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mercoledì 16 aprile 2025

Una macchia nel cielo sopra la presunta Aquisgrana.

 

Una macchia nel cielo sopra la presunta Aquisgrana.

 

Giornata magica ieri!

   Dovete sapere che per il professor Enzo Mancini, avevo già realizzato alcune riproduzioni di foto delle sue nipotine, una piccola arte di cui era anche lui dotato; Bien! In questi giorni gliene ho fatto un altro di disegnino e non posso certo farvelo vedere…

 




   Per sdebitarsi mi ha inviato a mangiare una bella arrabbiata in un ristoro di un rifornimento di metano al di fuori di Morrovalle (Morro ovvero muro, detto a valle, perché un altro – forse più di uno – ve ne è nel camerinese). All’interno di questo veloce ristoro vi è una bellissima foto... del posto? No. Mi ha detto il ragazzo del ristoro che si tratta scorcio nei pressi di San Severino, e che si combina bene con lo scorcio reale che si ammira al di fuori dello stesso ristoro.

Al ristoro faccio pure unoschizzo su Cucciolo che vede

il fantasma della Regina 

   Per arrivarci passiamo sotto le mura di Morrovalle presso la Porta Alvaro, dove si era ritrovata una tomba medievale, un fatto già narrato da Mario Latini nei sui libri, tra cui in particolare, il castello di Morro in un giorno lontano

   Enzo ha avuto uno scambio di lettere (su carta) proprio con Latini e mi ha detto che la tomba fu ritrovata – più o meno – nel 1880 (siamo hai tempi di Garibaldi o meglio di Tex).


Porta Alvaro e…

… le mura subito prima con un’entrata antica

 

Testimone visiva fu una signora che all’epoca era una ragazzina e che scomparve ad una bella età, oltre i novanta. Quando Latini era giovane parlò con questa signora e gli rivelò che l’erudito del paese, un professore dell’epoca che conosceva il latino, affermò che quella era la tomba della madre di Ludovico il Pio, una delle più importanti mogli de Carlomagno.

Ovviamente la tomba fu fatta sparire e da altra fonte, sapevo che aveva un pavimento a spina di pesce…

   Al ritorno, con il mio mediocre telefonino, volli fare una foto a San Claudio e ci fermano sotto una certa villa e scattai un paio di foto.



   Poi passiamo per il borghetto di San Claudio, davanti al “dormo & faccio colazione”, il B&B Aquisgrana


  Insomma, una bella giornata, ma le sorprese non erano finite! E non parlo dell’eventuale fuga di gas, nel palazzo di fronte a dove abito che ha fatto arrivare due autobotti dei vigili del fuoco.

Noo! Prima di mettermi a letto con la mia bambina, la mia micetta Luna, a leggere un libro, rivedo le foto e mi accorgo di qualcosa che non va…

 



Paredolìa? Spiega la treccani in linea «pareidolìa s. f. [comp. di para-2 e gr. εἴδωλον «immagine»]. – Processo psichico consistente nella elaborazione fantastica di percezioni reali incomplete, non spiegabile con sentimenti o processi associativi, che porta a immagini illusorie dotate di una nitidezza materiale (per es., l’illusione che si ha, guardando le nuvole, di vedervi montagne coperte di neve, battaglie, ecc.).»

 

da https://www.firenzetoday.it/cronaca/disco-volante-quadro-palazzo-vecchio.html
 

   Evvabbé, più semplicemente è una macchia nel cielo (come nella madoninna della bottega di Filippo Lippi che suscita la curiosità del contadino e del suo cagnolino) e non disco volante tipo l’esploratore (scout) tipici del caso amicizia, oppure degne del contattista yankee adamski…

Il bello è che stamattina ho provato ad andare in banca (e al solito non funzionava niente, ergo niente soldo cartaceo) e ho trovato Lauretta e Gianluca, gli narro della giornata di ieri e che mi dice Gianluca? Che la figliola, all’incirca domenica notte al ritorno a casa a Cingoli, dopo una festa di laura…

Non si trova davanti a una bella luciona bianca dalla forma inconfondibile di un disco volante!

