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venerdì 17 maggio 2019

La scuola Palatina - un dialogo


La scuola Palatina
Alcuino

Dal sesto al settimo secolo la barbarie va crescendo; par che il mondo si copra di tenebre.
Ma a tempi di Carlomagno tutto sembra rinascere; dapprima in maniera confusa e imperfetta è vero.
Carlomagno si occupò di spandere la istruzione, fondando scuole ne'vescovadi e nei monasteri, ove anche i Laici potevano essere ammessi.
Il monaco di San Gallo parla pure d’una Scuola di fanciulli, istituita da Carlo e da lui affidata allo Scozzese Clemente. Ciò fu prima che partisse per una delle sue spedizioni guerriere.
Al suo ritorno si fece condurre nel palazzo i fanciulli, e volle che gli mostrassero i loro versi, e quanto avevano appreso. Gli allievi usciti dalle classi medie e inferiori provarono il loro gran profitto; non così le classi de nobili che fecero vedere la loro ignoranza. Carlo rivolto a primi
io lodo, il vostro zelo, e la vostra obbedienza ai miei desideri. Procurate ora di giungere alla perfezione, e avrete da me gradi e onori. – Poi rivolto ai figli dei nobili:
-  E voi disse, voi figli del notabili della nazione, voi fanciulli delicati e gentili, voi affidandovi unicamente alla vostra fortuna, non obbediste a miei ordini, tralasciaste la vostra gloria, e amaste meglio abbandonarvi a giuochi, all'ozio, e alla mollezza! Ad altri l'ammirarvi. In quanto a me non faccio alcun caso della vostra nascita e della vostra bellezza. Sappiate e scolpite bene in mente che se non farete ammenda del mal fatto non otterrete mai nulla da me.
Carlo Magno, Per meglio far prosperare i suoi sforzi diede egli pel primo l'esempio fondando la scuola Palatina, a capo della quale pose Alcuino. Fra quelli che assistevano alle lezioni di questo saggio si vedevano i tre figli di Carlomagno, Carlo, Pipino, e Luigi, sua sorella, e la sua figlia Gisla, i consiglieri ordinari Adalardo, Angilberto, Flavio Dametas, Eginardo, l'Arcivescovo di Magonza Riculfo, Rigbod, arcivescovo di Treves e il nonno di Guido del Piceno, futuro Imperatore Romano. Alcuino parlava nelle sue lezioni di ogni cosa. Ci rimane una disputatio, o dialogo, tra Alcuino e Pipino, che dà una singolare idea de'tempi e delle lezioni.
Guizot, l'ha riportata nella sua Storia della Civiltà.
 


 
INTERLOCUTORI PIPINO E ALCUINO.

