Piccolo campionario dell’insolito 10
I maledetti fuochi di…
Caronia? No di La Roya.
Non siamo in Sicilia, nel piccolo paese di Caronia, dove all’inizio del
funesto XXI secolo divampavano fuochi misteriosi. No, siamo in Spagna,
nell’Andalusia, in particolare nella Sierra
de Filambres dove vi è il paese di Laroya la cui popolazione è di circa 150
abitanti; è appena finita la seconda guerra mondiale, nel ’45 [con la mia mente
sono ancora agli anni ’70 e questo nuovo secolo non esiste].
Un esempio della povertà dei
tempi e dei luoghi
È la sera del 16 giugno mentre una nebbia insolita e funesta dall’odore
sulfureo aleggia, una bambina di 14 anni, María
Martínez Martínez gioca nelle
vicinanze della fattoria Pitango. All’improvviso vede una sfera bluastra che dal cielo le si avvicina e
incendia il suo povero grembiulino. Le fiamme avvolgono il
suo giovane corpo in pochi secondi e la bambina urla
dallo spavento e dal terrore attirando così genitori e vicini. Il fenomeno
ricorda la combustione umana spontanea eppure nello stesso lasso di tempo diverse
pile di trigo [grano] verde (che non
si accendono facilmente) bruciano in maniera misteriosa.
E i fuochi misteriosi si moltiplicano,
appaiono dappertutto in quel giorno maledetto fino alle 11 di sera, quando la
nube malefica si alza dal paese.
Ma il fuoco se la riprende con la ragazzina. Durante la mezzanotte dello stesso giorno, mentre la bambina
riposa nel suo letto, le lenzuola cominciano a bruciare spontaneamente e per
fortuna sono soffocate sul nascere.
La guardia civile
Si cerca così un sospetto incendiario, ma
senza ottenere alcun risultato e gli abitanti chiedono aiuto ai carabinieri,
ovvero [siamo in Spagna] alla Benemérita
Guardia
Civil, della caserma di Macael
per avvertirli di ciò che sta accadendo e chiedere loro un «aiuto urgente». Un gruppo di quattro uomini a cavallo comandati dal caporale
Santos, galoppano sulla strada sterrata dei Filabres
verso Laroya. Non appena raggiungono il paese,
mentre interrogano un vicino, vedono con i loro occhi come la giacca di un loro
collega, lasciata appesa a un gancio, inizia a bruciare senza rimedio. Lo
stesso succede con una scopa, con una sedia e altri utensili. Vedono un povero pollo che becca il terreno bruciare
spontaneamente. Inoltre con grande spavento sono stupiti della strana apparizione
di fiamme spontanee nella fattoria di Estela Jesús Martínez Morales che fluttuano
nelle stanze e divorano poi ogni cosa sul loro cammino.
Non c'è modo di
spegnere gli incendi; non si fa a tempo di estinguere
un incendio che già un altro si sviluppa.
Degna di nota è anche
una curiosa caratteristica: quasi tutti gli oggetti in fiamme sono situati ad
una certa altezza dal suolo, elettricamente isolati; oggetti appesi a grucce, vestiti negli armadi, e altro ancora.
In più quando un
incendio sta per essere spento, se l'acqua viene versata sul fuoco, assume più
virulenza – come accade con gli incendi prodotti dai combustibili – e il modo
migliore per estinguerli è usare una coperta e talvolta persino le proprie mani.
Il gobernador
civil
[Governatore civile[1]]
informato dei fatti dalla Guardia civile non può far altro che convocare degli
studiosi per esaminare le cause di questa attività
anomala. Tra gli organi convocati ci sono il Centro Geofísico del Consejo Superior de
Investigaciones Científicas [Centro geofisico del
Consiglio superiore di ricerca scientifica], Instituto Sismológico de Almería [l'Istituto
sismologico di Almeria] e il Servicio
de Magnetismo y Electricidad Terrestre del Instituto Geográfico y Catastral [servizio di magnetismo e elettricità terrestre
dell'Istituto geografico e catastale]. Responsabile
di quest'ultimo è don José Cubillo Fluiters, che nonostante i suoi sforzi non
riesce a spiegare la ragione degli incendi e si esprime così sui fenomeni:
«Non sono stati causati dall'attività vulcanica, né da
disturbi geologici che hanno portato al rilascio di materiali di ignizione
(...) L'origine degli incendi non si trova nelle manifestazioni interne o sulla
superficie del terreno. Né la causa può essere attribuita ai fenomeni elettrici
o alla ionizzazione dell'atmosfera, né gli effetti termici della radiazione
solare».