 

   Vabbé, un altro fenomeno nei cieli (da cui uap) e non un Oggetto Volante Non Identificato… che è meglio resti in cielo, perché sennò da fenomeno aereo diventa un probabile… eh sì, pericolo.

 

Ulteriore nota di discredito sull’ipotesi dell’Aquisgrana Picena? Certo. Discredito ulteriore su strane “macchie” in cielo, ovvio, così sono più contenti quei parrucconi saccenti delle università e dei loro bravissimi leccac…

Già mi immagino i sapientoni a ridere “vedono pure gli ufetti, questi stupidoni!”

Allora cosa dire?

 

     Che mi resta comunque un bel ricordo di una bella giornata da sogno.

 

   Ciao a Tutti

Marco Pugacioff

[Disegnatore di fumetti dilettante

e Ricercatore storico dilettante,

Macerata Granne

(da Apollo Granno)

S.P.Q.M.

(Sempre Preti Qua Magneranno)

16/04/’25

 articoli

 Fumetti

 

 

giovedì 10 aprile 2025

Felice Capella e gli affreschi ad Aquisgrana

 

Felice Capella e gli affreschi ad Aquisgrana

 

 

    Recentemente ho trovato un bel trattato del 1934, La letteratura per l’infanzia, di Giuseppe Fanciulli e Enrichetta Monaci Guidotti, che in quell’anno era già scomparsa.

Il testo è proprio del mio argomento preferito, solo che non potevo immaginare cosa avrei trovato nel capitolo dedicato a…

 

 

Nel Medio-Evo.

   «Le tenebre del Medio-Evo» sono un luogo comune, ormai ripudiato dalle moderne conoscenze storiche. Tuttavia non bisogna andare troppo oltre nemmeno con una concezione opposta, come recentemente si è fatto, e vedere quelli che, con altro luogo comune, furono chiamati «i secoli di ferro», solo a traverso gli smaglianti colori della vetrata di una cattedrale. Il Medio-Evo non si definisce con una frase; e se ciò è vero per ogni età, ciò vale specialmente per questa, che fu complessa e varia oltre ogni dire, crogiuolo ove le civiltà antiche e il Cristianesimo si fusero, per dare una nuova concezione e una nuova pratica della vita. E limitandoci al nostro particolare punto di vista, diremo che durante il Medio-Evo il libro dei ragazzi continua ad essere il libro scolastico, e la sua storia, quindi, è intimamente connessa alla storia della scuola. Ora, l’istruzione medioevale mantenne il carattere prevalentemente educativo che aveva quella antica, pur essendo cambiati i fini, con una severità forse anche maggiore di quella un tempo praticata a Sparta e a Roma. Un autore specialista ha scritto molto giustamente a questo proposito «Tale rude età fu particolarmente dura coi piccoli e coi deboli. I piccoli conobbero un insegnamento arido e senza attrattive; vissero nel timore e nelle lacrime; per loro il maestro fu un tiranno, e la scuola una prigione [nota: Tarsot: Les école et les écoliers à travers les âges; Paris, H. Laurent, ed. 1893

   Inoltre l’istruzione -- per l’astensionismo dei primi cristiani, la decadenza della cultura classica, lo scompiglio delle invasioni barbariche – andò sempre più restringendosi nei primi secoli del Medio-Evo, fino al punto da divenire prerogativa quasi esclusiva dei chierici. Si capisce anche troppo bene come in queste condizioni storiche - e aggiungiamo anche le disastrose condizioni economiche del mercato librario - non si potesse nemmeno pensare all’esistenza di una letteratura per i ragazzi.

