Cronaca
dell’insolito 19
Per ora sono
riuscito a rientrare nel mio sito… finché va… poi,
bò, forse farò
un marco pugacioff 2
oppure lasceremo
perdere, tanto…
Intanto venite
con me in un altro mondo e
“gustatevi” un
po’ di storielline…
Lo Stradino

Giovanni Mazzuoli nacque a Firenze
intorno al 1480, ed è ricordato dai contemporanei come un personaggio curioso,
dal carattere originale ma bonario e generoso, appassionato di romanzi
cavallereschi, storia, cronache e poesia, senza essere un erudito e un
letterato di professione. Il suo aspetto fisico è descritto come di
straordinaria bruttezza, con il volto segnato dalle cicatrici delle ferite
ricevute sul campo di battaglia o in qualche rissa. Aveva l’abitudine di andare
in giro armato, con ciondoli a forma di teschio appesi al collo, portandosi
dietro libretti e scartoffie. Non conosceva il latino, né ricevette mai
un’istruzione umanistica. Nello studiolo della propria casa Mazzuoli allestì
una singolare biblioteca, l’Armadiaccio, come veniva chiamata scherzosamente da
Grazzini e dagli altri amici, che ne trassero spesso giovamento per i loro
studi. Nell’Armadiaccio non erano conservati solo
libri, ma anche medaglie, oggetti antichi, statuine di bronzo e curiosità di
storia naturale, come trofei animali, denti di gigante e altre meraviglie che
dovevano lasciare sbalorditi i visitatori per rarità e stranezza.
Morì a Firenze il 5 giugno 1549.

ωωωωωωωωω
L’Italia è
marcia,
l’Italia è
morta!
Ho saputo che il 28 settembre 1885, la gente
scese nelle strade di Montreal e fece una rivolta contro la vaccinazione
obbligatoria per il vaiolo.
Più di 2.000 violenti rivoltosi, alcuni armati di pietre, altri di pistole, si
riversarono nelle strade per protestare contro le vaccinazioni obbligatorie.
1.400 militari armati e la polizia locale vennero sopraffatti dalla folla che
devastò gli uffici della sanità pubblica.
Il grido di battaglia dei rivoltosi fu “uccidete
i vaccinatori”.
Se è vero… Bà!
Ne ho saputa un’altra… Facciamo un ulteriore salto
indietro:
500 anni fa accadde qualcosa di molto, molto simile a quello che stiamo vivendo
oggi.
Solo che oggi il finale non sarà
così.
“Quando
la peste bubbonica colpì Ginevra nel 1530, tutto era già pronto.
Fu persino aperto un intero ospedale per gli appestati.
Con
medici, paramedici e infermieri.
I
commercianti contribuivano, il magistrato dava sovvenzioni ogni mese.
I
pazienti davano sempre soldi, e se uno di loro moriva da solo, tutti i beni
andavano all’ospedale.
Ma
poi è successo un disastro: la peste andava spegnendosi, mentre le sovvenzioni
dipendevano dal numero di pazienti.
Non
esisteva questione di giusto e sbagliato per il personale dell’ospedale di
Ginevra nel 1530.
Se
la peste produce soldi, allora la peste è buona.
E
poi i medici si sono organizzati.
All’inizio
si limitavano ad avvelenare i pazienti per alzare le statistiche sulla
mortalità, ma si sono presto resi conto che le statistiche non dovevano essere
solo sulla mortalità, ma sulla mortalità da peste.
Così
cominciarono a tagliare i foruncoli dai corpi dei morti, asciugarli, macinarli
in un mortaio e darli agli altri pazienti come medicina.
Poi iniziarono a spargere la polvere sugli indumenti, fazzoletti e
giarrettiere.
Ma
in qualche modo la peste continuava a diminuire.
A
quanto pare, i bubboni essiccati non funzionavano bene.
I
medici andarono in città e di notte spargevano la polvere bubbonica sulle
maniglie delle porte, selezionando quelle case dove potevano poi trarre
profitto.
Come
scrisse un testimone oculare di questi eventi, “questo rimase nascosto per
qualche tempo, ma il diavolo è più preoccupato di aumentare il numero dei
peccati che di nasconderli.”
In
breve, uno dei medici divenne così impudente e pigro che decise di non vagare
per la città di notte, ma semplicemente gettò un fascio di polvere nella folla
durante il giorno.
Il
fetore saliva al cielo e una delle ragazze, che per un caso fortunato era
uscita da poco da quell’ospedale, scoprì cosa fosse quell’odore.
Il
medico fu legato e messo nelle buone mani degli ‘artigiani’ competenti.
Hanno cercato di ottenere più informazioni possibili da lui.
Comunque,
l’esecuzione è durata diversi giorni.
Gli
ingegnosi ipocriti venivano legati a dei pali su dei carri e portati in giro
per la città.
Ad
ogni incrocio i carnefici usavano pinze arroventate per strappare loro pezzi di
carne.
Venivano
poi portati sulla pubblica piazza, decapitati e squartati e i pezzi venivano
portati in tutti i quartieri di Ginevra.
L’unica
eccezione fu il figlio del direttore dell’ospedale, che non prese parte al
processo ma spifferò che sapeva come fare le pozioni e come preparare la
polvere senza paura di contaminazione.
Fu
semplicemente decapitato ‘per impedire la diffusione del male’”.
⁃
François Bonivard, Cronache di Ginevra, secondo volume, pagine 395 – 402:
https://archive.org/details/chroniqvesdegen00chapgoog/page/n421/mode/2up
Altri tempi!
