamento
proprio a Horbourg.
Proprio il campo di Horbourg costituiva un
collegamento chiave della difesa sul Reno nel IV secolo insieme al sito
militare di Biesheim-Oedenbourg.
Ammiamo Marcellino ci parla della battaglia di
Argentovaria, combattuta a maggio del
378, proprio vicino Colmar da Graziano e
il capo dei Lentiensi[6]
Priario che morì in battaglia.
E alla
fine della civiltà romana, la città gallo-romana lascia il posto ad un
castello.
L’antica città romana di Horbourg-Wihr, poteva essere Argentovaria, un toponimo
latino che figura in numerose fonti antiche e che è posizionato al centro
dell’Alsazia, all’altezza di Colmar, tra L’Ill e il Reno. Oggi, al contrario di
ciò che è scritto nella wikipedia francese, non ci sono prove sicure per darlo
del tutto a Horbourg. Vi è infatti un altro pretendente che può rivendicare il
toponimo rispetto a Horbourg. Si tratta di Biesheim-Oedenbourg, altro sito gallo-romano ai bordi del Reno e che si è sviluppato
attorno a dei campi militari…
L’Alsazia dalla
Tabula Peutingeriana.
Sempre a Horbourg, ci sono numerose
stele funerarie di cui non si è ancora individuato la necropoli. Sono ben 24 e
tutte in arenaria rossa.
Vi erano inoltre presenti
molti culti classici e comuni un po’ in tutta la Gallia. Tra questi:
-
Culto della Dea Vittoria
sotto forma di un altare.
-
Culto della Dea Epona,
sotto forma di una stele in cui è raffigurata sopra un cavallo e con una mela.
Proteggeva i viaggiatori e le stalle.
-
Culto ad una Dea anonima legata all’agricoltura,
sotto forma di un basso rilievo dove è raffigurata seduta con due geni alati e
con dell’uva.
-
Culto di Divinità del
panteon gallo-romano nel loro insieme: altare con la dedica di Marzio Birrio
[Martius Birrius].
-
Culto di Mercurio, sotto
forma di un altorilievo mutilato eretto da Tito Silvio Locusta ed sotto la
forma di una statuetta di bronzo. Ambedue presenti al piccolo museo
gallo-romano di Biesheim.
La curatrice del museo
Bénedicte Viroulet, conservatrice del museo scrive[7] «Si tratta di un sito primordiale che fece parte
del dispositivo di romanizzazione della regione. I militari si installarono
qui, non per fare la guerra, ma per portare la cultura romana agli indigeni
locali, con l’introduzione di nuovi costumi, tradizioni, elementi d’architettura…». Da notare che nel
piccolo museo è esposta anche statuette di Mercurio, Ercole, Mitra, Bacco, di
Isis…
E un meraviglioso
intaglio in agata rossa raffigurante l’imperatore Commodo a cavallo che con la
sua lancia sta per trafiggere il re di una tribù germanica di appena cinque
centimetri d’altezza.
Ed infine:
il culto ad Apollo,
con il famoso altare alto un metro e largo 55 centimetri dedicato ad Apollon
Grannus Mogounus, identificato erroneamente con le acque di Aachen,
principalmente dall’antiquario Eckard nel 700.
L’ara di Apollo Granno Mogouno fu scoperta casualmente nel
1603, durante la costruzione della casa «Hirtz», ma fu distrutta – insieme a
molti altri reperti romani e medievali – dall’incendio della biblioteca di
Straburgo del 1870 avvenuto in seguito ai bombardamenti prussiani. Però una
riproduzione ancora esiste proprio ad Horbourg, nel luogo del ritrovamento.
La riproduzione di Horbourg
Monsieur Matthieu
Fuchs, presidente dell’association d’archéologie et d’histoire de Horbourg-Wihr, è stato così gentile
appena un finesettimana fa (agli inizi di settembre) di andare nella casa dove
vi è la riproduzione della scritta. Vi ha potuto accedervi perché la casa è
attualmente in vendita.