   Tuttavia, proprio nella prima metà del V secolo, troviamo un libro che si potrebbe ritenere scritto per i ragazzi, almeno secondo le parole poste in principio di esso come introduzione; libro che ebbe grandissima popolarità in tutto il medio-evo, e servì come «testo» per tutti i giovani in tutte le scuole: è il famoso De nuptiis philologiae et Mercurii di M. Felice Capella di Mataura nell’Africa.

    Sappiamo che in quel tempo l’educazione dei giovani si sarebbe ritenuta incompleta, se lo spirito non fosse passato a traverso la conoscenza di  sette discipline diverse: erano queste la Grammatica, la Dialettica e la Retorica, raggruppate sotto il nome comune di trivium; l’Aritmetica, l’Astronomia, la Geografia, la Musica, indicate col nome di quadrivium. Orbene, l’opera del Capella, in nove libri misti di prosa e di versi, è in sostanza un’enciclopedia dello scibile del suo tempo, una specie di esposizione didattica, concepita però in vista di un pubblico speciale; che l’Autore sembra voler designare da principio, quando, dopo alcuni versetti d’Imeneo, fa intervenire a interromperlo il suo bambino, che lo prega di raccontare per lui. Così, dunque, l’insegnamento delle scuole medioevali è raccolto e presentato come in una novella, raccontata da un padre al suo bambino, e immaginata alla languida luce della lucerna nelle lunghe veglie invernali. La favola ha molti particolari graziosi, e assai piacevole doveva riuscire ai giovani lettori il veder personificate tutte le varie discipline della scuola. Tali personificazioni rimasero poi famose per tutto il Medio-Evo, lino al Rinascimento, e diventarono come i tipi canonici nei motivi dell’arte decorativa, sì da ridurre il libro un manuale indispensabile agli studiosi. e agli artisti.

   Il buon Capella, che colori tali figure per rendere più attraente la favola al suo bambino – personificazione di un pubblico di ragazzi – non pensò davvero che le sue descrizioni fantastiche avrebbero costituito il modello delle arti figurative per quasi dieci secoli, quanti ne corrono dall’umile scrittore di Madaura al divino pittore d’Urbino; il quale, nella decorazione della Stanza della Segnatura, dette l’ultima espressione e pose come il suggello a tale serie di immagini.

   Quest’opera eminentemente «istruttiva» non tardò a diventare, come già si è accennato, «libro scolastico», e a unirsi agli altri testi.

Quei testi, anche quando, alla fine del VI secolo, furono quasi ovunque istituite le «scuole parrocchiali», non erano molto numerosi. Si incominciava con l’abbici. Si insegnava l’alfabeto mostrando ai bambini certe tavolette scritte da imitare, e si facevano imparare a memoria le lettere, per mezzo di certe storielle proverbiali, ove il ritmo aiutava ad apprendere contemporaneamente gli elementi della scrittura e della saggezza umana [Cfr. Novati: «Le serie alfabetiche proverbiali» Giorn. Stor. della Letteratura Italiana, vol. III, 1870, p. 337.]  Veniva subito dopo il Salterio, prezioso libriccino contenente alcuni salmi, prima base della cultura religiosa. Seguivano le letture del Donato e dei famosi Distica Catonis; qualche autore classico, brani dell’Antico Testamento, vite di Martiri e di Santi. Gli studi della grammatica si terminavano col Dottrinale di ALESSANDRO DE VILLEDEI, con le favole esopiane in verseggiatura latina, coi versi di PRQSPERO D’AQUITANIA, il Ritmo leonino attribuito a PRUDENZIO, il Liber Eve Columbe, Boezio... tutta una serie di operette divulgatissime, che a poco a poco furono respinte dalla nuova cultura del Rinascimento, con grave rammarico dei «laudatores temporis acti».