ωωωωωωωωω
ωωωωωωωωω
antico rettile
vivo nel ghiaccio
nel numero 4 di Storia di Roma e delle civiltà antiche a fumetti del 1975, venne
riportata una notizia inviatagli da un lettore di Cagliari. Il lettore “comunica
lo stralcio di un articolo, tradotto dalla «IZVESTIA» di Mosca il quale afferma
«Nella Kolyma, freddissima regione all’estremità nord-orientale della Siberia,
alcuni ricercatori hanno rivenuto, seppellito nel ghiaccio, il corpo di un
rettile preistorico. L’animale, simile ad una piccola salamandra, lungo circa
10 centimetri, dopo che è stato liberato dal ghiaccio, ha ripreso a vivere…»
Da Cucciolo: “Attenti al
dinosauro” di Giorgio Rebuffi
ωωωωωωωωω
Il burlesco
«Miracolo» di un ladro
Cesare
Baudi di Vesme, nel suo libro Storia dello spiritismo, vol. 2, stampato a Torino nel 1896, e presente in rete,
riferisce di un fatto alle pagg. 196-197 che solo a leggerlo sembra una burla
di Arlotto oppure il canovaccio per un commedia di Totò.
Era all’incirca la metà del 1896 in usa e sui quotidiani venne riferita
questa notizia…
«Dinanzi a un giudice di Nuova York fu
condotto un tale Macdonald, accusato d’avere commesso un furto con effrazione in
una casa della città, da cui l'avevano visto uscire parecchi testimoni degni di
fede. Ma, alla stessa ora in cui si abbandonava a questa colpevole operazione,
Macdonald si trovava, in istato di sonno ipnotico, in una sala di conferenze,
ove il prof. Wein presentava quell’interessante soggetto ad un numeroso uditorio,
parlando dei fenomeni telepatici che in lui si verificavano. Si giudichi della
sorpresa del povero magistrato, che non poteva contestare la validità dell’alibi,
ma che, d’altra parte, non poteva ricusare fede alle testimonianze presentate
contro il Macdonald. Aggiornò prudentemente la sentenza, volendo consultare in
proposito qualche psichiatra. Per parte sua, il professore Wein non dubita
punto che i due Macdonald, il ladro ed il dormiente, non siano un solo essere, sdoppiato
momentaneamente in due personalità.»
Però… chissà che questo MacDonald avesse a sua insaputa un gemello? Oppure
un sosia…
ωωωωωωωωω
ωωωωωωωωω
Pietre senza
peso
Nel maggio dell’84, sulla posta del numero 26 di Martin Mystère, veniva
pubblicata una storia [sottolineando – ma guarda un po’ – che era «vera»] mandata da un lettore di San Vito
di Leguzzano (Vicenza). Vera?
In genere se le pubblicava un albo a
fumetti oppure il Giornale dei Misteri, rivista poco seria, non erano di certo
vere, ma false.
E chi mi ha sottolineato questo è uno
sceneggiatore di fumetti che dovrebbe attingere molto da questo materiale, e
invece lo snobba.
Vabbé, leggiamo questa storia…
«È la vicenda, accaduta un decina di
anni fa qui a San Vito, di un vecchio soprannominato Gijo. In gioventù, Gijo
vendeva le larve di bachi da seta, come rappresentante di una ditta (siamo nel
1910-20). Poi lavorò come manovale a Postrima e in altri posti.
A un certo punto cominciò per lui una
serie di disgrazie: la moglie e il figlio piccolo morirono per malattia e il
primogenito fu ucciso in guerra. Gijo cominciò a dare segni di squilibro
mentale, tanto da essere chiamato da tutti “il vecchio pazzo”. Ridotto in
miseria, vestito di stracci, si aggirava di notte per la campagna e lungo le
rive del torrente Giara, alla ricerca di pietroni con cui costruirsi una specie
di grotta che lui definiva casa.
Il curioso è che i pietroni pesavano
anche diversi quintali, e lui non si serviva d’altro, per trasportarli, che di
una grossa catena. Costruì la sua grotta (abbastanza ampia e alta qualche
metro) senza l’ausilio di legno o di fil di ferro, senza neppure un carretto
sul quale portare le pietre.
A chi gli domandava come facesse a
sollevarle e a trasportarle per centinaia di metri, rispondeva che c’erano gli
spiriti che lo aiutavano.
Morì molto vecchio, una ventina d’anni
fa.»
Una storia che ricorda molto quella del Castello di Corallo in Florida,
narrata infinite volte da quel ricercatore,
che passò da Telemontecarlo a raidue. Un castello dove venne girata anche una
pellicola di Argos, ovvero El Santo, el
enmascherato de plata
dove una bella, formosa e malvagia strega aveva la sua sede.
Tutte queste storie si basano sul fatto che le pietre si possono spostare
senza badare al loro peso. Non ci sarebbe bisogno di Ercole o di Tarzan, ma
forse della musica. Non ci credete? Al solito non mi invento niente, ma leggo,
leggo molte storie e ve ne una che spiegherebbe molte cose… ovvio, per chi ci
vuol credere.
Un lettore del Giornale dei Misteri di
Trapani citava, riproducendolo da «un vecchio libro», un racconto che Jacopo
Comin sul n. 24 del ‘73 non esitava a definire «strabiliante» e di cui non
dubitava inerente l’energia detta «Vril, una straordinaria forza scoperta da
uno dei più grandi geni che l’umanità abbia avuto; casualmente ho letto parte
della vita di questo scienziato in un vecchio libro della mia modestissima
biblioteca» e la riportava integralmente.
«Karl Kuntze si svegliò: il silenzio della notte era turbato dalle note
di un violino che proveniva da un locale attiguo alla sua camera da letto e si
accorse che sua moglie si era destata: «che curiosa mania» protestò Kuntze «suonare
il violino a quest'ora, invece di dormire e lasciar dormire gli altri!».