Pipino. - Che cosa è la Scrittura?
Alcuino. - La custode della Storia,
P. - Che Cosa è la parola?
A. - L'interprete dell'anima.
P. - Qual cosa dà nascimento alla parola?
A. - La lingua.
P. - Che cosa è la lingua?
A. - Lo staffile dell'aria.
P. - Che cosa è l'aria?
A. - La conservatrice della vita.
P. - Che cosa è la vita?
A. - Un godimento per i felici, un dolore per i  miseri, l’ aspettativa della morte.
P. - Che cosa è la morte?
A. - Un avvenimento inevitabile, un viaggio incerto, un subbietto di
pianto per i viventi, la conferma dei testamenti, il ladrone degli uomini.
P. - Che cosa è l'uomo?
A. - Lo schiavo della morte, un viaggiatore passeggero, l'ospite della sua
dimora…
P. - Come si trova situato l'uomo?
A. - Come una lanterna esposta a venti.
P. - Dove è egli situato?
A. - Fra sei pareti.
P. - Quali sono?
A. - Il disopra, il disotto, il davanti, il didietro la dritta, e la manca.
P. - Che cosa è il sonno?
A. – L’immagine della morte.
P. - Che cosa è la libertà dell'uomo?
A. - L'innocenza.
P. - Che cosa è la testa?
A. - Il comignolo del corpo.
P. - Che cosa è il corpo?
A. - La dimora dello spirito.
[…]
P. - Che cosa è il Cielo?
A. - Una sfera mobile, una volta immensa.
P. - Che cosa è la luce?
A. - La fiaccola di tutte le cose.
P. - Che cosa è il giorno?
A. - Un incitamento al lavoro.
P. - Che cosa è il sole?
A. - Lo splendore dell'universo, la bellezza del firmamento, la grazia
della natura, la gloria del giorno, il distributore delle ore.
[…]
P. - Che cosa è la terra? -
A. - La madre di tutto ciò che cresce, la nutrice di tutto ciò che esiste, il granaio della vita, l'abisso che tutto divora.
P. - Che cosa è il mare?
A. - Il cammino degli audaci, la frontiera della terra, l'albergo dei fiumi, la sorgente delle piogge.
[…]
P. - Che cosa è l'inverno?
A. - L'esilio dell'estate.
P. - Che cosa è la primavera?
A. - La pittrice della terra.
P. - Che cosa è l'estate?
A. - La potenza che veste la terra e nutrisce le frutta.
P. - Che cosa è l'autunno?
A. - Il granaio dell'anno.
P. - Che cosa è l'anno?
A. - La quadriga del mondo?
[…]
P. - Maestro io temo d'avventurarmi sul mare.
A. - Che cosa ti conduce nel mare?
P. - La curiosità.
A. - Se tu hai timore io ti seguirò dovunque andrai.
P. - Se io sapessi che cosa è un vascello ne allestirei uno, affinché tuvenissi meco.
A. - Un vascello è una casa errante, un albergo per ogni luogo, un viaggiatore che non lascia tracce.
P. - Che cosa è l'erba?
A. - La veste della terra.
P. - Che cosa sono i legumi?
A. - Gli amici de medici, la gloria dei Cuochi.
P. - Che cosa rende dolci le cose amare ?
A. - La fame.
P. - Di che cosa gli uomini non sono mai stanchi?
A. - Del guadagno.
P. - Qual è il sonno di coloro che son desti?
A. - La speranza.
P. - Che cosa è la speranza?
A. - Il conforto nei travagli, un avvenimento dubbioso.
P. - Che cosa è l'amicizia?
A. - La somiglianza delle anime.
P. - Che cosa è la fede?
A. - La certezza delle cose ignorate e meravigliose.
P. - Quali cose sono meravigliose?
A. - Ho veduto non da molto, un uomo in piedi col capo all'ingiù, camminare un morto che non fu mai vivo.
P. - Come ciò può avvenire? spiegamelo.
A. - Era una immagine nell'acqua.
P. - Ma come avendo parecchie volte veduta la stessa cosa non l'ho mai compresa?
A. - Essendo tu un giovine dotato d'ingegno ti proporrò molte altre cose straordinarie. Procura di scoprirle da te stesso.
P. - Tenterò. Ma se m'inganno correggimi.
A. - Vediamo. Qualcuno che mi è ignoto ha meco conversato senza lingua e senza voce; egli non era prima, e non sarà dipoi, ed io non l'ho né inteso né conosciuto.
P. - Eri forse agitato da un sogno o maestro?
A. - Precisamente. Odi quest'altra. Ho veduto i morti generare: e i vivi e i morti consumati dal soffio del vivente.
P. - Il fuoco è nato dallo stropicciamento dei rami, e ha consumato i rami.
A. - Vero dici.
Seguono quattordici enigmi dello stesso genere, ei l colloquio termina così:
A. - Che cosa è e non è ad un tempo?
P. - Il niente.
A. - Ma come può egli essere e non essere?
P. - Egli è di nome e non è di fatto.
A. - Che cosa è un messaggero muto?
P. - Quello che io tengo fra le mani.
A. - Che cosa hai fra le mani?
P. - Una mia lettera.
A. - Leggi dunque felicemente figliuol mio.
Certamente questi colloqui attestano quell'avida curiosità colla quale lo spirito ancor bambino e ignorante osserva ogni cosa e provano un vivo piacere in quei spiriti mezzo letterati, e mezzo barbari.