 

  Ahò, però che tipo. Gagliardo forte ! Ma chi era? Per saperne di più ho fatto un giro in rete  e a questo punto la prima menzione viene dalla Treccani in linea…

https://www.treccani.it/enciclopedia/marziano-capella-minneo-felice_(Enciclopedia-dell%27-Arte-Medievale)/

 

MARZIANO CAPELLA, Minneo Felice

   Scrittore africano vissuto a cavallo tra i secc. 4° e 5°, autore del romanzo allegorico De nuptiis Mercurii et Philologiae, una sorta di enciclopedia delle arti liberali che costituì un testo base per la cultura medievale e la principale fonte iconografica per la rappresentazione delle stesse arti fino al 15° secolo. […] Dal De nuptiis si evince sia che M. visse a Cartagine, nell’od. Tunisia, dove esercitò l'avvocatura e forse ebbe il proconsolato per l’Africa, sia che scrisse la sua opera, dove si descrive canuto e cinquantenne, fra il 410 e il 439, forse prima del 429. Il romanzo, frutto del decadentismo tardoromano, con forti accenti neoplatonici, permette di cogliere l'estremo tentativo di difesa della cultura pagana e romana e l’intento di salvare la tradizione culturale del mondo antico all’aprirsi della nuova era cristiana. Per l'opera - che si compone di nove libri, di cui solo i primi due dedicati al racconto delle nozze e i rimanenti sette alle arti liberali (Grammatica, Dialettica, Retorica, Geometria, Aritmetica, Astronomia, Musica o Armonia) - si è tramandato il titolo De nuptiis Mercurii et Philologiae poiché anche le arti partecipano alle nozze, indicate quindi come soggetto principale. Il romanzo narra infatti nei primi due libri le nozze tra Mercurio e Filologia, volute da Apollo e approvate alla fine da tutti gli dei. Dono nuziale per la sposa sono appunto le sette arti liberali, che Apollo davanti alla corte celeste introduce una a una, esaltandone le virtù e mostrandone gli attributi; la descrizione di ognuna delle arti costituisce l'argomento dei sette libri successivi.

[…]

il testo ha subìto numerose revisioni e correzioni, a partire da quella operata nel 534

[…]

Il De nuptiis ebbe una fortuna vastissima in tutto il Medioevo, attestata dal gran numero di manoscritti pervenuti

[…]

Divenne infatti il testo fondamentale per l'educazione scolastica fra il sec. 5° e il 9°, adottato come manuale di istruzione di base sia nelle scuole monastiche sia in quelle laiche di tutta Europa, nonostante l'artificiosità del linguaggio e la difficoltà dell'interpretazione. Il notevole vantaggio offerto dal romanzo di M., di cui Gregorio di Tours raccomandava la lettura (Hist. Fr., X, 31; MGH. SS rer. Mer., I, 1, 1937, p. 536), era quello di compendiare le scienze classiche in un'unica opera, fornendo così un comodo strumento di lavoro per gli insegnanti e un’enciclopedia di media consultazione. Il periodo di massima fortuna si registrò fra i secc. 9° e 10°: su poco più di cinquanta codici contenenti tutto il De nuptiis quasi la metà sono infatti databili a quest’epoca. […]  