Era l’anno 1890 a Filadelfia, in usa.
Karl Kuntze gestiva un negozio di drogheria e dormiva in una stanza del
retrobottega che confinava con uno stanzone, già deposito di ferri vecchi, affittato
da un signore taciturno, riservato e solitario che aveva detto di chiamarsi
John Worrel Keely, elettrotecnico. «Lo stanzone» aveva dichiarato al momento di
affittarlo, «mi servirà per lo studio e la fabbricazione di un nuovo tipo di
motore elettrico».
I coniugi Kuntze
non capivano che centrasse un violino con i motori, ma dato che la strana musica
si faceva udire spesso la notte e ancor di più di giorno, alla fine ci si
abituarono tanto le spesse pareti della casa la attenuavano molto. Curiosamente
erano sempre solo poche note ripetute con lievi variazioni.
Intanto passarono ben venti anni in cui il signor Keely arrivava ogni
mattina al suo laboratorio, sempre più vecchio sempre più triste e i suoi
vestiti scoloriti dal tempo, rivelavano la sua crescente miseria.
Nessuno entrava nel suo laboratorio e i signori Kuntze non scambiavano
con il signor Kuntze non altro che dei saluti.
Infine un giorno quello che sembrava un amico del ricercatore accompagnò
Kuntze al laboratorio, insieme a una donna; e da allora sembravano frequentare
lo stesso luogo per qualche mese. Ma poi anche le loro visita finirono e con
loro perfino le note provenienti dal violino.
Ma un funesto giorno, un denso fumo uscì dal finestrone alto e inferriato
dello stanzone-laboratorio facendo precipitare i vicini; eppure lo stesso Keely
apparve sulla porta per assicurarli, visto che stava bruciando delle vecchie
carte. Da quel punto in poi Keely non fu mai più visto e il laboratorio rimase
chiuso e silenzioso.
Passa un intero mese e davanti al laboratorio arrivò un gruppo di
persone: due agenti di polizia in uniforme, un magistrato e uscieri del
tribunale portati proprio dalla signora e dall’uomo che erano stati visti
entrare nel laboratorio.
Fu la stessa donna che aprì la porta con una chiave che estrasse dalla
borsetta, il gruppo entrò e si stese un verbale, che venne poi firmato da lei
e dall’altro presunto amico di Keely, il cui testo era il seguente: «Noi qui
sottoscritti, soci della Dynaspheric Company, dichiariamo che essendo
deceduto il signor John Worrel Keely di Filadelfia, siamo autorizzati secondo
l’atto costitutivo della società che alleghiamo, a prendere possesso degli
apparecchi e documenti esistenti nel laboratorio situato al n. 3... Via... ecc.»
Con grande scorno dei soci di Keely, all’interno del laboratorio tutto
era bruciato: carte, disegni e documenti ed aveva distrutto tutti gli
apparecchi, le macchine e i modelli esistenti nel laboratorio.
I due soci riferirono
allora che John Worrel Keely, aveva scoperto la maniera di sviluppare e controllare
una forza «Vibrante elettromagnetica» che egli aveva chiamato «Dinasferica»,
mediante la quale annullava e controllava a volontà la forza di gravità. Non
per niente aveva costruito un motore che in loro presenza, senza essere collegato
a nessun filo e spostabile a volontà sopra un tavolo a rotelle, con un piano
di vetro trasparente, si metteva in moto quando Keely raggiungeva con il suo
violino una nota di una determinata acutezza aumentando la velocità di
rotazione fino ad un grado tale che aveva finito per andare in pezzi. Pensate
il ricercatore Keely aveva anche costruito un modellino di dirigibile che si
levava e si spostava in tutti i sensi a volontà, secondo le modulazioni del
suono del violino: vi erano cose viste dall’uomo e dalla donna varie volte come
una sfera di acciaio, del peso di cento chili controllato da loro stessi, si sollevava,
rimaneva sospesa nell’aria ad una determinata distanza dal pavimento e
ridiscendeva a volontà secondo le variazioni del suono del violino di Keely.
I due avevano creato una società, sciolta dopo pochi mesi per la grande incredulità e opposizione incontrata
nelle sfere industriali ed ufficiali. Non erano nemmeno riusciti a convincere
dei funzionari a venire a vedere agli esperimenti, visto che «Essi non avevano
tempo per vedere dei trucchi di mistificatori o per trattare con dei pazzi».
Worrel Keely, vecchio e sconfitto era morto amareggiato senza svelare il
suo segreto: la sfera di acciaio, e i resti bruciacchiati del modello del
motore e del dirigibile dai quali erano state asportate le parti principali
fatte sparire chissà dove, erano gli unici residui della sua opera e nessuno
era in grado di ricostruire i modelli e farli funzionare. Il violino che fu
trovato intatto ed esaminato, era un violino come tutti gli altri...».
W. Raymond Drake aggiunge poi nel luglio del ’77 – GdM n. 76 – che «Voi
non sapete che cosa sia avvenuto in questa stanza», dichiararono i soci
sbigottiti. «Non potete avere un’idea di che cosa l’umanità abbia perso con il
tesoro di Keely. Egli solo aveva scoperto il modo di sviluppare e controllare
la forza vibrante elettromagnetica, che egli chiamava “dina-sferica”. Con
questa, la forza di gravità era del tutto annullata».
Pare anche che Keely, scoraggiato, un giorno
avesse detto: «E pensare che con il mio violino potrei sollevare una casa e
mandarla a vagare fra le stelle per poi riportarla al punto di partenza».
Ormai ne sono convinto e storie così, me lo confermano, che i serpenti
governano il mondo.
Non posso fermarmi qui. La levitazione ultrasonica non è una sciocchezza.