Dialogo ripreso dal libro Panorama dell'universo storia e descrizione di tutti i popoli ..., Volume 1, di Cesare Malpica, Napoli 1841, pagg. 165-169



L’ultimo libro che scrissi per il professor Carnevale, prima che insultasse la memoria di Guido del Piceno, chiamandolo traditore in ossequio agli annali di Fulda.
Naturalmente il libro è considerato un cumulo di sciocchezze dagli intellettuali universitari e filo universitari.

Marco Pugacioff
  
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sabato 11 maggio 2019

È tornato Bombarda!


È tornato Bombarda!


Bombarda è, al suo solito davanti ai Carabinieri, in Francia era la Gendarmeria.

Ragazzi, non scherzo !  Ha lasciato la casa di Salciccia a Cucciolandia (che ho sempre identificato con l’antica repubblica di San Marino) e ora fa il pescatore, ma se pensate che abbia messo “la testa a posto” sbagliate di grosso. Si trova infatti in una cittadina dell’adriatico.


Bombarda viene menato dalla bella e energica Gina, che purtroppo morirà, dopo aver ritrovato l’uomo che amava.


Bombarda e la “pettoruta” Carmen, moglie di un pericoloso ex maggiore dell’esercito.
Agli ordini della bella moglie (almeno per i documenti) di un ex maggiore dell’esercito italiano che commise gravi reati nel passato. Ma il maggiore è praticamente “morto”più che probabilmente per la lotta con la sua coscienza; ormai senza memoria, né dimora, l’ex maggiore, vaga in cerca della sua identità.


Bombarda minaccia i cari cuginetti Cucciolo & Beppe in una storia di Rebuffi
“Corvo Nero” del 1951


Il Morto, quando colpisce, è come lo Yankee Batman, colpisce per punire e fa parecchio male

   E Bombarda, purtroppo per lui, non si trova davanti i suoi amici-nemici Tiramolla o il famelico Pugacioff, ma proprio l’ex-maggiore in una veste da “Krimininal” (il personaggio creato da Magnus) buono, che prima gli ustiona la gamba e in seguito gliela rompe. Sarà meglio che torni da Salciccia…


L’ex maggiore Piergiorgio Stella (da Giuliano a Giorgio – anzi Piergiorgio – e da Gemma a Stella il passo è breve) è potenzialmente pericoloso, vero Bombarda?

    Come a dire, sfigato eri e sfigato resti. De toute façon bentornato Bombarda!


La prima apparizione di Bombarda, opera di Adry, e qua sotto della Lina Buffolente, che ricordo, fece il Piccolo Ranger e Capitan Miki.



  Bombarda fu creato graficamente dal misterioso Adry, e poi disegnato da tanti altri autori, Buffolente, Manfrin, Seccia – per citarne qualcuno – ma il più rappresentante è sembra ombra di dubbio Giorgio Rebuffi; anche per le continue cacce a Bombarda da parte del luposki delle steppe sovietiche.



Bombarda è finito all’Inferno da “Natale all’inferno” di Giorgio Rebuffi

  Oggi è tornato per “colpa” del “correttore di bozze” Paolo Forni e della complicità del creatore del  Morto Ruvo Giovacca, i disegnatori Piero Conforti & Ivano Codina, e l’editore Paolo Telloli delle edizioni Menhir.