Ciò avvenne durante il periodo della c.d. seconda rinascenza carolingia, tra il quinto decennio del sec. 9° e l'870-875, ma il carattere tradizionalista di queste scuole mantenne vivo fin entro il sec. 13° l’interesse verso la formazione culturale esemplificata dal De nuptiis. Nelle cattedrali di Laon, Chartres e Auxerre si trovavano infatti nel Duecento le più complete e fedeli raffigurazioni delle arti liberali ispirate all’opera di M. Capella. A partire dal sec. 14° il romanzo conobbe un nuovo periodo di fioritura. La grande fortuna goduta dal De nuptiis è confermata anche dall'elevato numero di opere letterarie che ispirò. Al De consolatione philosophiae di Boezio, al De artibus ac disciplinis liberalium litterarum di Cassiodoro e alle Etymologiae di Isidoro di Siviglia si aggiunsero: il Carmen de septem artibus liberalibus, scritto al tempo di Carlo Magno da Teodulfo di Orléans; nel sec. 11° la Rhetorimachia di Anselmo da Besate; nel sec. 12° l’Elegia de diversitate fortunae et philosophiae consolatione di Arrigo da Settimello e il famoso Anticlaudianus di Alano di Lilla; nel sec. 13° la Bataille des sept arts di Henri d’Andeli e il Mariage des sept arts di Jean le Teinturier, nonché il poema cavalleresco Erec et Enide di Chrétien de Troyes. Alcuni di questi testi descrivono opere d’arte ispirate al De nuptiis, nelle quali si può forse cogliere l’eco della conoscenza, diretta o indiretta, di reali rappresentazioni di questo tipo. La prima testimonianza si trova in Teodulfo di Orléans, che afferma di aver scritto il suo poema ispirandosi a un dipinto su tavola - forse realmente esistito (D’Ancona, 1902, p. 212; Van Marle, 1932, p. 211) - raffigurante il globo terrestre su cui si eleva un albero con alla base e sui rami le arti liberali, la cui rappresentazione mostra la conoscenza del romanzo di M. Capella. Nel sec. 12° l'Historia Karoli Magni et Rotholandi dello pseudo-Turpino (MGH. Pöetae, I, 1881, pp. 544-547) affermava che il modello di tale raffigurazione sarebbe stato un affresco nel palazzo di Carlo Magno ad Aquisgrana, benché Teodulfo si riferisse a un dipinto su tavola, come quello di Costantinopoli descritto dal poeta Manuele File (sec. 14°) come appartenuto ad Alessandro Magno. Le sette arti, in epoca carolingia incluse nel repertorio profano, in età romanica divennero appannaggio quasi esclusivo dell'arte sacra; fa eccezione la descrizione di un letto scolpito con la rappresentazione delle Arti e della Filosofia in un poema composto dall'abate Baldrico di Bourgueil prima del 1107 (Delisle, 1871). Il matrimonio tra Mercurio e Filologia era rappresentato su di un'alba della metà del sec. 10° appartenuta a Eccheardo II di San Gallo (Stammler, 1962), su di un paramento liturgico appartenuto a Enrico, figlio dell'imperatore Federico I Barbarossa, donato nel 1193 da un cardinale al S. Antonino di Piacenza, e infine, all’inizio del sec. 13°, sul tappeto annodato delle monache dell'abbazia di Quedlinburg, di cui rimangono frammenti con le figure di Mercurio e Filologia (Quedlinburg, Domschatz der St. Servatius-Stiftskirche). […]  Il più antico manoscritto miniato superstite del De nuptiis risale agli inizi del sec. 10° (Parigi, BN, lat. 7900A), ma ricalca un modello dei secc. 5°-7° (Heydenreich, 1956, figg. 1-3), e l’unico interamente miniato è quello illustrato nel sec. 15° da Attavante degli Attavanti per il re d’Ungheria Mattia I Corvino (Venezia, Bibl. Naz. Marciana, lat. XIV,35).

 

   La Professoressa Patricia Licini, [professoressa di cartografia medievale] che ringrazio sempre per la sua memoria, la gentilezza e la profonda conoscenza mi scrive…

 

«Io ricordo (però a memoria e dovrei andare a ritrovarlo) che nel testamento di Carlo Magno nell’inventario degli oggetti preziosi nella cappella di Aquisgrana erano elencati due dischi raffiguranti in piano il primo in oro la volta celeste e il secondo in argento il globo delle terre. 

[…]

Ecco, ho ritrovato la citazione. Lo testimoniò Edgardo. Mensae si deve tradurre in "tavole" (geografiche ovviamente in questo caso) e non in "carte" come ho letto in molti studi.»