Dopo aver analizzato i dettagli, gli
ingegneri che hanno suggerito diverse ipotesi. Fra i fenomeni possibili sono
citati ci sono attività vulcaniche, e i cosiddetti incendi di San Elmo. Si è
detto comunque che è «come
se quei fuochi avessero una vita propria, come se agissero in modo intelligente».
Soprattutto, si
concentrano su un evento accaduto in Almeria durante il mese di novembre del 1741,
dove secondo le cronache, una nuvola guidata da un forte vento orientale si
spostò sulle montagne che coronano la capitale. All'improvviso lasciò cadere una pioggia di
"scintille", che incendiarono molti luoghi in campagna, e persino le
divise di uno squadrone inglese, comandato da M. de Court, che si trovava nel
porto di Almería.
Questo fenomeno è
stato associato al vicino vulcano italiano Etna (ma guarda, torniamo in
Sicilia…), che dopo un forte vento ha depositato una specie di carico in una
nuvola che si è trasferita in Spagna. Gli ingegneri hanno
verificato che le ore di azione di tali fenomeni del 1741 coincidono con quelle
degli incendi di Laroya.
Gli scienziati così
lasciano il paese come erano venuti, senza una chiara spiegazione. E una voce comincia
a diffondersi per il villaggio che si tratta di una maledizione molto antica. Sembra che molti anni fa un Moro di nome Jamá [Moro Jamá] fosse accusato
di essere un eretico e giustiziato dalla famigerata Inquisizione nel villaggio
di Laroy, e mentre bruciava sul rogo, giurò vendetta eterna al popolo per
averlo tradito, ma oggigiorno non si è trovata alcuna notizia storica del
fatto; e altri credono che sia l'ira del Dio Reshef.
Ad accrescere il mistero, nel corso degli
anni più di uno ha affermato di aver visto persino una piccola figura bluastra,
un umanoide soprannominato El Niño
[il bambino]. O quella di uno scheletro avvolto in luci
di fuoco che si levava sopra la città. Una
descrizione che si adatta all'immagine con cui è stato rappresentato il dio
Reshef. Dice la nobile Treccani «Divinità cananea-fenicia la cui
menzione ricorre in tutta l'area del semitico nord-occidentale, sia in nomi
teofori amorrei ed ugaritici, sia in testi epigrafici e letterarî, e - con
particolare frequenza - a Cipro, a Zincirli, a Karatepe e a Cartagine. […] Un
testo ugaritico recentemente scoperto identifica Reshef col mesopotamico
Nergal, dio dell'Oltretomba, mentre alcune bilingui cipriote lo identificano
con Apollo. Nell'Antico Testamento il nome Reshef viene inteso sia come nome
proprio di un dèmone malefico abitante l'atmosfera, sia come appellativo comune
indicante fiamma, fuoco, pestilenza, piaga ed anche volatile. Non mancano anche
testimonianze in cui il dio appare come divinità solare (e di qui la sua
identificazione con Apollo).[2]»
Secondo Francisco Contreras Gil - nel suo
libro Enigmas
pendientes, in cui ha avuto l'opportunità di intervistare
i testimoni di Laroya - i paesani sostenevano di aver visto nel cielo esseri
antropomorfi volare sopra i cieli del villaggio mentre bruciava le sue
fattorie.
La cosa curiosa è che questi esseri non si
discostano molto da un culto arcaico che esisteva in questa zona della Sierra de la Filabres. Secondo Carlos Chevalier, dopo aver investigato e documentato
a fondo tutte le leggende e i miti della zona, scoprì che al tempo dei
Cartaginesi si adoravano los Refes, che erano una sorta di esseri alati dotati della capacità
di prendere il volo e che di solito erano circondati dal fuoco. Queste divinità vivevano, secondo i Cartaginesi, nelle
miniere situate nella Sierra de Filabres,
dove oggi è situata Laroya. Avevano un carattere
un po’ demoniaco. Infatti Chevalier documenta anche che mentre si svolgeva
l'occupazione romana, questi esseri decisero di devastare l'area con le fiamme.