Difatti nel novembre del 2015, all’interno dell’undicesima puntata
dell’undicesima serie del programma spagnolo Cuarto Milenio, venne
annunciato che l’università spagnola di Navarra aveva realizzato uno studio su
tale fenomeno.
Lo studio era basato sul fatto che si
possono muovere oggetti senza toccarli, ma attraverso suoni musicali. Il gruppo
di studiosi avevano creato strutture acustiche tridimensionali che funzionano
come raggi trattori.
Fino allora si potevano solo oggettini
di un millimetro ma in grande scala…
però, ne avete sentito in giro di
questi studi? Ma che importa. Forse non hanno avuto seguito.
ωωωωωωωωω
spezzoni da
L’enigma di
Stonehenge
di Alessandro
apecchi
Su quella bella rivista che era il Giornale
dei Misteri degli anni ’70, che dava cibo per la mente [al contrario di
molte riviste patinate], qui vi erano inseriti articoli che parlavano di voci, poi in seguito tenute occultate.
Provate a leggere le note più inquietanti di quest’articolo dal numero 24.
«Il particolare paesaggio invita a
fantasticare, ad immaginare di quali genti e di quali spettacoli siano stati
testimoni questi giganti di pietra nei secoli passati[…]
Quando
però il sole sta per tramontare, il luogo torna nuovamente deserto; le ombre
proiettate dalle colossali pietre si allungano in modo impressionante e tutto
sembra acquistare la maestosità e potenza di un tempo, mentre una velata
nebbiolina accompagna il calare delle tenebre.
Torna allora quel senso di
sbigottimento che si prova sempre dinanzi all’ignoto, tornano in mente gli
aspetti sconosciuti di Stonehenge, le paure e le leggende popolari sussurrate
con timore attraverso i secoli. In pieno 1973 nessun abitante della regione è
disposto a passare, a piedi e di notte, nelle vicinanze di Stonehenge; può
sembrare strano, ma è realtà di oggi. Ma perché questo luogo incute tanto
terrore? Qual’è il suo significato? […]
Dopo aver parlato della storia del
complesso [sul tipo «Il nome le fu dato nel 1660 dall’antiquario Aubrey, cui si
devono importanti scoperte in Stonehenge, anche se se alcune interpretate in
modo errato.»], passa ad…
«Ataviche superstizioni e storie tramandate di generazione in generazione,
ritengono invece il luogo secolare custode di una potenza che potrebbe venire
liberata. Sacrifici umani, fuochi misteriosi, apparizioni soprannaturali, suoni
d’oltretomba, riti di evocazione dei morti e dei demoni, orrende pratiche di
stregoneria e cerimonie da incubo avrebbero avuto ed avrebbero luogo in tutta
la pianura di Salisbury. […]
Va detto infatti che a Stonehenge sono
sempre accaduti anche di recente, episodi un po’ strani, per non parlare della
misteriosa scomparsa di diverse persone. Non si deve dimenticare che l’Inghilterra
è la culla della magia nera, anche se praticata più o meno seriamente; non è da
escludere quindi che una di queste sette si sia servita, più di una volta, di
un luogo così suggestivo e ricco di esperienza.» mica male, e poi continua e
finisce così…
«Il fatto è che la popolazione dei dintorni ha effettivamente terrore
del luogo e che pochi anni fa ci fu anche un tentativo di. linciaggio ai danni
dei Membri dell’Ordine Druidico. Di recente si verificò anche un altro evento,
che sembrava dare conferma ad un vecchio racconto popolare, secondo il quale
sotto Stonehenge complicate gallerie si perdono nelle viscere della terra. A
circa 1000 metri dal monumento si stava scavando quello che sembrava essere un
normale tumulo e che risultò invece essere l’ingresso ad un pozzo antichissimo,
artificiale, largo 3 metri, di stile miceneo. Quale unico esempio del genere in
Gran Bretagna, destò naturalmente l’interesse degli archeologi, che speravano
anche di trovare nuovi dati per svelare un secolare mistero. Una persona fu
calata dentro il pozzo ed arrivò fino alla profondità di 40 metri, ma sembra
che non sia più tornata alla superficie; sull’episodio è calato il più
assoluto silenzio.
Forse molti saranno scettici riguardo gli ultimi fatti da me riportati,
giudicandoli prodotto esclusivo della fantasia e della superstizione. Può
darsi.»
Un luogo funesto dunque? Chi lo sa, anzi per dirla alla Tex di Gianluigi
Bonelli «¿quien sabe?»
E comunque non certo di più del castello Odescalchi di Bracciano nel
Lazio, dove vennero girate numerose pellicole del terrore e che – e questo lo
fa davvero un luogo funesto – ospitò nel 1972 uno dei primi incontri dei paesi
europei per la creazione della futura e più che funesta unione europea.
Siamo nel medioevo
tecnologico. C... nostri!
ωωωωωωωωω
Le
case infestate
Parlare di luoghi funesti mi ha fatto venire
in mente le cosiddette case infestate. Jacopo Comin, rispondeva così ad un lettore
di Bagnoregio che voleva schiarimenti sui fenomeni di Poltergeist e precisava
cosa erano dividendoli in due distinte categorie: 1- le infestazioni vere e
proprie, 2- le infestazioni cosiddette medianiche a cui si dà di preferenza il
nome di Poltergeist.
«Chi non conosce il modo di dire: “casa infestata”? “Infestata” è un
termine che risale a S. Agostino, e con “infestatio” i Padri della Chiesa
indicavano, nel IV secolo dopo Cristo, i disturbi che venivano procurati dagli
“spiriti maligni”.
Ma prima ancora della nostra Era,
Plauto, Plinio, Plutarco, parlavano di «case malfamate e funeste» dove «si
udiva prodursi un suonar di ferri e rumor di catene››.