Non centra niente, ma c'è la metto lo stesso

dai miei libri di Argan


 

 

Degli autori proposti sulla Treccani, ho scovato D’Ancona…

 

P. D’Ancona, Le rappresentazioni allegoriche delle arti liberali nel Medioevo e nel Rinascimento, L'Arte 5, 1902, pp. 137-155, 211-228, 269-289, 370-385

 

 

La fortuna ch’ebbe l’opera di Marciano Capella durante l’età di mezzo sino ai primordj del Rinascimento, oltre che nella letteratura, la possiamo seguire nell’arte.

[…]

   Seguire la evoluzione di un dato tipo artistico limitandosi a studiarne nei monumenti rimasti le forme più tarde, è compito di gran lunga più agevole, che volgersi ad indagarne il nascimento e a scrutarne le origini nel buio de’ tempi remotissimi. Nel primo caso una guida sicura ci accompagna: a una testimonianza preziosa possiamo affidarci, il monumento; nel secondo caso, bisogna ricostruire ciò che il tempo e gli uomini hanno spesso, fatto a gara a distruggere aiutandoci soltanto di tradizioni scritte od orali su quello che è perduto, e talora di semplici ricordanze ed accenni fugaci.

   Salto un po’ dello scritto per arrivare a ciò che mi interessa…

   Bisogna venire all’età carolingia per trovare una figurazione delle Arti evidentemente ispirata agli scritti del retore cartaginese. Il monumento è andato perduto, ma ce ne possiamo fare un’ idea ricorrendo ad un carme, in che viene minutamente descritto. Nella Historia Karoli Magni et Rotholandi, che va sotto il nome di Turpino, [Nota: Turpini, Historia Karoli Magni et Rotholandi, par. xxxi, ediz. Castets, Montpellier, 1880.] ma compilata in realtà solo agli inizj del sec. XII, si legge che il monarca francese fece dipingere le sette Arti nel suo palazzo di Aquisgrana, [Nota: Nella Crònica generai de España si parla delle Arti come esistenti nella tomba di Carlo Magno; vedi Histoire poetique de Charlemagne par Gaston Paris, pag. 370, Paris, 1865.] assieme alle battaglie del vecchio e nuovo Testamento e a quelle da cui era uscito vittorioso in Ispagna. Quanto vi sia di vero in ciò, non si può precisare; ma che le Arti Liberali figurassero in questi Pisa. piedistallo del pulpito di Giovanni Pisano dipinti appare più che probabile, quando si rifletta che fra i componimenti poetici di Teodulfo, [Nota; M. G. P. Lat. I, 544, carni. 46.] vescovo di Orléans, vi ha un lungo «Carmen de septem artibus liberalibus», il quale sembra appunto ispirato da un’opera d’arte realmente esistente. Date infatti le relazioni di amicizia che legavano il Re franco e Teodulfo, qual meraviglia che costui abbia proprio descritto dei dipinti, che doveva avere quotidianamente sotto gli occhi? Il poeta descrive un grande albero ricolmo di vegetazione, sui rami del quale trovansi le Arti.

In basso, proprio alle radici, siede la Grammatica: ha la testa adorna di diadema, tiene in mano la ferula ed il coltello, ed è circondata da Bonus Sensus e da Opinatio. Su due rami più elevati sono la Retorica e la Dialettica: la prima, dalla testa leonina, è in atto di tenere una concione [secondo la Treccani: 1. ant. Pubblica adunanza, assemblea per trattare di cose dello stato (con questo sign. il termine è usato solo in riferimenti storici)], ha in mano l’immagine di una città turrita, ed è provvista di ali; l’altra è intenta a leggere, mentre intanto un serpente cerca occultarsi tra le sue vesti (corpus tamen occulit anguis). Vicino ad essa stanno Logica, Etica e le quattro Virtù Cardinali. L’Aritmetica tiene un registro tra le mani, ed ha presso a sé la Fisica. La Musica è provvista della lira e della vecchia siringa a sette toni. La Geometria ha un compasso nella destra e una sfera nella sinistra (dextra manus radium laeva vehit rotulam). L’Astronomia dall’alto domina sulle altre, ed è rappresentata con le mani sollevate sul capo, in atto di sorreggere il planisferio celeste (huic caput alta petens onerabat circulus ingens — quem manibus geminis brachia tensa tenent). Tale è la rappresentazione descritta da Teodulfo, che il Von Schlosser [Nota: Julius von Schlosser, Beiträge zur Kunstgeschichte, etc., pag. 134, Wien, 1891] esaurientemente ha dimostrato esser tutta ispirata alla tradizione primitiva.