Dopo tutto questo, il governo di Franco
decide di mettere a tacere i fatti. Un
testimone ricorda «la Guardia Civil ha ordinato a tutti di tacere. Quel fuoco è apparso di giorno,
di notte... con le fiamme che fluttuavano nelle stanze. Eravamo
terrorizzati, lo giuro. Ero solo un bambino, ma ricordo il suono
delle campane che suonavano "in fiamme" per avvertire che un altro
era già apparso, e poi un altro ancora! Ricordo ancora le ragazze
bruciate, come María Martínez o Mari Molina, che avevano i vestiti accesi e
stavano per bruciare vive. Era una cosa invisibile. Quasi
tutti credevano che la fine del mondo stesse arrivando.»
La povera María Martínez, prima vittima
degli incendi, viene denominata la niña de
fuego [la bambina di fuoco]. In seguito, si
verificò un evento molto significativo e degno di nota. In paese si cominciò a vedere tracce di petrolio che, molto
probabilmente (come hanno dimostrato le indagini della Guardia Civil) qualcuno aveva messo appositamente. Sembra che María,
la Niña de los Fuegos, abbia
confessato: «L'ho fatto in modo che i saggi [los hombres
entendidos] tornassero
e mettessero fine ai fuochi». Secondo la ragazza, non poteva sopportare di sentirsi in
colpa per quei fuochi, ma come poteva procurarsi quella bambina tutto quel
petrolio per provocare tanti incendi? È come nella frazione di Canneto a
Caronia, gli inspiegabili incendi iniziati nel 2004,
sembrano ormai opera di un giovane residente di 26 anni[3],
arrestato dai carabinieri… un colpevole si trova sempre, specialmente in questi
tempi funesti con cui verremo obbligati a mangiar insetti e vedremo sparire il
denaro contante.
Alla fine la bambina,
incolpata come fosse una possibile bruja [strega], si suicida ingerendo soda
caustica e nella sua famiglia ormai toccata dalla sfortuna, si suicidarono
anche i suoi fratelli; sua sorella si getta su una scogliera e suo fratello si
impicca nella fattoria Pitango.
Con la morte della
ragazzina – innocente capro espiatorio – termina il fenomeno, tanto che ancora
oggi, molti abitanti del paese gli attribuiscono l'origine soprannaturale dei
fuochi malefici.
Fonti:
La piccola luce bianca
Dopo un evento pesante, vi voglio narrare un
evento curioso e molto leggero capitatemi nell’estate del ’95.
Giorno
e ora sono ormai scomparsi dai ricordi, ma il fatto è sempre scolpito nella
memoria; eravamo stati in quattro a vedere un concerto ad Ancona, il cui
batterista era Pietro, un nostro amico e compagno di lavoro.
La
fiat di Loris stava tornando nella notte verso Civitanova, io ero al suo
fianco, dietro di me Iginio, e dietro Loris, Federico che probabilmente già
sonnecchiava.
Alla
nostra sinistra il mare, alla destra il guardavia, un piccolo fossato avvolto
nel buio e il terreno che si elevava di un metro, un metro e mezzo e al di
sopra – ma questo lo vidi dopo – un lampione che gettava il classico cono di
luce a terra.
Fui
attratto da una piccola sfera bianca di una decina di centimetri di diametro,
che d’improvviso comparve di fronte a me. La cosa curiosa è che scendeva verso
sinistra percorrendo una linea retta come tracciata da un righello. E il punto
finale d’arrivo era il cono di luce del lampione. Entrò all’interno del cono
luminoso e si posizionò come in attesa e la sua luminosità non si attenuò ma
rimase limpida sotto la luce del lampione. Sembrava dirci «vi piaccio?»
A
quel punto Iginio mi disse qualcosa come «hai visto che spettacolo», perché in
effetti fu davvero uno piccolo, misterioso spettacolo; e non credo che Federico
abbia visto qualcosa, forse il solo Loris, ma lui non disse nulla.
Marco Pugacioff
[1] Il governatore civile era l'autorità politica
delle province spagnole dal 1833 fino al 1997, quando la sua figura è stata
classificata sotto la sottodelegazione del governo della Spagna. V. https://es.wikipedia.org/wiki/Gobernador_civil
[2] Testo completo in: http://www.treccani.it/enciclopedia/reshef_%28Enciclopedia-dell%27-Arte-Antica%29/
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