Questo tipo di manifestazioni: rumori,
sospiri, lamenti, colpi sordi, o addirittura una apparizione fantomatica, sono
quelli che caratterizzano la prima categoria, e che normalmente hanno lunga
durata, a volte secoli interi, e che sembra siano legati ad una casa, ad un
luogo particolare. Si sente poi raccontare che tale luogo e stato teatro di
qualche tragedia: un omicidio, o un suicidio.
Nella seconda Classe, quella della infestazione medianica […], si
raggruppano invece dei fatti della durata relativamente breve: qualche
settimana, tutt’al più qualche mese, e che non sono legati ad un luogo, ma in
genere si attribuiscono all’intervento di una persona che, con la sua presenza,
sembra condizionare e provocare i fenomeni. Quali sono questi fenomeni? Lancia
di pietre, come già avemmo occasione di dire precedentemente, rottura o
spostamento di oggetti, levitazione di mobili, rottura di lampadine.
Nel caso passato alla storia come “The
case of great Alherst mistery”, cadevano dal soffitto dei fiammiferi accesi!»
Vi do alcune
curiosità di questo genere…
Gli antichi credevano che il lago di
Averno, vicino Napoli, che colma con le acque il cratere di un vulcano spento,
fosse l’ingresso dell’Inferno. Una sorgente vicina era ritenuto che desse
origine al fiume Stige. II nome Averno
pare significhi Inferno od anche «senza uccelli» perché l’aria che si respirava
nei dintorni faceva fuggire gli uccelli. Tutto ciò contribuì a fare del Lago
di Averno un posto misterioso, pieno di paurose leggende, e consacrato al culto
di divinità del Male.
Sulla strada che da Mola porta a Bari vi è una casa deserta chiamata la
Torre dei diavoli. Non molti anni fa, la gente credeva che essa fosse abitata
da dei diavoli che uscivano la notte facendo tintinnare delle catene. Coloro
che si azzardavano nottetempo a passarvi vicino venivano trovati, al mattino
successivo, incatenati e privi di sensi.
A Blera, nei pressi di Viterbo, viene attribuita al diavolo la
costruzione di un ponte a tre campate, sul torrente Biedano. Su una riva del
fiume vi è una grotta che, si
diceva, un tempo fosse abitata da un mostro il quale pretendeva ogni anno
dagli abitanti del luogo un sacrificio umano di tre giovanette diciottenni.
Notiziole misteriose dal Giornale dei
Misteri n. 3 del 1971
Oltre un secolo fa, alcuni archeologi
scoprirono nella necropoli di Cuma, presso Napoli, famosa per la mitologica
Sibilla, un tumulo con alcuni scheletri privi tutti del cranio. Malgrado gli
studi, le polemiche e le supposizioni, non si è ancora scoperto il motivo di
tale mutilazione.
A Pergola, vicino a Pesaro, durante la
notte si possono udire strani rumori provenire da gallerie sotterranee che
passano sotto la città. Si sente un rumore di sassi che rotolano, sibili di
venti, scorrere di acque impetuose e molti ritengono che questi rumori siano
provocati da fantasmi che litigano durante le loro notturne riunioni.
dal Giornale dei Misteri n. 3
A Catanzaro, si pensa che
i folletti esseri piccoli, scherzosi, impiccioni, circolino la notte per
disturbare le persone che sono andate ad abitare in case nuove. Per
allontanarli, basta legare con una cordicella le quattro gambe di una
poltrona o di una sedia.
A Carbonara, vicino a
Bari, si crede che i morti parlino fra loro, nelle tombe. Molti cittadini si
sono recati a controllare la voce che circolava, ed hanno dovuto ammettere che
quanto si dice corrisponde alla verità. Non è difficile ancora oggi poter vedere qualcuno
che, recandosi al cimitero e convinto di non esser visto, appoggia l’orecchio
sul marmo delle tombe per ascoltare i discorsi dei defunti.
A Pergola, vicino a
Pesaro, durante la notte si possono udire strani rumori provenire da gallerie
sotterranee che passano sotto la città. Si sente un rumore di sassi che
rotolano, sibili di venti, scorrere di acque impetuose e molti ritengono che
questi rumori siano provocati da fantasmi che litigano durante le loro notturne
riunioni.
Dal numero 4
A Roccacasale, nei pressi de l’Aquila,
esiste un castello chiamato il Castello delle Fate. C’è chi giura di aver viste
varie volte uscire dai due pozzi del castello, moltissime fate.
A San Vito Chietino esiste uno scoglio
che, quando la marea è bassa, mostra due profonde impronte di piedi di capra
che gli abitanti credono appartengano al diavolo. Quando il mare è grosso i
diavoli si radunano sullo scoglio per una festa orgiastica che raggiunge il suo
acme se affonda nelle vicinanze qualche barca il cui marinaio si trovi in
peccato mortale.
Sembra che in certe notti, davanti a
Portici, in provincia di Napoli, sia possibile veder galleggiare una bara con
quattro grosse candele accese ai lati. Alcuni pescatori affermano di essersi
sentiti strappare le reti di mano e di aver udito cupi lamenti.
Nei pressi di Napoli, dai resti della villa
che fu di Veio Pollione, ma che fu abitata anche dal poeta Virgilio, escono,
certe notti, delle melodie che possono essere udite fine nello specchio d’acqua
antistante la villa. Un arco del porticato s’illumina, e sembra di vedere una
figura umana, in tunica ed il capo cinto di alloro, che con la lira in mano
canta dei versi dell’Eneide.