   Tuttavia, che, anche innanzi all’anonimo pittore di Aquisgrana, altri artefici abbian svolto il medesimo tema, lo fanno supporre alcune iscrizioni versificate di epoca anteriore a Teodulfo, rinvenute dal Sirmond [Nota: M. G. P. Lat. I, 629, Append. ad Teodulphum.] in un codice vaticano (n. 341), già forse in alcuno di quei rotuli spiegati, che le figure allegoriche soglion tener fra le mani. Le allegorie delle Arti trovansi un’altra volta nell’età carolingia, assieme alla Medicina e circondate dai principali lor protettori, nelle pitture del Palatinato di Saint-Denis e in quelle del Palatinato di Saint-Gall, eseguite tra gli anni 841 e 872 sotto l’abate Grimold, in compagnia di Sancta Sophia loro madre. [Nota: Von Schlosser, Beiträge cit., pag. 131 e 132.]

 

   Così, pur cercando di sfuggire alla questione di Aquisgrana – dovunque essa sia, ma de certo non in Germania – alla fine si cade sempre lì.

   L’altra sera rivedevo uno spettacolo televisivo sulla Roma Nascosta, sotterranea, e alla basilica di San Giovanni e Paolo al Celio ho rivisto strutture romane che mi hanno ricordato (almeno tre volte più piccole e comunque solo ricordato) le volte a San Claudio, secondo il professor Carnevale l’originale Cappella Palatina.

 

Volte del tempio de Claudio

Non sono una mia immaginazione. Anche in rete ho trovato un’altra foto, da: https://www.romasegreta.it/celio/tempio-di-claudio.html eccola:

 



Sempre volte chiamate a crociera, del convento stabilito all’interno del Tempio di Claudio, su strutture già esistenti dell’antichità.

   Ma che importa. 


Però da:  https://www.caseromanedelcelio.it/le-case-del-celio/  ho visto la bellezza degli antichi affreschi romani – e senza sapere cosa avrei letto il giorno dopo sulla letteratura per l’infanzia e la piccola ricerca seguita poi – posso immaginare, fantasticare come molto probabilmente potevano essere le pitture nel palazzo di Carlomagno.
 

 


 Il Ninfeo e la Sala dei Geni

     E se non si trovano, è solo per un motivo: un certo Barbarossa ha portato via l’impero, lo ha traslato. E qualcun altro, il papato oppure (se l’impero era nel Piceno) il vescovado di Fermo hanno distrutto i vecchi palazzi e con essi gli affreschi.

 

Una volta a Roma Pasquino scrisse:

 

Ciò che non fecero li barbari, fecero li barberini

E peggio de loro fece Barbarossa e li papalini.

 

E io dico, parafrasando Enzo Cannavale sulla pellicola di Monnezza…

 

Sant’angelo in Pontano,

 toglici da tutto ‘sto ginepraio

 

fa chiudere le balorde università,

fa morire l’europa e

ridaci la lira

che creò Carlomagno.

 

Ma poi in fondo, ormai, che importanza ha? Si scrive solo per riempir il tempo e rompere i cosiddetti ai saccenti universitari che sanno sempre tutto e gli altri son solo ignoranti.

 

Evvabbé

  Ciao

 

Marco Pugacioff

[Disegnatore di fumetti dilettante

e Ricercatore storico dilettante,

Macerata Granne

(da Apollo Granno)

S.P.Q.M.

(Sempre Preti Qua Magneranno)

10/04/’25

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