Mi ha
inviato una visione generale di tutto il piccolo e bell’edificio, con una
vista della porta d’ingresso.
La porta
d’ingresso ha un arco decorato con un blasone o stemma che rappresenta…
…un cervo (la qual cosa mi ricorda la Dea
Diana, sorella appunto di Apollo) che inizia purtroppo a deteriorarsi e soprattutto
la data di costruzione del 1603 corrispondente alla scoperta dell’altare.
Infine
ecco delle vedute del fac-similé dell’iscrizione su una pietra angolare della
casa.
Come
mi aveva già avvertito il fac-similé della scritta, realizzata su pietra
arenaria – oltre ad essere semicoperta da una tubo dell’acqua piovana – è in
cattive condizioni e per di più è stata ridipinta in spiccante colore rosso-violaceo.
Fonte:
http://www.archihw.org/archeologie-horbourg-antiquite Il bel sito archeologico di Horbourg, con cui ho tentato un contatto tramita la loro e-mail.
Marco Pugacioff
Marco Pugacioff
[2] carpologìa s. f. [comp.
di carpo- e -logia]. – Studio
scientifico dei frutti delle piante. V. http://www.treccani.it/vocabolario/carpologia/
[3] policoltura s. f.
[comp. di poli- e
coltura]. – Tipo
di agricoltura piuttosto primitivo consistente nel coltivare in piccoli
appezzamenti di terreno tutto quanto è necessario all’agricoltore e alla sua
famiglia. V. http://www.treccani.it/vocabolario/policoltura/
[4] epigrafia Branca
dell’archeologia che studia le epigrafi
(iscrizioni incise nel bronzo o nel marmo) antiche. V.
http://www.treccani.it/enciclopedia/epigrafia/#eorientale-1
[5] RAURICI (Raurici, più tardi anche Rauraci). - I Raurici erano
un piccolo popolo di razza celtica abitante presso il Reno, ad occidente di
questo, nel punto dove esso, uscito dal lago di Costanza, piega verso
settentrione. Essi confinavano con gli Elvezî e con i Sequani, occupando anche
una parte dell'alta Alsazia. […]
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se vuoi puoi andare alla sezione
Numerosi centri urbani di tutta la zona, dall'Alsazia sempre più a nord, tra Francia e Germania, sono stati costruiti dai romani. A Treviri, Germania, Trier in tedesco, c'era la residenza dell'imperatore Diocleziano. A 60-70 km, in Francia, c'era Divodurum, l'attuale Metz. Tanti paesi attuali furono fondati dai romani.Ci sono sculture e bassorilievi di stile unicamente di arte romana che in Francia chiamano "gallo-romain" che di gallico non hanno nulla. Ma queste "presenze", come ben sappiamo, sono estese sempre più a nord fino in Inghilterra, al Vallo di Adriano.
RispondiEliminaInfatti Nestore,
Eliminama sia ben chiaro: ad Aachen nel raggio di 50 chilometri, non c'è NIENTE di antichità romana relativa ad Apollo-Granno! Aachen non può dire di essere Aquisgrana. Teodolfo nell'805 - dall'attuale Saint-Germiny des Pres - li sbugiarda in pieno!
Per quando riguarda dove arrivarono i Romani, essi arrivarono perfino in Irlanda e non presero l'isola solo perchè le popolazioni - come ci lasciato testimonianza Ramon de Perellos - erano nomadi e a Roma bastò sapere che erano arrivati fino a lì. Nientr'altro. Sicuramente avevano mire ben più lontane, in luoghi dove potevano trovare materie preziose come oro e argento.
Per quando riguarda Apollo-Granno, il suo culto era anche qui in Italia, a Roma e - nonostante i parrucconi dell'università di Camerino e Macerata vogliono dimostrare il contrario - Apollo-Granno era venerato anche nelle Marche, per la precisione nella Val di Chienti come Iside e Esclulapio.
Perciò se vi era un "aquisgrana" nell'antichità era ad Horbourg. Con buona pace di tutti quei parrucconi che dall'alto delle loro cattedre pretendono il contrario.