Marco Pugacioff
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martedì 30 aprile 2019

Antonio Pérez


Antonio Pérez


Splendido autore, padre del “polverone” Rocky Joe

    Conosco da molti anni questo autore, grazie a una sua firma in mezzo alle tavole di Rochy Joe [quando vedevo bene, sic! Valla a trovare oggi], e non ho mai realizzato una scheda su di lui perché pensavo che gente più accreditata (senza far nomi) ne avrebbero parlato, invece… fino a oggi buio completo.
Un personaggio su testi di Roger Lecurex, le cui avventure erano tagliate  in due e apparse dal numero 109 al 196 della Nuova Collana Araldo, la serie creata appositamente per il Comandante Mark; di Rochy vi sarebbero ancora delle avventure inedite in francese.

Rochy e suo nonno. La prima tavola

   Rochy Mac Rimmon ha un pugno d’acciaio e ha per compagnia un vecchio cercatore d’oro, Sim, che prende il posto di suo nonno morto nel primo episodio. Subito Rochy incontra un bambino indiano Wa-Wa e una splendida fanciulla bionda Barbara, anzi Barbie che diverrà la sua sposa e gli donerà un bambino, infine Rochy sarà un corriere della posta.




A dir La verità, Wa-WA mi ricorda un po’ Piccolo Castoro, il bambino indiano amico di Red Rayer che non ho mai letto. Da Hop di Louis Cance n.104

Tra Rochy e Barbara è amore a prima vista

   A volte essendo troppo lunghe, le tavole vennero ridisegnate o da Luigi Corteggi oppure da Ivo Pavone; Pavone realizzò anche (mi pare) due avventure complete di Giddap Joe, da noi conosciuto con il nome più incisivo di Rochy Joe… peccato che anche una serie di disegni animati giapponesi abbia lo stesso nome.


La prima tavola è di Corteggi, copertinista di Kriminal, Satanik e del Piccolo ranger tratta dal n. 119 e la seconda di Ivo Pavone, illustratore di Lupo Bianco, Judas, Rakar (doppione western dell’Uomo Mascherato) e tanti altri; dal n.139



   Due altre avventure western di Pérez sono (da quello che so) apparse in Italia, sul fumetto Rio Indio. Si tratta de “Il sentiero perduto”, su testi R. Ortega, insieme ad altre due storie “Carovana senza meta” che Pérez ha illustrato su testi di M. Lagresa, e “Un vero uomo” realizzato però da J. Garcia Prarro (se ho ben decifrato la sua firma); il fumetto – come negli maggior parte degli albi Dardo – era notevolmente sfuocato, ma i disegni erano indubbiamente i suoi. L’albo che possiedo è ”Albo gigante Rio Indio”, ed è un supplemento del numero 3 di Rio Indio, dell’ Ediz. Casati; vedo bene che l’albo in questione è una raccolta di due albi di Rio Indio.





La copertina di Rio Indio opera di Lopez Espí

    La scheda in spagnolo su di Antonio Pérez della Tebeosfera [vedi:  https://www.tebeosfera.com/autores/perez_antonio.html] recita così:
«Disegnatore spagnolo di fumetti d’avventura, principalmente di guerra e western, negli anni '60 e '70 in case editrici come Manhattan, Marco o Toray. Il suo secondo cognome è sconosciuto, un fatto che ha creato qualche confusione sulla sua identità: alcune fonti (Cuadrado, Lambiek) suggeriscono che potrebbe essere una firma di Antonio Pérez Barrera, mentre altri (GCD) indicano l'artista Antonio Pérez Martínez, autore di il fumetto "Treasure Train" nella rivista IPC Battle Picture Library n. 1607. Grazie al suo blog (ora inattivo), è noto che ha lavorato per il mercato europeo, almeno nella serie francese Giddap Joe e in Gespenster Geschichten (Germania).»