Dal numero 5
Vi è una Casa a Ruvo di Puglia, in provincia di Bari che non è possibile abitare. Chiunque abbia provato a dimorarvi è stato costretto a lasciar1a perché di
notte vi si odono rumori come di catene strascicate, urla inumane e lamenti strazianti.
A Siracusa, c’è Chi giura di aver visto
affacciarsi alla finestra di un edificio che risale al XV secolo, una donna
bellissima, dal caratteristico profilo greco. Molti affermano si tratti di
Elena di Troia.
I POMODORI CHE SALTANO
Qualche anno fa, comparve su tutti i
quotidiani una strana notizia.
Nella campagna circostante Ancona, un
contadino recatosi a cogliere dei pomodori nei suo orto, li vide schizzare via
dalle piante per andare a spiaccicarsi sui muri e sulle vesti di molti
passanti. Il fatto richiamò l’attenzione di varie persone e scienziati. Senza
che nessuno potesse fornire una spiegazione plausibile.
FOLLETTI?
Fra gli spiriti invisibili che rendono movimentata
1a vita d’ogni giorno ci sono i cosiddetti folletti, che invadono le case e le
anime dei giustiziati. La notte di S. Giovanni essi gironzolano senza pace
vicino alle chiese consacrate a S. Giovanni decollato, e spesso assumono l’aspetto
di topi, giocando scherzi terribili a chi ha la Ventura d’incontrar1i.
Fra Bari e Mola vi era fino a qualche
anno fa una torre detta la Torre dei Diavoli. Sembra che mo1ti abbiano viste
uscire di notte dei diavoli, fra uno sferragliare di catene.
Chiunque si sia avvicinato troppo alla
torre è stato trovato svenuto ed incatenato.
I FUOCHI CHE SI RINCORRONO
A Morra, vicino a Perugia, sono apparsi
sovente, di notte, ed in aperta campagna, due lumi che si rincorrono. Un
contadino che assistette di recente a questa corsa, comincio a chiamare a gran
voce i suoi familiari perché venissero ad assistere allo spettacolo. I due
lumi, pero, si precipitarono verso la finestra cui stava affacciato, cosi
velocemente, che il pover’uomo fece appena in tempo a chiudere la persiana per
ripararsi.
I DECAPITATI
A Oristano, in Sardegna, in un luogo
dove un tempo venivano decapitati i colpevoli di gravi delitti, si ritiene che
vengano gli spiriti dei giustiziati per celebrare strani riti e che questi
rappresentino un anello di congiunzione fra i vivi ed i morti. La notte prima
del Corpus Domini, i parenti dei decapitati preparano, in una stanza, dei cibi
perche sono convinti che essi tornino a prelevare gli alimenti per restare
sulla terra per un giorno.
Dal numero 10
IMPRONTA DI FUOCO
A Cingoli, in provincia di Macerata,
molte case sono state abbandonate perché abitate dagli spiriti. In una casa, su
un armadio, uno Spirito ha lasciato 1’impronta a fuoco della sua mano. In
alcune strade, la sera di estate, si sentono grida agghiaccianti.
Dal numero 11
ωωωωωωωωω
scriveva
Dido Buldrini nel numero 5 del Giornale dei Misteri
«La leggenda del Tè: Un eremita, avendo
fatto voto di digiuno, dopo molti giorni cadde sfinito nel proprio eremo.
Istintivamente strappo dell’erba e la mangiò.
Improvvisamente si senti rinvigorire.
Fu così scoperto il potere energetico della pianta del Tè, quale droga.
LA CARNE è la causa della maggior parte
delle umane malattie.
Platone descrive la Città Ideale in cui
gli abitanti obbediscono ad un regime alimentare costituito di frutta, grano,
legumi e noci. La carne assimilata deposita nel nostro sangue sostanze tossiche
che infestano il fegato ed i reni.»
Come vedete, anche questa è una buona risposta al perché l’unione
europea ci vuol mangiare grilli, mosce ed altre schifezze…
ωωωωωωωωω
Giorgio Vittorino Passaguai
detto Cucciolo e le sposine vampire
Un mio personale omaggio agli
autori del fumetto per adulti
e in particolare allo studio di
Alberto Giolitti.
Il vampirismo
in Bretagna
Capitolo tratto
da
Archivio
per lo studio delle tradizioni popolari - Volume 4
Rivista trimestrale diretta
Giuseppe Pitrè, Salvatore Salomone-Marino
Palermo 1885
pagg. 85-88
BENCHÈ si ritenga comunemente che la
credenza nei Vampiri si sia sempre ristretta ai popoli dell’Europa orientale,
cioè ai Greci, agli Slavi, agli Ungheresi ed ai Rumeni, pure questa limitazione
locale, a mio avviso, non è del tutto esatta, essendovi dei fatti, fino adesso
trascurati, i quali indicano che non solamente nei tempi remoti, ma anche nel
medio evo e forse più tardi, questa strana fede aveva radici molto più forti e
vegete in qualche parte dell’Europa occidentale. Cosi abbiamo ragione di
credere che l’Isola Britannica avesse imparato o sviluppato quella orrenda
superstizione più che ogni altro popolo dell’ovest, mantenendola con una
tenacità degna di miglior fortuna, e traendola poi all'Inghilterra de’ secoli
di mezzo. Le prove di questo sorprendente fatto non sono nè letterarie nè
dirette; tuttavia son più che sufficienti, come presunzione, a far persuaso chi
guarda un po' addentro nelle cose. Ecco le ragioni:
Nei tumuli funebri
antichissimi si sono trovati, ai lati degli scheletri, vasi e vasetti di creta,
evidentemente per cibo, benchè tutti vuoti adesso. Questi vasi sono sempre alla
portata delle braccia de’ morti se i poveri scheletri ritenessero le forze
vitali.
Se consideriamo la solennità del luogo di deposito, l’interno di una
tomba e la rozza semplicità degli uomini barbari, dobbiamo credere che tali
vasi al tempo del deposito stesso contenessero del cibo, dappoi guastato e
sparito. In tal caso la pratica di provvedere il cibo pei morti non era quella
madornale balordaggine o scioccheria che pare ai nostri colti e instrutti
intelletti. Il povero barbaro concepiva, nell’abisso del suo animo, forse
disciplinato nelle scuole dei Druidi, un’idea ulteriore alla mera nozione di
dar da mangiare al suo parente trapassato, della cui morte tutti s’erano già pienamente
assicurati. In quest’atto doveva sottintendersi un significato che può
qualificarsi come profondo, relativamente a colui, e al suo mondo. Ed ecco, a
mio avviso, la nozione metafisica di lui. Credeva egli che se non si
provvedesse per uso del morto quel cibo al quale era stato accostumato in vita,
si alzerebbe di tanto in tanto per disturbare i viventi con moleste ricerche di
qualche cosa da mangiare.
Risum tenete, amici! E non di meno,
la cosa, la spiegazione voglio dire, non è così frivola come potrebbe parere.
La credenza di vasi da cibo nella tomba britannica indica che i Britanni
antichi dovevano avere la credenza vampirica,
e così applicarono lo stesso rimedio contro di quel flagello terribile che si
usa ora dai nostri contemporanei Rumeni in un caso identico, come vedremo.
Questa credenza britannica, benchè si trovi così nell’epoca preistorica,
dovette avere un’esistenza delle più lunghe. In qualche modo essa vigeva ancora
nell’anno 1524, dopo essere stata florida durante tutto il medio evo come una
regola o pratica del sistema legale amministrato dai Coronatori d’Inghilterra, ufficiali che da un tempo molto lontano
han condotto le inchieste domandate dalla legge sopra le cause di suicidii e di
morti subitanee.
In obbedienza a questa regola il coronatore prima dell’anno 1824 in
siffatti casi espressamente comandava, che un uomo il quale si era ucciso, si
dovesse sotterrare con uno stecco di legno conficcato nel mezzo del suo corpo.
Il seppellimento dello sfortunato aveva luogo al buio senza nessun rito della
chiesa, allato d’una strada maestra, e al di fuori del borgo dove fosse
avvenuta la morte.
Benchè questa stranissima pratica sia durata assai lungo tempo e fino ad
un'età tutta moderna, pure non si è mai saputo niente della sua origine; ma
certo la si può attribuire, senza troppa credulità, ai tempi lontani in cui
fioriva quell’altra pratica di far provvigione nella tomba pei poveri
trapassati.
Quanto a me, io non esito un istante a credere che i due fatti, benchè
differenti tra di loro, siano i risultati della stessa scienza sociale, e che
la loro significazione debba essere una. La forza dello stecco era di stringere
il corpo morto dentro gli angusti limiti della tomba, impedendogli di
rialzarsi, e far male ai suoi parenti tuttora in vita. La quale credenza è
sempre in pienissimo vigore fra i Rumeni ed altri popoli cristiani dell’oriente
d'Europa.
A spiegare questa pratica inglese è necessario ammettere che gl’Inglesi medievali
avessero creduto nel Vampirismo. La pratica è impossibile senza la teoria. E
gl’Inglesi doveano anche credere che que’ disgraziati che di propria mano si
uccisero diverrebbero, sicuramente, dopo una tal morte, ciò che si chiama
adesso vampiro, come pena del loro delitto.
Io non mi sono avventurato a far queste affermazioni, che possono saper
dell’audace senza lo assodamento di fatti corrispondenti e analoghi.
Codesti fatti si trovano presso una nazione che crede implicitamente nel
Vampirismo, vo’ dire i Rumeni. In un giornale greco di Bucarest, sotto il nome
di «L’iride dei popoli dell’Oriente»,
del mese di luglio dell’anno 1884, ho trovato il passo seguente, il quale
illustra chiaramente tutto ciò che ho annunziato. Un confronto delle due serie
di fatti confermerà che l’antico mondo non è così lontano dal mondo presente
come i filosofi e i filantropi vorrebbero far credere.
Ecco il passo neo-greco nel suo ingenuo originale:
Οι κάτοικοι του ρωμουνικού χωρίου Βουτσουδου ἐν
Τρανσυλβανία, ἐξέθαψαν τὸ πτώμα γυναικός τινος, ἣν ἐνόμιζον βρυκολακα, οὗτοι
ἐνέπυξαν βελόνην εἰς τὴν καρδίαν της, καὶ ἔβαλαν εἰς τὸ στόμα πέταλον, σῖτον
καὶ θυμίαμα, ὅπως μὴ δυνηθῇ πλέον να εγερθῇ τοῦ μνήματος. Ο εισαγγελεύς ἐνεργεῖ
τας θεούσας ἀνακρίσεις.
Ed eccone la traduzione italiana :
«Gli abitanti del distretto rumeno di Rutsudos in Transilvania hanno testè
dissotterrato il corpo d’una donna, la quale giudicarono una vampira (veycolaca). Essi hanno ficcato nel cuore di lei
uno stecco di ferro, e le hanno messo nella bocca un foglio con cibo e incenso,
affinchè non possa rialzarsi più dalla tomba. La polizia si occupa delle dovute
inchieste[con nota]».
Questo paragrafo greco, estratto da un giornale in circolazione fra le
classi più instrutte della città di Bucarest, non si può screditare. I fatti
menzionati sono pubblicamente conosciuti. Essi presentano una evidenza relativa
ai fatti che ho raccontati riguardo all’antica Bretagna e all’Inghilterra di
tempi più moderni. Per onore del mio paese, noto soltanto che la regola di
diritto, che presuppone il Vampirismo, fu in pratica dopochè la sua ragione, raison d’être, era stata del tutto
dimenticata anche dal popolino stesso. In ogni caso il fatto è curioso.