   Nel suo blog [http://comicstony.blogspot.com/2011/03/western-series-pistes-sauvages-gidap.html] si descriveva così «A causa del mio lavoro mi sono convertito con il pasar degli anni, in un cinefilo appassionato, principalmente dei grandi classici del cinema di sempre... »









La scritta sotto questa piccola foto recita:
Un antiguo Estudio de mi padre

    Infatti il suo blog è fermo dal 2011, e questo mi fa temere che non sia più in questa valle di lacrime. Sergio Bonelli, poteva anche fargli fare il granitico Tex; Pérez amava disegnar cavalli come Roberto Mister No Diso. Sarebbe stato un disegnatore ideale per il personaggio di Gianluigi Bonelli & Galep, notevolmente meglio degli attuali disegnatori.



Marco Pugacioff
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mercoledì 24 aprile 2019

Sui Tempestari


Sui Tempestari

   Ho voluto tradurre questo libro, in quanto ne ho trovato la traduzione in francese, tagliando ampiamente tutte le citazioni bibliche.
   Ciò che rimane è il succo di tutta la vicenda, ma mi è parso anche di vedere – secondo la mia lettura – che il fatto citato nel capitolo XVI, non sia accaduto davanti all’arcivescovo, che ha visto realmente i quattro incatenati nella sua Lione.  
   Inutile dire che un fatto del genere è accaduto in un altro luogo rispetto a Lione, un luogo che – torno a ripetere – è quella Francia della tradizione orale locale (ormai spazzata via dalla ignoranza tecnologia e non certo citata dai documenti) del Piceno e confinante all’Italia di allora sotto dominio Longobardo.
    La traduzione e relativo adattamento sono quelli di un libero ricercatore che legge il francese grazie a dei fumetti popolari come le grand Blek che veniva stampato – guarda un po’ – proprio a Lione.

§§§

Della grandine
e
del tuono

Del vescovo Agobardo

Dall’edizione di Lione del 1841


  I. Tutti gli abitanti delle città e delle campagne di questa contrada, nobili e ignobili, urbani e rustici, giovani e vecchi, credono che grandine e tuoni possano precipitare per volontà degli uomini. Dicono, infatti, che quando odono i tuoni e ne scorgono i lampi:
   «È un vento levatico» [mio totale adattamento dal francese C’est un vent levatice; in Latino Aura levatitia est], ovvero un vento comandato. E se si domanda cos’è un vento levatico,  viene affermato, gli uni con una sorta di repressione e la coscienza un po’ agitata, gli altri con la fiducia che mostrano sovente gli ignoranti, che questo vento si è levato dietro agli incantesimi di uomini chiamati tempestari [in francese Tempestaires; in latino tempestarii] da cui è venuto il nome di vento levatico.
  È dunque necessario assicurare, attraverso l’autorità delle divine scritture, se questa opinione sia fondata sulla verità, come il volgo crede. Ma se, al contrario, essa è falsa come ne sono profondamente convinto, dimostrerò con un un’invincibile cumulo di prove, di quale menzogna si rende colpevole colui che attribuisce all’uomo l’opera di Dio.
   Perché si trovano due menzogne gravissime e condannabili, allorché si afferma che l’uomo può fare ciò che è in potere di Dio solo, e che Dio non fa ciò realmente. […] Coloro che levano a Dio la sua opera per attribuirla all’uomo, è un falso testimone contro Dio stesso.
     II. Abbiamo visto e udito molta gente folle e cieca, poter credere e affermare che esiste un particolare regione chiamata Magonia [in francese Magonie, in latino Magonia], da cui partono, vogando sulle nuvole, delle navi che trasportano in questa stessa contrada frutti abbattuti dalla grandine e distrutti dalla tempesta, dopo tuttavia che il valore del grano e di altri frutti è stato pagato dai navigatori aerei ai tempestari, da cui essi lo hanno ricevuto.
    Abbiamo visto molti di questi insensati credere alla realtà di cose così assurde, mostrare alla folla riunita quattro persone incatenate – tre uomini e una donna – che asserivano, esser caduti da queste navi. Dopo qualche giorno costoro messi ai ferri, mi furono portati – seguiti dalla folla – per poterli lapidare; ma dopo lunga discussione, la verità è infine trionfata e quelli che li avevano mostrati al popolo, fecero la figura (come dice il profeta) di un ladro sorpreso con le mani nel sacco.