(Londra) H. C. Coote.
[nota:
Penny, Cyclopoedia, sub voce «Vampire», cita il passo seguente dal
Calmet nella sua Dissertation sur les Vampires d'Hongrie : «Il solo
mezzo di sbarazzarsi di ospiti tanto incomodi è di dissotterrare i loro corpi,
di trafiggerli con uno stecco tagliato da un albero verde, di tagliar loro le
teste e di abbruciar loro i cuori».
Io
credo che il dotto ecclesiastico abbia accumulato più rimedi insieme, mentre un
solo fra tanti sarebbe abbastanza efficace.]
MISCELLANEA.
Da pagg.
595-596
Stregonerie.
A coloro i quali
si lusingano che la elettrica luce... abbia illuminate le menti, dedichiamo il
seguente caso veridico seguito in questi giorni in Mantova.
Si diceva che l’imbianchino Cirillo
Bosi fosse stato stregato, per gelosia di mestiere, da certo suo compagno Dal
Bon, che si sarebbe valso, per la bisogna, della virtù di una maliarda, la
quale avrebbe fatto ingoiare al Bosi due uova stregate.
Le donnicciuole dei paraggi avevano
prestato fede alle sciocche dicerie e, riuscite inutili le preghiere al Dal
Bun, pover’uomo! perchè togliesse il malefizio, furono chiamate a raccolta
tutte le streghe di Mantova, affinchè studiassero i mezzi di scongiurare
il male.
Il nuovo conciliabolo, studiata la
questione e interrogate le potenze infernali con giuochi di carte, venne nella
conclusione che si era di fronte ad un caso estremo e quindi agli estremi
rimedi bisognava ricorrere.
Questi era tre. Se durante il loro
svolgersi l’ammalato non grida va torcendosi nel letto, era segno che il
diavolo non voleva uscirgli dal corpo.
Il primo consisteva nel far bollire gli
abiti nuovi d’uno della famiglia e, quando l'espandersi dei vapori fra essi
cagionava gonfiori voluminosi, battervi sopra con due fasci di aghi da cucire.
Pel secondo si trattava di gettare sul
fuoco accompagnandole da appositi scongiuri-manate di sale. Il forte
scoppiettare che ne derivava avrebbe dovuto raggiungere l’intento.
Il terzo
L’estremo – consisteva nel far cuocere
a secco, entro una caldaia, un gatto sano, maschio, di pelo nero e colla coda
intera.
Ma non uno di questi mezzi riuscì a togliere
la malattia al povero degente.
Fu per questo che, dopo l'ultimo
tentativo, per un inconcepibile eccesso di superstizione, onde trar vendetta
della strega, la moglie dello stregato e quelli del conciliabolo si diedero a
punzecchiare ferocemente il cuore del gatto morto, fidenti che quelle
punzecchiature si ripercotessero atrocemente nel cuore di colei.
Il giorno dopo, esperito un ultimo
tentativo col porre sotto la schiena dell’ammalato una corona di Sori secchi,
questi mori
Il medico curante dichiara che egli era
tisico da parecchi anni.
Mi raccomando, denigrare sempre e esaltare la scienza-scemenza,
legatissima solo al profitto.
Se comunque volete un esempio più pertinente di streghe e stregoneria vi
lascio con quest’ultimo fatto…
«Il Sandoval (in Storia di Carlo Quinto.) riferisce che un magistrato navarrino,
volendo fare esperimento delle facoltà che le streghe affermavano di possedere,
fece prendere una fattucchiera e le fece promettere la grazia a condizione che
compiesse dinanzi a lui tutte le sue operazioni magiche.
La vecchia, accettata la proposta,
chiese la scatola d’unguento che le si era trovata in casa ed ascese sovra una
torre col magistrato e gran numero di persone. Si collocò dinanzi ad una
finestra, si soffregò d’unguento la palma della mano sinistra, il polso, il
gomito, la parte sottostante del braccio, l’inguine e la parte sinistra dei
reni; quindi gridò con forte voce:
-
Sei
qui?
Tutti gli spettatori intesero nell’aria
una voce che rispose:
-
Sì,
eccomi.
La strega si diede allora a discendere
lungo la torre col capo in giù, come una lucertola, servendosi delle mani e dei
piedi. Giunta a metà altezza, prese il volo nell’aria, dinanzi agli astanti, i
quali non la persero di vista se non quando ebbe oltrepassato l’orizzonte.
Nello stupore in cui tale portento
gettò tutti i suoi testimoni, il magistrato fece pubblicare che avrebbe dato
una considerevole somma di danaro a chiunque gli radducesse la strega.
Questa gli fu presentata due giorni
appresso, essendo stata arrestata da pastori .
Il magistrato le chiese perché non
fosse volata lontano abbastanza per isfuggire a coloro che la cercavano. A ciò
rispose ella che il suo
padrone non aveva voluto trasportarla
che alla distanza di tre leghe e che l'aveva lasciata nel campo ove era stata
arrestata dai villici.»
Da pagg. 223-224 del secondo libro Storia
dello Spiritismo. Peccato che la strega non era giovane, bella e formosa
come Grace Renat… vuoi vedere che pure il giudice diveniva uno habitué dei sabba?
Marco
Pugacioff
[Disegnatore
di fumetti dilettante
e
Ricercatore storico dilettante, ma non blogger
(Questo
è un sito!)]
Macerata
Granne
(da
Apollo Granno)
S.P.Q.M.
(Sempre
Preti Qua Magneranno)
27/03/’23
articoli