[…]

   VII. […] I tempestari possono far cadere su di essi [i loro nemici] una immensa quantità di grandine, opprimendoli. È in effetti ciò che sembra si conosca dei tempestari  che, allorché la grandine si forma prende a coprire, disperdendosi, una grande estensione di terre, e viene sparsa in massa – perché questo è quel che dicono – su di un parte di un fiume oppure su di una foresta sterile  da una tinozza [in francese cuvier, tinozza, conca; in latino cupam botte, barile] sulla quale si nascondono dei malvagi geni. (Il passo in latino recita così: [...] nosse se tales tempestarios, qui dispersam grandinem, et late per regionem decidentem, faciant unum in locum fluminis aut sylvæ infructuosæ, aut super unam, ut aiunt, cupam, sub qua ipse lateat, defluere.)

[…]

 XV. Questa follia ha molto di paganesimo, e già l’errore è accresciuto al punto che si trova gente abbastanza stupida da dire che non sanno, in verità, scatenar tempeste, ma che possono garantire di difendere gli abitanti di un determinato luogo; hanno anche una tariffa che regola l’estensione dei loro servigi sulla quantità di frutti che hanno in dono, che essi chiamano il canonico [in francese canonique; in latino Canonicum], senza che nessuno glielo dica si paga molto volentieri per la mediazione che si creda possa preservare dalla tempesta. Insomma si confida troppo sul soccorso di questi uomini tanto da riporvi le speranze. […]

XVI. Alcuni anni fa, in occasione della mortalità dei buoi, corse la voce assurda che Grimoaldo, duca di Benevento [in latino Grimaldun ducem Beneventorum] – in quanto nemico del cristianissimo imperatore Carlo – aveva inviato degli uomini incaricati di spargere su pianure e montagne, in prati e fontane, una polvere malefica che, così diffusa, dava la morte ai buoi.
    Abbiamo udito che molte delle persone accusate di questo delitto furono arrestate e qualcuno di loro anche massacrate, altre attaccate a delle tavole e gettate in acqua; e ciò che è più strano, è che questi uomini, dopo esser stati presi, rendevano testimonianza contro essi stessi, affermando che possedevano una polvere simile e che l’avevano sparsa di qua e di là.
    Questo avveniva perché il diavolo per un giuramento simile a quello di Dio, usa così tanto del potere che ha ricevuto contro questi disgraziati, che se ne è servito contro loro stessi per trasformali in falsi testimoni per farli condannare, e che né la pena né le torture, né la morte stessa potrebbero scoraggiarli dall'opporsi a questo potere.
   Questa era l'opinione pubblica e c’erano pochissime persone che lo pensava assurdo.
    Non potevamo ragionevolmente immaginare come fosse composta una polvere che dava la morte hai buoi, risparmiando altri animali, né come
poteva essere sparsa su regioni così estese, che sarebbe stato impossibile a degli uomini di coprirle con questa polvere, anche se tutti i Beneventani,
uomini, donne, vecchi e giovani, sarebbero usciti dal paese, ognuno con tre carri colmi.
    Una tale grande demenza ha preso il nostro secolo infelice, che i cristiani credono oggi a delle cose assurde che non sarebbero mai credute se non ai pagani che non conoscevano al creatore dell'universo.
    Ho voluto citare questo fatto, perché è simile a quello su ciò è incentrato questo trattato, e perché possa servire come prova, un esempio delle vane seduzioni e alterazioni del senso comune.
(Hanc itaque rem propterea ad medium deduximus, quia huic unde loquimur similis est, et vel exemplum poterat tribuere de inani seductione et vera sensus diminuzione.)

Marco Pugacioff
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